La cartografia medica nell’Ottocento tra pensiero medico, geografia ed epidemie
Sebbene manchino ancora analisi organiche sul tema [1], gli storici della cartografia che si occupano del XIX secolo hanno considerato le carte mediche un passaggio importante (Palsky 1996, 81) per la comprensione della natura della carta e del suo rapporto con la società e con la scienza. In linea con quanto accaduto in altri settori della cartografia, le rappresentazioni di ambito medico trovarono in particolare nei primi decenni dell’Ottocento un terreno fecondo per la loro diffusione grazie all’impulso esercitato dalla crescente specializzazione delle discipline, dal marcato sviluppo delle scienze naturali e statistiche e dalla forte domanda di conoscenza da parte dell’opinione pubblica (Robinson 1982, 17). Concepiti con un linguaggio chiaro e irresistibilmente esplicito, tali documenti focalizzavano l’attenzione sulla distribuzione spaziale di un inedito tematismo, quello delle epidemie, evidenziando le possibili correlazioni tra caratteri del territorio, salute e mobilità umana. In questo modo essi contribuirono, almeno in parte, alla cognizione e conoscenza della natura di alcune patologie collaborando, attraverso il supporto del linguaggio grafico, anche allo sviluppo di modelli inerenti alla diffusione del morbo ascrivibili tanto a teorie contagioniste quanto epidemiste (Palsky 1995, 208).
Le carte mediche, la cui esigenza venne avvertita anche al di fuori dei contesti medici istituzionali, furono realizzate in ambienti assai variegati: accompagnavano opere discusse in società scientifiche, rapporti ufficiali di varie istituzioni, ma anche studi non specialistici. Da questa eterogeneità deriva una profonda difformità dei livelli di precisione, delle scale di riferimento (dalla topografica a quella globale) e degli scopi. A carte che tendevano ad assumere anche finalità eziologiche si affiancavano documenti tecnici rivolti all’individuazione di strategie per il controllo del contagio e carte a carattere didascalico, destinate a una più ampia divulgazione, diffuse attraverso atlanti ed enciclopedie. Anche da ciò discende una forte pluralità nelle modalità e tecniche di rappresentazione: carte areali la cui colorazione dei territori permetteva l’analisi della distribuzione delle malattie e la correlazione con i caratteri ambientali; carte itinerarie che descrivevano il progresso lineare del morbo; documenti la cui funzione informativa era delegata in buona parte all’apparato testuale con notizie tratte da resoconti di medici, naturalisti, viaggiatori, geografi.
Sebbene lo sviluppo delle prime rappresentazioni di cartografia medica sia stato in alcuni casi interpretato come risultato dell’intensificazione degli studi di topografia e geografia medica (Barrett 2000; Armocida e Rigo 2014), dagli inizi dell’Ottocento sembra riscontrarsi un sensibile incremento della produzione di geo-rappresentazioni di questo tipo. Dapprima su impulso della diffusione della febbre gialla nelle grandi città portuali degli Stati Uniti (Koch 2005) e in seguito, in forma molto più corposa, quando il vibrio cholerae, che fino al 1817 era rimasto circoscritto nel suo focolaio storico nel delta del Gange, cominciò a diffondersi in diversi territori, fino a interessare, nei primi anni ’30, anche i paesi più modernizzati (Tognotti 2000, 18-9). Se la produzione dei documenti appariva ancora flebile al principio degli anni ’20, quando il morbo avanzava da oriente senza ancora toccare l’Europa, essa raggiunse livelli nettamente più consistenti nel biennio 1830-31, parallelamente al propagarsi della malattia nel vecchio continente [2].
