Power and its problems in Carolingian Europe raccoglie tredici brevi studi pubblicati tra il 1990 e il 2007 da Stuart Airlie, attualmente Senior Lecturer presso l’Università di Glasgow. Obiettivo della raccolta è quello di mettere in evidenza le caratteristiche e le problematiche dell’esercizio del potere da parte dei re e degli imperatori carolingi che operarono in un costante, e necessario, dialogo con i membri dell’aristocrazia franca.
Se si dovesse selezionare una sola frase del libro per descriverne l’intero contenuto, la scelta cadrebbe sulle righe in cui l’A. afferma: «The aristocracy was not simply an instrument for the king’s hands; it was a partner» (c. IV, p. 91). La dinastia carolingia considerava la lealtà dei gruppi aristocratici come un elemento fondamentale per il mantenimento del potere, una lealtà continuamente rinnovata tramite un sistema di ricompense – che si sviluppava in termini di ricchezze e, sopratutto, di ruoli di prestigio – e rafforzata da un’opera politico-culturale di legittimazione della famiglia regia. È proprio tale considerazione il presupposto che è alla base di tutti gli articoli presenti nel libro e, quindi, elemento di coesione tra studi prodotti in momenti diversi. Questa continuità nella lettura è supportata poi dalla particolare fisionomia scelta per la raccolta: i testi non sono infatti presentati in ordine di pubblicazione ma secondo tre blocchi che segnano, a livello cronologico, i tre momenti della vita della dinastia carolingia. In questo modo il libro non si esaurisce in un semplice insieme di articoli miscellanei ma si avvicina a essere un’opera omogenea di carattere monografico.
Ad aprire il libro è la sezione intitolata The rise of the Carolingians, che include articoli relativi agli anni centrali e alla seconda metà del secolo VIII. La figura dell’anglosassone Bonifacio, arcivescovo di Magonza dal 732 al 755, introduce il lettore alla trattazione del mondo politico carolingio quasi a ricordare, già in apertura, quella forte commistione tra le sfere ecclesiastica e laica che fu caratteristica della storia dell’élite franca alto-medievale. L’A. prosegue poi nell’analisi dell’ascesa della famiglia carolingia compiuta con l’appoggio dei gruppi aristocratici del regno ma, pure, attraverso i contrasti con le famiglie rivali – esemplificate in questo caso nelle figure dei duchi di Baviera Agilolfingi. Carolingian authority, la seconda sezione della raccolta, dedicata alla prima metà del secolo IX, vede nella figura di Ludovico il Pio e nella sua corte gli argomenti di analisi privilegiati. L’A. sottolinea il ruolo della corte nell’affermazione dell’autorità carolingia: luogo di incontri e alleanze, essa è parte integrante di un sistema nel quale il ruolo sociale è definito, e definibile, nel servizio offerto all’amministrazione dello “stato” e allo stesso re. Il libro si conclude quindi con la terza parte, Crises in the Carolingian world, relativa alla seconda metà del secolo IX, che rappresenta la sezione più “letteraria” della raccolta. Con il trattato di Verdun dell’843, quello che era stato un regno posto sotto l’unica corona di Carlo Magno prima e Ludovico il Pio poi diventò territorio diviso in tre regna: le regioni di Neustria, Aquitania e parte della Burgundia erano guidate ora da Carlo il Calvo; Lotario prese a governare sulla parte centrale dell’Impero, che si estendeva dalla settentrionale Austrasia sino all’ex regno longobardo d’Italia; infine Ludovico il Germanico si aggiudicò il controllo delle terre situate a Est del fiume Reno. La complessità di questa nuova situazione di governo è proposta in questa sede attraverso la lettura di alcuni autori dell’epoca quali Nitardo, Incmaro di Reims e Reginone di Prums, delle cui opere Airlie analizza alcuni specifici aspetti, non discostandosi da quel filo conduttore, citato inizialmente, del rapporto tra i Carolingi e la “loro” aristocrazia.
Power and its problems in Carolingian Europe offre una lettura generale della politica dei Carolingi in quanto abbraccia l’intero periodo del loro governo, ma pure offre degli spunti di riflessione specifici nel momento in cui tale visione complessiva scaturisce dalla somma di singoli casi di studio. In ogni suo articolo, l’A. accompagna il lettore all’interno del tema con una struttura che si ripete di continuo. Sfrutta espedienti letterari – il melvilliano Bartleby che introduce l’entrata in scena di Tassilone di Baviera, (p. 93) ad esempio – e, più spesso, aneddoti particolari, per catturare l’attenzione del lettore e portarlo gradualmente all’interno del dibattito storiografico sull’argomento trattato. L’A. si confronta quindi con i maggiori studiosi dell’Europa carolingia fornendo sempre il quadro storiografico nel quale le sue analisi vanno a inserirsi e solo allora propone le sue osservazioni. Tale attenzione al panorama degli studi sui Carolingi è ripresa nell’introduzione della raccolta dove l’A. propone un aggiornamento storiografico per ogni capitolo/articolo presentato. Quello che ne deriva è un libro che offre, da una parte, continui spunti di approfondimento su temi specialistici ma che nello stesso tempo permette, grazie all'esposizione chiara e lineare, una comprensione sintetica e completa dei suoi contenuti anche al lettore meno disposto a districarsi tra i numerosi nomi citati.