Premessa
Nell’ambito di un tema di ricerca come quello del viaggio d’istruzione, fino ad ora studiato in una prospettiva letteraria e in funzione di un’analisi legata alla mera storia dell’educazione e delle università, la categoria interpretativa “centro-periferia” costituisce un inedito punto di osservazione per lo sviluppo del problema in un’ottica spaziale che, come vedremo, non rimase fissa nel corso dei secoli bensì presenta aspetti di mutamento coerenti all’evoluzione delle istituzioni educative che agirono da centri di attrazione per tutto il Medio Evo e per buona parte dell’età moderna. Un grande impulso a questi studi è stato dato sul fronte storico-letterario, a partire dagli anni Settanta, dal Centro interuniversitario di ricerche sul viaggio in Italia (CIRVI) e dal CRHIPA (Centre de Recherche en Histoire et histoire de l'art. Italie, Pays Alpins, Interactions internationales) che continuano a tenere contatti con i più importanti storici della letteratura di viaggio. Questi studiosi hanno privilegiato nelle loro analisi soprattutto l’aspetto narrativo delle varie esperienze riportate dagli studenti nel corso delle loro peregrinationes attraverso i più celebri centri di educazione superiore dell’età moderna. Il loro sguardo si è rivolto soprattutto ad analizzare il modo con cui questi particolari viaggiatori percepirono realtà diverse, estranee e non familiari rispetto a quelle in cui erano cresciuti. Un maggiore ritardo nel trattare queste tematiche si è invece registrato sul fronte degli storici dell’educazione e delle università, i quali hanno cominciato solo negli ultimi decenni ad avvicinarsi a queste particolari testimonianze di viaggio. Iniziative quali FASTI, RAG (Repertorium Academicum Germanicum), e per l’Italia ASFE [1], data base che sarà a breve disponibile on-line insieme a quello sui Maestri e scolari a Siena e Perugia (1250-1500), costituiscono esempi isolati di banche dati in cui sono state incorporate informazioni relative alla mobilità studentesca di studenti e docenti partendo soprattutto dall’analisi dalle fonti documentarie e considerando solo in misura ancora marginale le testimonianze letterarie, che risultano tuttavia essere ricche di informazioni utili per arricchire il quadro storico dei vari personaggi trattati.
Il viaggio d’istruzione come pratica comune ai giovani nobili
Fin dalle origini delle università, i giovani appartenenti alle più importanti famiglie europee furono impegnati in tour in direzione dei maggiori centri di formazione superiore, e questo ha
costituito la costante di un comportamento collettivo alla cui base risiedeva il desiderio di apprendere gli insegnamenti dei prestigiosi maestri. Nell’autentica Habita, concessa a metà
del XII secolo da Federico I, l’imperatore intese offrire una protezione giuridica a tutti coloro che si trovavano a peregrinare per motivi di studio e per amore del sapere, identificati nella
stessa Costitutio con le parole «Amore scientie facti exules» [2]. La peregrinatio academica, fin dalle origini, fu
pertanto favorita da una serie di privilegi derivanti proprio dalla condizione di viaggiatori alla quale venivano assimilati studenti e maestri, e grazie a queste agevolazioni costoro hanno potuto
spostarsi attraverso l’Europa godendo delle immunità legate allo status giuridico privilegiato a cui venivano associati.
Se nel corso dell’Alto Medio Evo le strade e i sentieri che attraversavano l’Europa erano percorsi soprattutto da mercanti, ecclesiastici e pellegrini (guidati nei loro spostamenti rispettivamente
da moventi commerciali e religiosi), questa tendenza cambiò a partire dal ’200 a seguito dello sviluppo dei primi centri di istruzione superiore (Parigi e Bologna per citare fra i più importanti).
I principali viaggiatori divennero pertanto i giovani appartenenti alle nobili casate europee in grado di potersi garantire un viaggio il più possibile immune da pericoli e di assicurarsi un
soggiorno dignitoso all’interno delle città visitate, scelte per lo più in quanto sedi di centri di studio superiore. In questa prima fase, nella quale vi era scarsità di istituzioni educative,
concentrate soprattutto tra Italia, Francia e Spagna, gli studenti del Centro e Nord Europa si spostavano per necessità verso i centri universitari del Sud Europa: Montpellier, Salamanca, Bologna e
Padova costituivano le mete più ambite da quanti sceglievano di vivere una simile esperienza.
Lo spirito cosmopolita dell’Umanesimo contribuì poi a mantenere viva questa pratica culturale, ma fu a partire dai primi decenni del XVI secolo che il viaggio d’istruzione si diffuse massicciamente
coinvolgendo, almeno fino agli inizi del ’600, un numero significativo di giovani provenienti da tutta Europa. A riprova di ciò basta analizzare i dati in nostro possesso relativi al numero delle
lauree in diritto civile conferite complessivamente nello Studio di Bologna dal 1378 al 1796 [3], che presentano un andamento di notevole
crescita proprio a partire dai primi anni del ’500. Dalle circa 100 lauree nel decennio 1490-1500 si passò infatti alle 400 del periodo 1540-1550, raggiungendo l’apice agli inizi del XVII secolo in
cui si toccò la punta massima dei 600 gradi accademici conferiti su base decennale.
Per comprendere il fenomeno di progressiva crescita delle frequenze da parte degli studenti “forestieri” occorre raffrontare questi dati con quelli relativi alla composizione per area geografica di
provenienza dei laureati in legge canonica e civile [4]. In questo modo emerge come, almeno fino alla metà del ’500, il rapporto tra
citramontani e ultramontani fosse percentualmente paritario e dal decennio 1560-1570 la media degli stranieri cominciò ad attestarsi sul 25%, e tale livello si mantenne pressoché stazionario, con
periodi di maggiore e minore frequenza, fino agli ultimi decenni del Settecento.
Con l’età moderna non solo cambiò in maniera significativa il numero totale degli studenti che affluirono verso i centri di istruzione superiore, ma ad essere modificato fu anche il legame che si era creato nel Medio Evo tra questi centri e le periferie da cui provenivano gli studenti. A partire infatti dai primi decenni del ’500 questo rapporto univoco fu annullato dalla massiccia proliferazione di fondazioni universitarie che interessò tutti gli Stati europei, e in particolar modo quelli dell’area germanica e i paesi del Nord: le antiche mete di studio continuarono ad attrarre i giovani ma a queste se ne aggiunsero di nuove collocate soprattutto nei territori dell’Impero.
A stimolare l’interesse e la curiosità di questi giovani contribuiva una polifonia di esperienze che andavano ormai al di là del puro ambito accademico: la conoscenza degli uomini, degli usi e dei costumi radicati nei diversi luoghi insieme al consolidamento di amicizie costituivano un primo passo nella formazione dei futuri uomini di Stato. Gli studenti e i docenti, nella scelta dell’itinerario da seguire, non erano più mossi unicamente da esigenze pratiche legate alla scarsa diffusione di istituzioni di istruzione superiore all’interno dei loro territori di origine, bensì entravano in campo anche interessi personali che potevano essere legati ad un particolare luogo, ad una comitiva di studenti diretta verso un determinato centro di studi oppure a una predilezione verso una zona preferita di sovente ad un’altra per il clima favorevole e per la presenza di bellezze artistiche.
