Storicamente. Laboratorio di storia

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Alessandro Barbero, “Costantino il Vincitore”

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Alessandro Barbero, “Costantino il Vincitore”, Roma, Salerno Editore, 2016, 852 pp.

La figura di Costantino, il primo imperatore romano a convertirsi al cristianesimo all’inizio del IV secolo, gode di una rilevanza tale nella storia europea, che non sorprende affatto se uno storico del medioevo vi abbia dedicato un volume, nella fattispecie così ponderoso. Il libro è un ottimo esempio di dialogo fra studiosi e, soprattutto, fra due branche della storiografia diverse, come l’antichistica e la medievistica, che spesso difficilmente interagiscono.

Le critiche che l’a. rivolge a storici quali Raymond Van Dam, Timothy Barnes, Harold Drake e Klaus Martin Girardet, tutti antichisti illustri che orientano le riflessioni della storia costantiniana degli ultimi decenni, sono numerose. In breve, possono essere riassunte in questi termini: innanzitutto, molto spesso la storiografia su Costantino dimostra una deferenza verso l’oggetto di studio pericolosa, poiché rischia di affievolire la capacità critica dello storico; un secondo problema è rappresentato dalla facilità con cui le ipotesi avanzate dai vari studiosi diventano fatti accertati nella sovrabbondante e ripetitiva produzione storiografica; infine, un ultimo limite consiste nel «vistoso affievolirsi dello spirito critico nei riguardi delle fonti» (p. 14). Dopo l’ipercriticismo positivista di fine Ottocento e inizio Novecento, infatti, l’a. ravvisa dalla metà del secolo scorso in avanti un’eccessiva tendenza nell’accettare dogmaticamente l’autenticità di alcune fonti, primo fra tutti Eusebio di Cesarea. Il pericolo più vistoso di questo modo di procedere risiede nel fatto che «i libri su Costantino che circolano oggi presentino la ricostruzione di interi pezzi del suo regno in termini che il lettore non avvertito prenderà senz’altro per fattuali e dimostrati» (p. 15).

In risposta alla tradizionale impostazione della storiografia costantiniana, il libro è organizzato in cinque parti, dedicate ognuna a una diversa tipologia di fonte relativa a Costantino, sulla scorta del classico Arnaldo da Brescia nelle fonti del secolo XII di Arsenio Frugoni: alla base di questo approccio sta il fondamento metodologico che la possibilità di ricostruire un’immagine unitaria del personaggio oggetto di studio è preclusa allo storico, poiché ogni fonte in suo possesso riporta comunque una visione parziale e alterata della realtà storica. Per evitare, poi, di cadere in ulteriori approssimazioni e distorsioni prospettiche, dovute al montaggio soggettivo compiuto dallo storico, delle diverse immagini desunte dalle fonti, secondo l’a. «l’unico modo per tentare di conoscere Costantino consiste nel presentare separatamente le tante fonti che ci parlano di lui» (p. 16). L’a. sceglie quindi di valutare in modo complessivo tutte le testimonianze coeve all’imperatore romano ma separatamente, rifuggendo così qualsiasi tentativo di interpretazione combinatoria e unitaria. Inoltre, dal punto di vista storiografico, un’altra pregevole caratteristica del libro consiste nel fatto che l’intera disamina delle fonti è discussa lungo tutto il volume insieme al dibattito storiografico più aggiornato, fornendo dove necessario anche specifici approfondimenti, in appositi riquadri separati dal testo, allo scopo di trattare uno specifico problema su una fonte o su una questione storiografica.

La prima parte, Adulatori e ideologi, esamina le fonti scritte su cui si fonda l’immagine attuale di Costantino e su cui si è concentrato maggiormente il dibattito storiografico. Ancora una volta, l’a. sottolinea come lo scopo di questi autori non fosse in alcun modo quello di presentare i fatti in modo neutrale e oggettivo. Sono infatti presi in esame adulatori dell’imperatore, come il poeta Optaziano Porfirio e gli autori dei panegirici latini, e ideologi, come Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, che mirano ad amplificare innanzitutto il ruolo provvidenziale avuto da Costantino nella storia della Chiesa. La seconda parte si occupa delle testimonianze materiali lasciate dall’imperatore: le monete, le epigrafi e i monumenti, come l’arco di Costantino, le statue colossali e le basiliche costantiniane. Rispetto alle fonti scritte con le quali siamo soliti figurarci l’imperatore, questa tipologia di testimonianze presenta l’immagine pubblica di Costantino, così come egli stesso la dovette concepire e autorizzare attraverso l’amministrazione imperiale. L’attento esame proposto permette di precisare la storia politica e militare del suo regno e, spesso, propone una raffigurazione diversa della sua immagine, a volte anche contraddittoria rispetto ai testi, poiché era spesso priva di una spiccata componente religiosa, e cristiana in particolare.

Nella terza parte, l’a. esamina un secondo gruppo di fonti scritte attribuite direttamente a Costantino e conservate, in massima parte, nei dossier delle dispute teologiche contro donatisti e ariani. L’intera storiografia costantiniana ritiene questi testi centrali per indagare idee e convinzioni dell’imperatore. In realtà, poche di queste informazioni sono oggettive e nessuna è tramandata in contesti neutrali. È molto forte qui la denuncia di eccessiva reverenza, poiché negli ultimi decenni la critica ha spesso inteso passivamente come autentiche tutte le lettere e i manifesti di Costantino che ci sono stati tramandati dagli autori cristiani del IV secolo. L’a. richiama quindi gli studiosi a una maggiore prudenza quando giudicano acriticamente come autentiche delle testimonianze dalla tradizione conservativa così complessa.

La quarta parte affronta la legislazione di Costantino. Questa sezione è la più innovativa del libro perché cerca di esaminare in modo complessivo un tema di primaria importanza, finora disatteso a causa della magmaticità della legislazione imperiale, spesso smembrata e riportata per estratti di cui è difficile attribuire una paternità sicura. La storiografia dell’ultimo mezzo secolo si è occupata di questo aspetto soprattutto per esaltare la cosiddetta “svolta costantiniana”, per sottolineare cioè le innovazioni legislative di Costantino basate su una precisa morale cristiana. L’a. parte invece dalla prospettiva proposta dalla recente storiografia giuridica che ha molto ridimensionato l’influenza cristiana nell’opera legislativa del primo imperatore cristiano e arriva alla conclusione che le preoccupazioni che lo videro maggiormente attivo riguardarono soprattutto la tutela degli interessi dei possessori di fondi demaniali, la creazione di una «nuova nobiltà titolata» (p. 667), fra cui anche la nuova ed enigmatica figura dei comites, e la tutela della proprietà in ambito familiare. Infine, l’ultima parte del libro si occupa di ricostruire quale fosse l’immagine di Costantino conservata dalle prime generazioni a lui successive. Autori quali Prassagora, Libanio e Zosimo, fra gli altri, restituiscono infatti tanti diversi Costantini, spesso in forte contrasto con il modello unificante e trionfalistico presentato da Eusebio, divenuto poi dominante grazie agli storici cristiani del secolo V.