Storicamente. Laboratorio di storia

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Jean-Marc Besse, Face au monde. Atlas, jardins, géoramas

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Il testo di Besse affronta lo studio di alcuni dispositivi di rappresentazione dello spazio realizzati da cartografi, o geografi in senso lato, fra il XVI e il XIX secolo.

Partendo dall'assunto che la geografia è una «scienza ambigua» (p. 7), una disciplina nella quale convivono un aspetto puramente scientifico - lo studio della superficie terrestre e della sua organizzazione - ed uno più immaginativo ( l'intelligence quotidienne du monde ) - che consiste in una particolare maniera di pensare e di vivere lo spazio - l'autore s'interroga sul ruolo giocato dalla rappresentazione geografica, intesa come tentativo di «organizzare la visibilità del mondo» (p. 8).

Con quali mezzi i geografi sono riusciti a costruire l'"immaginazione del mondo", il processo per cui dalla rappresentazione della terra si passa alla coscienza/esperienza della sua realtà fisica? Come le risorse del linguaggio descrittivo - dalla cartografia all'iconografia - riescono a ridurre ad un unico momento conoscitivo, la complessità di un universo la cui principale caratteristica, secondo Tolomeo, è quella di non potere essere mai percepito nella sua totalità?

All'interno dell'ampia gamma di possibilità che una tematica come questa può offrire, Besse sceglie di enucleare il suo studio attorno all'uso e al significato di tre particolari «spazi dell'immaginazione geografica»: gli atlanti, i giardini e i georami. Si tratta, come sottolinea l'autore, di spazi destinati allo spettacolo. Al loro interno, secondo dispositivi di varia natura e dimensione, l'universo viene messo in scena nella sua totalità e offerto allo sguardo di un pubblico sempre diverso: la Corte, gli studenti, la folla, le masse.

I tre spazi presi in esame sono inoltre concepiti non solo con finalità didattiche, ma anche politiche, economiche, commerciali e ludiche. La geografia può infatti divenire uno strumento di esercizio del potere e di comunicazione sociale. Sotto questo punto di vista la grande taglia delle rappresentazioni gioca un ruolo fondamentale: ponendosi al limite della percezione umana esse implicano modalità di fruizione completamente diverse rispetto ai testi e alle tradizionali raccolte di carte. Se le mappe degli atlanti possono estendersi lungo tutte le pareti di un salone, i georama occupano interi edifici e i giardini geografici arrivano a costituire paesaggi separati dal resto del territorio circostante. La rappresentazione diventa quindi anche un luogo fisico, concreto e tangibile, in cui il pubblico può fare esperienza del mondo. Un luogo che fa da tramite fra quelli che, secondo Besse, sono i due fondamentali processi conoscitivi della disciplina, le due scale che organizzano la coscienza geografica: la riduzione del grande universo alla dimensione della carta, e inversamente, l'amplificazione delle piccole dimensioni della carta nell'esperienza del grande universo. Realizzati come mondi chiusi all'interno dei quali è possibile compiere ogni sorta di viaggio immaginario e comprendere, in un solo momento totalizzante, l'intera organizzazione del mondo, atlanti, giardini e georama divengono luoghi in cui la «coscienza geografica s'intensifica» (p. 13) attraverso un'esperienza materiale e visiva.

Nella prima delle tre sezioni in cui è suddiviso il testo ( Le théâtre de la cartographie ), si prendono in esame alcuni celebri dispositivi cartografici volti all'organizzazione e all'esposizione delle conoscenze storico-geografiche maturate nel corso del XVI secolo: il Theatrum orbis terrarum di Abrham Ortelius (1570), la Sala del Mappamondo della Villa Farnese a Caprarola (1573-74), la Sala delle carte di Cosimo I a Palazzo Vecchio (1560-75c.) e la Galleria delle carte del Belvedere in Vaticano (1580-82).

La seconda sezione ( Dans les jardins de la géographie ) affronta un tema poco conosciuto nell'ambito degli strumenti didattici per l'apprendimento della disciplina, quello dei giardini geografici, luoghi concepiti come grandi carte en plein air . Besse analizza una serie di progetti prodotti fra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo in Francia e destinati per lo più a sviluppare negli scolari la conoscenza del territorio e degli avvenimenti storici che hanno portato alla costituzione della Repubblica. Strumenti didattici che il geografo mette a disposizione dei pedagoghi, e nello stesso tempo dispositivi utili per la formazione di una coscienza politica dello Stato, questi giardini realizzano in maniera esemplare il programma insito in ogni carta geografica: grazie alla considerevole estensione e all'utilizzo di elementi naturali (la vegetazione e l'acqua) essi producono una rappresentazione mimetica del mondo in cui l'organizzazione delle varie regioni diviene immediatamente leggibile e di facile comprensione.

Nella terza sezione ( Géoramas ) si prende in esame la costruzione dei georami, edifici che conoscono un ampio successo nella prima metà del XIX secolo sia in Francia che in Inghilterra. Si tratta di grandi globi concavi, all'interno dei quali i visitatori potevano ammirare una rappresentazione a 360 gradi del planisfero. Apprezzati da geografi come Alexander von Humboldt e Elysée Reclus essi si configurano come utili strumenti per l'apprendimento della geografia poiché permettono di superare i limiti tecnici e percettivi della carta piana e «riuniscono le condizioni pedagogiche e psicologiche di una comprensione verosimile della grandezza del mondo terrestre» (p. 232). All'interno dei georama la finzione del viaggio immaginario acquista la dimensione del paesaggio che circonda lo spettatore: grazie ad un sistema d'illuminazione artificiale, i visitatori sono calati in una realtà apparentemente distaccata da quella esterna. Prive di un punto di vista prestabilito, le rappresentazioni geografiche dei georama permettono una percezione immediata e totale della superficie della terra.