Storicamente. Laboratorio di storia

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Albareda e Herrero Sánchez (eds.), “Political Representation in the Ancien Régime”

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Joaquim Albareda e Manuel Herrero Sánchez (eds.), “Political Representation in the Ancien Régime”, New York and London, Routledge-Taylor & Francis Group, 2019, 351 pp.

Il volume presenta i risultati di un convegno internazionale svoltosi presso l’università Pompeu Fabra di Barcellona a inizio ottobre del 2016, sulla base di tre diversi gruppi di ricerca coordinati rispettivamente dai due curatori Joaquim Albareda, della Università Pompeu Fabra (sulle istituzioni e le culture politiche tra XVI e XXI secolo), e Manuel Herrero Sánchez, della Università di Siviglia (sul modello policentrico di sovranità condivisa tra il XVI e XVIII secolo come via alternativa per la costruzione dello Stato moderno), nonché da Tomás de Montagut (sui giuristi spagnoli tra ruolo del diritto e gestione del potere nei secoli XIII-XXI), uno degli autori dei diciotto saggi che compongono il volume oltre l’introduzione dei due curatori.

La struttura del libro è suddivisa in tre parti. La prima offre le osservazioni preliminari di Wim Blockmans, esperto universalmente riconosciuto dei problemi affrontati nel volume, che ricostruisce tra l’altro modalità e diverse angolature con cui società storiche internazionali hanno trattato la rappresentanza politica dagli anni trenta del XX secolo in poi. La seconda parte presenta tre diversi casi europei: prima la Francia della Linguadoca (Gilbert Larguier), di alcuni Stati provinciali (Marie-Laure Lagay), di alcuni villaggi (Antoine Follain); poi la repubblica di Genova come caso italiano (Carlo Bitossi) e le città imperiali del Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca (Thomas Weller); infine il Parlamento scozzese sia prima sia dopo l’annessione della Scozia alla Gran Bretagna (John R. Young). La terza parte, che copre circa due terzi di tutto il volume, è dedicata alle diverse Corone della monarchia spagnola: alla Corona d’Aragona prima per Aragona (Tomás de Montagut, Gregorio Colás Latorre), Valencia (Carmen Pérez Aparicio) e Sardegna (Lluis J. Guía Marín), e poi per la Catalogna (Joaquim Albareda, Josep Capdeferro, Eduard Martí); alla Corona di Castiglia (José Ignacio Fortea Pérez, José Manuel De Bernardo Ares) e ai territori Baschi (Susana Truchuelo). L’ultimo contributo della terza parte (Manuel Herrero Sánchez) – anche, in certo senso, la conclusione di tutto il volume – sintetizza già nel titolo la problematica centrale che sta alla base della tematizzazione della rappresentanza politica in antico regime così come è affrontata: quello del repubblicanesimo cittadino nelle monarchie policentriche, e in specifico nella policentrica monarchia spagnola.

Ogni saggio è opera di storici esperti nel rispettivo tema e sintetizza il frutto di ricerche già pubblicate anche in dimensione monografica nella rispettiva lingua madre e in altre, ma non sempre pure in inglese. La scelta di presentare tali studi anche a un pubblico di lettori anglofono è quindi certamente opportuna, al fine di rendere universalmente note acquisizioni di indagini che indubbiamente ampliano tanto le conoscenze sulle forme di rappresentazione politica quanto le diverse declinazioni delle concezioni e pratiche di ‘repubblicanesimo’ in antico regime.

Nell’introduzione al volume i due curatori Albareda e Herrero Sánchez sintetizzano il minimo comune denominatore di tutti i saggi come risposta ai problemi: «che tipo di rappresentazione politica esisteva nelle istituzioni politiche europee durante l’Antico Regime? A quali settori sociali era data voce? come si sviluppò la rappresentazione e la partecipazione di diversi gruppi sociali nelle diverse istituzioni? Fino a che punto l’uomo comune si sentiva rappresentato in questa società di ceti?» (p. 1). I diversi livelli istituzionali – monarchie, repubbliche, parlamenti, municipalità, comunità rurali – sono analizzati per i diversi territori europei presenti nel volume «adottando una prospettiva comparata» (p. 1) in relazione a una rappresentanza politica di stati, ceti e corporazioni, come era quella di antico regime in una Europa di monarchie composite. Ovvero di un antico regime in cui «stato e sovranità invece di convergere in un processo cumulativo che avrebbe inevitabilmente condotto al trionfo di uno stato nazionale omogeneo, si cristallizzavano in una struttura multistratificata basata su forte autonomia territoriale e locale, nonché sulla partecipazione di una ampia varietà di corporazioni che difendevano gelosamente i loro diritti, privilegi e spazi di rappresentazione» (p. 2).

