Cambiano le tecnologie, cambiano gli strumenti operativi e concettuali, cambiano i media e cambiano i temi progettuali, i modi di concepirli e le strategie di marketing per sostenerli.
Il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0 e la conseguente diffusione delle tecnologie e dell'approccio open [1] dei prodotti Information and Communication Technologies (ICT) rinsaldano, oggi, il legame tra tecnologia e Cultural Heritage (CH) dando nuovo impulso ai progetti di fruizione dei contenuti (per godere e recepire le interpretazioni), ai progetti di accesso (per consultare liberamente le fonti ed avviare nuove interpretazioni) e ai progetti di conservazione delle fonti stesse (per archiviazioni e consultazioni pertinenti). Tra gli strumenti concettuali sottesi alla formulazione di questa nuova generazione di prodotti culturali sono: l'uso di Internet come mass media e l’open content come cultura nelle sue diverse declinazioni ed evoluzioni[2].
Questi progetti di nuova generazione[3] sono dunque segnati dalle ripercussioni che i nuovi dispositivi, operativi e culturali, riverberano sul fare progettuale. Gli scenari entro cui vengono formulate ipotesi e soluzioni di servizi, di esperienze, di conoscenze sono quelli che tenteremo di esplorare tramite alcuni casi di prodotti editoriali digitali e servizi web. L’opportunità di indagare le relazioni tra dispositivi e progetti ci pare utile per indirizzare future azioni di programmazione e progetto al fine di: salvaguardare la diversità culturale (sia nell’archiviazione sia nella fruizione); individuare momenti, luoghi e prassi di condivisione (di scelte e azioni); riconoscendo gli elementi qualificanti dell’azione progettuale per garantirne la sostenibilità (soprattutto per le realtà museali più piccole diffuse sul territorio). Dopo anni di sperimentazioni, effettuate su entrambi i fronti CH e ICT rivelatesi spesso rapidamente superate nelle forme e nei contenuti (Pletinckx, 2010), da più parti emerge l’esigenza di precisare scenari operativi più stabili e durevoli per i soggetti preposti alla Tutela, alla Salvaguardia, alla Conservazione e alla trasmissione dei contenuti ai fruitori finali, i cittadini.
Come noto il servizio Web (World Wide Web) esordisce in Internet (network di computer-network) alla fine degli anni ’80 [Marinelli 2008]. In quegli stessi anni escono sul mercato i primi prodotti editoriali digitali off-line per la fruizione di contenuti multimediali anche culturali destinati al grande pubblico. È il caso dei cd-rom «Pompei virtual tour» (Istituto geografico De Agostini 1997), e «Uffizi: I capolavori dell'arte nel museo più antico del mondo» (Opera multimedia, 1996), ma anche del programma televisivo «Una serata con il Re Sole»[4]. Primi prodotti multimediali di grande capacità e qualità che a causa del repentino mutare dello scenario tecnologico sono stati in breve tempo superati da DVD (1996), canali tematici delle TV digitali e siti Web 1.0 e 2.0.
Infatti, è nel periodo compreso tra il 1996 e il 2000, che emerge, diffondendosi rapidamente, l’ecosistema del Web 1.0, composto da tecnologie, processi comunicativi, attività economiche. In questo contesto, «l’evoluzione dei Web service consente l’elaborazione di piattaforme per il web marketing che puntano a remunerare non solo servizi e contenuti di interesse per la maggior parte degli utenti ma anche quelli che inseguono i bisogni di nicchie di mercato sufficientemente ristrette e specifiche. La flessibilità delle piattaforme on-line rende in questo modo sostenibili modelli di business riferiti a utenti/clienti in numero molto limitato ma precisamente identificati» (Marinelli, 2008). Sono gli anni in cui istituzioni culturali e aziende di servizi legate al settore del CH si affacciano sulla rete presentando i propri progetti/prodotti sperimentali e/o d’eccellenza con la prospettiva di accedere proprio a quei mercati emergenti. Promossi da soggetti pubblici, in Italia, ne sono un esempio i siti web statici de «Il Museo Virtuale dell'Iraq» (Ministero degli Affari Esteri e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2009) e il sito del «Giotto agli Scrovegni» (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Istituto Centrale del Restauro, 2000-2002). Il primo con lo specifico intento di promuovere una cultura ed una lettura orientata di una cultura[5]; il secondo con l’intento di comunicare conoscenze specifiche e approfondite ai fini della tutela e della promozione delle competenze acquisite.
La fase successiva è quella del passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0 ed è contrassegnata da tendenze di grande rilievo. «Dalle macerie della bolla speculativa [2008] emergono nuovi assetti tecnologici ma soprattutto nuovi comportamenti sociali che trasformano ancora una volta radicalmente l’ecosistema di rete» [Marinelli 2008].
