Cn. Sentius Felix era un importante mercante, probabilmente nativo di Atina, città situata nel basso Lazio, che riuscì a compiere una rapida e brillante carriera municipale ad Ostia a cavallo tra i secoli I e II d.C., incarnando, forse per primo, il nuovo spirito mercantile assunto dalla colonia dopo la costruzione del porto imperiale di Claudio.
Siamo a conoscenza del suo prepotente inserimento presso il mondo associativo ostiense e dei suoi successi solamente attraverso un’epigrafe incisa sull’altare funerario dedicatogli dal figlio adottivo: CIL XIV, 409. Questo documento, benché di pregevole fattura e integro nel testo, presenta diversi punti oscuri, quasi enigmatici. Eccone la trascrizione critica:
Cn(aeo) Sentio Cn(aei) fil(io)
Cn(aei) n(epoti) Ter(etina) Felici,
dec(urionum) decr(eto) aedilicio adl(ecto), d(ecurionum) d(ecreto) d(ecurioni) adl(ecto),
q(uaestori) a(erarii) Ostiens(ium), IIvir(o), q(uaestori) iuvenum,
5 hic primus omnium quo anno dec(urio) adl(ectus) est et
q(uaestor) a(erarii) fact(us) est et in proxim(um) annum IIvir designat(us) est,
quinq(uennali) curatorum navium marinar(um), gratis adlect(o)
inter navicular(ios) maris Hadriatici et ad quadrigam
fori vinari(i), patrono decuriae scribar(um) cerarior(um)
10 et librarior(um) et lictor(um) et viator(um), item praeconum et
{et} argentarior(um) et negotiator(um) vinarior(um) ab Urbe,
item mensor(um) frumentarior(um) Cereris Aug(ustae), item corpor(atorum vel -is vel -um)
scapharior(um) et lenuncularior(um) traiect(us) Luculli et
dendrophorum et togator(um) a foro et de sacomar(is)
15 et libertor(um) et servor(um) publicor(um) et olearior(um) et iuven(um)
cisianor(um) et veteranor(um) Aug(usti), item beneficiarior(um) proc(uratoris)
Aug(usti) et piscator(um) propolar(um), curatori lusus iuvenalis.
Cn(aeus) Sentius Lucilius
Gamala Clodianus f(ilius),
20 patri indulgentissimo [1].
Traduzione:
A Cneo Senzio Felice, figlio di Cneo, nipote di Cneo, della tribù Teretina, cooptato per decreto dei decurioni tra coloro che avevano rivestito l’edilità, cooptato tra i decurioni per decreto dei decurioni, questore dell’erario di Ostia, duoviro, questore dei giovani, primo fra tutti che nell’anno in cui fu cooptato decurione fu creato questore e designato duoviro per l’anno successivo; presidente dei curatori delle navi del mare, cooptato gratuitamente tra i naviculari del mare Adriatico e tra i commercianti [che si riuniscono] presso la quadriga del foro vinario; patrono della decuria degli scribi cerarii e librarii, della decuria dei littori e dei viatores, e inoltre dei banditori delle vendite all’asta e degli argentarii e dei commercianti di vino di Roma e parimenti dei mensores frumentarii [che si riuniscono presso il tempio dedicato a] Cerere Augusta e delle associazioni degli scapharii, dei lenuncularii traiectus Luculli, dei dendrophori e dei togati del foro e quelli dei sacomarii(?) e dei liberti e degli schiavi pubblici e dei commercianti di olio e dei giovani cisianii e dei veterani dell’imperatore e dei subalterni del procuratore imperiale e dei pescivendoli; curatore dei giochi dei giovani. Il figlio Cneo Senzio Lucilio Gamala Clodiano al padre indulgentissimo.
Il documento, in base al contenuto, è suddivisibile in quattro sezioni: la carriera municipale, gli incarichi assunti nell’ambito del mondo professionale, i patronati sui collegia e la dedica.