Non vi è dubbio che ognuno dei saggi del volume si basa per il proprio specifico tema, in modo più o meno esplicito, su tali presupposti da tempo storiograficamente acquisiti, come correttamente sottolineano i curatori.

Vi è però un settore del libro in cui la prospettiva comparata stabilita dai curatori mostra alcune debolezze nell’accostamento dei due particolari casi di studio. Si tratta della sezione dedicata alle repubbliche italiane e alle città imperiali tedesche, con i due saggi di Carlo Bitossi su Genova e di Thomas Weller sulle città città imperiali tedesche. Senza alcun dubbio ognuno dei due contributi è singolarmente inappuntabile. Ma è decisamente molto difficile convenire che il successo della repubblica di Genova nel garantire la difesa della autonomia del suo territorio e a «stabilire una relazione simbiotica con la monarchia spagnola» (p. 5) presenti una situazione simile alle città imperiali tedesche che «mantennero un alto grado di autonomia e beneficiarono del diritto di avere i loro propri rappresentanti nella Dieta imperiale» (p. 5).

Come chiaramente scrive Bitossi, la lunga sopravvivenza della repubblica di Genova, nonostante la situazione di costante e ripetuto conflitto tra famiglie e fazioni, «fu possibile solo perché la Repubblica continuò a contare tempo dopo tempo su potenti alleati, come il sistema imperiale spagnolo degli Asburgo dal 1528 alla fine del XVII secolo e poi la Francia dagli anni trenta agli anni novanta del XVIII secolo» (p. 100). Ma Bitossi, che sintetizza qui decenni di fondamentali ricerche, sa ovviamente molto bene che la repubblica di Genova era indipendente, cioè non riconosceva alcun sovrano sopra di sé. Era una città-stato che dominava (non a caso era definita la Dominante) su diverse comunità anche di dimensione cittadina nella parte principale del suo territorio corrispondente alla costa ligure tra il golfo di La Spezia fino a Monaco: comunità governate in base a ordinamenti differenti, a seconda del vario grado di sudditanza negoziata al momento della sottomissione alla dominante. Su questo le comunità-città ‘patteggiate’ fondavano le loro rimostranze nel caso avessero ritenuto che la Dominante non avesse rispettato i termini degli accordi. Fu questo, come Bitossi ricorda ad esempio (in base al libro di Vittorio Tigrino, Sudditi e confederati: Sanremo, Genova e una storia particolare del Settecento europeo, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2009), il caso di Sanremo, che nel corso del XVIII secolo si ribellò due volte al governo genovese, nel 1729 e nel 1753. Solo la seconda volta la città fu domata manu militari e i suoi statuti revocati (p. 100).

È quindi una comunità-città come Sanremo che nel suo rapporto con la Dominante Genova può essere semmai comparata alle città imperiali tedesche che tutte riconoscevano la superiorità dell’imperatore e la loro sudditanza all’impero, pur definendosi repubbliche in quanto alla gestione autonoma del loro governo interno (detto in estrema sintesi, in rapporto alla ricchezza di argomentazioni del saggio di Thomas Weller). Perché ‘repubblica’ (meglio il latino respublica) significava anche – e in tutta Europa – avere la cosa pubblica, cioè il governo della cosa pubblica. Ciò è tra l’altro molto significativamente confermato dalla lettura comparata di una importante fonte tardo secentesca cui fa riferimento Weller con le fonti di cui si serve la ricerca di Tigrino su Sanremo per analizzare passo dopo passo il conflitto giurisdizionale successivo alla ribellione del 1729 tra Sanremo e Genova negli anni 1730-1733. La fonte usata da Weller, il Tractatus politico-historico-juridicus de civitatum imperialium iuribus et privilegiis di Philipp Knipschild (prima edizione 1657) sviluppava una serie di argomentazioni analoghe – pur nella diversità dei generi letterari e della ampiezza – a quelle su cui si basava Francesco Nicoli, giurista, professore universitario e avvocato di Sanremo nelle scritture (‘ragioni’) in difesa della città contro le pretese fiscali e amministrative di Genova redatte tra il 1730 e il 1733. Tant’è che Nicoli ‘usava’ Knipschild (e altri trattatisti sui diritti delle città imperiali) per controbattere le posizioni contrarie della Camera di Genova.