Da un lato questa fase vede l’affermarsi di servizi e applicazioni on-line di sempre maggiore qualità, che in breve diventano competitivi con i prodotti off-line e, per taluni aspetti anche con la realtà stessa. «La diffusione di sistemi di connettività a maggiore ampiezza di banda […] evita la sovrapposizione nelle utenze domestiche e commerciali tra traffico voce e traffico dati; consente di visualizzare formati multimediali con accettabile qualità, […] e fa da volano alla pratica della condivisione di file (file sharing) tra utenti in modalità peer-to-peer» [Marinelli 2008]. Significativo in tal senso è il confronto tra due esperienze: la «Cappella degli Scrovegni in Haltadefinizione», di Haltadefinizione [2010] e il «Il Prado in Google Earth», di Google (2009). L’offerta culturale delle due aziende si fonda principalmente sulla visione on-line ad alta risoluzione di opere pittoriche, e sul fatto che il modo migliore per guardare un opera pittorica è guardarla a lungo e nel dettaglio.
Dall’altro lato, come anticipato, «l’evoluzione tecnologica ha favorito anche in altri ambiti, comportamenti sociali di tipo collaborativo tra gli utenti di tecnologie di rete. L’originaria staticità delle pagine Web è stata superata attraverso l’introduzione» di nuovi linguaggi informatici e «la diffusione di queste soluzioni sposta l’asse di sviluppo in direzione dei Web service, alla cui realizzazione e diffusione lavorano non solo le imprese commerciali che rilasciano software proprietario ma anche la comunità degli sviluppatori Open source» [Marinelli 2008]. Il movimento open source che ne deriva muta e declina le proprie posizioni tra free software (libero accesso alle applicazioni) e software open source (libero accesso ai codici sorgenti). «La tensione collaborativa [che ne è scaturita] non coinvolge solo il ristretto universo degli sviluppatori ma si riverbera su una molteplicità di attività e servizi che vengono attivati nell’ambiente di rete». Rendendo «più dinamico e aperto il mondo Web facilitando la creazione collaborativa dei contenuti e l’organizzazione del lavoro redazionale». Portabandiera di questa stagione del Web 2.0 è l'enciclopedia libera Wikipedia (2001), luogo dove i contenuti sono l'esito di una intensa attività di collaborazione e condivisione. «Un’enciclopedia on-line strutturata come un ipertesto e basata su un software collaborativo (wiki) che permette agli utilizzatori di trasformarsi in redattori ampliando e/o integrando le voci presenti secondo procedure di revisione e controllo basate a loro volta sulla condivisione delle funzioni» [Marinelli 2008].
Rappresentativi di queste tendenze sono ancora due progetti che vedono ancora Google protagonista e il territorio del L’Aquila colpito dal sisma nel 2009. «Come facciamo? L’Aquila 3D e Autoritratto»[6] e «Noi L’Aquila»[7]. Nel primo caso la tecnologia di GoogleEarth e Sketchup supporta un progetto nato dal basso, articolato in tre fasi (vedi oltre descrizione del caso) volto a realizzare un modello virtuale della città sia a fini di documentare lo stato di fatto sia al fine di costruire un modello 3D utile a sviluppare progetti di ricostruzione. Il secondo caso integra il primo proponendo per lo stesso territorio la ricomposizione dell’identità, non solo del luogo, ma della comunità, ridefinendo ruolo e sviluppi delle eredità e dei patrimoni superstiti.
Infine «Art Project» (2011), «World Wonders Project» (2012) e «Historic Moments» (2012/2013) sono tre progetti, meglio tre piattaforme, dedicate a preservare e a promuovere la cultura online . «Art Project» navigando in altadefinizione attraverso il sistema degli oggetti che compone il patrimonio mobile (quadri, stampe, foto, oggetti di vari materiali, …), «World Wonders Project» navigando nell’universo del patrimonio immobile alla scoperta di siti poco accessibili, «Historic Moments» navigando tra le testimonianze che ancora ci parlano di eventi storici.
Questi e altri progetti, promossi da Google Cultural Institute, in collaborazione con un fitto gruppo di partner istituzionali, forniscono un servizio in rete (oltre a promuovere la casa madre) divenendo piattaforma per altre istituzioni e utenti. Si tratta di proposte di indubbio interesse che in pochi anni, mesi, hanno saputo imporsi all’attenzione di quanti operano nel settore. Frutto sia di un contesto aperto di ideazione e sviluppo sia di un sistema commerciale che, come si è detto, è orientato a individuare, soddisfare e alimentare nicchie di interesse e mercato. Crescono infatti i prodotti per l’approfondimento (testi, video, modelli) disponibili su canali tematici di altri fornitori di contenuti editoriali.
«In realtà il cambiamento», nel quale ci troviamo ad operare, «non è segnato tanto dall’introduzione di tecnologie di rete assolutamente innovative […] quanto dall’affermazione di standard e idee progettuali in cui gli utenti sembrano riconoscersi al punto da decretarne uno straordinario successo. […] Oltre alla diffusione di standard (sempre più frequentemente aperti) che facilitano la collaborazione tra piattaforme, il Web 2.0 comporta decise innovazioni delle interfacce di navigazione, che si allontanano sempre più dal modello della pagina di testo e si avvicinano all’esperienza di immediatezza propria del lavoro sul desktop del proprio computer, estendendo in particolare il ricorso alla multimedialità e alla possibilità di manipolare degli oggetti con un feedback in tempo reale» [Marinelli 2008].
