Il volume, attraverso i saggi di cui si compone, traccia un esaustivo bilancio della produzione italiana di storia delle donne. Una disciplina, come rileva Rossi-Doria, che, inserita nel mondo
accademico pur senza avere conosciuto una reale integrazione nella storiografia italiana, soffre di una marcata separatezza dal più ampio dibattito storiografico. Ne risulta quindi una sorta di
isolamento che impedisce agli women studies del nostro paese di incidere sulla ridefinizione dei paradigmi.
A motivare la diffidenza che parte dell’accademia nutre verso la storia delle donne vi sarebbe l’antico legame tra questa ed il femminismo. Nell’ambito della medievistica, rileva Corsi, la ritrosia
dimostrata da diverse studiose a collocarsi tra le storiche delle donne si deve infatti spesso al timore di venire associate al filone dei primi studi medievali femministi, che risentivano di
un’eccessiva impronta ideologica. Ciò non ha comunque impedito di recente alla medievistica di arricchirsi di ricerche sulle donne, incentrate sulle strutture giuridiche, familiari e sociali. Oltre
agli studi sulla «cultura giuridica e sulle capacità processuali» femminili (p. 22), si registrano lavori sulla storia e sulla vita religiosa delle donne, che, come sottolinea Zarri, concentratisi
ultimamente sulla costruzione del gender, hanno contribuito ad imporre alla disciplina l’utilizzo del metodo microstoriografico unito all’adozione di taluni strumenti antropologici.
Piuttosto ricca appare la produzione di storia delle donne in età moderna. Gli studi condotti, sottolinea Pomata, dedicati in parte all’analisi della famiglia e delle strutture parentali,
consentono di stilare una prima mappa della patrilinearità. Le ricerche hanno infatti consentito di tracciare la parabola che vide l’imporsi della struttura agnatizia, fino ad approdare, nel
Settecento, alla crisi del patrilignaggio. Un fenomeno che nei due secoli a venire doveva sfociare nella creazione di una «sfera pubblica patriarcale» (p. 57), non più sostenuta dall’impalcatura
giuridica e culturale della patrilinearità.
Meno vivace, come afferma Soldani, si rivela la contemporaneistica, che ha ricevuto però slancio nei primi anni Novanta, quando la congiuntura politica ha sollecitato le studiose ad affrontare
alcuni temi poco esplorati, quale la questione della cittadinanza. Anche il rapporto tra donne e guerra, privilegiando il secondo conflitto mondiale e la Resistenza, è stato al centro di diverse
ricerche. Tuttavia la storia politica appare ancora poco frequentata e si avverte l’assenza di studi sul periodo post-bellico che consentano una riflessione sulla debolezza del soggetto donna.
Sarti, intervenendo sulla produzione di storia economico-sociale relativa al gender, evidenzia il suo impatto decisivo, soprattutto in termini di microstoria. Uno sguardo alla storiografia
esistente, in parte orientata verso la maternità e le sue diverse declinazioni, rivela inoltre l’importanza acquisita dalle carte processuali sia nell’ambito degli studi sul matrimonio e sul sesso
in antico regime, sia al fine di indagare la sfera emotiva di uomini e donne.
Del panorama di americanistica tratta poi il saggio di Vezzosi e Baritono, dal quale emerge come gli ambiti più ricchi di ricerche in questo settore riguardino la storia delle italiane emigrate e
il ruolo avuto dalle donne nella nascita e lo sviluppo delle politiche sociali negli USA. Studi, questi ultimi, che, spesso di matrice sociologica, hanno conosciuto una certa crescita nella seconda
metà degli anni Novanta. Del dibattito sviluppatosi negli Stati Uniti, importanti sollecitazioni sono state colte soprattutto al fine di indagare il welfare state. Se una certa attenzione
si è riversata sull’Ottocento, più scarse appaiono invece le ricerche sul Novecento e sugli anni della guerra fredda. Un certo interesse è stato poi rivolto al pacifismo, allo studio delle etnie
attraverso le categorie di genere e alla costruzione della mascolinità.
Baeri, infine, tratta del rapporto tra femminismo, storia e memoria. L’intenzione di scardinare modelli dalla pretesa universalizzante, attraverso una proposta epistemologica radicale, rimane
indubbiamente l’elemento di maggiore continuità tra la storia delle donne e il movimento femminista, determinandone altresì, in parte, la settorialità.
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