La pratica della peregrinatio academica rimase comunque per tutta l’epoca moderna un costume diffuso soprattutto tra i giovani del Nord e Centro Europa che, nonostante la massiccia
proliferazione di fondazioni universitarie anche sui loro territori di origine, continuarono a portare avanti la tradizione del viaggio di studio attraverso l’Europa. Gli studenti continuarono
quindi a muoversi, ma in maniera più limitata. I lavori di Ad Tervoort [5] e Willem Frijhoff [6] hanno messo in particolare evidenza questo calo nelle università italiane per lo specifico caso degli studenti olandesi.
L’Italia, con la presenza delle sue famose università, divenne meta privilegiata degli studenti d’Oltralpe che sceglievano di compiere una parte del loro itinerario nelle città universitarie in cui
potevano essere certi di trovare altri compatrioti riuniti in associazioni studentesche come le nationes [7] o nei
collegi[8], istituzioni in grado di offrire loro accoglienza e sostegno.
Padova e Bologna, insieme a Siena, Perugia e Pisa, costituirono i principali poli culturali di attrazione degli studenti provenienti dalle regioni dell’Impero per la presenza in queste città di
importanti nationes germanicae. In particolare le magistrature padovane nel corso di tutta l’età moderna si distinsero per la tolleranza usata nei confronti di studenti e maestri
provenienti dai territori riformati e aderenti a dottrine eterodosse rispetto a quella cattolica [9].
Negli altri Studia italiani, dove i controlli da parte della Chiesa si fecero più serrati, sovente accadeva che i giovani decidessero, dopo aver frequentato le lezioni dei maestri per un periodo
che si poteva protrarre anche per due anni, di fare ritorno nelle zone di origine senza aver conseguito il titolo dottorale, ossia l’attestato finale del corso di studi compiuto durante il loro
soggiorno. Questa scelta veniva da essi operata per non incappare nella rigida pratica della professio fidei [10] imposta dal
Concilio tridentino a tutti i giovani che intendevano sottoporsi all’esame di laurea. Molti di essi optavano piuttosto per l’acquisizione del titolo dottorale presso centri universitari vicini alle
loro zone d’origine anche perché così facendo avrebbero incontrato meno ostacoli per ottenerne il riconoscimento, da parte delle amministrazioni locali, propedeutico per iniziare una carriera
professionale.
In media gli studenti rimanevano lontani da casa per un periodo di tempo che variava tra i due e i tre anni. Molto spesso, nel corso del loro viaggio, essi non facevano ritorno nei luoghi di
origine se non in casi eccezionali: troppo elevato era il costo, troppi erano i rischi e i pericoli da affrontare lungo il cammino, e per questo motivo preferivano viaggiare organizzati in
comitive.
Il viaggio di studio del Principe di Anhalt
Sovente accadeva che un giovane nobile, il quale molto spesso per motivi di sicurezza si spostava in incognito, decidesse di intraprendere un viaggio accompagnato da un seguito di altri coetanei che lo scortavano in tutti i suoi trasferimenti e che approfittavano della circostanza per frequentare anch’essi gli Studia previsti dall’itinerario. Questo è, ad esempio, il caso di Ludwig principe di Anhalt che, all’età di 19 anni [11], decise di partire dalle regioni settentrionali dell’Impero per intraprendere un viaggio in Italia che lo portò per più di tre anni (dalla primavera del 1598 fino all’estate del 1601) a frequentare i più importanti centri d’istruzione secondaria intervallando questi soggiorni educativi con visite alle principali città d’arte. Nella matricola della natio germanica di Bologna l’Anhalt figura come registrato in una data compresa tra il 24 e il 29 settembre 1598 con lo pseudonimo di Ludwig von Lindaw [12]. Dalla matricola redatta dal Weigle per lo Studio di Perugia emerge poi come il principe si sia spostato in questa città comparendo nelle registrazioni come «Ludovicus a Lindaun» [13] tra il 17 settembre 1598 e il 26 ottobre 1598, mentre circa sei mesi dopo, tra il 24 aprile e l’8 maggio 1599, si trovava iscritto nei registri della nazione germanica di Siena come «Ludwig von Lindaw alias Ludovicus princeps Anhaltinus incognitus hic transiit» [14], e tale immatricolazione venne reiterata il 17 agosto 1600 [15].
Da uno sguardo veloce alla documentazione parrebbe ci si trovi in presenza di un semplice viaggio di istruzione in cui uno studente, seguendo un preciso itinerario dal Nord verso il Sud della Penisola, avesse scelto di fare tappa nelle città in cui sapeva di trovare accoglienza e protezione nella corporazione studentesca che radunava gli scolari provenienti da una comune zona di origine. Scorrendo con maggiore attenzione gli elenchi che riportano i nomi degli studenti immatricolati si può notare come coloro che precedevano e seguivano Anhalt in tutte e tre le nationes fossero sempre gli stessi studenti, ovvero Christophorus von Lehndorff [16], Philipp Jacob von der Grey [17] e Wernhardt von Krossigkh (quest’ultimo in realtà si trovò in compagnia del gruppo solo a Bologna)[18] che risultavano essere, dal diario di viaggio [19] redatto dal principe, a tutti gli effetti i suoi accompagnatori.
Alfred Reumont [20], che ha studiato questo memoriale soprattutto per quanto attiene la permanenza fiorentina dell’Anhalt, dà conto di un itinerario preciso riportando tappe e specificando gli incontri avuti dal principe nelle corti italiane che si trovò a visitare. Dal racconto emerge come la via scelta per valicare le Alpi sia stata quella del Friuli e che la comitiva, una volta giunta a Treviso, attraverso la strada per Malghera, giunse con una piccola nave a Venezia, dove sostò per una sola giornata per poi ripartire alla volta di Padova passando per Mestre e di nuovo per Treviso. Anche in questo caso la permanenza della compagnia di viaggiatori sul territorio veneto deve essere stata molto breve poiché al nobile tedesco interessava raggiungere Firenze dove intendeva trascorrere l’estate. Giunto a Rovigo, e passando il Po a Francolino, arrivò a Ferrara dove ebbe modo di assistere, in un periodo compreso presumibilmente tra gli inizi di maggio e la fine di giugno del 1598, alle cerimonie di accoglienza predisposte per l’ingresso in città di papa Clemente VIII, ritornato in possesso della capitale del Ducato estense.
Reumont riferisce a questo proposito come «trovandosi scarso comodo nell’albergo, ripieno di gente, il principe col suo seguito partì presto, recandosi per la Scala a Bologna» [21]. Da Bologna Ludwig raggiunse Firenze dove si fermò tutta l’estate a partire dal 22 giugno 1598. Ecco uno stralcio della narrazione presa dalla traduzione operata da Reumont: «si prese stanza nell’albergo della Corona d’oro; ma vana era la mia speranza di riposare dopo le fatiche e il caldo del viaggio, giacché le cimici mi tormentarono a segno da cacciarmi dal letto» [22].