La velocità di produzione e diffusione delle proposte/soluzioni dell'ecosistema Web[8], unitamente ad altri fattori che caratterizzano questo periodo di crisi, sta di fatto imponendo un accelerazione e un radicale cambio di prospettiva del modus operandi nella formulazione dei progetti per il CH, caratterizzato, invece, dal lento stratificarsi di segni, sensi, saperi. Emblematici sono al riguardo i casi esposti al convegno e alla mostra «Musei virtuali: verso una rete internazionale», in collaborazione con VHLab del CNR ITABC Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali, tenuto in occasione della 13° edizione de La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico , sezione «ArcheoVirtual», 2010. In particolare il caso della Grecia che negli ultimi venti anni, attraverso una politica nazionale fortemente orientata all’utilizzo delle nuove tecnologie e ai prodotti d’animazione ha investimento un ingente quantità di risorse per dotare i musei ellenici grandi e piccoli di prodotti multimediali supportati da software e hardware che in breve tempo sono diventati obsoleti, in quanto spesso si tratta di formati chiusi, difficilmente migrabili in altri contesti di fruizione [Sideris 2010; Pletinckx 2010].
La piccola collezione di casi studio che proponiamo, e invitiamo a visitare, mostra cosi come all’affermarsi della dimensione on-line come luogo elettivo per sviluppare software e diffondere contenuti, corrisponda anche l’indebolirsi della distinzione di prodotti di fruizione on-line e off-line. Consentendo la crossmedialità, le nuove tecnologierendono ancora più sfaccettate le giovani definizioni di museo virtuale e visita virtuale ma anche più praticabili le ipotesi di musei immaginari[9], che possono completare e arricchire la fruizione reale del patrimonio, lasciando a conservatori e fruitori (dellle comunità locali e non) l’onere di definire strategie culturali e commerciali.
WEB EVOLUTION: rappresentazione della time-line dei casi studio presi in esame, in comparazione ad alcuni dei passaggi fondamentali dell'evoluzione del WEB.
Una raccolta di casi studio
Per poter fornire la misura della velocità e della qualità del cambiamento iniziamo la nostra piccola selezione di casi studio da due prodotti editoriali destinati al grande pubblico, usciti sul mercato quando il Web non era ancora quello che noi oggi conosciamo.
«Pompei virtual tour», cd-rom multimediale edito da Istituto geografico De Agostini, collana Multimedia, Novara, c1997, realizzato in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali e la Sovraintendenza Archeologiaca di Pompei, suppl. de L'Espresso[10] e «Uffizi: I capolavori dell'arte nel museo più antico del mondo», cd-rom multimediale edito da Opera multimedia e Scala Istituto fotografico Editoriale, collana L'Espresso Gallery, Milano e Roma, 1996, suppl. de l'Espresso[11].
Il cd-rom «Pompei virtual tour», propone allo spettatore un'esperienza immersiva del sito archeologico con una sequenza di fotogrammi (foto scattate con il preciso intento di mostrare specifici soggetti, un autentico invito ad osservare) ripercorrono con cura alcuni itinerari dell’antica città (anticipando, per così dire, Street View) arricchita dai modelli dinamici 3D dei principali documenti, e delle schede informative sull'arte, la storia e la vita di Pompei.
Diversamente in «Uffizi: I capolavori dell'arte nel museo più antico del mondo», i percorsi tematici interattivi proposti consentono all'utente di conoscere in modalità guidata le diverse anime dell'arte italiana ed europea, anche attraverso un'area ludica multimediale. A dare continuità alla narrazione sono le ricostruzioni 3D delle sale espositive del museo, realizzate con notevole sforzo ricostruttivo ma che poco o nulla aggiunge ai contenuti del racconto, non potendo soffermarsi (per scelta e per impossibilità tecnica) sull'allestimento e la sua storia, della famosa collezione.
I nomi degli editori e dei promotori indicano chiaramente la prospettiva economica e culturale entro cui questi prodotti vanno collocati. Una prospettiva divulgativa di ampio respiro, rivolta ad una nicchia di mercato che si prevede in crescita; elaborati per durare nel tempo, e che devono aver occupato un tempo considerevole di studio e lavoro per poter giungere a questi prodotti editoriali. In entrambi i casi la proposta di visita è orientata ad un nucleo di luoghi e di opere scelti preliminarmente dai curatori. Il cd-rom su Pompei è un prodotto di qualità rivolto ad un pubblico di iniziati in cerca di approfondimenti, esperti che sanno cosa guardare e come. Il cd-rom sugli Uffizi è un prodotto rivolto ad un pubblico generalista, lo dimostrano: la scelta di utilizzare per le inquadrature una linea d'orizzonte generica che non focalizza nessun punto specifico durante il transito da un ambiente all'altro, e l'inserimento di un altrettanto generica dimensione ludica, sebbene apprezzabile per i tempi. Ma, dopo soli 16 anni questi due prodotti sono obsoleti (se li si confronta ad altri editi “a stampa”). Praticamente non sono più fruibili nella maggior parte degli ambienti informatici disponibili sul mercato, nonostante la qualità dei modelli e delle animazioni 3D e delle immagini per gli itinerari proposti in «Pompei virtual tour», e lo sforzo narrativo per ricostruire l’ambiente espositivo degli «Uffizi», oggi ampiamente superato, strumentalmente e concettualmente, dal settore dei videogiochi.
