Storicamente. Laboratorio di storia

Comunicare storia

Informatica umanistica e obiettivi didattici

PDF

Il problema della definizione dell'Informatica umanistica come disciplina autonoma ha suscitato negli ultimi anni un vivace dibattito a livello internazionale, incentrato in particolare, come era ovvio, sull'individuazione del campo d'indagine e degli oggetti fondamentali d'interesse della nuova scienza, oltre che sull'individuazione delle sue specificità metodologiche, sui rapporti con le altre discipline umanistiche e sulle forme organizzative di cui l'Informatica umanistica dovrebbe dotarsi[1].

Sull'opportunità di dare all'Informatica umanistica uno statuto autonomo il consenso pare ormai acquisito, almeno tra la maggioranza di coloro che professano tali studi; altro problema è quello, tutto italiano, del settore scientifico disciplinare in cui inquadrare il personale docente che nell'Università si occupa di Informatica umanistica[2]. È tuttavia sui contenuti della disciplina che permangono ancora significative divergenze.

Tali divergenze peraltro trovano facile spiegazione, anche a prescindere dal fatto che la definizione di una nuova disciplina con statuto autonomo è sempre frutto di un processo storico, alla cui radice vi sono cause diverse e complesse[3]: in primo luogo dobbiamo ricordare che gli studiosi di Informatica umanistica, in particolare nel nostro paese, non nascono tali, ma arrivano ad esserlo partendo da formazioni assai diverse (studi di logica, filosofia, linguistica, letteratura classica o moderna, storia, etc.)[4]; il loro punto di approdo, dunque il concetto stesso di Informatica umanistica di cui sono portatori, non può non essere in qualche misura influenzato dai diversi percorsi che hanno compiuto.

In seconda istanza si deve riconoscere che l'Informatica umanistica è un settore dai contenuti in rapida evoluzione, in conseguenza della diffusione di nuove tecnologie e dell'aprirsi di nuove prospettive di applicazione di strumenti informatici e telematici alle materie umanistiche: basti pensare a come la prepotente affermazione della rete Internet da dieci anni a questa parte abbia mutato il volto delle applicazioni informatiche ai nostri studi, contribuendo tra l'altro ad avvicinare all'uso del computer molti umanisti in precedenza diffidenti, o al massimo indifferenti, nei confronti di queste macchine; l'introduzione dell'Extensible Markup Language (XML) in molti progetti di codifica dei testi potrebbe avere conseguenze altrettanto profonde, se non tanto clamorose. È chiaro che le diversità nella definizione dell'oggetto d'indagine dell'Informatica umanistica riflettono in parte differenze di sensibilità nei confronti delle nuove prospettive che si aprono nella disciplina.

In ragione di tali oscillazioni riguardo agli specifici contenuti dell'Informatica umanistica, a mio avviso non appare inutile ragionare sugli obiettivi di apprendimento generali ai quali la nuova disciplina dovrebbe puntare, in altre parole sulle conoscenze, le capacità e i comportamenti che riteniamo debbano aver acquisito gli studenti che escono con successo da un corso di Informatica umanistica. In ciò credo di essere confortato dal legame profondo che storicamente esiste tra la definizione di un nuovo settore disciplinare autonomo e il suo insegnamento: in fondo il termine disciplina viene dal latino disco, "apprendo", si può dunque affermare che una disciplina è anche e soprattutto un oggetto di apprendimento. La definizione di Geoffrey Rockwell, secondo il quale una disciplina nasce quando un settore di studi assume il controllo dei mezzi grazie ai quali può riprodursi, in particolare assume la capacità di produrre discepoli, studenti, mi pare a questo proposito di insuperata efficacia, anche se il suo linguaggio, evocante vecchie forme interpretative che si credevano ormai superate dalla storia, dispiacerà forse al Ministero dell'Istruzione e dell'Università[5].

È naturalmente necessario chiarire cosa si intende col termine generico di "corso" e distinguere con chiarezza gli obiettivi che si deve prefiggere un curriculum incentrato sull'Informatica umanistica, come le classi di laurea triennale e specialistica previste dall'attuale ordinamento dell'Università italiana, da quelli cui può mirare un modulo d'insegnamento in Informatica umanistica inserito in un diverso curriculum umanistico (studi storici, letterari, filosofici, archeologici, linguistici, relativi alla filologia classica o alle scienze dei beni culturali).

