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Fabrizio Gaetano, “Spazio e narrazione storica in Erodoto”

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Fabrizio Gaetano, Spazio e narrazione storica in Erodoto. Alessandria: Edizioni dell'Orso, 2020. 144 pp.

Il presente volume costituisce l’esito finale del percorso di studio intrapreso da Fabrizio Gaetano nell’ambito della ricerca dottorale, incentrata sul tema della costruzione e della rappresentazione degli spazi in Erodoto.

L’opera si apre con una premessa metodologica: nella parte introduttiva, infatti, vengono rievocati gli snodi principali che hanno segnato le fasi di riflessione sul concetto di spazio a partire dalla metà del secolo scorso. Questa attenzione alla dimensione spaziale in quanto costruzione culturale e sociale ha trovato humus favorevole nella ricerca di ambito greco-romano e Gaetano si dichiara in continuità con quella tradizione di impronta storicistica che impiega la categoria spaziale come strumento per l’analisi e l’interpretazione tanto delle civiltà quanto del contesto storico in cui esse nascono e si sviluppano. Si tratta, del resto, di una prospettiva particolarmente confacente ad un’opera come quella erodotea, dove le estese porzioni di testo dedicate all’ordinamento politico e sociale dei popoli incentivano a servirsi della spazialità in chiave ermeneutica. Il libro si divide in due parti, a loro volta strutturate in tre capitoli.

La prima parte, Spazio e civiltà, è dedicata ad un’indagine sulla Persia, sull’Egitto e infine sulla Scizia, e indaga le modalità con le quali la dimensione spaziale si traduce nell’esperienza concreta di queste popolazioni.

Il primo capitolo, dedicato alla Persia, il più corposo, affronta a sua volta tre diverse tematiche. La prima è relativa alla definizione dell’impero: all’interno del lessico impiegato da Erodoto, è individuata una differenza semantica tra γῆ (terra), a cui viene riconosciuta una valenza simbolico-sacrale, χώρα (regione), che assume invece una connotazione politico-militare, e infine ἔθνη (genti), con cui sono indicati i popoli sui quali il re di Persia esercita la propria supremazia, secondo una concezione del potere che si fonda su un rapporto non di tipo orizzontale e paritario, come quello delle πόλεις (città), bensì di subordinazione verso un’autorità accentratrice. La seconda tematica è attinente alla rappresentazione del potere del re, che si manifesta nella facoltà di «insediare popoli» (p. 25), espressione della sua incondizionata autorità sullo spazio, e nel diritto di «padroneggiare il mondo naturale» (p. 28). Di questo secondo aspetto, la costruzione da parte di Serse del ponte di barche sull’Ellesponto, in occasione della seconda guerra persiana (480-479 a.C.), rappresenta forse il caso più emblematico, ma che secondo Gaetano necessita di essere interpretato in dialogo con altri episodi analoghi e per mezzo di un’esegesi scevra di un eccessivo condizionamento dalla prospettiva ὕβϱις/φθόνος τῶν θεῶν (superbia/invidia degli dei) tratteggiata nella tragedia eschilea I Persiani. La terza parte, infine, analizza la condizione spaziale di chi viene a trovarsi «al cospetto del re» (p. 35) e, di riflesso, le espressioni impiegate da Erodoto a seconda delle varie circostanze, che si alternano tra ἐς ὂψιν (alla vista), la formula più ricorrente, e ἐς μέσον (nel mezzo), che segnala invece una eccezionalità del contesto comunicativo.

Per quanto riguarda il secondo capitolo, l’Egitto, lo studio della nozione di spazio è delineato mediante due prospettive: la prima è inevitabilmente legata al rapporto tra il territorio e il δῶρον (dono) – per dirla con Ecateo – del fiume Nilo, «motore primo dello spazio egiziano» (p. 45) e principale fattore di aggregazione e identità collettiva; la seconda, invece, è di tipo genealogico e rivela come ai primi quattro regnanti dell’Egitto (Min, Menfi, Meri e Sesostri) siano attribuiti dalla tradizione importanti interventi sulla spazialità politica e naturale del territorio.

Più frammentaria e imprecisa appare, invece, secondo Gaetano, la costruzione erodotea dello spazio scitico, poiché le caratteristiche territoriali della regione non vengono prospettate al lettore sulla base di un criterio logico, ma ricorrono nel testo a distanza variabile, determinando l’impressione di «un quadro sconnesso e contraddittorio» (p. 53). Nello specifico, nel terzo capitolo vengono prese in esame: le tre diverse versioni in merito all’inizio dell’occupazione scitica della Scizia, il valore semantico delle nozioni di ἐρημία (luogo deserto) e di ἔρημος (disabitato), spesso ricorrenti nel quarto λόγος delle Storie, dedicato a questa area geografica, e infine le contraddizioni che è possibile rilevare nella descrizione della spedizione da parte dell’armata di Dario, probabilmente avvenuta tra il 515 e il 510 a.C.

La seconda parte del volume, Spazio dell’erudizione e spazio dell’esperienza, si concentra tanto sull’analisi delle scelte lessicali operate dallo storico di Alicarnasso per esprimere pensieri e opinioni, quanto sulla concreta esperienza della realtà quotidiana da parte dei personaggi delle Storie. A questo scopo essa, specularmente alla prima, riceve una ripartizione in tre capitoli.

Il primo capitolo, Vicino e lontano, riflette sulla differente percezione dello spazio e del concetto di distanza di Greci e Persiani. Un efficace esempio rievocato da Gaetano in merito alla concezione spaziale greca riguarda la richiesta di aiuto rivolta dai Plateesi, oppressi dai Tebani, a Cleomene alla fine del VI secolo a.C.: il re spartano nega il soccorso invocato adducendo come motivazione la lontananza di Sparta da Platea e invitando la πόλις a rivolgersi piuttosto alla vicina Atene. Differente, evidentemente, è il punto di vista persiano, se Serse può concedersi di definire Ateniesi e Spartani πλησιόχωροι (vicini; Her.VII,8.1γ): la dilatazione spaziale dell’impero persiano, infatti, fa sì che il re achemenide maturi «una nozione di vicinanza che è geograficamente molto più ampia di quella greca» (p. 70) e che appare legata altresì al concetto di stima, maggiore nei confronti dei popoli più prossimi, scarsa verso quelli più lontani.

Nel secondo e nel terzo capitolo, Interpretare l’ecumene e Muoversi nell’ecumene, Gaetano in primo luogo prende in esame la riflessione ragionata di Erodoto sulla conformazione delle terre emerse, nelle quali lo storico di Alicarnasso riconosce l’appartenenza ad un quadro territoriale unitario, e in seguito ripercorre l’itinerario intrapreso da Serse attraverso Asia ed Europa. In entrambi i capitoli non viene meno l’attenzione rivolta dall’autore alla valutazione delle scelte lessicali erodotee, con riferimento tanto al contesto comunicativo quanto alle intenzioni del singolo locutore in questione.

In conclusione, il volume di Fabrizio Gaetano, prospettando al lettore un’interessante e precisa ricerca lessicale che mira a «spiegare Erodoto con Erodoto» (p. 13), si rivela un lavoro originale per due ragioni: non solo impiega il concetto di spazio come presupposto di base per comprendere a pieno ed interpretare correttamente le civiltà prese in esame nelle Storie, ma ha anche il merito di proporre una rilettura dell’opera erodotea alla luce di tale valorizzazione della componente spaziale, che diventa così il perno della ricerca storica in oggetto.