Alle prime due linee, in caratteri più grandi rispetto al resto del testo, spicca il nome di Cn. Sentius Felix, per il quale è messa in risalto l’appartenenza ad una famiglia ingenua da almeno tre generazioni attraverso la menzione del praenomen del padre e del nonno (Cn(aei) fil(io) e Cn(aei) n(epoti)), tuttavia il cognomen Felix tradisce una meno recente origine servile di questo lignaggio. Da notare inoltre la menzione della tribù Teretina che qualifica Felice come forestiero, in quanto di regola i cittadini di Ostia non erano iscritti in questa tribù.
Immediatamente di seguito è menzionata l’intera brillante carriera municipale che questo personaggio riuscì a svolgere nei primi decenni del II sec. d.C. (linee 3-6): dapprima fu cooptato per decreto dei decurioni tra coloro che avevano rivestito l’edilità, poi tra i decurioni e infine eletto quaestor aerarii Ostiensium e IIvir. Alle linee 5-6 è interessante notare la sequenza e le tempistiche con cui rivestì queste cariche, poiché fu il primo fra tutti (la pietra riporta la particolare formula primus omnium [Mrozek 1971]) ad essere creato questore e ad essere designato duoviro per l’anno successivo nel momento in cui fu cooptato tra i decurioni. Infine la carica di quaestor iuvenum, menzionata alla terza linea, non è altrimenti nota ad Ostia e probabilmente va collegata al ruolo rivestito nel lusus iuvenalis menzionato alla linea 17 [Cébeillac-Gervasoni et al. 2010, 278].
Nella seconda sezione sono riportati gli incarichi che Felice assunse nel mondo professionale ostiense (linee 7-9). Egli fu quinquennalis, ovvero presidente, dei curatores navium marinarum [2]; inoltre fu ammesso a titolo gratuito tra i navicularii del mar Adriatico, molto probabilmente commercianti di vino delle coste adriatiche [Pellegrino 1987; De Salvo 1992, 429-439], e tra i commercianti del foro vinario di Ostia.
Al di sotto di questa sezione fa la sua comparsa il passo più enigmatico del testo (linee 9-17) comprendente l’elenco di tutte le associazioni di cui Felice fu patrono [3]. Dopo la menzione del titolo, espresso in caso dativo (patrono), seguono i nomi delle associazioni in caso genitivo, le une divise dalle altre o dalla congiunzione et o dall’avverbio item. Tuttavia, data l’assenza quasi totale dei consueti termini collegium e corpus [4], non è immediatamente comprensibile di quali associazioni esattamente Felice fu patrono, in quanto per alcuni dei gruppi di lavoratori ivi presenti non siamo a conoscenza da altre fonti dell’esistenza di relative associazioni e per alcuni di loro risulta molto improbabile un’organizzazione collegiale. A ciò bisogna aggiungere il fatto che, mentre la presenza dell’avverbio item evidenzia con chiarezza la menzione di un’associazione o di un gruppo di lavoratori diverso dal precedente, la congiunzione et, invece, presenta difficoltà di interpretazione in base al valore che le si vuole attribuire (correlativo o copulativo).
Dunque per identificare le associazioni di cui Felice fu patrono è utile analizzare ogni singola corporazione menzionata partendo in primo luogo da quelle che sappiamo in attività ad Ostia in questo periodo poiché attestate in altre iscrizioni. Alla linea 11 troviamo la menzione dei negotiantes vinarii ab Urbe, ovvero i commercianti di vino della capitale altrimenti noti da un’altra iscrizione ostiense [5]. Alla linea successiva fa la sua comparsa il corpus mensorum frumentariorum, associazione ampiamente attestata ad Ostia [6], incaricata di controllare che il grano destinato a rifornire Roma rispettasse i termini dei contratti stipulati tra l’amministrazione dell’annona e le associazioni qui annonae Urbis serviunt.