Il primo ovvio obiettivo che viene alla mente per un Corso di Laurea in Informatica umanistica è quello di formare persone in grado di far avanzare la ricerca nel settore disciplinare e un giorno, a loro volta, in grado di trasmetterne i contenuti e i metodi alle future generazioni, a meno che non si intenda lasciare ancora, come avviene oggi, la riflessione, la ricerca e la didattica dell'Informatica umanistica a studiosi che hanno una formazione di filosofi, storici, filologi e logici[6].

La creazione di una classe delle Lauree specialistiche in Informatica umanistica rappresenta indubbiamente un passo fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo, in particolare se il percorso formativo dei giovani studiosi che usciranno presto da tali corsi potrà completarsi in un dottorato di ricerca.

La tabella ministeriale relativa a questa classe delle Lauree specialistiche suggerisce altri obiettivi che è opportuno considerare con attenzione:

  • Possedere gli strumenti teorici e metodologici relativi al trattamento informatico dei testi, delle immagini e del suono nell'ambito delle attività di carattere umanistico.
  • Essere capaci di impostare e realizzare banche dati e sistemi di gestione negli ambiti specifici di competenza e di conoscere gli elementi della loro regolazione giuridica.
  • Essere in grado di utilizzare pienamente i principali strumenti della comunicazione telematica negli ambiti specifici di competenza.

Viene da osservare che la tabella insiste sugli aspetti teorici e metodologici solo per quanto concerne il trattamento informatico della documentazione (sebbene sia significativo che immagini e suoni siano ricordati sullo stesso piano dei testi), mentre per quanto concerne gli oggetti digitali e le forme della comunicazione telematica l'accento sembra essere posto soprattutto sugli aspetti pratici e strumentali. Questi ultimi ambiti richiedono tuttavia a mio parere altrettanta riflessione teorica e metodologica, soprattutto se si considera che gli obiettivi formativi qualificanti sopra enunciati dovrebbero soddisfare l'esigenza, esplicitata nella tabella stessa, di fornire laureati che "potranno esercitare funzioni di elevata responsabilità in attività connesse ai settori dei servizi e dell'industria culturale … (editoria elettronica specializzata, sistemazione e presentazione di beni culturali, attività culturali)". I laureati della classe specialistica, in sintesi, dovrebbero dunque assolvere alla delicata funzione di intermediari tra il nostro patrimonio culturale e un pubblico che non è necessariamente limitato agli specialisti, ma abbraccia anche le persone colte in genere.

Credo che ad ognuno possano venire alla mente esempi della mediocrità di molti CD-ROM o siti Internet dedicati al patrimonio culturale, una mediocrità che non nasce soltanto da difetti di conoscenza dei contenuti specifici, ma spesso anche da una mancata riflessione sulle implicazioni della comunicazione in formato digitale. Ciò invita a sottolineare la necessità di una solidissima preparazione teorica e metodologica di chi sarà chiamato ad esercitare un ruolo, che si vuole di "elevata responsabilità", in questo settore di importanza strategica.

Definiti gli obiettivi di apprendimento, diviene naturalmente necessario comprendere attrraverso quale strutturazione del corso di studio essi possano essere conseguiti nel modo più efficace ed appropriato. Il tema è tuttora oggetto di un dibattito serrato nel quale non vorrei addentrarmi; mi limito perciò a ricordare le due diverse prospettive che mi sembrano aprirsi per la Classe delle Lauree Specialistiche in Informatica per le Discipline Umanistiche: la prima, su di una solida competenza negli aspetti soprattutto teorici dell'Informatica, con particolare riguardo alle loro implicazioni per gli studi umanistici in genere, intende innestare la conoscenza approfondita di almeno uno dei diversi ambiti disciplinari caratterizzanti che rientrano nella sfera delle scienze umanistiche (aree delle Letterature moderne, delle Lingue e letterature classiche, Lingue moderne, Discipline storico-artistiche, Storia, Archeologia, Discipline della musica e dello spettacolo, Orientalistica)[7]. Una seconda possibilità, tenendo ferma la base delle competenze informatiche, è quella di sviluppare un più ampio spettro di conoscenze relative soprattutto alle metodologie delle diverse discipline umanistiche, piuttosto che ai loro contenuti[8].

