Corso di Laurea in Storia contemporanea
Tesi di Laurea in Storia della Seconda guerra mondiale e dei movimenti partigiani
a.a. 2002-2003
Relatore: prof.ssa Dianella Gagliani
Correlatore: prof.ssa Mariuccia Salvati
Morte cercata, morte data, morte subita. I volontari della Rsi dal 25 luglio al 25 aprile
Ogni guerra, soprattutto la guerra moderna, è caratterizzata dalla morte, dalla presenza costante e inevitabile del trapasso, tanto più quando la guerra tradizionale del “noi contro loro” si trasforma in guerra civile, in faida familiare, in scontro tra vicini, parenti, fratelli. Si potrebbe anzi dire, come suggerisce Vovelle [1], che la morte può aiutare a spiegare un’intera società, un intero modo di pensare e agire. Il tentativo di comprendere la realtà del fascismo nella sua appendice più tragica e sanguinosa, quella della Repubblica Sociale, non può quindi non passare attraverso la morte, fattore che tra l’altro impregnava a fondo l’apparato simbolico di quella dottrina politica.
L’analisi che ho svolto di alcune testimonianze edite e inedite di chi si trovò a combattere, per motivi diversi, nelle file della Rsi [2] ha messo in luce un vero e proprio percorso mentale e insieme cronologico che passa da una “morte cercata” a una “morte data”, per andare poi a concludersi nell’idea di “morte subita”. Particolare rilievo hanno, in questo percorso, le date, che divengono simboli su cui si catalizzano l’attenzione e le azioni dei giovani del periodo: 25 luglio e 8 settembre del 1943 in particolare fanno scattare la molla della “morte cercata”, il desiderio cioè, da parte di alcuni ragazzi plasmati secondo l’ideale fascista, di ribellarsi anche col proprio personale sacrificio a quello che considerano come un tradimento frutto della codardia degli italiani. Il modello è il martire fascista, rappresentato da Ettore Muti e Aldo Resega.
A questa prima fase di ricerca del martirio, del sacrificio come estrema testimonianza dei propri ideali, nei giovani volontari fascisti subentra però presto una fase di rabbia e frustrazione. La subalternità ai tedeschi, l’impossibilità di combattere al fronte, le imboscate partigiane, la manifesta ostilità della popolazione e il contatto reale con i combattimenti e la morte fanno sì che il desiderio di martirio ceda il passo al desiderio di dare la morte, di uccidere cioè chiunque appaia un nemico. E i nemici non sono più solo gli angloamericani o i partigiani, ma tutta la popolazione non schierata, considerata la vera colpevole del rovesciamento del fascismo. I partigiani sono anzi spesso considerati moralmente superiori ai civili, anche per il solo fatto di aver scelto di combattere e rischiare la vita in prima persona per le proprie idee.
È, infine, con un’altra data, il 25 aprile 1945, che la concezione della morte nei giovani fascisti subisce un’ulteriore, ultima, sterzata, passando da “morte data” a “morte subita”: il potere più o meno legale di vita e di morte cessa infatti di risiedere nelle mani dei fascisti e passa momentaneamente ai partigiani. Se da un lato è vero che si verificano alcuni casi di abuso di potere ai danni dei fascisti, è però anche vero che questi pochi giorni di disordini divengono presto una sorta di appiglio al quale i reduci di Salò si sono aggrappati con forza nel tentativo di rifondare una coscienza comune basata stavolta non sul martirio né sul sangue degli avversari, ma su quella che potremmo definire “vittimismo”, ovvero un continuo richiamo alle presunte ingiustizie subite, all’illegalità di quei pochi giorni e ai processi sommari, dimentichi di quanto, e in che proporzioni, fino a solo pochi giorni prima, loro stessi si erano trovati a fare.
Sommario
Introduzione
1. La concezione della morte dall’antichità alla prima guerra mondiale
2. La morte fascista
3. 25 luglio e 8 settembre. La morte “cercata”
4. La guerra antipartigiana. La morte “data”
5. Il 25 aprile. La morte “subita”
6. “La guerra non è finita”
Appendice 1 : La testimonianza di Alessandro Scano
Appendice 2 : Immagini di guerra civile
Fonti
Bibliografia
Note
[1] M. Vovelle, La mort et l’occident. De 1300 a nos jours, Paris, Gallimard, 1983.
[2] Ho fatto largo uso di fonti di tipo letterario, soprattutto di memoriali, in parte scritti con lo scopo di venire pubblicati, in parte raccolti da altri storici, in parte inediti. A questi si aggiunge un’intervista a un ex combattente delle SS italiane che mi ha permesso di confrontare e individuare le differenze tra memorialistica scritta e memorialistica orale, differenze piene di significato.
[3] C. Mazzantini, A cercar la bella morte, Venezia, Marsilio, 1995 (prima ed.: 1986), 28-30.