Il principe si dilunga nel diario in una esaustiva trattazione sulla città di Firenze, dove soggiornò fino all’autunno del 1598, manifestando l’intenzione di trasferirsi successivamente a Roma e a Napoli. Tuttavia sappiamo dalla documentazione che prima di recarsi in visita a queste due ultime città la comitiva fece ritorno a Bologna, alla fine di settembre, e tutti i giovani nobili che la componevano si immatricolarono nella natio germanica locale. In seguito visitarono anche Perugia, dove li abbiamo visti figurare nei registri dell’omonima nazione cittadina tra la metà di settembre e la fine di ottobre del medesimo anno. Almeno per quanto attiene la presenza bolognese di questo gruppo di studenti si potrebbe supporre che la loro permanenza in città sia stata molto breve. A conferma di ciò è stata condotta una verifica sui verbali delle assemblee della Nazione di Bologna convocate nell’autunno del 1598 e non si sono trovati negli elenchi dei presenti alle riunioni i loro nomi.
Da Roma e Napoli, dove rimase l’autunno e l’inverno del 1599, l’Anhalt fece ritorno a Firenze, città viva culturalmente, nella quale frequentò i circoli letterari e fu addirittura iscritto nel 1600
all’Accademia della Crusca. Fu probabilmente nel corso di questo prolungato soggiorno, terminato nell’estate del 1601, che il principe con il suo seguito si recò per ben due volte a Siena dove
risulta iscritto, come si è già visto, nella matricola della natio germanica cittadina, una prima volta nella primavera del 1599, e successivamente nell’estate del 1600. Alcune tappe
dell’itinerario di viaggio del principe di Anhalt rimangono ancora avvolte nella nebbia, tuttavia dal confronto delle fonti documentarie con il memoriale da lui lasciato si è potuto fare chiarezza
su parecchi punti rimasti sino ad ora in sospeso, confermando l’ipotesi avanzata da Reumont che presentò questo viaggio sganciandolo dalla mera logica pedagogico-educativa per accostarlo a quello
che un secolo più avanti si affermò come il Grand Tour, un viaggio con intenti culturali intesi in senso più ampio.
Già da questo primo esempio si è potuto vedere come la peregrinatio dei giovani nobili si caratterizzasse per essere prettamente urbana. Gli studenti generalmente prediligevano un centro
universitario in cui fissavano la loro dimora ma, dopo un periodo di tempo passato in quel luogo, si spostavano in altre città sedi di Studia altrettanto famosi fino a visitare in media
almeno tre o quattro centri di istruzione superiore.
La partenza dalle periferie non implicava pertanto il raggiungimento di un solo centro di studi ma venivano compiute, nel corso del viaggio, tappe che toccavano tutti gli Studia più
prestigiosi della zona e, nel corso dei loro spostamenti accadeva che questi giovani facessero sosta anche in alcuni luoghi dove non necessariamente vi era la presenza di un’università. Queste
soste erano motivate dalla visita a chiese, monumenti, rovine e biblioteche o per assistere a particolari eventi che venivano celebrati in concomitanza del loro passaggio. Le feste, i banchetti,
gli spettacoli e persino le esecuzioni capitali esercitavano infatti una forte attrazione sui giovani studenti dell’epoca.
Il viaggio-pellegrinaggio di Federico I di Württemberg Il duca protestante
Federico I di Württemberg [23] decise, nel 1600, di lasciare i territori imperiali sud-occidentali per visitare l’Italia approfittando
della ricorrenza del giubileo per il quale furono predisposti una serie di festeggiamenti agli inizi di quell’anno. Egli viaggiava, per motivi di sicurezza, in incognito con il nome di Fritz von
Sponeck, accompagnato da un seguito di nobili di corte e servitori.
Il duca risulta immatricolato a Bologna nella natio germanica il 19 gennaio 1600 [24], di ritorno dal viaggio a Roma; tra i
suoi compagni di avventura figurano anche Benjamin von Buwinckhausen [25], Franz Ludwig Zorn von Bulach [26] e Peter im Hoff [27], tutti immatricolatisi nella natio il 5 febbraio del 1600.
Il duca, iscrivendosi nei registri della corporazione studentesca, aveva reso un onore alla Nazione bolognese e infatti tale notizia viene riportata con enfasi dai sindaci negli Annales
[28] con la promessa di divulgare l’informazione solo una volta che egli fosse partito.
Di questo viaggio è rimasta la memoria redatta da Heinrich Schickhart [29], l’accompagnatore della comitiva di giovani nobili, che
fecero presto ritorno in patria: infatti nei verbali stilati dai sindaci della Nazione il 6 febbraio 1600 non figura tra i presenti alla seduta nessuno di questi quattro studenti che probabilmente
si erano immatricolati poco prima di partire.
I diari tenuti dal principe di Anhalt e da Heinrich Schickhart rappresentano testimonianze di inestimabile valore se raffrontate e integrate con i dati forniti dalle fonti prettamente
istituzionali.
Dall’analisi di queste ultime (registri matricolari e verbali di laurea, per citare a titolo di esempio le più conosciute) siamo infatti in grado di ricostruire solo una parte degli itinerari di
viaggio compiuti dai giovani nobili attraverso l’Europa. Costoro non sempre sceglievano di iscriversi nei ruoli delle matricole universitarie o in quelli delle nazioni e, come è già stato detto,
molto spesso rientravano dal loro viaggio senza aver ottenuto il titolo dottorale. Per poter definire con dovizia di particolari queste peregrinationes attraverso l’Europa ci vengono
allora in aiuto altre fonti non istituzionali
rappresentate appunto dai diari di viaggio, dai memoriali, dalle lettere degli studenti scambiate con i familiari e dai libri amicorum. In particolare questi ultimi rappresentavano una sorta di diario di viaggio tenuto dallo studente che in essi raccoglieva le dediche apposte dai compagni di studio e dagli insegnanti incontrati nel corso della sua peregrinatio accademica e con i quali aveva stretto rapporti di amicizia. La pratica di tenere questi libretti era radicata soprattutto tra gli studenti tedeschi, ma si diffuse successivamente nei Paesi nordici e nei Paesi Bassi.
Uno studio approfondito di questa fonte (sono stati stimati circa 12.000 esemplari conservati per lo più alla British Library e nelle biblioteche tedesche delle città di origine di questi studenti) permetterebbe di individuare con precisione le rotte tracciate dagli studenti nel corso del loro viaggio, poiché vi è elencata una serie innumerevole di particolari sfuggiti alla fredda registrazione dei notai, degli scribi e degli addetti alle Cancellerie dei vari Studia.