Alla linea 13 emerge il primo notevole problema di interpretazione del testo, in quanto numerosi studiosi hanno qui individuato un unico collegio di scapharii et lenuncularii traiectus Lucullii, ovvero di battellieri di Lucullo [7], mentre io propenderei a vedere due differenti collegia, uno di scapharii [8] e uno di lenuncularii [9]. Infatti se si osserva con attenzione la frase il genitivo plurale scaphariorum potrebbe non riferirsi a traiectus Luculli, ma solo a corpor(atorum vel -is vel -um), slegando così questo termine da qualsiasi relazione con i battellieri traiectus Luculli. La congiunzione et infrapposta tra i due genitivi scaphariorum e lenunculariorum avrebbe valore correlativo come le congiunzioni et che la seguono e, dunque, così come i dendrophorii e i battellieri del traiectus Luculli non costituiscono un unico collegio, così gli scapharii e i lenuncularii traiectus Luculli possono essere considerate due associazioni distinte. Questa teoria assume ancor più credito se si considera la totale assenza di altre testimonianze ad Ostia che menzionano gli scapharii associati ai lenuncularii traiectus Luculli. Dunque alla linea 13, a mio avviso, sono registrate due differenti associazioni, l’una di scapharii, forse da identificare con gli scapharii traiectus Rusticeli, e l’altra di lenuncularii, ovvero i lenuncularii traiectus Luculli, come sostenuto più o meno apertamente da alcuni studiosi [10].
Alla linea 14, infine, vi è la menzione dei dendrophori, ultima associazione dell’elenco certamente nota ad Ostia grazie a diverse iscrizioni [11]. Questo collegio era di carattere religioso e difatti i dendrophori, ovvero letteralmente i portatori dell’albero, erano devoti al culto di Cibele e di Attis [Salamito 1987] [Rubio Rivera 1993] [Diosono 2007, 66] [Van Haeperen 2012], di notevole importanza presso la colonia ostiense.
Oltre a questi collegia per i quali possiamo considerare effettivo il patronato di Cn. Sentius Felix sono presenti altri gruppi di lavoratori, mai attestati in altri documenti come riuniti in associazioni, i quali tuttavia a mio avviso potevano forse essere riuniti in sodalizi di natura professionale. Essi sono: alla linea 10 i praecones, banditori delle vendite all’asta; alla linea 11 gli argentarii, figure professionali attive nel prestito e nella gestione del denaro; alla linea 15 i liberti et servi publici, ovvero i liberti e gli schiavi della comunità per i quali ad Ostia è anche attestato un album [12]; sempre sulla stessa linea gli olearii, i commercianti d’olio; alle linee 15 e 16 gli iuvenes cisiani, ossia probabilmente gli apprendisti vetturini; alla linea 16 i veterani dell’esercito; alla linea 17 i piscatores propolae, espressione traducibile con “pescivendoli”.
Infine ritengo non sia possibile includere tra il novero delle associazioni professionali i seguenti raggruppamenti, in quanto essi non sono composti da membri volontari, requisito fondamentale di una qualsiasi associazione professionale [13]. Così alle linee 9 e 10 la decuria degli scribae cerarii, quella dei librarii, quella dei littori e quella dei viatores, le quali formavano il personale atto ad assistere i magistrati municipali nelle loro funzioni e alle linee 16 e 17 i beneficiarii procuratoris Augusti, ovvero il personale subalterno del procuratore di Ostia. Includerei in questo gruppo anche gli enigmatici gruppi dei togati a foro e dei togati de sacomariis menzionati alla linea 14, per i quali non è possibile nemmeno intuire quale azione specifica svolgessero.
Come si è potuto notare i raggruppamenti di cui Felice fu patrono possono essere suddivisi in tre sottocategorie: le associazioni professionali, i raggruppamenti che potrebbero essere collegia di lavoratori e i raggruppamenti che non possono essere associazioni professionali. Dunque, a mio avviso, è necessario concentrarsi sul termine patronus inserito in questo contesto e rivalutarlo alla luce dei dati emersi dalla precedente analisi.