Un’inedita rappresentazione: gli itinerari epidemici
Anche prima del suo manifestarsi in Europa, il colera faceva la sua comparsa sulle carte geografiche come una malattia la cui natura richiedeva un’analisi della sua dimensione globale. Una forte attenzione, in particolare, fu rivolta alla progressione verso occidente del morbo e all’itinerario da esso seguito, che sembrava collocarsi lungo le principali rotte commerciali terrestri e marittime. Le carte a scala globale e continentale, spesso allegate a opere mediche di carattere analitico o descrittivo, acquisirono senso in tale contesto quali strumenti per la comprensione delle caratteristiche del colera. In questa prima fase furono soprattutto gli studi che focalizzavano l’attenzione sull’evoluzione dell’epidemia ad avvertire la necessità di accompagnarsi a modelli geografici che documentassero il nesso tra la diffusione della malattia, le caratteristiche del territorio e la mobilità umana. Si tratta frequentemente di modelli che trovarono un importante elemento di riferimento anche nello sviluppo delle scienze geografiche del tempo – in modo particolare nelle opere di Alexander Von Humboldt e Karl Ritter – le cui osservazioni di viaggio furono annoverate tra le fonti utilizzate (Camerini 2000). Ne sortì una produzione molto attenta agli itinerari epidemici e ai resoconti sulla diffusione della malattia, che divennero strumento di supporto per le ipotesi formulate in merito alle cause della diffusione e, conseguentemente, per le strategie di contenimento.
Secondo lo studio di Saul Jarcho è ad Alexandre Moreau de Jonnès, ufficiale militare e responsabile del Bureau de la Statistique générale de France, che si deve la prima carta globale che illustra l’avanzamento del colera. La carta fu pubblicata nel Rapport au Conseil superieur de santè sur la maladie pestilentielle designée sous le nom de cholera-morbus de I’lnde et de Syrie del 1824.
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Si tratta di un documento dai tratti essenziali edito a Parigi presso il litografo De Laysterie, su disegno di Desmadril le Jeune, che lascia trapelare una certa provvisorietà già dal titolo: Esquisse itineraire du Cholera morbus pestilentiel de l’Inde et de Syrie. Traendo spunto da una consolidata tecnica adottata nelle carte idrografiche e commerciali, il documento rappresentava con una linea le principali rotte lungo le quali la malattia aveva camminato. Emergevano alcune strade carovaniere e soprattutto percorsi marittimi, vettori del contagio in Cina, nel Medio Oriente e nei possedimenti francesi dell’isola di Reunion. Su un fondo cartografico essenziale che riportava le più importanti entità statuali e le regioni fisiche, l’autore inserì i centri colpiti dal colera con indicazione dell’anno di arrivo della malattia. Il risultato era una carta piuttosto povera di contenuti, oltremodo semplice ma retoricamente chiara. La seconda edizione, elaborata nel 1731, con litografia affidata questa volta allo stampatore belga Dewasme-Pletinckx, fu aggiornata anche alla luce dell’ulteriore diffusione della malattia, ormai giunta in Europa.
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Essa aggiungeva significativamente al vecchio titolo il termine “Progrès” che, preso in prestito dal lessico della cartografia bellica, ne evidenziava in maniera più esplicita il pericoloso avanzamento. In questa versione, in cui si prestò maggiore attenzione all’aspetto grafico anche nelle cornici e nel cartiglio, i dati apparivano ancora più evidenti attraverso un fondo estremamente nitido. In entrambe le edizioni, la presenza di un unico tematismo – i percorsi attraverso cui avveniva la diffusione – non lasciava dubbi in merito alle modalità di propagazione. Esse sembravano legate esclusivamente al contagio: nessuna influenza nell’espansione era attribuita ai caratteri ambientali. Una visione in linea con la consapevolezza, dominante in quegli anni, di un avanzamento connesso alla nuova, intensa mobilità umana del periodo, risultato della “rivoluzione commerciale” (Tognotti 2000, 19). Strettamente collegata al testo del rapporto in cui era inserita, la carta costituiva un tassello di un lavoro di documentazione continuo da parte di Moreau de Jonnés che tra il 1820 e il 1831 relazionò nove volte sull’andamento della malattia al Conseil superieur de santè, in seguito a un’inchiesta avviata dal governo francese nel 1823. L’indagine portò l’autore all’analisi di numerose fonti che testimoniavano la situazione sanitaria dei vari territori interessati, in particolare le colonie e i paesi con legami commerciali e politici con lo stato francese. Carovane, corpi d’armata e altre categorie di viaggiatori (inclusi pellegrini, fuggitivi, ecc.) per Moreau de Jonnès erano i principali vettori di un contagio in continua espansione, dapprima in Asia, successivamente anche in Europa. Il colera per Moreau de Jonnès era infatti una di quelle malattie che si diffonde
par une force assimilatrice semblable à celle du levain; c’est leur transmission aux hommes et aux choses par le contact ou meme à distance; c’est enfin leur propagation qui s’èpère, non pas, comme dans les épidémies, par des attaques simultanées, éparses et sans ordre, mais bien par une marche progressive régulière, proportionnée aux distances et dirigées d’aprèes des lignes itinéraires constamment identiques avec les communications commerciales et maritimes les plus fréquentées (Moreau de Jonnès 1831, 91).
