Pubblicato in inglese nel 1999, il libro di Richardson intende fornire una storia complessiva del mondo del libro italiano quattro e cinquecentesco. Il volume è diviso in tre grandi aree tematiche. Nella prima parte l'autore affronta il problema delle origini della stampa e della produzione libraria presentando in modo molto chiaro i princìpi e le tecniche produttive che caratterizzarono il mondo tipografico cinquecentesco. Se la classica opera di Philip Gaskell sembra rimanere qui il punto di riferimento essenziale per l'inquadramento delle linee generali, la solida conoscenza dell'ampia bibliografia italiana su questi temi consente a Richardson una puntuale e aggiornata messa a fuoco delle specificità della penisola anche nei diversificati ambiti dei singoli stati italiani. Un contesto, quello italiano, in cui l'esistenza di una forte richiesta di testi umanistici esisteva sin dagli inizi del Quattrocento, e in cui l'introduzione della stampa a caratteri mobili trovò modo di ampliare un mercato già relativamente florido. Del resto, come viene sottolineato, «il passaggio dal manoscritto al libro a stampa [.] fu per certi versi un processo di evoluzione». Tutt'altro che una frattura netta quindi, bensì un percorso che nemmeno secoli dopo poteva dirsi compiuto. Di qui l'autore muove a tracciare le caratteristiche della circolazione del libro, dei circuiti di vendita e di diffusione, occupandosi di stampatori, di librai e di stampatori-librai, mettendo in luce il complesso intrecciarsi di queste figure e cercando di identificare il panorama finanziario in cui si mossero. Non manca inoltre di accennare alla questione della censura, le cui vicende cinquecentesche sono richiamate brevemente.
Nella seconda parte viene affrontato il problema dell'autore non tanto in termini teorici, quanto presentando una serie di elementi volti a dimostrare come la stampa - che anche in questo caso presentava elementi di continuità con la tradizione manoscritta, come ad esempio la perdurante dipendenza dal mecenatismo - in qualche modo abbia contribuito a far diventare quella dell'autore una professione vera e propria. Particolarmente significativo il caso di Ariosto che riuscì a giocare su due tavoli: da un lato la Corte estense, da cui dipendeva, e dall'altro un pubblico più ampio presso il quale riuscì a promuovere la propria opera. In genere poi la presenza dei privilegi e, quindi, una forma ancora embrionale di diritto d'autore fece sì che l'individualità di questi ultimi trovasse modo di emergere precocemente.
La terza parte è invece dedicata ai fruitori del prodotto finito, ai lettori. Qui Richardson, pur richiamando la lezione di Donald McKenzie e di Roger Chartier - citati sin dalla Prefazione - a proposito dell'influenza delle caratteristiche fisiche del libro sulle modalità di accesso e ricezione del testo, pare più interessato a cosa le persone leggevano rispetto a come lo facevano. Certo non manca di sottolineare come il passaggio dagli in-folio a formati più ridotti abbia comportato la possibiltà di leggere in spazi privati e non più solo nelle biblioteche, o di ricordare l'importanza della lettura ad alta voce. Ma il suo interesse principale è rivolto ai gusti del pubblico e ai tentativi da parte degli editori di assecondarli e di modellarli. Cataloghi editoriali e di biblioteche, inventari di libri posseduti da privati, documenti prodotti da tipografi e librai gli offrono la possibilità di stabilire quali fossero i generi più richiesti anche dal pubblico femminile. In questo senso, lo studio delle prefazioni e delle dediche porta a sottolineare come ben presto i testi a stampa si diffondessero anche fra le donne, che ebbero accesso soprattutto a quelli in volgare: opere religiose innanzitutto, ma anche poemi cavallereschi, letteratura e scienza, oltre ovviamente a opere di carattere più tecnico come manuali di ricamo.
In definitiva, secondo Richardson, il risultato finale dell'introduzione della stampa nell'Italia rinascimentale fu quello di incrementare le possibilità di accesso ai testi ad un numero progressivamente più ampio di individui, maschi e femmine, appartenenti a ceti diversi, che nella lettura trovarono un sostegno alle proprie attività oppure solo piacere e svago.
Nella pur ampia bibliografia sulla storia della stampa in Italia nel Rinascimento questo libro viene a coprire un vuoto rilevante, proponendosi come un'utile sintesi di conoscenze acquisite pur non rinunciando a indicare possibili e originali percorsi di indagine e di approfondimento. L'analisi rivolta a tutto il territorio italiano, l'attenzione nei confronti tanto dei libri, quanto di stampatori, autori e lettori, il confronto con la storia della letteratura - Richardson insegna letteratura italiana all'Università di Leeds - fanno di questo volume un originale e riuscito tentativo di storia dell'editoria nel suo senso più pieno. Completano il volume una ricca bibliografia e l'indice dei nomi. Attenta e puntuale la traduzione di Anna Lovisolo.