Innanzitutto la posizione che il termine occupa nell’economia del testo è del tutto anomala rispetto ad altre epigrafi del medesimo tipo incise nel II sec. d.C. [14]. Solitamente il titolo di patrono precede la menzione delle cariche collegiali, in quanto decisamente di maggior prestigio, ma nel caso di CIL XIV, 409 è esattamente l’opposto. Questa anomalia nella sequenza del testo e il confusionario elenco di raggruppamenti di lavoratori che seguono possono essere compresi, o quantomeno giustificati, se prendiamo in considerazione la datazione del documento stesso. Esso con ogni probabilità, fu inciso al più tardi durante i primi anni del II sec. d.C. [Cébeillac-Gervasoni, Caldelli, Zevi 2010, 279], forse ancor prima dell’edificazione del portus Traiani felicis avvenuta tra il 106 e il 114 d.C. [Meiggs 1973, 489], in quanto l’indagine paleografica denota caratteri tipici di fine I sec. e inizi II sec. d.C. [Coarelli 1996, 105; Cébeillac-Gervasoni, Zevi 2000, 11; Tran 2006, 68-69]. In questo periodo il fenomeno associativo ad Ostia si era appena manifestato e attraversava un periodo di affermazione e di autodefinizione all’interno della comunità cittadina. A ciò va aggiunto che la menzione del patronato di Cn. Sentius Felix è la prima attestazione epigrafica di questo fenomeno presente ad Ostia.
Dunque ritengo che il confusionario elenco di raggruppamenti di lavoratori e l’anomalo ordine del testo siano figli dell’epoca in cui visse e operò Felice; un periodo nel quale gli schemi commerciali e collegiali che governeranno la colonia ostiense per i successivi due secoli erano ancora in divenire e soprattutto un periodo nel quale non esistevano precedenti a cui conformarsi. Sui motivi per cui Felice, o chi per lui, decise di inserire questo lungo elenco di patronati in quest’iscrizione si tornerà in seguito.
Ritornando ora al testo, nell’ultima delle sezioni da me individuate (linee 18-20) Cn. Sentius Lucilius Gamala Clodianus si qualifica come il dedicante dell’altare in onore del pater indulgentissimus. Da ciò si evince molto chiaramente che Clodiano era il figlio di Felice, ma la presenza dei gentilizi Lucilius e Gamala e, soprattutto, del cognomen Claudianus lo identificano come figlio adottivo. Egli, infatti, era con ogni probabilità il figlio naturale di P. Lucilius Gamala [Meiggs 1973, 200; Tran 2006, 69-70; Manzini 2014, 23-24], probabilmente il duoviro del 71 d.C. presente nei fasti ostiensi [15], del quale ci è rimasta una dedica sempre ad opera di Clodiano, che questa volta è molto più sintetica e modesta:
Memoriae
P(ubli) Lucili Gamalae,
Cn(aeus) Sentius
Lucilius Gamala
5 Clodianus,
patri [16].
Traduzione:
Alla memoria di Publio Lucilio Gamala, Cneo Senzio Lucilio Gamala Clodiano al padre.
Conclusa la breve esegesi del testo è ora opportuno, partendo dal documento stesso, individuare attraverso quali canali il mercante forestiero Cn. Sentius Felix riuscì in una vertiginosa scalata sociale presso la comunità ostiense, tanto da poter essere assunto come emblema della «social revolution» ostiense [17]. Egli, infatti, rappresenta il primo caso di un membro di un’associazione professionale che riuscì ad inserirsi tra l’élite ostiense anche attraverso l’assunzione del titolo, di chiara matrice aristocratica, di patrono.
