Titolo che icasticamente riassume il senso del ’68, rovesciandone lo slogan più noto: «l’immaginazione al potere». Dentro a questo ribaltamento, da qualunque parte la si voglia vedere, l’immagine
resta al centro di ogni snodo. Nel testo fungono da struttura portante i concetti di percezione, interpretazione, introiezione poi impiegati nel più generale ambito della memoria. Questi elementi
seguono, a uno a uno, lo sviluppo dei capitoli che paiono scritti con quel surplus di sensibilità che la scuola francese ha di fronte alla storia delle mentalità.
L’oggetto del libro è la ricezione (il transfert) del maggio francese in Italia. Ovviamente, l’a. parte dalla descrizione degli intensi giorni parigini condividendo una precedente annotazione di
Marcello Flores, convinto che senza quel maggio non ci sarebbe stato il ’68. Benci mostra che questa considerazione non ha solo un riscontro nell’incedere degli eventi. Indubbiamente c’è una fitta
successione di episodi rilevanti – che mettono in crisi l’ordine politico esistente – che non si trova né prima né dopo il maggio francese e rappresentano una novità nella vita politica di una
democrazia occidentale negli anni della guerra fredda.
C’è però anche altro. Siamo di fronte a un movimento capace di enfatizzare l’immagine dei suoi istanti cruciali irradiandola nello spazio e nel tempo. È una rappresentazione che si compone di
fotografie e manifesti, ma lascia una eco negli slogan, nelle forme di lotta, nelle nuove rivendicazioni. Il ’68 «si è nutrito ed ha alimentato immagini» (p. 187). Una delle rappresentazioni più
conosciute, senz’altro l’icona più diffusa, è diventata la fotografia della Marianna del ‘68, la ragazza bionda a cavalcioni di un amico che innalza la bandiera del Fnl vietnamita. L’a. ne
ripercorre la biografia che meglio di altre incarna un’adesione più istintiva che ideologica alle istanze del movimento.
Quanto ai manifesti, nella sezione iconografica emerge la riproposizione in diverse occasioni degli stessi disegni francesi, riversati però nelle lotte operaie del ‘69 italiano. Il debito di
riconoscenza si estende agli slogan per quanto, a giudizio dell’a., i motti dei manifesti francesi siano più efficaci a confronto delle più «farraginose» riproposizioni italiane.
Le ondate del maggio francese sono due, fino al 13 la spinta è quella degli studenti, dopo questo giorno il moto sociale passa nelle mani degli operai, capaci di mettere in ginocchio il flusso
produttivo, fino ad imporre i razionamenti dei carburanti e le code nei negozi alimentari. Separate sono anche le trattative fra governo e studenti, governo e sindacati dove l’asse di chi protesta
non arriva a convergere da un lato per l’abilità mediatrice del primo ministro gollista Georges Pompidou e dall’altro per l’incapacità a comprendere il movimento studentesco da parte del Partito
comunista francese, motore della spinta operaia. L’Italia l’anno successivo va a riprendere più i modelli di lotta operaia che quelli di lotta studentesca. Non tutte le trasposizioni hanno dunque
la stessa fortuna e la stessa duttilità di impiego, aspetto che poteva essere sottolineato con maggior forza.
All’Italia che guarda serve la lezione di quei fatti. Si infittiscono i dibattiti, si rileva la fragilità politica del movimento, ma la soluzione adottata nella penisola è teoricamente debole,
frammentata nella stessa esplosione di particelle gauchiste, chiuse e settarie.
Quello che arriva dopo nel nostro paese è un diverso spirito di lotta, che si evidenzia in nuovi motivi di protesta, come le manifestazioni che attraversano il ’68 europeo contro i mezzi di
informazione. È una linea che anche l’Italia percorre nel biennio ’68-69.
Il medium privilegiato nell’eredità italiana finisce per essere il giornale (quello francese la radio) con il successo di «Lotta continua» (slogan francese) movimento e giornale di
riferimento importante negli anni successivi, caratterizzato da efficaci parole d’ordine e da un contorno lessicale che deve molto al linguaggio orale. Benci riassume, con un’utile focalizzazione
anche quantitativa, l’atteggiamento della stampa quotidiana («Corriere della Sera», «La Stampa», «Il Giorno», «Il Tempo», «Paese sera», «L’Unità») nei confronti del maggio francese.
Il lavoro è una sintesi interpretativa di piacevole alla lettura. Il metatesto è un continuo dialogo interno fra interpretazioni storiografiche e testimonianze.
Biblioteca