Michela Cimbalo, Ho sempre detto noi. Lucía Sánchez Saornil, femminista e anarchica nella Spagna della Guerra Civile. Roma: Viella, 2020. 383 pp.
In questo saggio, frutto della rielaborazione della sua tesi di dottorato, l’autrice si confronta con la biografia di Lucía Sánchez Saornil, una figura di primissimo piano delle vicende del movimento libertario spagnolo novecentesco, sinora però rimasta ai margini dell’attenzione degli storici. Il lavoro di Michela Cimbalo va quindi a riempire un importante vuoto. Nel corso della sua vita Lucía Sánchez Saornil (1895-1970) è stata molte cose: lavoratrice, sindacalista, poetessa, animatrice delle avanguardie artistiche, fiera militante libertaria, femminista, reporter di guerra. Possiamo dire da subito che il volume di Cimbalo riesce a ben bilanciare questa poliedricità della figura biografata, rifuggendo così il rischio di appiattarsi all’aspetto forse più conosciuto della ricca vita della Sánchez Saornil: essere tra le fondatrici e tra le maggiori animatrici del gruppo Mujeres Libres. In questo senso il titolo del volume potrebbe risultare fuorviante: l’esperienza nella Guerra civile spagnola, per quanto centrale nella narrazione, rappresenta solo uno dei tanti passaggi della biografia di Sánchez Saornil. L’autrice ripercorre infatti la vita di Sánchez Saornil sin dalla sua nascita nella periferia madrileña di fine Ottocento, la linea narrativa scelta è quindi quella classica di gran parte dei profili biografici. Cimbalo dimostra di aver fatto un grande lavoro per quanto riguarda il reperimento delle fonti primarie sul suo oggetto di studio: anche le prime fasi della biografia di Sánchez Saornil, quelli che potremmo chiamare gli anni di formazione e che erano sino ad meno conosciuti, sono infatti ben documentati. Questo era tutt’altro che scontato e ci pare essere un grande merito dell’autrice che ha saputo trovare le molteplici tracce lasciate da Sánchez Saornil.
Proprio per questa ricchezza di fonti inedite ci pare che le parti più interessanti ed innovative del volume siano paradossalmente quelle che non trattano degli anni della Guerra civile e dell’esperienza di Mujeres Libres (per altro già ampiamente analizzati dalla storiografia internazionale, a partire dai lavori di Mary Nash, di Martha Ackesberg e di Susanna Tavera). Da una parte ci paiono di particolare rilievo le pagine dedicate agli anni di formazione di Sánchez Saornil, dalle quali emerge con chiarezza la complessità e la ricchezza del processo di maturazione tanto intellettuale quanto politico di una giovane madrileña che non era solo poetessa e membro delle avanguardie artistiche ma anche lavoratrice e sindacalista, e viceversa. Dall’altra parte altrettanto ricche sono le pagine dedicate all’esperienza dell’esilio dopo la vittoria franchista del 1939. L’autrice ricostruisce nel dettaglio le traversie vissute da Sánchez Saornil, e dalla sua compagna Mery Barroso, in Francia negli anni compresi tra la fuga dalla Spagna, lo scoppio della Seconda guerra mondiale e il rientro nella Spagna franchista nel 1942. L’apparato documentale di questa parte del volume risulta veramente ricco e consente all’autrice di offrirci un quadro molto vivido di quelle che furono l’esperienza degli esiliati repubblicani spagnoli in un’Europa che stava entrando nel Secondo conflitto mondiale. Sorprende, infine, che a una figura come quella di Sánchez Saornil sia stato concesso di rientrare in Spagna abbastanza precocemente senza risultare vittima di particolari rappresaglie da parte del regime franchista, sul motivo di questa “indulgenza” da parte delle autorità l’autrice fornisce una chiave di lettura che ci pare abbastanza convincente [pp. 338-343]. Tornado brevemente agli anni della guerra civile ci paiono di notevole interesse, anche per la capacità dell’autrice di mettere quell’esperienza in una cornice più ampia rispetto a quella spagnola, le pagine dedicate al SIA [Solidaridad Internacional Antifascista], un comitato di solidarietà internazionale nato negli ambienti libertari nel maggio del 1937 di cui Sánchez Saornil fece parte in veste di consigliera di propaganda. Si trattò di passaggio molto importante della biografia della militante libertaria perché le consentì di confrontarsi con il variegato, complesso e transnazionale mondo di coloro che sostenevano la causa antifascista spagnola. In linea generale, ciò che tiene unito il volume, ci pare sia la scelta dell’autrice di riflettere sul lungo periodo rispetto alla relazione tra la militanza libertaria e le rivendicazioni femministe all’interno della biografia di Lucía Sánchez Saornil, una relazione che, come emerge bene in diverse parti del saggio, non fu scevra da tensioni.
Sorprende un po’ come nel volume, visto il taglio scelto dall’autrice, manchi del tutto un confronto con la storiografia più recente su una lettura in chiave di genere sulle vicende del movimento libertario spagnolo (penso in particolare ai ricchissimi lavori di Richard Cleminson). In linea generale questo mi pare essere il riflesso di un’impostazione generale dell’autrice: a fronte di una grande ricchezza di fonti primarie su cui lavorare, Cimbalo sembra infatti aver scelto di non confrontarsi (o di farlo il meno possibile) con le ricche storiografie esistenti sulle varie fasi storiche con cui si confronta (penso ad esempio a quelle sulla Guerra civile spagnola e sul processo rivoluzionario, a quelle sull’esilio in Francia o a quelle sugli anni della dittatura franchista). Credo che sia proprio questa scelta a indurre un eccessivo appiattimento dell’autrice sulla prospettiva della biografata; scorrendo il volume si può quindi avere la sensazione che venga meno il necessario distacco storiografico tra studioso e oggetto di studio. In estrema sintesi il ricco volume di Michela Cimbalo, e nonostante le debolezze che abbiamo appena ricordato, ci ricorda l’esigenza, quando ci si avvicina a uno studio di tipo biografico, di evitare di appiattire la ricostruzione della vita che si vuole studiare su un solo passaggio o momento emblematico. Scrivere una biografia significa cioè anche far emergere la complessità e la varietà del biografato, in questo l’autrice riesce pienamente restituendoci un profilo a tutto tondo di Lucía Sánchez Saornil.