Martin Aurell (ed.), "Les Stratégies Matrimoniales (IXe-XIIIe siècle)", Turnhout, Brepols, 2013, 363 pp.
Il volume è dedicato alle strategie matrimoniali, un tema complesso e sempre ricorrente negli studi sulle parentele aristocratiche medievali, non ancora affrontato in modo complessivo e sistematico. Il volume ha dunque l’intento di colmare questo vuoto che perdura nel campo della storia della famiglia e della parentela da più di quarant’anni.
L’uso del termine militare strategia, applicato ai comportamenti matrimoniali degli individui e delle parentele, costituisce una chiara presa di posizione – spiccatamente determinista – nei confronti delle scienze sociali, dove ormai da una ventina d’anni si preferiscono metafore prese dal gioco o dal teatro e si prediligono termini come unioni, rapporti o alleanze matrimoniali. La scelta della parola «strategia» si basa sulla convinzione che le relazioni sottese ai matrimoni implicassero «l’art de coordonner des action et de manœuvrer habilment pour atteindre un but» (351) e una notevole dimensione concorrenziale, dovuta da un lato al pragmatismo politico dei capifamiglia e dall’altro alle norme stabilite dalla Chiesa.
Nel Rapport introductif Aurell prende le mosse da una miniatura del 1250. È un’istantanea della contrattazione precedente l’unione e offre notevoli spunti per indagare che cosa comportava un’unione matrimoniale, fra chi avveniva la trattativa, secondo quali regole e quale scopo era perseguita. Sono quattro le categorie di soggetti impegnati nell’azione: il potere regio come interlocutore principale e punto di riferimento di ogni iniziativa ai vertici della società; i padri e i mariti quali attori in prima persona della negoziazione; la Chiesa come regolatrice delle unioni; e infine la componente femminile. Ben lontane dall’essere mero oggetto di scambio utile a stipulare un’alleanza fra maschi, le donne ebbero sempre un ruolo di primo piano nelle «tactiques lignagères d’ascension» (17) per gli apporti patrimoniali e simbolici che portavano al marito e alla sua parentela.
La prima sezione, L’alliance aristocratique au service d’une politique lignagère, considera il valore e le tipologie delle unioni matrimoniali nello sviluppo genealogico, politico e sociale delle parentele aristocratiche europee. Innanzitutto si registra la sopravvivenza del modello patriarcale mediterraneo ancora nella prima età merovingia pur con l’innesto di una nuova consuetudine endogamica, che prevedeva la ricerca della sposa più prossima all’interno del gruppo parentale (Poly). L’estrema lontananza geografica di provenienza delle spose rappresenta così un chiaro segnale della qualità dei progetti politici e dei significati ideali dei legami matrimoniali, poiché esemplifica al meglio la componente strategica delle unioni, come nei casi di Ludovico III il Cieco e del capetingio Enrico I (Settipani). Le famiglie aristocratiche altomedievali dell’Italia meridionale ricercavano invece con grande insistenza matrimoni di prossimità, sostanzialmente isogamici, preferendo così legami utili al rafforzamento politico su scala locale (Stasser). Come mostra il caso dei figli di Tancredi d’Altavilla nel sud Italia, i Normanni cercavano matrimoni con donne dell’aristocrazia locale per inserirsi nelle reti di parentela detentrici del potere, oppure stringevano unioni con altre famiglie normanne per accrescere la loro forza militare grazie alla fratellanza d’arme (Thomas). Il ruolo delle alleanze matrimoniali era poi centrale nell’avanzamento sociale e nella costruzione del lignaggio delle aristocrazie francesi di medio livello, come la parentela dei Beaugency (Livingstone) e la famiglia dei Craon (Lachaud).
La seconda sezione, Échanger des femmes et des terres, si concentra su singoli casi di studio, indagando il ruolo politico, patrimoniale e diplomatico delle donne nelle famiglie regie europee di XII e XIII secolo. I casi analizzati comprendono: l’azione politico-diplomatica delle donne angioine nei regni dei loro sposi (Cerda e Bowie); la funzione patrimoniale che le donne delle famiglie regie di Léon e Castiglia ebbero nella creazione dello spazio specifico del potere regale (Rodríguez); i comportamenti matrimoniali dei primi imperatori Asburgo, che usarono le opportunità offerte dai legami coniugali in funzione dell’evoluzione del proprio potere politico (Debris); infine, le tattiche familiari dei lignaggi latini impiantatisi in Morea nel XIII secolo, che assicuravano trasferimenti di beni, di influenza e di titoli, pur discostandosi dalle stringenti restrizioni canoniche (Ortega).
La terza sezione, Législation civile, normes canoniques et imaginaire matrimonial, è dedicata ai contributi che il diritto canonico diede all’evoluzione dell’istituto matrimoniale, grazie alle posizioni di Incmaro di Reims sul divorzio (Rouche) e alle peculiari elaborazioni di area inglese sul corpo ecclesiastico (McLaughlin). Notevole è poi il caso specifico delle strategie politiche dei Capetingi che illustrano al meglio come i precetti ecclesiastici orientarono sempre più le scelte matrimoniali dell’aristocrazia (Avignon). I dettami canonici ebbero notevole peso nell’immaginario sociale, come mostrano diverse fonti narrative: il testo agiografico della vita di S. Alessio (Maillet); i romanzi cortesi di XII-XIII sec. (Girbea); l’Alcoran, traduzione occidentale del Corano redatta da Roberto di Ketton (Hanne). L’ultimo saggio è dedicato allo stato legale delle donne nel passaggio da nubili a sposate a partire dai testi legislativi castigliani (Bermejo).
L’opera è densa, eterogenea e, come è naturale, non esaustiva. Benché Lett concluda indicando correttamente come sia impossibile isolare modelli per le strategie matrimoniali attuate dall’aristocrazia europea tra IX e XIII secolo, questa incapacità strutturalista non deve tuttavia scoraggiare ulteriori studi, che anzi concorreranno a migliorare ulteriormente l’ampia casistica di comportamenti, tattiche e strategie matrimoniali raccolti da questo volume.