Felice sicuramente non era originario di Ostia come ci suggerisce la menzione della tribù Teretina alla quale era iscritto. Russell Meiggs, grazie ad un’epigrafe rinvenuta a Roma, nella quale è menzionato un certo Cn. Sentius Saturninus originario di Atina [18], individua proprio nella città del basso Lazio, nella quale la tribù di gran lunga più attestata era proprio la Teretina [Buchholz, Solin 2010, 172], la patria di Felice [Meiggs 1973, 200]. Cn. Sentius Felix, come si è potuto notare dal documento in analisi, era un mercante ben inserito nei circuiti del commercio del vino e dei trasporti marittimi. Egli, dunque, con molta probabilità entrò in contatto con il mondo associativo ostiense durante i sui traffici e qui si inserì all’interno dell’associazione dei curatores navium, riuscendo addirittura a divenirne il presidente, e soprattutto fu gratis adlectus tra i navicularii del mar Adriatico, dediti al trasporto del vino, e tra i commercianti del foro vinario di Ostia, che, come suggerisce la parola stessa, erano certamente in qualche modo coinvolti nel commercio del vino. L’abile e ricco mercante forestiero aveva trovato in Ostia l’habitat naturale per far fruttare i propri investimenti e, a giudicare dalla sua carriera successiva, divenne certamente molto abbiente.
Qui, probabilmente, Felice iniziò ad intessere rapporti, forse di patronato, con i vari settori del commercio e con quelli che ho precedentemente definito raggruppamenti di lavoratori. A mio avviso divenire, all’interno della nuova comunità cittadina, il benefattore di tutto, o quasi, il mondo lavorativo commerciale, più o meno riunito in associazioni, rientrava in una strategia ben precisa di imitazione del modello aristocratico, funzionale ad un’eventuale arrampicata sociale. Infatti non bisogna dimenticare che il patronato è una chiara istituzione di matrice aristocratica. Tuttavia ciò probabilmente non era sufficiente a garantire a Sentius Felix l’accesso diretto nella classe dirigente ostiense, in questo periodo ancora abbastanza impermeabile ad innesti esterni. Quello di cui necessitava era l’appoggio di una della famiglie notabili locali e proprio in questo senso, forse, va interpretata l’adozione di Cn. Sentius Lucius Gamala Clodianus.
I Lucilii Gamalae erano presenti ai vertici della vita politica ostiense almeno dal I sec. a.C., quando uno dei membri di questa gens si sarebbe trasferito a Ostia dalla Galilea, probabile terra di origine di questa famiglia [Manzini 2014, 3-7]. Infatti il cognomen Gamala, secondo la critica moderna, deriverebbe dal toponimo Gamla, città situata sulle alture del Golan nell’attuale Siria, nota dalle fonti per la strenua resistenza opposta alle legioni di Vespasiano durante la rivolta giudaica del 67 d.C. [19].
Grazie a questo legame famigliare i Lucilii Gamalae, ai margini della vita commerciale ed associativa ostiense, sondarono questo mondo in notevole fermento e certamente ne ricavarono benefici pecuniari. D’altro canto Cn. Sentius Felix, grazie all’appoggio di una delle famiglie aristocratiche più in vista, riuscì ad inserirsi brillantemente all’interno della classe dirigente ostiense, essendo il primo fra tutti ad essere creato questore e ad essere designato duoviro per l’anno successivo nel momento in cui fu cooptato tra i decurioni. Molto probabilmente tutti questi onori fulmineamente concessi al ricco mercante forestiero garantirono cospicue entrate nelle casse della colonia grazie alle summae honorariae versate da Felice [Tran 2006, 69] e non escluderei anche attraverso altri suoi interventi di carattere evergetico.
In conclusione Cn. Sentius Felix, nativo di Atina, riuscì ad accumulare ingenti ricchezze grazie al commercio marittimo e soprattutto a quello del vino. Insediatosi ad Ostia in epoca flavia, divenne protettore di gran parte dei lavoratori e, grazie a legami familiari con una delle più importanti famiglie locali, riuscì addirittura ad inserirsi tra i membri dell’élite locale.
