Beatrice Pestarino, Kypriōn Politeia. The Political and Administrative Systems of the Classical Cypriot City-Kingdoms. Leiden – Boston: Brill, 2022. 301 pp.
Con la sua monografia Kypriōn Politeia. The Political and Administrative Systems of the Classical Cypriot City-Kingdoms, Beatrice Pestarino propone una ricostruzione delle principali istituzioni politiche e degli apparati amministrativi delle città-regno cipriote durante il periodo della dominazione achemenide (fine VI - fine IV secolo a.C.). Attraverso un attento riesame di iscrizioni pubbliche e d’archivio nelle diverse lingue e scritture attestate sull’isola (iscrizioni cipro-sillabiche, greco-alfabetiche e fenicie), unito alla considerazione delle scoperte più recenti e a una fruttuosa integrazione coi dati letterari, l’autrice mira a dimostrare come le comunità di Cipro in età classica condividessero assetti civici piuttosto simili, indipendentemente dalla loro matrice etnico-linguistica.
L’introduzione (pp. 1-17) presenta un utile quadro generale sulla situazione di Cipro nel periodo classico. Vengono perciò ribaditi alcuni “basic concepts”, quali la composizione mista (con insediamenti greci, fenici ed ‘eteociprioti’) e la struttura politica delle comunità dell’isola, alle quali l’autrice preferisce assegnare la definizione di “city-states”, “city-kingdoms” (o semplicemente “polities”) piuttosto che di poleis o regni propriamente detti. Di queste entità vengono ripercorse la storia arcaica e le diverse posizioni sviluppate dalla storiografia circa le loro origini; infine, si offre uno status quaestionis del panorama linguistico ed epigrafico della Cipro classica.
Il capitolo 1 (18-47) prende in esame l’elemento apicale degli ordinamenti politici ciprioti, le monarchie ereditarie cittadine. Si evidenzia quindi come i sovrani (basileis), detentori del potere politico e religioso (re-sacerdoti), fossero coadiuvati da un’élite composta dai membri della famiglia reale stessa e dai rappresentanti delle fasce sociali più elevate, collettivamente noti col termine greco-cipriota di wanaktes. Essi costituivano un supporto essenziale per la tenuta del sistema e si distanziavano nettamente dal resto della popolazione, nelle città di lingua greca come in quelle fenicie. Nonostante la menzione, accanto alle iscrizioni recanti i nomi dei sovrani, di altre istanze apparentemente attive nei processi politici, quali “la polis” o “il popolo” (che l’autrice definisce “more republican institutions”), e l’influsso esercitato dai modelli greci nel IV secolo, il potere regio sembra infatti essersi mantenuto saldamente a Cipro fino all’età dei Diadochi.
Nel capitolo 2 (49-76), la questione delle ‘altre’ istituzioni politico-amministrative è affrontata attraverso la rilettura della nota iscrizione cipro-sillabica della tavoletta bronzea di Idalion, che Pestarino propone di datare agli anni 469-450. Il testo descrive la concessione a un privato di un insieme di terreni, ben specificati mediante precisi terminologie e riferimenti, effettuata dal re insieme alla “polis” in un anno indicato col nome di un magistrato eponimo. Da ciò si deduce come a Idalion, verso la metà del V secolo, esistessero istituzioni che concorrevano, insieme al basileus, alla gestione della politica e del territorio cittadino, suddiviso in lotti di proprietà che verosimilmente erano registrati in formati catastali pubblici. Attraverso paragoni con altri esempi a Cipro, nel mondo miceneo, greco e nel Vicino Oriente, l’autrice cerca dunque di ipotizzare l’entità dei poteri deliberativi della polis, e di valutare se essa consistesse in un organo assembleare o coincidesse col corpo civico.
Il capitolo 3 (77-107) focalizza invece l’attenzione sulle componenti dell’amministrazione centrale delle città-regno. La selezione di alcune dediche in fenicio provenienti dal territorio di Kition dimostra come esistessero diverse cariche, molto spesso ereditarie, deputate all’esercizio di mansioni specifiche all’interno del palazzo, e poste a capo di interi ‘uffici amministrativi’ operanti secondo una precisa gerarchia. L’autrice approfondisce in tal senso il ruolo del rab soferim, il “capo degli scribi”, coordinatore delle attività archivistiche dell’amministrazione centrale, attestato anche nel registro contabile del palazzo di Kition. L’attività di tali apparati e magistrature viene poi accostata ad attestazioni epigrafiche analoghe provenienti da numerose altre località di Cipro.
Un interessante approfondimento sull’influsso che le connessioni mediterranee di Cipro ebbero all’interno delle sue comunità è offerto, invece, nel capitolo 4 (108-133). Sempre le iscrizioni fenicie di Kition attestano infatti la presenza, a partire dagli inizi del IV secolo, di un “interprete dei Carî”, la cui carica sembra essere stata ereditaria. Pestarino ricollega questa figura all’esigenza, da parte della città, di assegnare a personalità esperte (che, cioè, fossero bilingui, o plurilingui) i canali di comunicazione con gli uomini giunti a Kition dalla Caria, essenzialmente in qualità di soldati e marinai per la flotta, e parlanti la propria lingua. Un incarico così sensibile, pertanto, si trovava pienamente inserito nell’amministrazione centrale.
La capillarità territoriale dei sistemi politici delle città cipriote viene, infine, scandagliata attraverso la selezione di iscrizioni presentata nei capitoli 5 (135-155) e 6 (156-191). Così, i nomi conservati nel testo sillabico della cosiddetta ‘tavoletta Bulwer’ vengono interpretati come attestazioni di figure incaricate della raccolta e distribuzione mensile dei beni agricoli all’interno di un edificio (doma) succursale dell’amministrazione di Salamina, posto nel distretto rurale di Golgoi. Dalle epigrafi sillabiche della fine del IV secolo a Pafo, invece, si desume la presenza di funzionari addetti all’addestramento militare dei giovani, ricondotti dall’autrice al modello del polemarchos ateniese, e di inviati dell’amministrazione centrale nel territorio extraurbano, i chomarchoi. Di questi ultimi viene, peraltro, rintracciato un parallelo nei “preposti distrettuali” attestati nella fenicia Lapethos. In queste testimonianze, Pestarino trova perciò ulteriormente confermata la natura sistematica e gerarchizzata dei sistemi politici della Cipro classica.
Nella conclusione (192-213), l’autrice, riassumendo le evidenze esaminate e i loro contesti storici, deduce come le strutture amministrative delle città-regno avessero subìto, nel corso di due secoli, un’evoluzione in senso politico, dovuta essenzialmente al mutare dei rapporti con l’impero achemenide. Risulta tuttavia difficile da condividere appieno la sua visione quasi ‘teleologica’ di una volontà, da parte delle comunità cipriote, di modificare i propri assetti istituzionali al fine di “step away from Persian rule”.
A ogni modo, il lavoro di Pestarino rappresenta un’importante acquisizione nell’ambito degli studi sulla storia cipriota in età achemenide, proponendo un uso efficace di una documentazione eterogenea per la ricostruzione di fenomeni complessi, che avrebbero di certo dovuto contraddistinguere la “costituzione” dei Ciprioti (Kypriōn Politeia).