In linea generale, in tutte queste testimonianze letterarie, gli itinerari di viaggio vengono scanditi puntualmente con indicazioni temporali e di luogo, facendo emergere anche gli intenti che spingevano questi particolari viaggiatori a muoversi; molto spesso il desiderio di apprendere era solo uno dei moventi che li portava a percorrere migliaia di chilometri lontano da casa. Da queste fonti spesso emergono anche i motivi per i quali veniva scelto di abbandonare per un determinato periodo di tempo la città di origine dove molto spesso vi era un altrettanto valido centro di studi, oltre che alle difficoltà oggettive e materiali a cui dovevano fare fronte studenti e maestri in una quotidianità diversa da quella in cui erano cresciuti e si erano formati. E in favore di questo aspetto, le lettere di raccomandazione o la presenza, nelle città scelte per soggiornare, di qualche familiare o di qualche personaggio che aveva contatti con l’ambiente dello studente costituivano un valido aiuto per una sua piena integrazione nel contesto cittadino [30].
Christoph Kress e il viaggio di studio come tradizione familiare
Il soggiorno in Italia di Christoph Kress rappresenta un esempio di come la scelta compiuta da questo studente rientrasse in una strategia familiare che aveva visto lo zio, una ventina di anni prima, precederlo in una simile esperienza. Christoph mantenne i contatti con il padre attraverso una cinquantina di lettere [31] e, grazie al confronto delle notizie contenute in questo epistolario con le informazioni desunte dalle fonti istituzionali, siamo in grado di restituire un quadro abbastanza dettagliato dei suoi spostamenti.
Costui era un giovane studente originario di Norimberga che giunse a Bologna nell’autunno del 1559, dopo aver studiato per tre anni nel centro universitario di Lipsia, dove era stato ospitato nella casa del famoso umanista Joachim Camerarius e dove figurava nell’elenco degli iscritti all’Università nel semestre estivo del 1556 [32]. Nel 1559 si ritrova invece fra i presenti alle sedute della natio germanica di Bologna [33] insieme ad altri due compagni norimbergesi (Georg Tetzels e Georg Hoffman). Le lettere di Christoph al padre in questo caso precisano unicamente la data di arrivo in città, e cioè il 17 settembre di quell’anno, e danno informazioni sul mezzo di trasporto utilizzato dal giovane nel viaggio da Lipsia attraverso Augsburg e Innsbruck. Egli informa il padre che per spostarsi si era servito di un cavallo che in seguito fu costretto a vendere per potersi vestire «all’uso del paese» [34].
Kress, partito da Norimberga nel 1556 all’età di circa 14 anni [35] sollecitato dal padre, aveva deciso di intraprendere questo viaggio di studio in Italia che doveva costituire anche un’occasione per riacquistare la piena forma fisica dato il suo stato di salute perennemente cagionevole. Bologna era stata scelta per il legame privilegiato che la famiglia aveva con questa città dove risiedeva lo zio Albert Scheurl, all’epoca impegnato nella gestione dei propri possedimenti e in affari commerciali, che quindi poteva costituire un punto d’appoggio per Christoph.
Come è già stato accennato, anche Albert era stato studente nella città felsinea all’incirca un ventennio prima del nipote. Lo si ritrova infatti in qualità di scolaro negli Annales della
natio germanica presente alle sedute del 1544 [36] e Gustav K. Knod [37], che ha dedicato a Scheurl una scheda biografica, lo dà come proveniente da Ingolstadt e da Lipsia a partire dal 1539: lo si ritrova infatti iscritto nella matricola nel
semestre estivo del 1540 [38]. Una volta conclusi gli studi, Albert aveva deciso di non recidere il legame costruito con Bologna nel
corso della sua gioventù rimanendovi per amministrare le finanze familiari. E, a proposito di questioni economiche, ritornando all’epistolario di Kress, si scopre come il costo della vita a Bologna
fosse molto alto e Christoph in tutte le lettere spedite al padre non perde occasione per rimarcare questo fatto.
Aldrovandi traduce così la prima lettera spedita al padre da Bologna:
Non posso celarvi che l’onnipotente Iddio ha castigato parecchi luoghi d’Italia, fra i quali Bologna, specialmente nelle viti; per il gran secco ne andarono a male un sì gran numero, che al dir degli abitanti, a memoria d’uomo, non si è mai veduto niente di simile; anche il pane è assai caro, potrei quasi compare da voi per un heller quello che qui vale un pfennig ... Che anno cattivo mi è mai toccato![39]
Per questo motivo Christoph fu costretto ad alloggiare nell’abitazione dello zio che abitualmente affittava stanze a scolari dello Studio bolognese a prezzi modesti. E proprio in questa circostanza egli conobbe due studenti che erano come lui a pensione da Albert Scheurl. Si tratta di Iohannes Nützel e Carolus Pfintzing von und zu Weigelshof, entrambi iscritti nei registri della Nazione germanica di Bologna un anno prima rispetto a Kress, e cioè nel 1558 [40]. La permanenza bolognese di Christoph si protrasse almeno fino all’inizio dell’estate del 1560 (nella sua lettera datata 8 luglio 1560 egli infatti si lamenta per il caldo).
Proprio nella primavera di quell’anno fu testimone dei fatti che videro la fuoriuscita verso Ferrara dei compagni della natio germanica in segno di protesta nei confronti dell’autorità cittadina che aveva compiuto un torto nei confronti di uno studente tedesco avendo violato il suo status privilegiato [41]. Kress narra con dovizia di particolari questa vicenda che probabilmente lo coinvolse in prima persona. Knod [42] ci informa che una volta terminata l’esperienza bolognese, il giovane tedesco soggiornò per un periodo limitato a Lucca (probabilmente impegnato in un viaggio nell’Italia centrale) e dopo il novembre 1561 fu costretto a fare ritorno a Norimberga, a seguito della morte del padre, avvenuta nel novembre del 1560. Questo evento probabilmente condizionò la sua vita poiché, rientrato quasi immediatamente dal suo viaggio di studio, lo si ritrova già nel giugno del 1562 impegnato a muovere i primi passi nella sua carriera professionale a Spira. Dal 1565 ritornò nella città d’origine dove ricoprì importanti incarichi amministrativi fino alla morte, avvenuta il 23 giugno 1583 [43].
Il diario di viaggio di Nicolas Audebert
Di pochi anni successivo al soggiorno di Christoph Kress in Italia fu il viaggio d’istruzione compiuto dall’orleanese Nicolas Audebert che rimase lontano dalla propria terra per tre anni e sette mesi, tra l’ottobre del 1574 e l’aprile del 1578, e di quest’esperienza si è conservata una ricca testimonianza nel diario da lui stesso compilato [44].
Anche Nicolas, così come aveva fatto in precedenza Christoph, aveva seguito una tradizione familiare avviata dal padre Germain, umanista e poeta, che negli anni quaranta del ’500 aveva compiuto un analogo viaggio d’istruzione in Italia durato all’incirca tre anni e nel corso del quale aveva visitato la città di Bologna [45], frequentando i corsi di Andrea Alciato [46], recandosi poi a Venezia, Roma e Napoli, e in onore di queste ultime città aveva composto tre poemetti latini. Olivero, autore dell’edizione del diario di Nicolas Audebert, nell’introduzione avanza l’ipotesi che il viaggio del giovane francese avesse, oltre lo scopo di apprendere la disciplina legale dai celebri maestri attivi sulle più importanti cattedre italiane, anche la finalità di divulgare l’opera letteraria paterna presso gli eruditi dell’epoca [47].
