Storicamente. Laboratorio di storia

Dibattiti

Sullo statuto giuridico-politico dell’emergenza. Un'introduzione

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Abstract

Il testo introduce il dibattito sul volume di Mariano Croce e Andrea Salvatore, Che cos’è lo stato d’eccezione, pubblicato dall’editore Nottetempo nel 2022. 
 
The text introduces the debate on the volume by Mariano Croce and Andrea Salvatore, Che cos’è lo stato d’eccezione, published by Nottetempo in 2022.

La questione Che cos’è lo stato d’eccezione che dà il titolo al libro di Mariano Croce e Andrea Salvatore di cui si discute in questa sezione esprime un’esigenza teorica e politica che si è manifestata con la massima urgenza durante la pandemia di Covid-19. Nella cornice di questa crisi globale – collocata in una successione di eventi assieme alla guerra al terrore dei primi anni Duemila, alle crisi umanitarie e ambientali e alla crisi finanziaria del 2008-2009 – la categoria di “stato di eccezione” è stata riattivata per dare conto di un dispositivo capace di ridefinire complessivamente le coordinate normative dell’ordine esistente e i comportamenti dei soggetti, e denunciare una degenerazione autoritaria dei governi liberal-democratici. Il lavoro di Croce e Salvatore si muove quindi su due piani: uno teorico, con una peculiare lettura della dottrina di Carl Schmitt, l’altro politico, con l’obiettivo di contestare l’applicazione di un paradigma schmittiano “malinteso” alla comprensione del governo delle crisi, indicandone al contempo modalità compatibili con i valori liberal-democratici.

Le note di discussione di Ernesto Sferrazza Papa e Antonio Del Vecchio seguono criticamente il lavoro di Croce e Salvatore su entrambi questi piani. Sferrazza Papa si confronta con la loro lettura “istituzionalistica” di Carl Schmitt, tesa a ridimensionare l’importanza e denunciare la “fiacchezza” teorica della categoria teologico-politica di “stato di eccezione” nello spettro complessivo della sua opera. Suggerendo che, dopo Teologia politica (1922), Schmitt ha ridotto lo stato di eccezione a una fattispecie giuridica, e di fatto espungendo dalla sua riflessione il problema della decisione, questa lettura istituzionalistica insiste sull’impossibilità di costituire ex-novo l’ordinamento e quindi sulla fondamentale distinzione tra eccezione ed emergenza, la stessa che viene fatta collassare nelle letture contemporanee che gli autori criticano, a partire da quella di Giorgio Agamben. Se l’emergenza si serve degli strumenti del diritto ordinario, mentre lo stato d’eccezione prevede la “sospensione dell’ordine vigente” e misure diverse rispetto a quelle previste dal diritto in condizioni di normalità, allora la distinzione è necessaria a valutare se e in che misura il governo della crisi dispiega effetti che modificano in maniera arbitraria e unilaterale quell’ordine, e dunque le condizioni di esistenza degli individui. Sferrazza Papa mette l’ipotesi istituzionalistica di Croce e Salvatore alla prova di un’attenta esegesi di alcuni luoghi dell’opera di Schmitt precedenti e successivi a Teologia politica. L’assenza di una concezione monolitica dello stato d’eccezione, presente in alcuni scritti degli anni Dieci, e la persistenza di elementi eccezionalistici in quelli degli anni Trenta gli permettono quindi sia di condividere la critica indirizzata da Croce e Salvatore alle letture eccezionalistiche della pandemia, sia di “alzare il livello di guardia” in merito al modo in cui – dentro a forme emergenziali di governo – si sono sviluppati inediti strumenti di governamentalità e forme extraistituzionali di legittimazione, irriducibili al piano del diritto statale, che hanno reso globale la normalizzazione dell’emergenza stessa.

Si tratta di una conclusione alla quale approda – seguendo un diverso itinerario – anche la lettura di Antonio Del Vecchio. Oltre a valorizzare gli aspetti dell’analisi di Croce e Salvatore più prossimi alla storia del pensiero politico – come la ricostruzione dei diversi modi di pensare il governo dell’emergenza compatibili con l’ordine costituzionale, dalla dittatura repubblicana alla prerogativa regia di Locke – Del Vecchio osserva che il punto centrale della loro lettura dei testi schmittiani sta nel modo in cui viene costruita la normalità e la normalizzazione della vita sociale. Il problema non riguarda cioè le legislazioni emergenziali in quanto tali, ma se queste impongono valori non passibili di critica e si estendono ad ambiti diversi da quelli specificamente coinvolti dalla crisi. Questa valutazione richiede quindi un “approccio contestuale e particolareggiato”, capace di tenere conto dei diversi tipi di emergenza, dei diversi attori – non solo istituzionali – coinvolti nella definizione delle soluzioni, e di quali forze abbiano eventualmente sfruttato una crisi per determinare un mutamento complessivo degli assetti sociali. Questa prospettiva permette sì, secondo Del Vecchio, di criticare l’ipotesi di un progetto intenzionale di modificazione dei canoni di governo e delle forme di vita sociale, ma non di dare conto del rapporto storico e politico tra le diverse crisi, delle trasformazioni delle relazioni transnazionali di produzione che esse hanno innescato a livello globale né, in definitiva, della crisi della democrazia liberale, che rimane invece il riferimento indiscusso dei due autori.

Riconoscendo l’importanza del lavoro di critica dei paradigmi teorici e politici proposto da Croce e Salvatore, su un ultimo punto si può porre l’accento: un approccio contestuale richiederebbe anche di distinguere tra le posizioni differenti dei soggetti coinvolti dal governo dell’emergenza, che non possono evidentemente essere ridotti agli individui astratti della democrazia liberale. È noto, per fare solo un esempio, che i lavoratori e soprattutto le lavoratrici definite “essenziali” nel corso della pandemia, in buona parte migranti, hanno costituito un’eccezione rispetto all’emergenziale sospensione, o al distanziamento realizzato ove possibile, delle prestazioni lavorative. Si tratta di un “caso” che ha reso evidenti gerarchie sociali e rapporti di dominio e sfruttamento che non consentono di pensare l’ordine esclusivamente alla luce della sua giuridificazione, né di ridurre i conflitti che lo attraversano a un confronto pluralistico dei valori da garantire contro eventuali imposizioni unilaterali o autoritarie. Resta insomma da chiedersi quanto il governo dell’emergenza abbia consolidato la normale eccezione vissuta da chi sta in una posizione subalterna nell’ordine globale del mercato che la pandemia ha soltanto sospeso, ma non modificato.