Nessuno strumento poteva apparire più appropriato della carta per mostrare un fenomeno che si espandeva nei territori in maniera lineare e sostanzialmente regolare. La carta permetteva infatti di evidenziare, attraverso immediate correlazioni, come la malattia si diffondesse esclusivamente lungo le rotte più importanti, in modo particolare tramite gli assi di collegamento tra i grandi centri, mostrando peraltro, come sottolineato dallo stesso ufficiale, che la causa epidemica non potesse trovarsi nell’aria. Da questa cognizione derivava la necessità di azioni volte a contrastare il morbo e di una costante vigilanza nei territori. In questo senso la carta, in cui si metteva in scena una sorta di teatro della guerra contro il colera (Palsky 1995, 208), poté diventare uno degli strumenti di analisi e di persuasione, oltre che per suffragare un’ipotesi contagionista, per il supporto a strumenti di contrasto all’avanzata di un nemico da fermare attraverso complessi sistemi di cordoni sanitari e quarantene.
Da epidemiche a contagioniste. Le carte di Moreau de Jonnès tra Italia e Stati Uniti
Con la diffusione del colera in Europa, l’opera di Moreau di Jonnès conobbe una certa fortuna e arrivò anche in Italia attraverso due traduzioni [3]. Quella a cura di Girolamo Novati, medico dell’Università di Pavia, integrava l’opera del francese con un aggiornamento sulle irruzioni del colera in Europa e l’inserimento di nuove ipotesi tendenti a dare una certa rilevanza anche all’ambiente naturale quale strumento di condizionamento della diffusione. Anche la carta allegata al volume, dal titolo Carta itineraria del cholera morbus dalla sua origine nell’Industan nel 1817 fino a tutto settembre 1831 fu aggiornata e, come dichiarato dallo stesso editore, migliorata con ulteriori commenti da parte di Girolamo Novati. A tal punto da essere definita, nel 1831, tra gli “Annunzi tipografici” delle opere sul colera edite dall’editore Silvestri «per le usatevi aggiunte e miglioramenti» come «più completa di quella che trovasi nell’edizione parigina» (Gazzetta Privilegiata di Milano 1831, 1244).