La scelta tra le due diverse opzioni, entrambe le quali mi sembrano avere punti di forza a loro favore, credo dipenderà, oltre che da differenti impostazioni teoriche, anche dalle situazioni contingenti in cui i nuovi corsi specialistici si troveranno ad operare, soprattutto in ragione delle risorse umane e materiali a disposizione e delle competenze acquisite dagli studenti nei diversi corsi di studio triennali di provenienza. Del resto mi pare che l'esistenza di un'offerta formativa differenziata nei diversi Atenei italiani possa costituire un'opportunità più che un limite.

Altri devono essere gli obiettivi di apprendimento di un modulo di insegnamento di Informatica umanistica. È proprio su questo problema che vorrei soffermarmi nella seconda parte di questa breve riflessione.

La volontà di focalizzare particolarmente questo problema nasce anche dalla speranza che l'indebita invasione di campo da parte di chi non è un cultore degli studi di Informatica umanistica, ma uno storico dell'antichità che da una quindicina d'anni pesta senza troppi scrupoli la tastiera del suo Mac, possa essere giudicata con maggiore indulgenza. Ma non vi è solo questo: ritengo infatti che il problema del ruolo dell'Humanities Computing in altri corsi di studi sia ineludibile e di importanza strategica per l'affermazione stessa della disciplina. Nonostante sia previdibile ed auspicabile un buon successo dei neonati corsi di laurea specialistica in Informatica umanistica, credo sia ragionevole ritenere che il numero maggiore di studenti della disciplina verranno da altri percorsi di studi: l'esempio della Facoltà umanistica che meglio conosco, la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna, è forse illuminante. I corsi di laurea in Lettere, Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, Filosofia, Scienze antropologiche, Storia, Storia, culture e civiltà orientali che afferiscono a quella Facoltà hanno infatti deciso di inserire nel loro piano di studi un insegnamento di Informatica per le scienze umane, con l'effetto di moltiplicare le potenziali cattedre della disciplina, un elemento di peso non trascurabile in prospettiva futura[9].

L'impulso è partito dal centro, come del resto è accaduto altre volte nell'organizzazione della didattica a livello universitario: in effetti, tra gli obiettivi di apprendimento delle diverse classi di lauree triennali e biennali delle scienze umanistiche dettati dal MIUR appare regolarmente e, credo, opportunamente, la padronanza degli strumenti informatici e telematici propri di ciascuna disciplina.

Anche in questo caso è doveroso chiedersi attraverso quale strutturazione del processo di apprendimento tale padronanza possa essere acquisita e in quali obiettivi specifici essa possa articolarsi.

Per quanto concerne il primo problema ritengo l'offerta formativa possa utilmente articolarsi in tre momenti, sull'esistenza dei quali nella prassi della didattica dell'informatica umanistica mi pare del resto esistere un certo consenso[10]:

  1. L'acquisizione delle conoscenze informatiche e telematiche di base.
  2. L'acquisizione delle conoscenze, delle capacità e dei comportamenti inerenti ai metodi di applicazione dell'informatica e della telematica al fondo comune delle discipline umanistiche.
  3. L'acquisizione delle conoscenze, delle capacità e dei comportamenti inerenti ai metodi di applicazione dell'informatica e della telematica propri dei singoli ambiti disciplinari che rientrano nelle scienze umanistiche.

Il primo e il terzo momento, che appaiono già prima facie più facilmente delimitabili, riguardano tuttavia ambiti che, secondo un un'opinione ormai largamente condivisa, non sono direttamente oggetto dell'Informatica umanistica. Le conoscenze informatiche e telematiche di base possono in effetti essere più efficacemente veicolate in moduli d'insegnamento speciali, non esclusivamente diretti agli studenti dei curricula umanistici e non necessariamente riconducibili alle attività didattiche delle Facoltà di Lettere e Filosofia. Negli ultimissimi anni anni in effetti mi pare si vada affermando la tendenza ad affidare gli onerosi corsi di alfabetizzazione informatica ai vecchi Centri di Calcolo di Ateneo e a farne coincidere i contenuti coll'ormai famosa (o famigerata) European Computer Driving Licence (ECDL). Se la tendenza in atto non inganna, è peraltro probabile che tra non molto il compito di fornire una conoscenza di base nell'uso del computer e delle reti telematiche non spetti più all'Università, ma sia assolto dalla scuola superiore o dalle forme di autoapprendimento[11].

