Storicamente. Laboratorio di storia
Le definizioni del fascismo come fenomeno multidimensionale di Linz, Payne e Gentile
Le definizioni del fascismo come fenomeno multidimensionale di Linz, Payne e Gentile

Un primo esempio di definizione multidimensionale del fascismo risale agli anni settanta ed è stato proposto dal politologo Juan J. Linz, in un ampio saggio noto soprattutto per la tesi secondo cui l’eterogeneità ideologica dei movimenti fascisti sarebbe stata determinata dalla loro natura di latecomers, cioè di ultimi arrivati su una scena politica ormai satura. Per Linz, il fascismo è essenzialmente

un movimento ultranazionalista, spesso pan-nazionalista, antiparlamentare, antiliberale, anticomunista, populista e perciò antiproletario, parzialmente anticapitalista e antiborghese, anticlericale o almeno non clericale, che ha lo scopo di una integrazione sociale e nazionale attraverso un partito unico e una rappresentanza corporativa, non sempre tuttavia egualmente enfatizzati; con un proprio stile e una propria retorica, esso si basa su quadri di attivisti pronti all’azione violenta, combinandola con la partecipazione elettorale, mescolando la tattica legale con la tattica della violenza, per ottenere il potere con obiettivi totalitari [1].
Più recentemente, un’altra definizione tipologica multidimensionale, articolata su tre piani (l’ideologia e gli scopi, gli «anti» del fascismo, lo stile e l’organizzazione), è stata così formulata dallo storico americano Stanley G. Payne, in un’opera che costituisce probabilmente la più erudita catalogazione di movimenti e regimi fascisti, sebbene con un carattere più descrittivo che esplicativo:
una forma di ultranazionalismo rivoluzionario per la rinascita nazionale, che è basato su una filosofia soprattutto vitalistica, strutturato su un elitarismo estremo, sulla mobilitazione delle masse e sul Führerprinzip, in grado di dare una valutazione positiva della violenza come fine e come mezzo e tendente a dare carattere normativo alla guerra e/o alle virtù militari [2].
Tra gli storici italiani, nel complesso piuttosto restii alla formulazione di definizioni generali del fascismo, si è distinto in particolare Emilio Gentile. A compimento di un lungo percorso di studi e adottando esplicitamente un orientamento multidimensionale, Gentile ha individuato nella correlazione tra la «dimensione organizzativa», la «dimensione culturale» e la «dimensione istituzionale» la base su cui costruire una definizione, articolata in dieci punti e così sintetizzata:
il fascismo è un fenomeno politico moderno, nazionalista e rivoluzionario, antiliberale e antimarxista, organizzato in un “partito milizia”, con una concezione totalitaria della politica e dello Stato, con una ideologia a fondamento mitico, virilistica e antiedonistica, sacralizzata come religione laica, che afferma il primato assoluto della nazione, intesa come comunità organica etnicamente omogenea, gerarchicamente organizzata in uno Stato corporativo, con una vocazione bellicosa alla politica di grandezza, di potenza e di conquista, mirante alla creazione di un nuovo ordine e di una nuova civiltà [3].
Note

[1] J.J. Linz, Some Notes Toward a Comparative Study of Fascism in Sociological Historical Perspective, in W. Laqueur (ed.), Fascism. A Reader’s Guide, Berkeley/Los Angeles, University of California Press, 1976, 12-13.

[2] S.G. Payne, Il fascismo 1914-1945. Origini, storia e declino delle dittature che si sono imposte tra le due guerre, Roma, Newton & Compton, 1999 (ed. or. 1995), 21.

[3] E. Gentile, Il fascismo in tre capitoli, Roma-Bari, Laterza, 2004, VI.