Questi due casi non sono episodi isolati, quanto piuttosto testimonianze di un ingente investimento di risorse economiche e intellettuali, proveniente da più parti, in particolare dal mondo editoriale, volto a colmare un vuoto, sia culturale sia commerciale, che di li a poco diventerà uno scenario di riferimento per il settore dei beni culturali. Episodi che annunciano la determinata volontà di raggiungere il grande pubblico, utilizzando le tecnologie e gli strumenti informatici insieme alle leve del marketing. Per sottolineare il contesto culturale ed economico di quel momento storico ricordiamo «Una serata con il Re Sole», puntata del programma televisivo edizioni RAI, Speciale Superquark [12], andato in onda venerdì 18 dicembre 1998[13] e martedì 21 settembre 1999[14]. La puntata di Superquark proponeva una ricostruzione storica e culturale della Francia dell'epoca di Luigi XIV avvalendosi di vari contributi tenuti insieme da una espressiva scenografia realizzata totalmente in computer grafica 3D: non si trattava di un fondale statico ma di un prodotto interattivo di supporto al presentatore. Ed è la realizzazione di uno dei primi studi televisivi virtuali italiani (antesignano delle più recenti realtà immersive) e crossmediali.
È evidente in questo prodotto il desiderio di coniugare una narrazione “colta”, su temi specifici di approfondimento, con una più “leggera”, su temi prossimi alla cronaca e al costume, per poter così raggiungere un pubblico vasto attraverso il medium televisivo. Qui la ricostruzione storica in 3D degli ambienti è di grande qualità e diventa lo sfondo per articolare un racconto per capitoli che alterna temi storici tradizionali a temi e fatti di costume (sull’abbigliamento, il cibo, …). La puntata si avvale anche di estratti da pellicole di pregio come La presa di potere di Luigi XIV di Roberto Rossellini (1967) che con il programma condividono il fine pedagogico. Ma «Probabilmente, il film di Rossellini è costato quanto la serata speciale di "Quark". E, ci si perdoni l'ardire, mentre l'uno resta nella storia della Tv, l'altra lascerà poche tracce. Dunque, in Tv, le immagini contano ancora, come le "idee", la regia, la messinscena, le invenzioni e gli espedienti scenografici, insomma il linguaggio» [Grasso 1998][15].
Sono di questi anni anche programmi Ministeriali di grande respiro che, per la loro riuscita, si avvalgono delle nuove potenzialità e tecnologie applicate alla rete in particolare citiamo: «Giotto agli Scrovegni» (2000-2002) sito web promosso e realizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Istituto Centrale del Restauro, e «Il Museo Virtuale dell'Iraq» (2009) sito web promosso e realizzato dal Ministero degli Affari Esteri e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Nel caso di «Giotto agli Scrovegni» si tratta del sito web sul restauro della Cappella degli Scrovegni, dipinta da Giotto di Bondone (1303-1305) a Padova. Progetto che fa parte di un programma di più ampio respiro. Realizzato al termine di un lavoro di restauro eccezionale, il sito diventa vetrina per comunicare, a tutto il pubblico della rete, ma agli addetti ai lavori in particolare (studiosi, gestori, tecnici, …), i risultati ottenuti a fronte di un ingente investimento di mezzi tecnici ed economici, ed un altrettanto ingente impiego di professionalità e competenze. Il sito statico bilingue (italiano, inglese) mostra tutta la ricchezza e varietà di approfondimenti e contenuti (compresi i dati relativi alla gestione della spesa) ma anche tutta la sua povertà espressiva soprattutto se posto a confronto con il «Museo Virtuale dell'Iraq» e con il progetto di comunicazione per la medesima opera di soli otto anni successivo, «Cappella degli Scrovegni in Haltadefinizione».
Il sito Web «Il Museo Virtuale dell'Iraq», esordisce on-line dopo 4 anni di intenso lavoro e una spesa di circa tre milioni di euro, dieci anni dopo l'entrata in scena dei supporti di memorizzazione digitali sopracitati (CD-ROM), quando l’ecosistema Web 1.0 è in piena espansione. Si tratta di un progetto ambizioso, volto a valorizzare la cultura e l’identità irachena. Nel Museo Virtuale sono esposti manufatti custoditi nei musei di tutto il mondo e la sua proposta di visita «non si sovrappone a museo reale di Baghdad, ma si presenta come una selezione delle opere più significative del territorio iracheno e della sua plurimillenaria civiltà». Il valore aggiunto che può fornire è di «consentire a coloro che non possono recarsi nella capitale irachena di scoprire i reperti straordinari lì conservati» [MiBAC 2009; Farnesina nel mondo per l’Italia 2009; CNR-IBAM 2007].
Qui il percorso narrativo abbandona la dimensione fisica dell’esposizione per abbracciare decisamente quella tematica e avvalendosi dello spazio virtuale come interfaccia tra utente e contenuti. Redatto in tre lingue (italiano, inglese, arabo) si avvale ampliamente del supporto sonoro per accompagnare il visitatore: nell’introduzione, da una stanza all’altra e in ciascun blocco tematico e scheda. Ogni ambiente corrisponde ad una fase storica della Mesopotamia antica, e si presenta con un allestimento diverso. Una scenografia che come una mappa concettuale ospita manufatti e atlanti. Avvicinandosi ad essi è possibile attivare menu a tendina e accedere a tre livelli di approfondimento: la «scheda» illustra la provenienza, il materiale, le dimensioni, la cronologia, il luogo di conservazione, ed è corredata da un testo descrittivo scientifico; la voce «explora» consente di ammirare la ricostruzione 3D dell'oggetto (quando disponibile), realizzata fedelmente grazie a tecnologie scanner laser di acquisizione tridimensionale; il video, alcuni reperti sono spiegati da un filmato di tre/quattro minuti.