Il terzo momento, la riflessione sulle risorse digitali specifiche di ciascun ambito disciplinare e sulle implicazioni che il loro uso può avere, credo che, nella maggioranza dei casi, possa essere utilmente integrato nei singoli moduli d'insegnamento, privilegiando in particolare forme seminariali in cui il medesimo docente illustri a un gruppo di studenti, limitato di numero e sostanzialmente omogeneo per formazione e indirizzo di studio, le potenzialità e i limiti delle nuove tecnologie nella materia che è oggetto del suo insegnamento, in costante confronto con il patrimonio metodologico e strumentale che la tradizione ci ha consegnato. Questo modello, vale la pena sottilinearlo, difficilmente potrà essere applicato invariabilmente in ogni situazione: in alcuni casi lo sconsiglierà l'effetto di eccessiva frammentazione dell'apprendimento, che rischia da un lato di duplicare inutilmente contenuti, dall'altro di far perdere la necessaria visione d'insieme; in molti altri casi sarà la stessa carenza di risorse a sconsigliare questo approccio: basti pensare al fatto che non tutti i docenti delle discipline umanistiche appaiono ancora possedere le necessarie conoscenze, pratiche e metodologiche, per affrontare questo compito[12].

In alcuni frangenti è consigliabile optare per un modulo integrativo  di supporto a diversi insegnamenti affini, il che consente di coordinare più efficacemente le risorse disponibili e di assicurare un miglior taglio interdisciplinare. È questa sostanzialmente la via che è stata sperimentata da qualche anno presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna con il corso Computer e Antichità Classica[13]. Pur presentandosi modestamente come una semplice Introduzione all'uso dei laboratori e delle risorse informatiche dei Dipartimenti di Filologia Classica e Storia Antica, il corso tratta in modo sufficientemente dettagliato dell'uso delle diverse tipologie di oggetti digitali per l'Altertumswissenschaft, strutturandosi in otto moduli tenuti da diversi specialisti, per un totale di 32 ore. Giunto al suo quinto anno di vita, il corso, pur conservando la sua impostazione prevalentemente strumentale, ha visto progressivamente ridurre gli spazi riservati alle nozioni informatiche di base, per aprirsi, sebbene con prudenza, a riflessioni teoriche di carattere più generale, come effetto di una maturazione degli studenti e dei docenti stessi.

Tra questi due aspetti abbastanza ben caratterizzati, quello dell'informatica di base e quello della riflessione sui singoli ambiti disciplinari, si inserisce il momento a mio parere riservato al modulo d'insegnamento in Informatica umanistica, secondo in un ordine che va dal più generico al più specifico, ma primo in quanto metodologicamente fondante. La metafora migliore che mi viene alla mente per il vasto territorio dell'Informatica umanistica mi viene dall'immagine del centrocampo evocata da un grande umanista scomparso qualche tempo fa, Gianni Brera: uno spazio ampio, un poco indefinito tra le due aree di rigore, la propria (l'informatica di base?) e l'altrui (le tante informatiche speciali?) nel quale tuttavia si risolvono le partite.

Se nell'acquisizione della padronanza degli strumenti informatici e telematici propri delle diverse discipline umanistiche l'insegnamento dell'Informatica umanistica occupa dunque una posizione centrale e indispensabile, quali le conoscenze, le capacità e i comportamenti che un tale modulo deve saper comunicare all'interno di un curriculum di studi diverso da quello specifico di Informatica umanistica?