Il caso di Felice è molto interessante poiché egli può essere assunto come il prototipo della nuova classe dirigente ostiense che si formerà in seguito alla costruzione del porto di Traiano. Numerosi infatti saranno i personaggi dell’élite che tra il II e almeno la prima metà del III sec. d.C. proverranno dal mondo mercantile e collegiale. I primi fra questi, quali ad esempio P. Aufidius Fortis [20] e C. Granius Maturus [21], duoviri poco prima della metà del II sec. d.C., necessiteranno ancora di agganci interni all’élite oppure dovranno essere supportati da grandi personalità per raggiungere posizioni dirigenziali. Dopo la metà del II sec. d.C., invece, sarà sufficiente la cooptatio patroni da parte di una o più associazioni per affermare la propria posizione all’interno della società e per tentare così di assicurarsi una posizione dirigenziale. Forse, anche se il paragone potrebbe sembrare eccessivo, nella figura di Trimalcione, presentata da Petronio nel Satyricon, è possibile riconoscere il modello letterario ispirato da questi nuovi protagonisti della vita politica ostiense.
Abbreviazioni corpora epigrafici
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CIL = Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlin.
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Note
1. La prima edizione critica di questo documento è contenuta in CIL XIV, 409. Successivamente la testimonianza è stata ripresa da: Waltzing 1899, 635; De Ruggiero, 1904, 88; Thylander 1952, 404-406; Mansuelli 1958, 221; Meiggs 1973, 559; Jaczynowska 1978, 68; Petraccia Lucernoni 1988, 20; Sirks 1991, 269; Fora 1996, 77; Cébeillac-Gervasoni, Caldelli, Zevi 2010, 276.
2. Sulla funzione di questo colegium vi sono diverse teorie. Propenderei a riconoscere nei curatores navium marinarium degli agenti incaricati di fornire servizi portuali. Cfr. Rougé 1966, 289; Meiggs 1973, 288.
3. Il patronato, seguendo la definizione di Richard Saller [Saller 1982, 1], è un rapporto di dipendenza tra individui caratterizzato da un reciproco scambio di beni e servizi che sussiste nel tempo. Questo rapporto, inoltre, è assolutamente asimmetrico, ovvero le due parti devono essere di diversa estrazione sociale e offrire differenti tipi di beni e servizi in base alla posizione occupata all’interno della società. Appurato ciò, possiamo individuare quattro differenti rapporti di patronato in seno alla società romana: il primigenio rapporto patrono-cliente, il rapporto patronus-libertus, il patronato giuridico e il patronato sulle collettività, entro il quale rientra il caso specifico del patronato sui collegia: Fustel de Coulanges 1900, 205-225; Gelzer 1962, 69. Il patrono dei collegia solitamente era un personaggio dell’élite locale che veniva cooptato dall’associazione attraverso votazione e al quale veniva donata la tabula patronatus che attestava l’instaurarsi di tale rapporto. Il patrono si prodigava in atti evergetici nei confronti dell’associazione che potevano consistere per esempio in elargizioni di denaro. Il collegio d’altro canto, concedeva svariati onori al suo patrono, tra i quali è bene ricordare l’erezione di statue anche su suolo pubblico, che garantivano all’onorato di riconfermare la sua posizione di notabile all’interno della comunità.
4. La moderna dottrina sugli studi di diritto romano ha talvolta contrapposto i termini collegium e corpus a causa dei loro contenuti storico-giuridici: corpus, al contrario di collegium, implicherebbe l’acquisizione da parte di un’associazione di una personalità giuridica, che permetteva di stipulare contratti con l’amministrazione imperiale: Zevi 2008, 482. Negli ultimi anni si tende a sfumare questa netta contrapposizione in quanto, in alcune epigrafi, i due termini furono utilizzati indifferentemente per designare la stessa associazione, come si può osservare ad esempio in questo testo proveniente da Lanuvio relativo ai cultores Dianae et Antinoi: CIL XIV, 2112 ll. 8-9: [M(arco) Antonio Hiber]o, P(ublio) Mummio Sisenna co(n)s(ulibus) Kal(endis) Ian(uariis) collegium salutare Dianae / [---] et Antinoi constitutum; l. 27: electi ex corpore n(ostro) homines tres qui funeris eius curam agant et rationem populo reddere debebunt. Cfr. Waltzing 1899, 642-646; Ausbüttel 1982, 22-29; Bendlin 2011. Per quanto riguarda il caso specifico di Ostia, il termine collegium è molto meno presente di corpus e quest’ultimo pare essere stato utilizzato per le associazioni che avevano stretto dei legami con l’annona. In conclusione, dunque, anche se si tende oggi a considerare i due termini equivalenti, sembra però che il loro utilizzo ad Ostia avesse un impiego differenziato: Zevi 2008, 483.