La proposta «museografia» articolata in otto stanze è la formalizzazione di un impostazione «museologica» precisa. «Il Museo Virtuale dell'Iraq» fa parte di un progetto ambizioso promosso e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri. Obiettivo esplicito del progetto è, oltre al restauro, alla salvaguardia e alla promozione del patrimonio culturale, contribuire a far nascere la democrazia fornendo un identità che fosse un punto di riferimento. Tale progetto comprende «la completa riabilitazione delle strutture del Museo Nazionale dell'Iraq (saccheggiato nel 2003), la conservazione del patrimonio e la gestione del sistema museale fornendo le tecnologie e le tecniche più avanzate tra cui un sistema GIS (sistema informativo territoriale per il coordinamento delle banche dati)» [MiBAC 2009; Farnesina nel mondo per l’Italia 2009; CNR-IBAM 2007]. Un prodotto che guida e accompagna l'utente finale, lasciando all’interattività lo stesso spazio di un CD-Rom o un DVD, ma che si avvale della capillarità e dell’alta capacità offerta dell’infrastruttura web 2.0. Un prodotto chiuso, non implementabile che non ammette ricerche o personalizzazioni, che conduce con mano sicura il visitatore.
Ad avvalersi e a incalzare ulteriormente l'uso delle nuove risorse offerte dalla rete, sono i progetti sviluppati da aziende leader del settore ICT. Esemplificative sono le esperienze condotte da Haltadefinizione, azienda leader specializzata in servizi di alta qualità (rilievo, diagnostica, …) per il settore dei Beni Culturali, e da Google, multinazionale leader per lo sviluppo di software e servizi (open, free e “a pagamento”) per il Web 2.0 e oltre. Due progetti sono utili al fine di mostrare le potenzialità della nuova infrastruttura, in particolare la possibilità di fruire di ingenti quantità di dati in tempo reale (alta capacità) consente di accedere ad una visione fluente e di qualità: il progetto di fruizione (online e offline) degli affreschi della «Cappella degli Scrovegni in Haltadefinizione», a cura di Comune di Padova , Musei Civici , Haltadefinizione , il Sole24ORE e 24ORECultura , realizzato con tecnologia di Haltadefinizione [2010] e il progetto di fruizione online di una selezione di opere pittoriche del «Il Prado in Google Earth» a cura del Museo del Prado e Google (2009) assistiamo all'emergere di partnership, pubblico/private per la definizione di nuove collaborazioni servizi e proposte editoriali da parte di nuovi soggetti.
«Haltadefinizione è un marchio registratodi HAL9000 S.r.l., azienda riconosciuta tra i principali protagonisti a livello nazionale e internazionale nel settore della ricerca e dello sviluppo di tecnologie hardware e software applicabili all’acquisizione e alla visualizzazione di immagini di altissima qualità. La fotografia in alta definizione, attraverso l’osservazione microscopica dei materiali, consente la raccolta di dati utili per riconoscere il tipo e l’entità dei danni causati dalle alterazioni della superficie pittorica. É quindi uno strumento a supporto dei processi di restauro. Haltadefinizione propone una tecnologia che si sposa bene con il settore dei beni culturali» [Haltadefinizione]. A fianco ai servizi per gli specialistici[16], Haltadefinizione fornisce anche servizi e prodotti culturali per gli utenti finali del Cultural Haritage: stampe, siti web, contenuti per applicazioni crossmobile edeventi on-line per la visione in alta definizione delle opere restaurate. Una gamma di prodotti editoriali che si perfeziona di progetto in progetto, come testimonia la collaborazione con UTET, la più antica casa editrice italiana, nella proposta editoriale «Passione per la Cultura».
Il progetto «La Cappella degli Scrovegni in Haltadefinizione»[17], presentato al pubblico il 17 novembre 2010, è certamente uno dei suoi prodotti più noti e significativi per illustrare la propria offerta e potenzialità. Al termine degli interventi di diagnostica e restauro del ciclo di affreschi, Haltadefinizione ha sviluppato un'applicazione per fruire anyware e anytime delle opere fornendo all’utente la possibilità di esplorare anche gli angoli più remoti delle opere contribuendo così a divulgare la conoscenza e a conservare gli originali. Il servizio/applicazione è pubblicizzato consentendo la visione free per sei mesi [Il Sole 24 Ore 2010].
La visita virtuale consente di navigare l'immagine panoramica a 360° della Cappella (una struttura architettonica semplice ad una sola sala) e ogni singola scena del ciclo di affreschi muovendosi liberamente (zoom avanti e indietro; spostamenti a sinistra, destra, su e giù; ripristina visione d'insieme; fullsceen on/off). Ulteriori supporti al libero accesso alla testimonianza posta sotto tutela sono: alcune didascalie attivabili cliccando su precise aree sensibili (abilita/disabilita aree sensibili) e la scala metrica (elementare strumento per proporzionare la visione dell'insieme con il particolare, minimale se confrontato con gli apparati messi a disposizione nel Museo Virtuale dell'Iraq).