Nel rispondere  a questa domanda credo sia opportuno far riferimento al modello di un'altra disciplina che, come l'Informatica umanistica, rientra di regola nei più diversi curricula di studi umanistici (e non solo), la Storia: anche quest'ultima materia, al pari dell'Informatica umanistica, in effetti studia, piuttosto che un oggetto ben definito, una molteplicità di oggetti di diverso carattere visti peraltro in una dimensione ben definita, quella del passato, così come l'Informatica umanistica studia i più diversi prodotti della cultura umana nella loro dimensione digitale. Il tema è stato in particolare oggetto di riflessione del progetto pilota della Commissione Europea TUNING Educational Structures in Europe, che ha come suo fine un ripensamento dei contenuti, delle strutture e dei metodi dei corsi di studio nelle Università europee, secondo le linee dettate dagli accordi della Sorbona, di Bologna e Praga[14].

Gli storici hanno individuato nello sviluppo di una prospettiva storica nell'approccio alla realtà il realistico traguardo che un modulo d'insegnamento (o più moduli d'insegnamenti) possono proporsi in un corso di studi pertinente ad una diversa area di studio. Ciò in concreto significa che un modulo in Storia dovrebbe[15]:

  1. Sviluppare una visione critica del passato e far comprendere come gli eventi del passato abbiano un'influenza sul presente e sul futuro e sulla visione che di essi abbiamo.
  2. Insegnare a comprendere e rispettare punti di vista diversi, in quanto prodotti da processi storici differenti.
  3. Fornire un quadro diacronico generale nel quale inserire le fasi e gli eventi storici più importanti.
  4. Mostrare in concreto, su di un tema ben delimitato, quale è il lavoro dello storico, mettendo in contatto gli studenti con le diverse classi della documentazione del passato e con i prodotti della ricerca storiografica.

Credo che un'analoga definizione di obiettivi da parte degli studiosi di Informatica umanistica possa costituire un significativo progresso nella riflessione sull'oggetto della disciplina e sui rapporti reciproci con i settori vicini. Da parte mia potrei suggerire, come semplice spunto di discussione, i desiderata di uno storico dell'antichità. A mio parere un modulo di insegnamento in Informatica umanistica dovrebbe:

  1. Mostrare come le applicazioni informatiche e telematiche non siano il semplice veicolo "neutro" di contenuti tradizionali, ma abbiano profonde implicazioni epistemologiche sugli oggetti che studiano.
  2. Delineare i principi delle metodologie di rappresentazione e codifica degli oggetti studiati dalle discipline umanistiche.
  3. Fornire un quadro generale delle diverse tipologie di oggetti in formato digitale studiati dalle discipline umanistiche, con particolare riferimento ai mutamenti metodologici che possono indurre nella ricerca e nella didattica.
  4. Fornire un quadro generale delle nuove forme di comunicazione che la telematica ha aperto, con particolare riferimento ai mutamenti metodologici che possono indurre nella ricerca e nella didattica delle discipline umanistiche.

La definizione di questi obiettivi, pur a mio parere feconda di risultati fruttuosi, non esaurisce peraltro il problema. Perché un modulo d'insegnamento in Informatica umanistica possa inserirsi armoniosamente e utilmente in un curriculum di studi in una delle discipline umanistiche appare in effetti ancora necessario un certo sforzo: indubbia per esempio è l'esigenza di un'aggiornata manualistica, che tratti della materia in modo chiaro ed esaustivo, parlando non solo agli studenti, ma anche al pubblico colto in genere, come ha ben rilevato G. Roncaglia[16].

Occorre altresì evitare il rischio di appiattimento dell'Informatica umanistica alle sole applicazioni di analisi computazionale dei testi, prevalentemente letterari[17], riducendola ad una Computerphilologie che indubbiamente è parte costitutiva fondamentale degli studi di Humanities Computing[18], ma che non ne esaurisce la ricchezza di prospettive.

Personalmente rimango inoltre ancora dubbioso riguardo alla pertinenza di alcuni contenuti propri della formazione di un'umanista che abbia una competenza critica delle applicazioni informatiche e telematiche all'uno o all'altro dei tre momenti formativi sopra delineati: si pensi per esempio ai fondamenti teorici dell'informatica e alle linee di sviluppo storico della disciplina, che potrebbero essere oggetto sia dei moduli di informatica di base, sia (e forse più utilmente) di un modulo di informatica umanistica.