5. CIL XIV, 318: D(is) M(anibus) / L(uci) Carulli Fe/licissimi, bis(elliarii), / VI (viri) Aug(ustalis) idem / q(uin)q(uennalis), L(aurentis) L(avinatis), q(uin)q(uennalis) corfor(is) (!) / vin(ariorum) Urb(anorum) ei (!) Os(t)i(ensium), / vix(it) a(nnos) LXXV. L(ucius) / Carullius / Felicissimus / pat(er) b(ene) m(erenti) fec(it).
6. A titolo esemplificativo, CIL XIV, 4620 (fr. a+b+c): P(ublio) Aufidio P(ubli) f(ilio) Quirina / Forti, / [--- decu]rioni adlecto, IIviro, / [--- quaesto]ri aerari(i) Ostiensium IIII, / [--- praefe]cto fabrum / [tignuariorum] Ostis, patrono / corporum mensorum / frumentariorum / et urinatorum, decurioni adlecto / Africae Hippone Regio, / corpus mercatorum / frumentariorum / q(uin)q(uennali) perpetuo.
7. Riporto di seguito l’elenco degli studiosi che hanno individuato un solo collegio di scapharii et lenuncularii traiectus Luculli alla linea 13: Waltzing 1896, 76; De Ruggiero, Accame 1950, 637; Thylander 1952, 406; Le Gall 1953, 225; Meiggs 1973, 297; Petraccia Lucernoni 1988, 21; Royden 1988, 33-36; Sirks 1991, 269; Tran 2014, 24.
8. Gli scapharii erano i proprietari degli scaphae, imbarcazioni più piccole dei lenunculi, utilizzate principalmente nel mondo romano come scialuppe a rimorchio delle grandi navi quando erano in mare aperto, mentre durante le manovre d’attracco erano queste piccole barche a guidare le grandi imbarcazioni, cfr. Le Gall 1952, 220-222; Rougé 1966, 192-193; De Salvo 1992, 166-168.
9. I lenuncularii erano i proprietari dei lenunculi (diminutivo di lembus), piccole barche che, come emerge delle fonti letterarie (Caes., Bell. Civ., II, 43, 3; Amm. Marc. XIV, 2, 10), venivano utilizzate sia in mare sia per la pesca, tuttavia dai testi non si è riusciti a ricostruire esattamente di che genere di imbarcazione si tratti.
10. Secondo Lietta De Salvo [1992, 162-163, n. 494]: «Non è sicuro che si tratti di un’unica corporazione come ritiene la maggior parte degli studiosi, oppure – come io propendo a credere – di due collegi differenti, uno degli scapharii e l’altro dei lenuncularii traiectus Luculli». Invece, secondo Cébeillac-Gervasoni et al. [2010, 278], è netta la distinzione in due corporazioni e gli scapharii vengono identificati come gli scapharii traiectus Rusticeli. Il Waltzing [1899, 595 e 597], nell’elenco dei vari collegia di Ostia, inserisce due voci distinte, una per il corpus scaphariorum e una per i lenuncularii traiectus Luculli, andando apparentemente in contraddizione con quanto sostenuto da egli stesso: Waltzing 1896, 76. Tuttavia, la citazione in due punti distinti dell’elenco potrebbe non essere strutturale, ma solamente funzionale alla ricerca svolta dallo studioso belga.