Nato nel 1997, «Google è il più importante motore di ricerca per la navigazione su Internet che non si limita a catalogare il World Wide Web, ma si occupa anche di immagini, foto, newsgroup, notizie, mappe, video, oltre a mantenere una copia cache della maggior parte delle pagine che conosce» (Google, Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Google). Dal 2002 al 2011 è attivo Google Labs che ha raccolto le idee ed i software sperimentali che i programmatori del motore di ricerca hanno donato al popolo di internet. «Dai laboratori sperimentali di Google e dalle idee dei programmatori di Big G sono nate applicazioni come Gmail, Maps, Drive e Docs» che oggi molti di noi conoscono ed adoperano quotidianamente.
Tra i progetti sperimentali sviluppati da Google Labs vi è «Il Prado in Google Earth»[18]. Il progetto offre la possibilità di fruire di immagini di alta qualità in tempo reale. Frutto di una collaborazione unica tra Google e il Museo madrileno, 14 dei più importanti dipinti sono stati prima selezionati poi fotografati e visualizzati ad altissima risoluzione (14.000 megapixel) e sono stati resi accessibili all'interno della versione 3D del Prado in Google Earth e Google Maps. Ne risulta una esposizione permanete on-line. A cui si può giungere da più parti: dal sito del museo e dalle mappe della rete. Esplorando le mappe è possibile vedere l'esterno della location e avvicinandosi accedere alla galleria e alle finestre popup che contengono informazioni e Link, per poi accedere alla navigazione dell'opera ad alta definizione (zoom, spostamenti). I brevi testi didascalici sono tradotti in varie lingue dalla tecnologia Google.
Se nel caso della «Cappella degli Scrovegni» la visita risulta assistita dall'individuazione di punti notevoli e da aree sensibili che accompagnano il visitatore nell'esplorazione dell'opera, nel caso de «Il Prado in Google Earth» il visitatore è completamente libero di navigare nella rete e all'interno dell'opera e un visitatore inesperto può in verità sentirsi disorientato rispetto ora alla tecnologia ora ai contenuti. A confronto con il rigido e in parte opinabile progetto culturale del Museo Virtuale dell'Iraq, dal punto di vista della visita, sia il progetto Haltadefinizione sia quello di Google risultano faticosi e lacunosi nella loro generica narrazione.
A testimoniare le implicazioni che gli emergenti assetti tecnologici (offerti dall’ecosistema web 2.0) hanno sui comportamenti sociali possiamo riferirci a due casi nati e sviluppati in Italia e per il territorio italiano. Due i progetti che incidono sul territorio aquilano interessato dal terremoto nel 2009. Casi studio che si spingono ben oltre la rivisitazione di servizi, per l’archiviazione e la consultazione e fruizione, e lo sviluppo di prodotti editoriali in formato digitale (file audio, video, testi, modelli 3D navigabili, eBook) per esplorate le potenzialità dei social network e dei social media, coinvolgendo la società civile nella scelta e nelle azioni di tutela e conservazione del patrimonio materiale e di salvaguardia del patrimonio immateriale.
A collaborare con la popolazione locale e con le istituzioni è ancora una volta Google realizzando due progetti distinti ma potenzialmente complementari tra loro, in cui la dimensione partecipativa è fondante: «Come facciamo?», (2010) progetto di participatory media ideato dall'architetto inglese Barnaby Gunning e sostenuto da Google, in collaborazione con ANFE L'Aquila, Università degli Studi dell'Aquila, Manfrotto School of Xcellence, Fondazione Cassa di Risparmio delle Provincia dell'Aquila, Fondazione Carichieti, Abruzzo Action e con il Patrocinio del Comune e della Provincia dell'Aquila; e «Noi, L’Aquila», (2011) social media promosso e realizzato da GoogleItalia in collaborazione con il Comune dell'Aquila e ANFE.
«Come facciamo?» è un idea che nasce dal basso, e si propone di colmare il vuoto progettuale «A distanza di un anno e mezzo dal terremoto che ha devastato la conca Aquilana il 6 Aprile 2009, c'è ancora una mancanza di visione sulla ricostruzione […]». Il progetto (selezionato per l'ADI Design Index 2010), è stato organizzato in tre fasi, con un programma di lavoro che coinvolge volontari, aquilani e non, che si avvicendano, sia nella cittadina sia dal resto del mondo. La prima fase è stata « Sketchup days» in cui si sono tenuti una serie di corsi per l’apprendimento all’utilizzo di Sketchup. La seconda, «L'Aquila Autoritratto» o «Clik Days», ha coinvolto una serie di gruppi di volontari che per 7 weekend sono stati impegnati in una ricognizione fotografica a tappeto del centro storico de L’Aquila, producendo una documentazione unica nel suo genere pari a 40.000 scatti. La terza e ultima fase ha dato avvio alla modellazione tridimensionale in SketchUp per Google Ehert. «Lo scopo, nel giro di pochi mesi, è quello di creare un modello 3D dell'intera città dell'Aquila, che sarà aperto a tutti e disponibile per pianificare la ricostruzione.» Per gli ideatori del progetto «L'Aquila 3D» intende essere uno strumento di comunicazione del vero stato della città in tempo reale, «che potrà essere utilizzato per comunicare agli aquilani, così come alla nazione e al resto del mondo, l'effettivo progresso della ricostruzione all'Aquila». «Il modello potrà essere utilizzato per lanciare competizioni virtuali per la ricostruzione dei vari monumenti ed edifici, piazze e quartieri della città, nonché come modello di comunicazione al fine di ottenere sponsorizzazioni per la ricostruzione, sia dal punto di vista progettuale che economico. Permetterà visibilità e partecipazione diretta della cittadinanza, i cui progetti potranno poi essere visualizzati dai 600 milioni di utenti di Google Earth»[19].
