Elena Bonora, "Roma 1564. La congiura contro il papa", Roma-Bari: Laterza, 2011, 228 pp.
Roma 1564 racconta Roma alla fine del concilio di Trento disegnandone sia gli aspetti materiali, sia quelli politici e spirituali. Lo spunto per la ricostruzione è offerto da una congiura fallita, e forse solo apparentemente disorganica, organizzata ai danni dello stesso papa, della quale fecero parte una serie di personaggi minori fra cui alcuni nobili ormai decaduti che, disperatamente e improbabilmente, cercavano di rientrare in possesso di beni perduti, e da una figura carismatica, Benedetto Accolti, figlio illegittimo di un cardinale, uomo colto, visionario e gran parlatore, già affascinato dal luteranesimo.
Lo sgangherato progetto prevedeva l’accoltellamento del papa con uno stiletto avvolto in un panno di velluto nero durante un’udienza nella stanza della segnatura. La congiura fallì per il tradimento di uno dei congiurati, i quali in seguito alla delazione vennero arrestati, torturati e interrogati. Le loro deposizioni sono registrate in un fascicolo processuale del tribunale criminale del Governatore all’Archivio di Stato di Roma, la fonte su cui si basa la ricerca.
Cosa significava per questi uomini uccidere il papa? Vi furono dei mandanti? Come poté maturare una simile decisione? Che valore politico e religioso dare a questa congiura? Fu solo un gruppo di folli esaltati, come furono disegnati al tempo e in seguito dalla storiografia ottocentesca?
Per rispondere a queste domande Bonora intraprende un viaggio nella Roma del tempo: piazze, strade, ponti, acque, orti, le frenetiche campagne di scavo in cerca di antichità e tesori e i numerosi cantieri che, partendo da un tessuto ancora medievale, sono all’opera per innalzare la capitale della Controriforma che sarà. È questo lo scenario concreto, all’interno del quale i congiurati si muovono: ad esempio affermando di essere in «cerca di tesori» per stabilirsi tutti insieme vicino al Vaticano. Bonora pone particolare cura non solo nella restituzione delle quinte cittadine ma anche degli aspetti materiali della vicenda: lo stiletto, i vestiti per l’udienza (li panni), l’anatra arrosto che i giudici ritengono centrale negli interrogatori.
Ma è uno spazio non solo fisico quello in cui agiscono i congiurati, è anche e soprattutto uno spazio politico e religioso delimitato da asprissime contese che Bonora intesse con estrema precisione nelle quattro parti in cui è diviso il libro. Da una parte Pio IV de’ Medici, filoimperiale, che concede ad alcuni vescovi tedeschi il permesso di comunicare sub utraque specie; che vorrebbe riportare il Santo Uffizio sotto il controllo del papa; che riabilita il cardinale Morone; che prova a tenere circoscritto il fervore intransigente dei suoi avversari pronti a vedere l’eretico anche nella stessa persona del papa. Un’azione verso la moderazione che però viene condotta con estrema durezza anche attraverso processi e condanne a morte importanti, come quella dei parenti e collaboratori di Paolo IV, Carlo Carafa e suo fratello Giovanni duca di Paliano, decapitati nel 1561 e, soprattutto, un’azione che non riesce a conquistarsi il favore del collegio cardinalizio.
Opposti a Pio IV l’ombra del suo predecessore Paolo IV Carafa e soprattutto il suo successore Pio V, Michele Ghislieri braccio destro del Carafa e Sommo inquisitore sotto la grande ala di Filippo II, cui certe scelte dottrinali più intransigenti sono necessarie. Il cardinale Ghislieri riesce, a differenza di Pio IV, a raccogliere intorno a sé un’atmosfera di rispetto e di sostegno, a partire da alcune figure legate al papa, come Carlo Borromeo, fino ai poveri congiurati.
I congiurati sono condannati a morte e la versione ufficiale sarà che si è trattato di eretici isolati; una spiegazione tutta spirituale che non indebolisce un papato già molto flebile. Una posizione che la storiografia ha più volte riconosciuto come funzionale all’interesse del potere minacciato e che in altre occasioni è stata utilizzata.
La documentazione del processo non consente di rispondere alle domande sulla congiura: certo Benedetto Accolti incontra più volte Michele Ghislieri e questo è un fatto, ma non si può affermare né che quest’ultimo sia stato mandante della congiura, né che la congiura abbia avuto mandanti. Sull’argomento il lettore è lasciato libero di trarre le proprie conclusioni.