Tuttavia ciò che forse appare più necessario è mantenere, pur in una definizione rigorosa dei reciproci ruoli, un ampio scambio di esperienze tra Informatica umanistica e le diverse informatiche umanistiche specifiche, che possa contribuire a conservare quel carattere di dinamicità e quella ricchezza di prospettive che hanno distinto in questi ultimi anni il settore di cui ci stiamo occupando. Proporre una risposta univoca a tale necessità significherebbe eccedere i limiti di questo breve contributo e le competenze di chi lo ha scritto; mi limito dunque a rilevare il fascino dell'immagine recentemente proposta da W. McCarthy per definire lo statuto disciplinare dell'Informatica umanistica: un veliero che esplora l'arcipelago, toccando e mettendo in comunicazione le sue tante isole, costituite dalle altrettante discipline che compongono il sapere umanistico[19].

Note

Questo contributo riprende, con alcuni adattamenti, la relazione presentata al convegno L'Informatica umanistica oggi: lo statuto e gli strumenti nella ricerca e nella didattica, tenutosi a Verona dal 28 febbraio al 1 marzo 2003.

[1] I temi del dibattito sopra esposti sono stati lucidamente individuati da G. Roncaglia, Informatica umanistica: le ragioni di una disciplina, "Intersezioni», 3 (dicembre 2002), pp. 353-376 partic. § 2; il medesimo contributo è disponibile anche in: "Merzweb", s.d., [visitato l'11 dicembre 2004].

[2] Cfr., tra i numerosi interventi su questo problema, D. Buzzetti, L'informatica umanistica come disciplina teorica, in: "Griselda on line", s.d. [visitato l'11 dicembre 2004].; F. Ciotti, L'informatica umanistica in Italia: luci e ombre, in: "Griselda on line", s.d., [visitato l'11 dicembre 2004] e soprattutto T. Orlandi, Proposta: Informatica applicata alle discipline umanistiche (ovvero: Informatica umanistica), ibid., s.d., [visitato l'11 dicembre 2004].

[3] Così giustamente J.C. Meister, "Think Big": Disziplinarität als wissenschaftstheoretische Benchmark der Computerphilologie, "Jahrbuch für Computerphilologie", 4 (2002), [visitato l'11 dicembre 2004].

[4] Cfr. T. Numerico, A. Vespignani (eds.), Informatica per le Scienze Umanistiche, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 10-11.

[5] G. Rockwell, Is Humanities Computing an Academic Discipline?, "Is Humanities Computing an Academic Discipline?", novembre 1999.

[6] Rischio a ragione evocato da D. Buzzetti, L'informatica umanistica come disciplina teorica, in: "Griselda on line", s.d.

[7] Era questa sostanzialmente l'impostazione della laurea specialistica in Informatica per le Scienze umanistiche dell'Università Ca' Foscari di Venezia, almeno nelle sue linee programmatiche, cf. P. Mastandrea, memorandum per il CUN , in: "Griselda on line", 3 giugno 2002, [visitato l'11 dicembre 2004]. Nella sua realizzazione, l'approccio sembra essere stato in qualche misura corretto, forse in ragione dell'eterogenea provenienza degli studenti, che possono accedere alla laurea specialistica da ben 22 corsi di laurea triennali, cf. Piani di studio e articolazione dei crediti, in: "Corso di Laurea Specialistica Informatica per le Discipline Umanistiche - Università degli Studi di Venezia", s.d., [visitato il 13 dicembre 2004]. Anche il corso di laurea specialistica in Informatica per le discipline umanistiche dell'Università di Firenze prevede che il laureato, oltre ad avere una solida formazione umanistica di base, possieda una competenza specifica in uno degli ambiti disciplinari dei saperi umanistici, obiettivo al quale è finalizzata l'articolazione del corso in 6 curricula: Linguistico-Letterario, Storico, Classico, Orientalistico, Archivistico, Storico-artistico-musicale, cfr. Università degli Studi di Firenze. Facoltà di Lettere e Filosofia. Laurea specialistica 24/s: Informatica per le discipline umanistiche, s.d., [visitato il 13 dicembre 2004].

