Storicamente. Laboratorio di storia
Linguaggio
Le riflessioni di Sewell sul linguaggio possono essere interessanti per comprendere al meglio le nuove piste di ricerca.

Cercando di decifrare le insurrezioni dei lavoratori che fecero seguito alle rivoluzioni del 1830 o del 1848, per esempio, le idee che cerchiamo vennero affermate in modo parziale e frammentario, scritte nell’eccitazione dell’azione, spesso da persone sconosciute o da gruppi di persone e disponibili soltanto nelle forme più eterogenee – in manifesti, verbali di dibattiti, azioni di manifestanti politici, articoli di giornali, slogan, discorsi, cartelloni, stampe satiriche, statuti di associazioni, libelli, eccetera. In tali situazioni, la coerenza del pensiero non risiede in particolari testi o nell’« opera » di particolari autori, ma nell’intero discorso ideologico costituito da un gran numero di affermazioni, gesti, immagini e azioni, individualmente frammentari e incompleti. Il problema centrale, perciò non è delineare il pensiero di una serie di autori ma la ricostruzione del discorso partendo da fonti frammentarie (Lavoro e rivoluzione in Francia, 24).

Non si pone in dubbio l’esistenza di un soggetto singolo, che materialmente pensa, parla ed agisce nel contesto sociale; ma si ritiene che, dietro ai contenuti di certe manifestazioni popolari - le canzoni, le associazioni - si possa individuare un soggetto collettivo, una mentalità condivisa.

«Qui parle?» A la lumière des sciences humaines contemporaines, l’idée de l’individu en tant qu’auteur dernier d’un texte, et notamment d’un texte important et significatif, apparaît de moins moins soutenable. Depuis un certain nombre d’années toute une série d’analyses concrètes ont en effet montré que, sans nier ni le sujet ni l’homme, on est obligé de remplacer le sujet individuel par un sujet collectif ou transindividuel. Dans ses propres travaux j’ai été amené à montrer que Racine n’est pas le seul, unique et véritable auteur de tragédies raciniennes, mais que celles-ci sont nées à l’intérieure d’un développement d’un ensemble structuré de catégories mentales qui était œuvre collective, ce qui m’a amené à trouver comme « auteur » de ces tragédies, en dernière instance, la noblesse de robe, le groupe janséniste et, à l’intérieure de celui-ci, Racine en tant qu’individu particulièrement important (M.L. Goldmann, en M. Foucault, Qu’est-ce qu’un auteur?, «Bulletin de la Société française de la Philosophie», Séance du 22 février 1969, Paris 1969, 97 ).

Un ausilio determinante, secondo Thompson, viene dalla critica letteraria, poiché è proprio sui testi, - manifesti e volantini - che gli uomini e le donne del tempo si esprimevano. In essi troviamo metafore, convenzioni retoriche e un lessico che ricalca la lingua parlata.

La critica testuale, senza avere alcuna pretesa di porsi come una scienza, con la sua attenzione al tono, la consapevolezza della coerenza interna del testo e dell'importanza del linguaggio metaforico, è una disciplina - o una forma di lettura - di cui gli storici hanno bisogno, quando ricorrono ai testi di letterati, quanto hanno bisogno della scienza dei numeri per affrontare le quantità (Società patrizia e cultura plebea, 263).

Proprio da questa frase sembra che Sewell abbia preso spunto per scrivere la grande opera sul linguaggio operaio in Francia. Nel presente articolo sarà privilegiata la canzone popolare, di cui Roberto Leydi definisce così l’importanza.

È certo evidente che la stesura dei quaderni ha, quale presupposto, la capacità di leggere e scrivere, ma forse lo stimolo a fissare sulla carta, spesso faticosamente, testi di canzoni e di poesie non è così secondario, così da passatempo come qualcuno ha creduto, e neppure puramente utilitaristico, come spesso s’è detto. In altre parole io credo che questi quaderni abbiano avuto, in una cultura che era sostanzialmente orale, il compito molto articolato e plurimo di trasferire nella forma definitiva della scrittura, parole sentite come profonde e importanti, di assicurare la continuità culturale, nella famiglia, di un patrimonio per sua natura effimero, di garantire a se stessi (e ai posteri) la testimonianza di esperienze personali molto profonde, rivissute nelle parole delle canzoni, ciascuna delle quali (al di là del suo specifico significato) connessa a momenti di vita toccanti, drammatici, dolci (introduzione a Q. Antonelli, Storie da quattro soldi. Canzonieri popolari trentini, Trento, Publiprint, 1988, 6).

Nelle canzoni si nascondono sentimenti, sogni, speranze e valori caratteristici dell’universo culturale popolare.

Queste considerazioni suggeriscono, naturalmente, anche un invito pressante a cercar di capire il senso, in generale, dei canti popolari oltre il loro senso letterario o la riduttiva formulazione dell’occasione/funzione che trascura, forse, i valori più profondi (e non soltanto soggettivi) di quei testi e di quelle musiche. […] Certo, come ogni manifestazione di cultura, i canti popolari esprimono, per il solo fatto di esistere, di essere cantati e di essere stati trasmessi, non soltanto l’immaginario popolare ma anche valori strutturali dell’impianto culturale di chi li usa e li ha usati, ma i legami che questi oggetti intrattengono con la coscienza collettiva sono molto più complessi e profondi di quanto letteralmente non esprimano. Si potrebbe anzi affermare che proprio per essere patrimonio collettivo, i testi popolari sono assai meno leggibili in termini diretti dei testi letterari colti, i quali, opera individuale, possono (con prudenza, lo sappiamo) manifestare sia valenze autobiografiche e personali, sia riflessioni di sintesi su più estese condizioni collettive in chiave intellettuale (Ibid., 6-7).