Non era peraltro solo Sanremo a servirsi contro Genova delle stesse argomentazioni che le città imperiali tedesche usavano per difendere, quando necessario, la propria autonomia. Il contributo di Carmen Pérez Aparicio, nel parlare della rappresentanza politica nelle Corts Generals del regno di Valencia (p. 177) fa riferimento al trattato di Lorenzo Mateu y Sanz (1677) sulla celebrazione delle stesse Corts. Ebbene, se si legge questo trattato, si può verificare che nel parlare del voto in Corts delle città regie di Valencia Mateu y Sanz lo paragona alla rappresentanza politica delle città imperiali nelle diete, basandosi sulla trattatistica imperiale sulle città imperiali tedesche.

Ancora un esempio. Nel suo saggio sulla Catalogna Joaquim Albareda cita (p. 215) il Summari, index o epitome dels admirables y nobilissims titols de honor de Cathalunya, Rossellò y Cerdanya (1628) di Andreu Bosch per via della sua definizione della Diputació del General come un esempio di ben governate repubbliche, citando parzialmente il testo di Bosch. Ebbene, gli argomenti che si possono leggere nelle tre pagine di Bosch (che qui ovviamente non si possono riportare per motivi di spazio) sui molti modi in cui si può intendere ‘repubblica’ in base al diritto comune (ampiamente citato da Bosch nei suoi diversi autori nel tempo fino a lui) sono esattamente gli stessi che si possono leggere nelle pagine del trattato di Knipschild sulle città imperiali tedesche del 1657. Per quanto Knipschild non citi Bosch, ‘usa’ però le stesse fonti di diritto comune.

Ciò significa (e si potrebbero fare altri esempi) che quella letteratura politico-storico-giuridica, basandosi su una stessa cultura di fondo e su una stessa lingua ‘scientifica’ (il latino) aveva la comparazione su quelle che noi chiamiamo da tempo le varie forme di rappresentanza politica in antico regime come metodo normale e acquisito di osservazione e di analisi. Una questione da tenere presente, forse per ulteriori e future ricerche comparate.


Indice

1. Joaquim Albareda and Manuel Herrero Sánchez, Introduction

Part I. Preliminary Remarks

2. Wim Blockmans, Enterprising Politics or Routine Dealings? Political Partecipation in Europe Before 1800

Part II. Some European Cases

France

3. Gilbert Larguier, Political Representation in Languedoc Under the Ancien Régime

4. Marie-Laure Lagay, Representation: Political Foundation of the French Province, 15th-18th Century

5. Antoine Follain, The Administration of French Villages by Their Inhabitants in the Modern Age

Italian Republics and Imperial Cities

6. Carlo Bitossi, Governing in a Republican State: A Case Study of Genua From Medieval to Modern Times

7. Thomas Weller, Political Representation and Symbolic Communication in the Early Modern Period: The Imperial Cities of the Holy Roman Empire

Scotland

John R. Young, Representation in the Scottish Parliament to 1707 and Scottish Representation in the Parliament of Great Britain to the 1832 Reformation Act

Part III. The Spanish Monarchy

The Crown of Aragon: Aragon, Valencia and Sardinia

9. Tomàs de Montagut, Constitution and Political Representation in the Crown of Aragon

10. Gregorio Colás Latorre, Political Representation in the Crown of Aragon

11. Carmen Pérez Aparicio, Political Representation in the Kingdom of Valencia During the Ancien Régime

12. Lluis J. Guía Marín, Political Representation in the Kingdom of Sardinia in the Modern Period: Entry in Force and Retrospection on the Pact-Based Culture

The Crown of Aragon: The Catalan Case

13. Joaquim Albareda, Political Participation in Catalonia: From Zenith to Suppression

14. Josep Capdeferro, The Configuration of the Tribunal de Contrafacions of Catalonia in the Corts of 1701-1702

15. Eduard Martí, The Conferència dels Comuns in Catalonia (1656-1714): A New Form of Representation and Political Participation

Castille and the Basque Territories

16. José Ignacio Fortea Pérez, The Multiple Faces of Representation: Kingdom, Cortes and Estates in the Crown of Castile Under the Absburgs

17. José Manuel De Bernardo Ares, Municipal Representation in the Crown of Castile in the EarlyModern Age

18. Susana Truchuelo, Political Participation and Representation in the Basque Country

Representation in a Polycentric Monarchy of Urban Republics

19. Manuel Herrero Sánchez, Urban Republicanism and Political Representation in the Spanish Monarchy