[8] Questo mi pare essere l'orientamento del corso di laurea in Informatica per la comunicazione del patrimonio culturale dell'Università di Palermo, che comprende uno spettro piuttosto ampio di attività pertinenti ai settori scientifico-disciplinari delle letterature, delle filologie e delle arti (peraltro con esplicita esclusione dell'ambito antichistico). Il corso, inserito nelle attività della Facoltà di Scienze della Formazione, punta soprattutto a formare laureati in grado di valorizzare il patrimonio culturale attraverso l'impiego dei nuovi media; coerentemente il corso di laurea triennale che consente l'accesso alla laurea specialistica senza debiti formativi è stato individuato nella classe di Discipline della comunicazione, cfr. Università degli studi di Palermo. Facoltà di Scienze della Formazione. Corso di Laurea Specialistica "Informatica per la comunicazione del patrimonio culturale", 2003, [visitato il 13 dicembre 2004].

[9] Il quadro riflette il Manifesto degli studi. Lauree triennali per l'anno accademico 2004/2005. Nel corso di laurea in DAMS l'Informatica per le scienze umane è incluso nel curriculum Arte; nel corso di laurea in Storia l'insegnamento è invece presente con la denominazione di Informatica per le scienze storiche.

[10] Un modello a tre livelli è proposto da E. Aarseth, From Humanities Computing to Humanistic Informatics: Creating a Field of Our Own, in: "Is Humanities Computing an Academic Discipline", s.d. ; cfr. Numerico, Vespignani, Informatica, cit., p. 12.

[11] La necessità di una netta distinzione tra alfabetizzazione informatica e Informatica umanistica è stata recentemente sottolineata da Numerico, Vespignani, Informatica, cit., pp. 12-14.

[12] Sul problema della progettazione delle attività didattiche specifiche ai singoli corsi di studio rimando a C. Salvaterra, Bytes loquuntur? Nuove tecnologie e didattica delle scienze dell'antichità: riflessioni su alcune esperienze, in: A. Cristofori, C. Salvaterra, U. Schmitzer (eds.), "La Rete di Arachne - Arachnes Netz", Stuttgart, Steiner, 2000, pp. 216-220; in particolare su vantaggi e limiti dell'integrazione dello studio dei nuovi oggetti digitali nei singoli moduli d'insegnamento si veda ibid., p. 217.

[13] Cf. le riflessioni sul corso di Salvaterra, Bytes loquuntur, cit., p. 218 e C. Neri, "Computer e Antichità Classica": note in margine, in: "La Rete di Arachne", cit., pp. 113-120.

[14] Sul progetto TUNING si veda la breve pagina informativa Sintonizzazione delle strutture universitarie europee, in: "Europa. L'Unione Europea in linea", 2 ottobre 2003.

[15] Il documento che qui si traduce compare come Annex 1 in Tuning Educational Structures in Europe. Closing Conference. Brussels, 31 May 2002, in: "Universidad de Deusto: Relaciones internacionales», s.d., in formato .doc o in formato PDF, p. 78 [visitato l'11 dicembre 2004].

[16] Roncaglia, Informatica umanistica, cit., § 7; all'appello di Roncaglia ha risposto il recente e già citato manuale a cura di Numerico, Vespignani, Informatica, cit.

[17] L'approccio prevalentemente testuale della scuola italiana di Informatica umanistica e i rischi connessi sono riconosciuti da D. Fiormonte, Informatica Umanistica: rappresentanza, statuto teorico e rifondazione, in: "Griselda on line", 2002, [visitato l'11 dicembre 2004]; cfr. anche Numerico, Vespignani, Informatica, cit., p. 15.

[18] Il termine Computerphilologie gode di un certa popolarità anche al di fuori dell'ambito linguistico tedesco per il prestigio della nota rivista "Jahrbuch für Computerphilologie», già divenuta un importante punto di riferimento nel settore. Sebbene sia stato chiarito che la Computerphilologie è solamente una branca dei più vasti studi di Informatica umanistica (cf. Meister, "Think Big", cit.), sospetto che vi sia una strisciante tendenza a ritenere il termine come sinonimo di Humanities Computing.

[19] McCarty, Tree, cit. Tree, Turf, Centre or Archipelago? Poetics of Disciplinarity for Humanities Computing, 8-9 luglio 2004, [visitato il 13 dicembre 2004].