Storicamente. Laboratorio di storia

Dossier

La violenza politica nell’Italia degli anni Settanta. Presentazione

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Lungamente minimizzata dalla una storiografia italiana e straniera, la violenza riemerge in ricerche recenti, soprattutto dall’interesse suscitato in giovani studiosi, come una delle maggiori caratteristiche che definiscono la società e la politica dell’Italia in epoca contemporanea. Parte integrante di un’Europa novecentesca messa alla prova della brutalità “del fuoco e del sangue”, l’Italia sperimenta alcune specifiche forme di violenza, dal fascismo al terrorismo, passando per la “questione mafiosa”, di cui gestisce a lungo il monopolio. Da almeno un quindicennio, numerose ricerche hanno permesso di analizzare queste manifestazioni. Alcune si sono soffermate sulle violenze di guerra, sui massacri di militari e di civili durante il secondo conflitto mondiale, e sulle diverse forme di violenza coloniale; altre hanno esplorato la questione della criminalità organizzata e più recentemente il periodo etichettato come “Anni di piombo”.

Il programma di ricerca tiene conto della pluralità delle espressioni della violenza, cercando di coglierne ragioni e origini storiche, contestualizzandole in realtà politiche, sociali ed anche locali, che implicano attori di natura differente. In questa pluralità, il punto di lettura privilegiato dal progetto di ricerca triennale in corso presso l’École Française de Rome, in collaborazione con le università francesi di Grenoble edi ParisVIII e l’Università di Bologna, è quello di uno studio dell’impatto di queste violenze sui processi democratici e sui processi di democratizzazione attraversati dall’Italia nel corso del XX secolo. Agli storici e alle storiche che stanno partecipando a questo progetto in incontri periodici (il primo tenutosi a Parigi presso l’Université de Paris VIII a Saint-Denis nell’aprile 2013; il prossimo a Roma presso l’EFR nel novembre 2014) in cui si discutono i risultati di ricerche in corso o di studi recenti, sono state poste alcune domande di fondo. È stato loro chiesto di analizzare come le forze politiche e le istituzioni democratiche si sono confrontate con la violenza politica e sociale nell’Italia liberale e poi repubblicana. E come gli italiani hanno affrontato queste violenze nel rispetto (più o meno stretto) dei valori democratici. E ancora: in quale misura pratiche politiche nate in un contesto di conflitto sono state riutilizzate in situazioni d’emergenza per combattere nemici di natura differente. E infine, è stato loro suggerito di interrogarsi su come settori della società si sono mobilitati contro alcune forme di violenza politica e criminale per difendere con tale azione anche principi democratici di base.

Alle ricerche è stato dato un mandato: quello di riflettere sui meccanismi di salvaguardia nati in contesti dove si creava un difficile equilibrio tra leggi d’emergenza e rispetto del diritto, tra repressione e mantenimento delle libertà fondamentali, in una prospettiva che non fosse solo d’eccezione, ma di lunga durata. L’affermazione di una cultura del “garantismo” appare una specificità dell’Italia repubblicana, per la quale serve uno studio approfondito che ne identifichi le diverse tappe istituzionali e politiche che l’hanno creata e la molteplicità delle tradizioni intellettuali e civili che l’hanno ispirata.

Dunque questi primi studi, e altri che qui seguiranno, aiutano a confrontare fenomeni violenti di natura diversa, e il funzionamento dell’impianto democratico basato su attitudini e funzionamenti, a volte ricorrenti, a volte divergenti perché derivati da un cumulo di esperienze cresciute in seno alla società civile: dall’antifascismo alla mobilitazione antiterrorista, all’antimafia. È stato notato che metodi messi in campo nella lotta contro il terrorismo sono stati in parte riutilizzati contro la mafia, a volte dagli stessi uomini (dal generale Dalla Chiesa come dal giudice Caselli), spesso con le stesse armi (utilizzazione della figura del pentito, organizzazione di processi collettivi, ecc.). Anche nella memoria pubblica, è da segnalare questa comunanza, sancita nel 2007 dalla legge che ha istituito una giornata dedicata alle “vittime di mafia e del terrorismo”. Il progetto intende inoltre aiutare a comprendere varianti ed intensità delle diverse culture politiche che hanno generato violenze e le hanno riadattate nella pratica, come quelle qui specificatamente esaminate per gli anni Settanta.