La notazione non appare del tutto infondata. La carta, stampata dai fratelli Stucchi a Milano, non risultava rimarchevole soltanto perché permetteva di figurare un’aggiornata situazione dei contagi in Europa. Essa aggiungeva ulteriori informazioni quali il mese di arrivo nel morbo nei centri colpiti, il dato complessivo dei morti registrati nelle città dell’Asia e dell’Europa, la direzione seguita dalla diffusione. La descrizione dell’itinerario della malattia diventava più articolato, con l’individuazione di nuove rotte che dall’India portavano verso occidente, in corrispondenza della Mongolia; inoltre, alcune frecce sembravano alludere a una diffusione aerea della malattia: essa avveniva infatti in diverse direzioni, a prescindere dalle vie di comunicazione tracciate; per un più efficace inquadramento delle relazioni tra ambiente e andamento della malattia, si evidenziavano le aree tropicali e le regioni fisiche del pianeta. In corrispondenza di alcuni territori comparivano infine brevi testi descrittivi che riportavano informazioni estrapolate da testimonianze e resoconti di viaggio. Tra queste l’indicazione di un forte vento del nord che «arresta il Cholera ai confini meridionali della Siberia nel 1827». Attraverso le numerose notizie presenti, frutto dell’utilizzo di diverse fonti [4], e l’inserimento di argomentazioni a dimostrazione dell’influenza del quadro ambientale sulla diffusione della malattia, la carta si discostava fortemente dall’originale. Il messaggio appariva sostanzialmente trasformato e reso più efficace, peraltro, grazie a una particolare attenzione all’aspetto grafico.
La contaminazione tra elementi contagionisti ed epidemisti nelle opere derivanti dalla carta di Moreau de Jonnès non rappresentò una singolarità. Una situazione per alcuni aspetti analoga si riscontrò anche quando, nel 1832, il colera arrivò negli Stati Uniti, dove si assistette, similmente a quanto era accaduto prima in Europa, alla diffusione di diverse opere sull’argomento (Koch 2017, 65). Si trattava anche in questo caso di lavori più o meno originali, che in alcuni casi riportavano al loro interno carte geografiche, concepiti ancora una volta con l’obiettivo di riflettere sulle cause del contagio, sulle azioni più opportune da intraprendere e su possibili previsioni riguardo all’evoluzione della malattia. A occuparsi dell’argomento fu anche Amariah Brigham (1798-1849), medico fondatore dell’American Psychiatric Association, nel suo Treatise on Epidemic Cholera, opera dettata in primis, come specificato dall’autore, dalla necessità di rendere disponibile, in un’unica fonte, tutte le conoscenze acquisite sul colera a livello internazionale, dove appariva una carta itineraria molto simile a quella di Moreau de Jonnès.
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Anch’essa enfatizzava infatti la diffusione del colera, questa volta in tutto il mondo, attraverso le più importanti rotte terrestri e marittime internazionali. Riportava una linea per l’indicazione del percorso della malattia a partire dal delta del Gange e della sua propagazione verso il resto dell’Asia, verso l’Europa e il Nord America. Il documento di Brigham fu in questo senso la prima opera in cui il colera era rappresentato come una malattia diffusa in tutti i continenti. Essa costituisce dunque una sorta di emblema della raggiunta consapevolezza della sua disarmante globalità. Ponendosi anche in questo caso come una trasposizione figurata di una parte descrittiva del testo, la carta aiutava il lettore nel ripercorrere le tappe della propagazione della malattia fino al suo arrivo negli Stati Uniti. I territori americani erano rappresentati nel settore sinistro della carta in una scala più grande, che permetteva di evidenziare al meglio il percorso seguito dalla diffusione della malattia a partire dal porto di Boston, fino alla costa atlantica a sud di New York e, verso l’interno, a Montreal e a Detroit.
Il testo, di natura prevalentemente compilativa, appariva tendenzialmente favorevole, contrariamente all’opera di Moreau De Jonnès, alle ipotesi epidemiste: «The conscientious enquirer after truth» – scriveva infatti l’autore – «will be obliged to confess that if the cholera is at all, or under any circumstances a contagious disease, it is so but in a trifling degree, and that generally, it is propagated by other means than by the transmission of some poisonous substance from the diseased to the healthy» (Brigham 1832, 312).