Parallelamente, ancora Google, in collaborazione con le istituzione locali, dà avvio a «Noi, L’Aquila» [googleitalia.blogspot.it 2011]. Una piattaforma che opera sulla condivisione della memoria e della storia dei singoli, della collettività e dei luoghi, nella prospettiva della ri-costruzione, non solo fisica della comunità. Tramite il web i cittadini possono caricare le foto della città e della loro vita nella città, come era prima, e come è dopo il sisma. Viene cosi a costruirsi un archivio di memorie testuali, visive e sonore, incrementando sviluppo dei luoghi e temi di condivisione della memoria e delle scelte in merito alla ricostruzione. Nel 2012 prende avvio sul web una nuova sfida «L'Aquila2019. L’Aquila si candida a Capitale Europea della Cultura ‘19», che pare fare tesoro di queste due esperienze. In tutti questi casi l’obbiettivo di coinvolgere la cittadinanza nelle scelte di gestione della cosa pubblica e del territorio è certamente ambizioso ma non isolato. Prossimo infatti riscontrare analogie sia con l’esperienza di Christchurch in Nuova Zelanda [20], sia con l’esperienza del Pavillon de l'Arsenal di Parigi, realizzata con il Centro per l’Architettura e l’Urbanistica di e Google Cultural Institute.
Infine torniamo su due piattaforme «Art Project» (2011) e «World Wonders Project» (2012), entrambi promossi da/su Google Cultural Institute al fine di illustrare le azioni virtuose che l’azienda propone per preservare e promuovere la cultura online. Entrambi i progetti si prestano a scopi educativi e sono proposti dall’azienda come utile strumento di supporto a docenti e alunni di diverse fasce d’età.
Il proposito etico di Google è quello direndere fruibili capolavori artistici di ogni epoca (Art Project) e siti dichiarati patrimonio dell’umanità (World Wonders Project), a coloro che non dispongano del tempo e del denaro necessari a raggiungere i luoghi reali dove sono custoditi. Attraverso la reinterpretazione della tecnologia già applicata in Street View, che consente di muoversi «camminando» all’interno di rappresentazioni virtuali, «Art Project» permette la visita all’interno delle sale di alcuni dei più importanti musei del mondo e dei siti UNESCO di difficoltoso accesso «World Wonders Project».
Più in particolare «Art Project» concentra la sua offerta nella visualizzazione delle opere in alta definizione in tempo reale. La piattaforma ha riscosso un successo bruciante, quantificabile in 10 milioni di contatti nei primi sette giorni, con la produzione da parte dei visitatori di oltre 70 mila gallerie ‘private’, cioè gruppi di opere in cui il sistema di narrazione è scelto dal singolo utente, che crea così una sorta di personale galleria di capolavori, che può condividere con il proprio nucleo di contatti. Nell'approccio al problema rappresentativo dell'opera, Google si pone senza nessuna pretesa di curare il taglio narrativo, ma lascia questo onere al museo a cui si appoggia che gli fornirà materiale e informazioni. Nell’arco di pochi mesi il sito ha mutato più volte aspetto, per la presentazione dei contenuti indicizzati, consentendo di compiere ricerche sempre più specifiche e relative visualizzazioni. Il sito presenta con sempre maggior frequenza approfondimenti testuali, video, e modelli 3D realizzati con tecnica di rilievo fotogrammetria (molto più economica e versatile dello scanner laser anche se consente utilizzi e manipolazioni differenti dei dati acquisiti).
Il più recente «World Wonders Project» segue la scia tracciate da Art Project e concentra più precisamente l’offerta di servizi a partire da Street View, Sketchup, e GoogleErth.
A questi progetti, in continua ri-definizione e aggiornamento da parte di Google Cultural Institute, se ne affiancano altri sempre nuovi. A conclusione di questa breve rassegna di casi studio citiamo Historic Moments. Una esposizione dei momenti storici più significativi un sito che ibrida le peculiarità del web, dell'esposizione, del documentario per mettere in valore il patrimonio immateriale fatto di eventi e di persone.
Bibliografia
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Note
[1] Open Source, Free Software e Free and open-source software.
[2] Per uno schema del moderno universo Web, e dell'interazione tra le tecnologie web e i browser che dà vita alle tante potenti applicazioni web che utilizziamo quotidianamente, si veda L'evoluzione del Web.