Nel diario di viaggio Nicolas fissa con precisione tutte le tappe dell’itinerario da lui svolto, a partire dal 2 ottobre 1574 quando, a cavallo, si recò da Orléans a Lione, fino al suo rientro in patria registrato il 27 aprile 1578, due giorni dopo aver conseguito il dottorato presso l’Università di Bourges visitata sulla strada del ritorno. Numerosi furono gli accompagnatori che seguirono Nicolas nel corso del suo viaggio, a partire da un certo monsieur Pignerelle che percorse con lui il tratto tra Orléans e Lione; l’attraversata del Moncenisio fu invece fatta in compagnia di padre Bernardino Castori da Siena, mentre per la navigazione in battello lungo il Po fino a Ferrara il giovane viaggiatore decise di unirsi ad un gruppo di studenti italiani. Numerose furono le soste compiute. Egli infatti decise di fermarsi a Pavia, Piacenza e Cremona per visitare la celebre Università ticinense e le antiche chiese edificate in queste città.
A Bologna arrivò nell’autunno del 1574 in compagnia del nobile piemontese Carlo Broglia (futuro arcivescovo di Torino) e trovò ospitalità nella casa di Francesco della Rota, nella strada di Centrotrecento, vicino all’antica dimora distrutta dei Bentivoglio. Nicolas riferisce con precisione di aver abitato insieme ad altri due studenti di origine piacentina (Verduzzio Landi e Giacomo Mantuato) e a un francese capitano della marina (Pasquier Cornu). Rimase a Bologna fino all’aprile 1575 e in seguito decise di partire per un tour nel Nord-Est nel corso del quale dimorò a Venezia in compagnia di Jacques de Vizé, anch’egli studente a Bologna[48], che rimase insieme a lui almeno fino a Padova, città dove Nicolas si trattenne, una prima volta, solo due giorni (dal 5 al 6 maggio 1575) per poi fare ritorno a Venezia da dove poté meglio curare gli interessi editoriali paterni. A fine maggio risale la notizia di un secondo soggiorno patavino (allietato dalla visita di Arquà Petrarca e dai bagni termali di Abano), passaggio per un ritorno a Bologna dopo una breve sosta nelle città di Mantova e Ferrara.
Fu quindi nella città felsinea una seconda volta a partire dagli inizi di giugno del 1575 e vi rimase per un anno e tre mesi. A Bologna, dopo una malattia che lo colpì nell’autunno, causata dal clima malsano della città, il giovane orleanese decise di frequentare le lezioni dello Studio iscrivendosi nella matricola dell’Universitas legistarum il 19 dicembre 1575 [49] e rendendosi attivo nella vita universitaria. Dopo un viaggio nel Centro e nel Sud della Penisola, che lo portò a visitare nell’arco di otto mesi Genova, Pisa, Firenze, Roma e Napoli (compiendo una traversata in barca tra Genova e Pisa, per poi avvalersi fino a Roma dei servizi di posta e proseguendo per Napoli con il servizio bisettimanale del procaccio [50]), fece ritorno a Bologna dove per circa altri dieci mesi riprese a studiare le leggi[51]. Nella primavera del 1578 lasciò definitivamente l’Italia e, dopo aver visitato alcune città lombarde e piemontesi, ritornò ad attraversare il Moncenisio in condizioni climatiche avverse di bufera, spostandosi con l’ausilio di una sedia denominata ramasse sulla quale erano posti dei pattini per scivolare sulla neve.
Come è già stato detto, egli si fermò a Bourges per addottorarsi il 25 aprile 1578, giorno del suo compleanno, e proseguì il viaggio di ritorno in compagnia di Jacques de Bordeaux, un altro studente francese proveniente, come l’Audebert, da Bologna [52]. Il rientro in patria di Nicolas, datato 27 aprile 1578, fu immediatamente seguito, come ipotizza Oliviero, da un periodo di apprendistato che si protrasse fino alla fine del gennaio 1579, quando il giovane avvocato sostenne la sua prima causa al Présidial di Orléans. Di tre anni posteriore, cioè nel 1582, è la sua nomina a consigliere non originario presso il parlamento di Bretagna con sede a Rennes, città nella quale terminò la sua carriera morendo, a distanza di pochi giorni dal padre, nel dicembre 1598.
Il viaggio d’istruzione di Basilius Amerbach
Una scelta diversa da quella compiuta da Audebert, laureatosi a Bourges sulla strada del ritorno, era stata presa nei decenni precedenti da altri due studenti i quali avevano preferito conseguire il titolo dottorale a Bologna, città nella quale avevano effettivamente frequentato le lezioni.
Il primo di questi fu Basilius Amerbach [53], del quale è rimasto un epistolario costituito da missive in latino scambiate con il padre, il celebre giurista Bonifacio, datate intorno alla metà del ’500, periodo in cui Basilio scelse di compiere un viaggio di istruzione in Italia, partendo da Basilea, per studiare nelle più importanti università della Penisola.
Le fonti documentarie attestano la presenza di Basilio a Bologna nell’autunno 1555 come iscritto alla natio germanica [54]. Di cinque anni posteriore è un’altra sua importante traccia lasciata nei verbali delle lauree tenuti dai notai e dai priori dei Collegi legali in cui figura come addottorato il 15.10.1560 [55] in diritto civile: si tratta di uno dei pochi studenti tedeschi che ha lasciato l’Italia con l’attestato dottorale nella propria borsa. Nella maggior parte dei casi infatti i giovani nobili provenienti dalle regioni dell’Impero compivano solo una parte della loro formazione in Italia ma poi sceglievano di tornare nelle loro città d’origine o in quelle più vicine, dove vi era la presenza di un centro di formazione superiore, per completare con l’assunzione del dottorato il loro curriculum studiorum.
Poiché le epistole che abbiamo a disposizione sono quelle edite a Basilea in occasione dei festeggiamenti per l’ottavo centenario dell’Università di Bologna, e fanno riferimento solo al soggiorno bolognese e a quello veneto dello studente (tra l’agosto 1555 e il settembre 1556), dai materiali a nostra disposizione siamo in grado, allo stato attuale degli studi, di restituire in maniera precisa il percorso svolto dall’Amerbach limitatamente a questo breve arco cronologico. Gustav Knod [56] però ci viene in aiuto nella ricostruzione della biografia di Basilio, descrivendo le esperienze maturate dal giovane tedesco nel periodo precedente il viaggio in Italia.
Dopo aver conseguito il bacellierato a Basilea, sotto la guida del padre, nel 1552, all’età di 18 anni[57], Basilio intraprese un viaggio che lo portò a visitare i più importanti centri di istruzione superiore in Europa e che lo tenne lontano da casa per otto anni, cioè fino alla fine del 1560, con un solo rientro a Basilea per pochi mesi nell’autunno del 1556. La prima sosta fu a Tubinga, ma già nel settembre 1553 Knod colloca l’Amerbach attivo nello Studio patavino. La matricola della natio germanica dei giuristi di Padova, consultata da Knod, ci ha infatti tramandato il nome di Basilio che figura iscritto l’11 febbraio 1554. Non si hanno più notizie dello studente fino all’agosto 1555, quando cioè apprendiamo, dall’epistola [58] inviata da Venezia al padre, che, aspettando passasse l’emergenza della peste che aveva colpito la maggior parte delle città del Nord Italia, da lì a pochi giorni egli sarebbe partito alla volta di Bologna.