In questo senso è comprensibile la prudenza utilizzata dallo psicologo, che non riportava nell’intestazione della carta il termine “itineraire” preferito da Moreau de Jonnès. Coerentemente con il titolo scelto, Chart shewing the progress of Spasmodic cholera, il documento si limitava infatti a mostrare un andamento epidemico e suggeriva un’eventuale correlazione con le grandi rotte, senza professarsi contagionista. Anticipando quanto avrebbe meglio argomentato negli studi successivi, Brigham cercava di dimostrare nel lavoro, senza addurre molte argomentazioni, il ruolo della componente psichica nella propagazione della malattia. L’autore concludeva infatti l’opera sostenendo che il colera è una malattia epidemica non contagiosa, alla cui diffusione contribuiva in maniera sostanziale la paura: «At the present alarming time» – veniva affermato – «no duty of medical men, and all those who have influence over the faith of others, as regards the epidemic, seems more imperative, than that they should steadily endeavor to quiet public alarm, and constantly abstain from creating any fear as respects the prevalence of the disease, and its contagious nature. Hundreds will die of common cholera, if they are not assured, and made to believe that the disease which affects them, is not the cholera which their fears suggest» (ivi, 351).
In questo senso, la carta che apriva il volume ribaltava l’ipotesi contagionista del suo modello ispiratore, mostrando da una parte una certa vaghezza nell’individuazione delle cause, dall’altra la consapevolezza del ruolo di un linguaggio cartografico in grado di trasporre con immediatezza l’andamento della malattia e di imprimere a prima vista, nella mente del fruitore, la sua dimensione globale. Il colera nella carta di Brigham diventava una malattia globale dal progresso galoppante, che non aveva risparmiato neanche i civili paesi del Vecchio e del Nuovo Continente. Il colera mieteva infatti vittime ovunque, e colpiva inesorabilmente tutte le popolazioni, non solo quelle dei paesi meno ricchi o dei contesti meno agiati. Un approccio che potesse impedire la diffusione di un dannoso panico diventava quindi la strada intravista per un possibile arresto dell’avanzamento morboso.
Conclusioni
Concepito nell’ambito di una ricerca più ampia sulla rappresentazione cartografica delle epidemie tra Ottocento e Novecento, questo articolo costituisce il risultato di una prima indagine condotta su un contesto scientifico-culturale particolarmente articolato, che sarà ulteriormente analizzato nel prosieguo del lavoro, all’interno del quale si intersecano e si sovrappongono interessi disciplinari, approcci e contenuti molteplici. Nella sua realtà estremamente complessa, la carta medica è difficilmente riconducibile a modelli di riferimento dominanti o a vere e proprie tradizioni editoriali; essa si sviluppa in parallelo in diversi contesti statuali che quasi mai assurgono, come accaduto ad esempio nel caso della Francia del secolo precedente, a modello di riferimento per la produzione (Konvitz 1981, 96; Palsky 1996, 83). Da questa pluralità deriva un insieme di rappresentazioni dal carattere più o meno scientifico, elaborate nell’alveo di diversi saperi, che al variare delle finalità tendono ad assumere modalità rappresentative e tecniche diverse. Il caso della carta di Moreau de Jonnès e delle sue riproposizioni in Italia e negli Stati Uniti mostra tuttavia che, al di là di questa forte varietà, è possibile intravedere nelle carte del colera dei primi decenni dell’Ottocento elementi comuni, che denotano una tendenza a una riproposizione di modelli, spesso riscontrata anche in altri ambiti della cartografia.
Le rappresentazioni che inizialmente si impongono all’attenzione di un pubblico ampio nei diversi contesti mondiali – le carte itinerarie a scala continentale e globale – si inseriscono spesso nella disputa sulla natura del contagio e contribuiscono al dibattito sulla costruzione e condivisione di strategie per il contenimento. Prodotte in maniera più consistente negli anni della prima diffusione del morbo in occidente, esse, in particolare, sembrano diventare un veicolo per diffondere la cognizione della necessità di riposte globali per la risoluzione dei problemi legati al contagio.