[3] «L'insieme di queste trasformazioni, giungendo a maturità, porta a dover discutere in profondità cosa oggi significhi "progettare, produrre, consumare, utilizzare". Oggi parliamo di economia dei servizi, di economia dell'esperienza, e di economia della conoscenza. Dovremo quindi assumere che i prodotti di questa nuova economia siano, principalmente, servizi, esperienza conoscenza. Dall'altro lato, servizi, esperienze, trasmissione di conoscenze non sono "cose" ma "eventi": cambiamenti nello stato del sistema che si realizzano in un dato luogo e in un dato tempo. Più specificatamente, nel nostro caso, cambiamenti che avvengono grazie all'interazione tra diversi attori che operano per ottenere un risultato. Cioè che operano per produrre valore». Così Manzini definisce una nuova tipologia di prodotti: il prodotto-evento [Manzini 2004].
[4] «Una serata con il Re Sole», puntata del programma televisivo edizioni RAI, Speciale Superquark, martedì 21 settembre 1999.
[5] «Il presidente della Camera Fini ha affermato che "la realtà irachena è complessa" e "che per far nascere la democrazia era necessaria una identità culturale che fosse un punto di riferimento comune"» [MiBAC, 2009].
[6] «Come facciamo?», progetto di participatory media ideato da Barnaby Gunning e sostenuto da Google, in collaborazione con ANFE L'Aquila, Università degli Studi dell'Aquila, Manfrotto School of Xcellence, Fondazione Cassa di Risparmio delle Provincia dell'Aquila, Fondazione Carichieti, Abruzzo Action e con il Patrocinio del Comune e della Provincia dell'Aquila.
[7] «Noi, L’Aquila», social media promosso e realizzato da GoogleItalia in collaborazione con il Comune dell'Aquila e ANFE.
[8] Si veda L'evoluzione del Web.
[9] Segnaliamo la mostra on line «The Gallery of Lost Art», Tate Gallery, 2012.
[10] «Pompei Virtual Tour», Requisiti di sistema per Windows: Pc 486 DX 33 MHz, 4 Mb di Ram (8 Mb per Windows 95), 6 Mb di spazio libero su hard disk, lettore di Cd-rom a doppia velocità, scheda audio Sound Blaster o compatibile, Microsoft Windows 3.1/ Windows 95, mouse, scheda grafica VGA a 256 colori (small fonts).
[11] «Uffizi: I capolavori dell'arte nel museo più antico del mondo», Requisiti del sistema pc: 486 SX, 8 MB di memoria Ram, Hard disk con 5 MB liberi, scheda audio compatibile MPC, lettore compatibile MPC, MS-DOS versione 5.0, sistema operativo Microsoft Windows tm. versione 3.1, Compatibile con Windows 95.
[12] Elenco delle puntate di Superquark, Archivio RaiUno.
[13] Speciale ‒ venerdì 18 dicembre 1998. Luigi XIV, il Re Sole ‒ Versailles 3D ‒ Bechamelle e praline
al cioccolato a corte, «Archivio RAIUNO», © COPYRIGHT 1997-2001, <http://www.archivio
.raiuno.rai.it/schede
/0027/002749.htm>.
[14] Speciale ‒ Una serata con il Re Sole ‒ martedì 21 settembre 1999. Luigi XIV, il Re Sole ‒
Versailles 3D ‒ Bechamelle e praline al cioccolato a corte, «Archivio RAIUNO», © COPYRIGHT 1997-2001, <http://www.archivio.
raiuno.rai.it/schede
/0040/004030.htm>.
[15] Per un ulteriore confronto tra progetti di generazioni differenti si veda: «Versailles 3D»; «Versailles 3D. Discover the Palace of Versailles in 3D throughout the age»; «PETIT TRIANON 3D».
[16] Per un approfondimento sulla specificità dei servizi e della tecnologia si rinvia al sito di Haltadefinizione.
[17] Alcuni dati tecnici relativi all'intervento. RIPRESE: Superficie affrescata ripresa: 700 mq; Volume dati finale: oltre 1 terabyte; Numero di scatti: 14.000; Ore di ripresa: 200 ore in notturna; Data scatti: dal 16 novembre al 2 dicembre 2008. ATTREZZATURE: Fotocamera: Nikon D3 e Nikon D3X; Software di Acquisizione: Nikon Camera Control Pro 2; Software di Verifica e Postprocessing: Nikon Capture NX 2.
[18] «Museo del Prado su Google Earth», applicazione online realizzata da Google con Museo del Prado.
[19] Cfr.:L'19. L’Aquila si candida a Capitale Europea della Cultura ‘19 , NOI L'Aquila, 2012. <http://laquila2019.eu
/laquila/futuro/105-laquila-in-3d-su-google-earth.html>; Google incontra L'Aquila, parte la ricostruzione virtuale, PrimaDaNoi.it, 21 settembre 2010,
<http://www.primadanoi.it
/news/657/Google-incontra
-L-Aquila-parte-la-ricostruzione-virtuale.html>; L'Aquila 3D, Spazio Pubblico , <http://stage.spaziopubblico
.it/wiki/L%27Aquila_3D>, (controllata il: 09.04.2013). Rassegna stampa dell’iniziativa sul sito ufficiale di «Come facciamo?», nella sezione «Parlano di noi».
[20] Il workshop svolto dall’altra parte dell’emisfero ha coinvolto la città colpita anch’essa dal terremoto è anch’essa è ricorsa alle risorse della rete per testimoniare e archiviare l’accaduto, e, parallelamente, sviluppare proposte per il futuro.