Basilio, evitando di fermarsi a Padova per il pericolo del contagio, passò per Ferrara i primi giorni di ottobre del 1555, giungendo a Bologna il 7 dello stesso mese, ed è in questa circostanza che si inserisce la sua presenza alle sedute della Nazione germanica a cui è già stato fatto riferimento. Il giovane tedesco si fermò nella città felsinea per cinque mesi, fino al 6 marzo 1556. Nella lettera datata 13 ottobre 1555 [59] comunica al padre l’indirizzo della camera presa in affitto che si trovava in via Saragozza nella casa di Oldrado de Garganellis, vicino al Collegio di Spagna; egli vi abitò insieme ad altri studenti che erano stati insieme a lui a Padova[60]. Ma già da metà novembre[61] l’Amerbarch manifesta il desiderio di visitare altri centri universitari importanti come Pavia, Perugia, Pisa, Napoli, Roma e Siena. E realizzò questa sua aspirazione nella primavera dell’anno successivo [62] quando, scendendo attraverso la Romagna e le Marche, si recò prima in visita a Roma e successivamente a Napoli per fare ritorno a Bologna alla fine del maggio 1556. Egli fece una breve apparizione nella città sede dell’Alma Mater Studiorum che, nella lettera spedita da Como e datata 31 agosto 1556 [63], dice di aver lasciato il 14 dello stesso mese per partire per un tour nel quale visitò Reggio Emilia, Modena, Parma, Piacenza, Genova, Pavia e Milano, con l’intenzione di raggiungere Bergamo attraverso Verona, Brescia e Mantova per poi tornare a Basilea, facendo tappa ad Augusta, nell’ottobre del 1556. L’ultima lettera edita [64] proviene da Padova, città dove Basilio era arrivato il 9 settembre 1556 e da dove si apprestava a partire per fare ritorno in patria.
Per completare il racconto del viaggio di Amerbach ci viene ancora una volta in aiuto Knod [65] il quale colloca la presenza dello studente tedesco a Bourges, attivo nell’Università cittadina, dall’aprile al settembre 1557, lo rintraccia poi a Spira tre anni dopo dal gennaio al settembre 1560 (e probabilmente nel corso di questo intervallo temporale Basilio visitò altre città francesi e dell’Impero celebri per le loro famose università), ritrovandolo di nuovo a Bologna nel cui Studio cittadino l’Amerbach prese i gradi accademici, come è già stato ricordato, il 15 ottobre 1560. Con questo titolo dottorale egli riuscì ad intraprendere una carriera di successo che lo tenne legato fino alla morte alla sua patria in qualità di professore di diritto civile.
Il lungo viaggio di Antonio Agustín
Lo spagnolo Antonio Agustín compì una lunga peregrinatio attraverso la Penisola italica, che lo tenne lontano da casa per circa un ventennio, tra il 1537 e il 1558, e che non si terminò con il conseguimento della laurea, ma si protrasse per circa altri 17 anni, nel corso dei quali Antonio cercò, in territorio italiano, di gettare le basi che lo portarono a intraprendere una florida carriera ecclesiastica. Di quest’esperienza è rimasto un epistolario [66] costituito dalle lettere che Antonio scambiò con compagni studio, docenti e personaggi influenti incontrati nel corso del suo lungo cammino.
Agustín partì da Zaragoza, città nella quale era nato il 26 febbraio 1517 [67], dopo aver studiato per due anni (tra il 1526 e il 1528) grammatica ad Alcala e in seguito fino al 1535 a Salamanca (altro grande centro universitario in territorio spagnolo) il latino, il greco e il diritto civile. L’anno seguente decise di perfezionare le proprie conoscenze recandosi in Italia, dove elesse Bologna come sede di riferimento appoggiandosi al Collegio San Clemente [68], l’istituzione fondata nel 1364 con i proventi del lascito testamentario del cardinale Gil de Albornoz, destinata ad ospitare un numero fisso di studenti provenienti dalla Penisola iberica.
Antonio fu ammesso nel Collegio di Spagna il 27 gennaio 1539 [69] e strinse una particolare amicizia con due connazionali: Juan de Sora (collegiale nel 1533 e dottore in diritto nel 1535) [70] e Bernardo Bolea (laureatosi nel 1538 [71] e successivamente impegnato nella ricerca di un incarico amministrativo nel Regno di Napoli, città presso la quale Antonio si recò per fargli visita nel 1538). Antonio lasciò temporaneamente Bologna anche per visitare più volte Padova, dove si fermò solo per un trimestre e da dove partì per recarsi a Venezia. Il 3 giugno 1541 conseguì il dottorato in utroque iure presso l’Alma Mater Studiorum [72] ma, contrariamente a quanto sceglievano di fare i suoi connazionali, cioè di tornare in patria per iniziare promettenti carriere nell’amministrazione statale, egli decise di rimanere in Italia per potersi inserire all’interno del circuito curiale romano.
A Bologna, seconda città dello Stato della Chiesa insieme a Perugia, rimase tuttavia fino al 1544 continuando a studiare e a scrivere opere letterarie. Soggiornò in seguito anche a Firenze, città in cui portò avanti l’opera di edizione di trattati giuridici, e infine nel 1545 raggiunse Roma per prendere possesso dell’ufficio di uditore della Sacra Rota, incarico che esercitò fino al 1555 per poi ricoprire mansioni diplomatiche per conto della Santa Sede prima in Inghilterra e poi in Germania. Nominato vescovo di Alife nel 1557, ricoprì un altro incarico di rappresentanza in qualità di visitatore della Sicilia per conto del re di Spagna Filippo II, fu poi a Trento dove partecipò alla sedute del Concilio dal 1561 al 1563, anno in cui partì definitivamente dall’Italia per ritornare in Spagna dove era stato nominato nel 1561 vescovo di Lérida.
Nel 1577 ottenne l’agognata promozione all’arcivescovado di Tarragona, diocesi che resse fino alla sua morte avvenuta nel maggio del 1586.
Antonio Agustín e Albert Scheurl, zio di Christoph Kress, rappresentano solo due dei molti casi di studenti che compirono la scelta di non ritornare nei luoghi di origine una volta terminato il
loro curriculum studiorum. Essi rimasero nelle città sedi dei centri di istruzione superiore dove si erano formati poiché è probabile che le «periferie» da cui provenivano non offrissero
gli strumenti necessari per l’affermazione professionale che andavano cercando. Il tema della mobilità professionale costituisce però un argomento a cui andrebbe riservato un apposito spazio e per
lo studio del quale lo storico dovrebbe avvalersi di strumenti d’indagine diversi da quelli utilizzati per l’analisi della mobilità studentesca in epoca moderna che abbiamo visto, da questi pochi
esempi, sganciarsi dalle logiche medievali legate allo stretto rapporto tra centri e periferie d’istruzione in favore di un policentrismo diffuso nel quale le antiche periferie vennero a
costituirsi a loro volta in nuovi centri di formazione superiore.