La carta contagionista di Moreau de Jonnés tende a soffermarsi sull’avanzamento del colera con l’indicazione precisa delle rotte seguite nel suo percorso verso l’Europa imponendosi, per la sua semplicità e per la fortuna dell’opera in cui è contenuta, come un modello comunicativo particolarmente fortunato. La sua riproposizione nella carta di Amariah Brigham è associata tuttavia a un apparato testuale tendente a suffragare una teoria sostanzialmente epidemista, che non nega del tutto la possibilità di un contagio diretto o indiretto. La carta di Brigham, a questo livello, da una parte sembra confutare l’apparentemente scontato utilizzo di carte itinerarie per la veicolazione cartografica di modelli di tipo contagionista; dall’altra mostra come, nella trasposizione cartografica da un contesto territoriale all’altro, il modello di Moreau de Jonnès si presti a comunicare messaggi difformi. Almeno in questa fase iniziale di prima conoscenza del morbo, le due teorie non sembrano sempre camminare in parallelo spesso sovrapponendosi e intrecciandosi; in questo senso, l’analisi dei due documenti testimonia l’originale riproposizione e rielaborazione di un modello cartografico che appare caratterizzato da una forte capacità di adattamento a diversi contesti teorici.
Tale aspetto è confermato dall’analisi della carta che appare nell’edizione italiana dell’opera, a cura di Girolamo Novati, che mostra come il modello si adatti facilmente per la diffusione di ulteriori significati. Il medico pavese, enfatizzando il ruolo dell’ambiente nel condizionamento dell’andamento morboso, la utilizza per rivedere le ipotesi contagioniste della fonte. Il colera non segue una ma diverse rotte verso occidente, e talvolta la sua diffusione avviene in molteplici direzioni, a prescindere dalla presenza di strade o rotte marittime. L’inserimento di informazioni e dati tratti da cronache di viaggio e da studi geografici arricchisce la documentazione, creando una nuova argomentazione che si spinge ben oltre la mera traduzione. Il passaggio da un contesto medico all’altro consente di arricchire il dibattito, sistematizzare le conoscenze, vagliarle e divulgarle in maniera critica, giungendo a nuove conclusioni. In questi passaggi l’informazione cartografica modifica i tratti della rappresentazione, li vaglia criticamente e li rielabora, arrivando a un prodotto sempre più articolato e meglio definito anche nei suoi aspetti grafici. In tal senso, appare verosimile che, pur presentandosi in apparenza come una mera traduzione, l’edizione italiana della carta contenuta nell'opera di Novati possa essere annoverata tra i documenti itinerari che contribuiscono all'innovazione nella cartografia analitica di ambito medico. Una cartografia che si sarebbe fatta strada in maniera più evidente, attraverso un processo di perfezionamento delle metodologie di analisi e degli aspetti grafici e comunicativi, nella seconda parte del secolo anche con la diffusione degli atlanti metodici.
Fonti cartografiche
- Brigham, Amariah. 1832. Chart shewing the progress of Spasmodic cholera. Hartford: H. and F.J. Huntington.
- Novati, Girolamo. 1831. Carta itineraria del cholera morbus dalla sua origine nell’Industan nel 1817 fino a tutto settembre 1831. Milano: Fratelli Stucchi.
- Moreau de Jonnès, Alexandre. 1824. Esquisse itineraire du Cholera morbus pestilentiel de l’Inde et de Syrie. Paris: Atelier de Desmadryl jeune.
- Moreau de Jonnès, Alexandre. 1831. Esquisse itineraire des Progrès du Cholera morbus pestilentiel en Asie et en Europe de 1817 à 1830. Brussels: Dewasme-Pletinckx.
- Schnurrer, Friedrich. 1827. Charte über die Geographische Ausbreitung der Krankheiten: vorgelegt der Versammlung Deutscher Aerzte und Naturforscher zu München den 22 September 1827. Stuttgart (Lithographie).
Bibliografia
- Barrett, Frank A. 2000. “Finke’s 1792 map of human diseases: the first world disease map?.” Social Science & Medicine 50: 915-21. https://doi.org/10.1016/S0277-9536(99)00344-5.