11. A titolo esemplificativo CIL XIV, 71: ------ / [--- q(uin)q(uennalis)] / II et patronus / corporis dendr/ophorum Ost(iensium), ex / arg(enti) p(ondo) III ded(icavit) VIII K(alendas) / Mai(as) Domitio De/xtro II et Thr/asia Prisco / co(n)s(ulibus).
12. CIL XIV, 255.
13. Per la definizione di associazione professionale riporto quanto scritto da Francesco Maria De Robertis: «Dal concetto di associazione in senso tecnico (intesa come una volontaria riunione di persone per il conseguimento di uno scopo permanente, da esse liberamente assunto) risultano evidenti i caratteri differenziali tra le associazioni e gli enti affini costituiti da aggregati di persone. Le associazioni si distinguono pertanto: dallo stato, dagli organi collegiali di esso, dai municipi, dai collegi di magistrati e di sacerdoti, appunto perché questi ultimi non ripetono la origine e la esistenza da una determinazione di volontà da parte degli individui che li costituiscono; dalle comunità coniugale e familiare, perché lo scopo di esse non è stabilito dalla libera volontà dei componenti; dai rapporti di pegno, locazione e simili perché i partecipanti perseguono scopi tra loro diversi, anzi opposti; dalle società poiché queste ultime estinguono con il venir meno anche di uno solo fra i membri che l’hanno costituita; dalle semplici riunioni di persone, perché queste ultime non hanno una continuità prestabilita nel tempo.»: De Robertis 1971, 6.
14. Si vedano le seguenti iscrizioni CIL XIV, 2; 425; 4620; AE 1988, 212.
15. La ricostruzione di questo frammento dei fasti è molto complicata, ma secondo gli studi più recenti dovrebbe essere: T(itum) C]aesarem V[espasian(um) Au]g(usti) f(ilium) im[p(eratorem) ---]mit / [IIvir(i) c(ensoria) p(otestate) q(uinquennales)] Q(uintus) Sallinius [--- I]I P(ublius) Luci[lius Ga]mala f(ilius). [Vidman 1982, 43].
16. CIL XIV, 377.
17. La social revolution ad Ostia, seguendo l’analisi di Russell Meiggs, scoppiò soprattutto grazie alla costruzione dei due porti imperiali, i quali avevano provocato un profondo fermento all’interno di tutta la società ostiense, fermento che si avvertì in modo molto marcato anche al vertice. La vecchia classe dirigente, troppo legata a uno stile di vita arcaico, faticò a trovare spazio e numerose famiglie vennero travolte dal cambiamento. A subentrargli furono nuovi personaggi che, non nativi di Ostia e legati al mondo mercantile, giunsero nel porto di Roma attratti dalle nuove prospettive commerciali. La chiusura dei vertici della società, tipica del primo impero, scomparve lasciando il posto a una struttura più fluida che si manifestò soprattutto nel continuo susseguirsi di nuovi duoviri, relegando a fenomeno molto raro le rielezioni, forse perché i nuovi notabili, come scrive Russell Meiggs, erano troppo occupati a «making money»: Meiggs 1973, 196-208. La realtà politica ostiense è ormai sempre di più legata, se non asservita, al ruolo che assunse la città nel II sec. d.C., quello di «alimenter Rome et sauvegarder la sérénité sociale»: Cébeillac-Gervasoni 1994, 85.
18. CIL VI, 2722: Cn(aeus) Sentius / Cn(aei) f(ilius) Ter(etina) / Saturninus / Atine, spec(ulator) / coh(ortis) VIIII pr(aetoriae), / (centuria) Severi, / mil(itavit) ann(os) VIII, / vix(it) ann(os) XXVII.
19. Jos. Bell. Iud., IV, 1-83.
20. CIL XIV, 4620.
21. CIL XIV, 363; 364; AE 1988, 212.