Bibliografia di riferimento
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Note
[1] G.P. Brizzi, ASFE: una banca dati per lo studio della mobilità universitaria e per un ‘onomasticon’ dei laureati in Italia nell’età moderna, «Annali di storia delle università italiane», 8 (2004), 449-455.
[2] Trascritta integralmente da G. Cencetti, ‘Studium fuit Bononie’. Note sulla storia dell’Università di Bologna nel primo mezzo secolo della sua esistenza, «Studi medievali», s. III, 7 (1966), 781-833.
[3] M.T. Guerrini, ‘Qui voluerit in iure promoveri’. I laureati in diritto nello Studio di Bologna (1501-1796), Bologna, CLUEB, 2005, 36, tavola 1.5.
[4] Ivi, 39, tavola 1.6.
[5] A. Tervoort, The ‘iter italicum’ and the Northern Netherlands. Dutch Students at Italian Universities and Their Role in the Netherland’s Society (1426-1575), Leiden-Boston, Brill, 2005.
[6] W. Frijhoff, La société néerlandaise et ses gradués (1575-1814), Amsterdam, Holland University Press, 1981.
[7] Su queste tematiche si veda il saggio di G.P. Brizzi, La pratica del viaggio d’istruzione in Italia nel Sei-Settecento; G. Petti Balbi, “Qui causa studiorum peregrinantur”: studenti e maestri, in S. Gensini (ed.), Viaggiare nel Medio Evo, San Miniato, Pacini, 2000, 299-316. Tra le nationes, che rappresentavano forme associative particolari raggruppanti studenti provenienti dalla medesima zona d’origine in grado di vantare privilegi e guarentigie per i loro socii, a Bologna un ruolo preminente veniva giocato dalla natio germanica. Cfr. A. Sorbelli, La “Nazione” nelle antiche università italiane e straniere, «Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna», 16 (1943), 93-232.
[8] Per i collegi studenteschi, fondati per dare sostegno morale e materiale a gruppi di studenti originari da zone comuni, meritano di essere menzionati, per Bologna, il San Clemente e il Collegio Illirico-Ungarico.
[9] Questi argomenti sono stati trattati da Anuschka De Coster che da anni si sta occupando della mobilità dei docenti non-cittadini negli atenei di Bologna, Padova e Siena tra ’400 e ’500. Tra i suoi primi saggi si ricorda quello su La mobilità dei docenti: Comune e Collegi dottorali di fronte al problema dei lettori non-cittadini nello Studio bolognese, in G.P. Brizzi, A. Romano (eds.), Studenti e dottori nelle università italiane (origini – XX secolo), Bologna, CLUEB, 2000. Un contributo più recente apparirà all’interno degli atti del Convegno svoltosi a Messina-Milazzo nell’aprile 2004 in corso di pubblicazione presso la medesima casa editrice.
[10] Introdotta il 13.11.1564 con l’emanazione da parte di papa Pio IV della bolla In Sacrosancta e resa obbligatoria per tutti gli studenti che si volevano laureare nelle università cattoliche.
[11] A. Sorbelli, Bologna negli scrittori stranieri, in G. Roversi (ed.), Bologna, Atesa Editrice, 1973, 32. Secondo Sorbelli il principe era nato nel 1579.
[12] M.L. Accorsi (ed.), Natio germanica Bononiae. I. La matricola (1573-1602, 1707-1727), Bologna, CLUEB, 1999,n. 2271.
[13] F. Weigle (ed.), Die Matrikel der Deutschen Nation in Perugia (1579-1727), Tübingen, 1956,n. 304.
[14] F. Weigle (ed.), Die Matrikel der Deutschen Nation in Siena (1573-1738), 1-2, Tübingen, 1962, n. 2996.
[15] Ivi, n. 33
[16] M.L. Accorsi (ed.), Natio germanica Bononiae. I. La matricola cit., n. 2270; F. Weigle (ed.), Die Matrikel der Deutschen Nation in Perugia cit., n. 303; F. Weigle (ed.), Die Matrikel der Deutschen Nation in Siena cit., n. 2997.
[17] M.L. Accorsi (ed.), Natio germanica Bononiae. I. La matricola cit., n. 2272; F. Weigle (ed.), Die Matrikel der Deutschen Nation in Perugia cit., n. 305; F. Weigle (ed.), Die Matrikel der Deutschen Nation in Siena cit., n. 2998.
[18] M.L. Accorsi (ed.), Natio germanica Bononiae. I. La matricola cit., n. 2273.
[19] Fürst Ludwigs zu Anhalt-Köthen, Reise-Beschreibung, von ihm selbst in Deutsche Verse gebracht, stampato presso Beckmann, Accessiones historiae Anhaltinae, Zerbst 1716.
[20] A. Reumont, Descrizione di Firenze nell’anno 1598 di Ludovico principe di Anhalt, nell’Accademia della Crusca l’Acceso, «Archivio storico italiano», n.s. 10/2 (1859), 101-110.
[21] Ivi, 102.
[22] Ivi, 105.
[23] N. Conrads, Note sulla matricola della nazione germanica a Bologna, in M.L. Accorsi (ed.), Natio germanica Bononiae. I. La matricola cit., 55-59 in particolare 58.
[24] Ivi, n. 20.
[25] Ivi, n. 2413.
[26] Ivi, n. 2414.
[27] Ivi, n. 2415.
[28] S. Neri, C. Penuti (eds.), Natio germanica Bononiae. II. Annales (1595-1619), Bologna, CLUEB, 2002, 19 ianuarii 1600, c. 68 v: «Die 19° ianuarii, cum illustrissimus Wirtenbergensis dux Bononiam incognitus appulisset, nihilominus tum dd. consiliarii eius adventum intelligentes, subito ei matriculam una cum parvo munusculo per bedellum obtulerunt, qui cum eam summo favore acceptasset et inscripsisset, suam certe propensam erga totam nationem voluntatem humanissime demonstravit, seque promptum paratissimumque futurum, ubi sese ocasio gratificandi dabitur».
[29] H. Schickhardt, Beschreibung einer Reiss/ welche ... Fridrich Hertzog zu Württemberg ... im Jahr 1599 ... in Italiam gethan, Tübingen, Erhard Cellio, 1603.
[30] Si veda a questo proposito G.P. Brizzi, Una fonte per la storia degli studenti: i “libri amicorum”, in F. Piovan, L. Sitran Rea (eds.), Studenti, università, città nella storia padovana. Atti del convegno (Padova, 6-8 febbraio 1998), Trieste, LINT, 2001, 389-401.
[31] L. Aldrovandi, Commentario alle lettere di uno studente tedesco a Bologna (Cristoforo Kress, 1559-1560), «Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna», s. 3, 14 (1896), 14-41. Aldrovandi dice di aver preso direttamente visione delle lettere pubblicate nel fascicolo 11 (1895) della rivista «Mitteilungen des Vereins für Geschichte der Stadt Nürnberg».