- Brigham, Amariah. 1832. Treatise on epidemic cholera: including an historical account of its origin and progress, to the present period: compiled from the most authentic sources. Hartford: H. and F.J. Huntington.
- Brohmer, Rainer. 2000. “The first Global Map of the Distribution of Human Diseases: Friedrich Schnurrer’s ‘Charte Uber die geographische Ausbreitung der Krankheiten’ (1827).” Medical History 44: 176-85. https://doi.org/10.1017/s0025727300073336.
- Camerini, Jane R. “Heinrich Berghaus’s map of human diseases.” Medical History 44: 186-208. https://doi.org/10.1017/s0025727300073348.
- Gazzetta Privilegiata di Milano. 1831. n.d., “Annunzi tipografici.” 9 novembre 1831.
- Koch, Tom. 2005. “Mapping the Miasma: Air, Health, and Place in Early Medical Mapping.” Cartographic Perspectives 51: 24-7. https://doi.org/10.14714/cp52.376.
- — 2017. Cartographies of disease. Maps, mapping, and Medicine. Redlands: Esri Press.
- Konvitz, Joseph. 1981. “La cartographie et les travaux publics (1820-1870).” Annales des Ponts et Chaussées, nouv. série 19 (3): 96-103.
- Moreau De Jonnès, Alexandre. 1831. Rapport au Conseil supérieur de santé sur le choléra-morbus pestilentiel. Parigi: Imprimerie de Cosson.
- Palsky, Gilles. 1995. “La cartographie medicale et anthropologique”. In Le XIXè siècle: science, politique et tradition, a cura di Isabelle Poutrin e Alain Corbin, 207-23. Parigi: Berger-Levrault.
- Robinson, Artur H. 1982. Early thematic mapping in the history of cartography. Chicago: University of Chicago Press.
- Tognotti, Eugenia. 2000. Il mostro asiatico. Storia del colera in Italia. Roma-Bari: Laterza.
Note
1. L’autore esprime la propria gratitudine a coloro che, in un momento caratterizzato da forti disagi nell’accesso alle fonti a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, hanno permesso l’analisi dei documenti attraverso il supporto a distanza nelle ricerche e l’invio di riproduzioni ad alta definizione. In modo particolare, si ringraziano la Bibliothèque Interuniversitaire de Santé di Parigi, la Biblioteca Statale di Cremona e lo Studio Bibliografico Orfeo di Bologna.
2. A questo proposito, la lista delle prime carte della diffusione del colera elaborata da Saul Jarcho nel 1970, appendice a uno studio che appare ancora oggi, nonostante il rinvenimento di altre rappresentazioni del periodo e l’emergere di nuovi approcci interpretativi, uno degli inventari meglio elaborati sul tema, annovera trentasei rappresentazioni elaborate tra il 1820 e il 1838. Di queste, ben 22 sono edite tra il 1831 e il 1832.
3. Una è la Relazione al Consiglio Superiore di Sanità sul cholèra-morbus pestilenziale sopra i caratteri e fenomeni patologici di questa malattia, i mezzi curativi e igienici che gli si oppongono, la sua mortalità il suo modo di propagazione, e le sue irruzioni nell’Impero russo e nella Polonia edita nel 1831 per i tipi di Boulzaler a Roma, l’altra, con carta geografica, è quella edita da Silvestri, Intorno al cholera-morbus pestilenziale, ai caratteri e fenomeni patologici, mezzi curativi e preservativi di questa malattia, con integrazioni di Girolamo Novati.
4. Tra queste compare anche la Charte über die geographische Ausbreitung der Krankheiten, realizzata dal medico prussiano Friedrich Schnurrer (1784-1833) e presentata nel 1827 presso la Gsellschaft Deutscher Naturforscher und Ärzte (Brohmer, 2000). Da questa Novati probabilmente prende spunto, tra l’altro, per l’inserimento dei piccoli elementi testuali presenti nella rappresentazione.