[32] G. Erler (ed.), Die matrikel der Universität Leipzig. I, Leipzig, Giesecke & Devrient, 1895, 708.
[33] C. Malagola, E. Friedlander (eds.), Acta Nationis Germanicae Universitatis Bononiensis ex archetypis Tabularii Malvezziani, iusta Instituti Germanici Savignyani ediderunt E. Friedlander et C. Malagola, Berlin, 1887 (ristampa Bologna, Forni, 1988), 337.
[34] L. Aldrovandi, Commentario alle lettere di uno studente tedesco cit., 16. Lo studioso, a riprova di quanto affermato, inserisce anche una citazione presa da Fazio degli Uberti in cui Bologna è vista come una città «sì vaga e piena di tutti i diletti / che tal vi va a caval che torna a piede».
[35] Ivi, 15. Lo studioso colloca la data di nascita di Kress nel 1541.
[36] C. Malagola, E. Friedlander (eds.), Acta Nationis Germanicae Universitatis Bononiensis cit., 329.
[37] G.K. Knod, Deutsche Studenten in Bologna (1289-1562). Biographischer Index zu den Acta Nationis Germanicae Universitatis Bononiensis, Berlin, Schenck, 1889 (ristampa Aalen, Scientia, 1970), n. 3309.
[38] G. Erler (ed.), Die matrikel der Universität Leipzig. I cit., 631.
[39] L. Aldrovandi, Commentario alle lettere di uno studente tedesco cit., 16.
[40]C C. Malagola, E. Friedlander (eds.), Acta Nationis Germanicae Universitatis Bononiensis cit., 336.
[41] La narrazione puntuale di questi fatti si trova in G.P. Brizzi, Aspetti della presenza della Nazione germanica a Bologna nella seconda metà del XVI secolo, in M.L. Accorsi (ed.), Natio germanica Bononiae. I. La matricola cit., 31-32.
[42] G.K. Knod, Deutsche Studenten in Bologna cit., n. 1909.
[43] Per la descrizione della carriera professionale del Kress si rimanda alla scheda di Knod.
[44] N. Audebert, Voyage d’Italie, a cura di A. Olivero, Roma, Lucarini, 1981-83, 2 voll. L’originale è conservato al British Museum, Fondo Lansdowne, n. 720.
[45] Lo si ritrova infatti nell’elenco dei visitatori del museo di Ulisse Aldrovandi come «Germanus Aurelius Audebertus studiosus 62.b»: Catalogus virorum qui visitarunt Museum, et chirographo proprio se subscripserunt in libris Musei iuxta ordinem locorum, oppidorum, civitatum et regionum ubi nati sunt, Biblioteca Universitaria di Bologna, ms. 124, Aldrovandi 110, c. 123 r.
[46] N. Audebert, Voyage d’Italie cit., 1:18.
[47] Ivi, 1:24.
[48] Matricola dell’Università dei legisti dello Studio bolognese, 1553-1613, Biblioteca Estense di Modena, Fondo Campori, ms. 460, lo
si trova immatricolato il 20.10.1576 in qualità di consigliere della natio gallicana nel 1577-1578 e della Vaschoniae et Alverniae l’anno successivo. Sulle pareti dell’antica sede dello Studio di
Bologna, l’odierna Biblioteca Comunale
dell’Archiginnasio, si sono infatti conservati i dipinti di due stemmi attribuiti a questo studente schedati da Andrea Daltri che mi ha offerto la possibilità di consultare la banca-dati da
lui costruita che raccoglie la schedatura di tutti gli stemmi effigiati sulle pareti dell’Archiginnasio.
[49] Ivi, nationes Turonensium, Vaschoniae et Alverniae. Si ritrova anche Nicolas, come il padre, nell’elenco dei visitatori del museo di Ulisse Aldrovandi di cui fu anche allievo come «Aureliensis gallus Nicolaus Audasbertus disciplus meus»: Catalogus virorum qui visitarunt Museum, et chirographo proprio se subscripserunt in libris Musei iuxta ordinem locorum, oppidorum, civitatum et regionum ubi nati sunt, Biblioteca Universitaria di Bologna, ms. 124, Aldrovandi 110, c. 236.
[50] Convoglio guidato da uomini su cavalli o muli, sicuro contro gli assalti dei predoni e maneggevole in assenza di strade battute.
[51] Lo si ritrova infatti consigliere della natio Bicturicensis nel 1577-1578 con uno stemma in Archiginnasio.
[52] Matricola dell’Università dei legisti dello Studio bolognese, 1553-1613, immatricolatosi il 26.10.1576 e consigliere della natio Provincialium nel 1577-1578 con uno stemma in Archiginnasio.
[53] A. Teichmann (ed.), Bonifacii et Basilii Amerbachiorum epistolae mutuae, Bononia et Basilea datae, Basilea, 1888.
[54] C. Malagola, E. Friedlander (eds.), Acta Nationis Germanicae Universitatis Bononiensis cit., 334.
[55] M. T. Guerrini, ‘Qui voluerit in iure promoveri’ cit., n. 1735.
[56] G.K. Knod, Deutsche Studenten in Bologna cit., n. 81.
[57] Knod data la nascita di Amerbach al 1 dicembre 1534.
[58] A. Teichmann (ed.), Bonifacii et Basilii Amerbachiorum epistolae mutuae cit. lettera I, 22.08.1555.
[59] Ivi, lettera IV, 13.10.1555.
[60] Ivi, lettera V, 22.10.1555.
[61] Ivi, lettera X, 17.11.1555.
[62] Ivi, lettera XIX, 23.03.1556.
[63] Ivi, lettera XXVII, 31.08.1556.
[64] Ivi, lettera XXVIII, 12.09.1556.
[65] G.K. Knod, Deutsche Studenten in Bologna cit., n. 81.
[66] C. Flores Sellés, Epistolario de Antonio Agustín, Salamanca, Universidad, 1980, 335. Esistono varie copie autentiche conservate principalmente nelle biblioteche spagnole delle quali Flores Sellés, nell’introduzione, compie una puntuale rassegna.
[67] Sulla sua biografia si veda C. Flores Sellés, Antonio Agustín, estudiante en Italia (1536-1541), in E. Verdera y Tuells (ed.), El cardenal Albornoz y el Colegio de España, Bolonia, Publicaciones del Real Colegio de España, 1979, 6: 317-447.
[68] A. Pérez Martín, Proles Aegidiana. I. Introducion. Los colegiales desde 1368 a 1500; II. Los colegiales desde 1501 a 1600; III. Los colegiales desde 1601 a 1800; IV. Los colegiales desde 1801 a 1971. Elenco de supestos colegiales, porcionistas, rectores y otros cargos (1368-1978), Bologna, Publicaciones del Real collegio de España, 1979. In particolare il primo libro contiene un’ampia introduzione con approfondimenti sulla fondazione e il funzionamento del Collegio.
[69] Ivi, n. 791.
[70] Ivi, n. 765; M.T. Guerrini, ‘Qui voluerit in iure promoveri’ cit., n. 670.
[71] Ivi, n. 760.
[72] Ivi, n. 884.