Grazie all’analisi di fonti letterarie storiche e cronachistiche, l’A. si propone di appurare quale idea di sé e quali memorie del passato, se ve n’erano, portassero con sé i Normanni al momento
del loro stanziamento in Italia meridionale nella seconda metà dell’XI secolo. Le categorie e le premesse utilizzate dall’A. sono quelle approntate dalla cosiddetta “scuola di Vienna”
nell’affrontare lo studio delle popolazioni altomedievali, quando, da una ventina d’anni, è stata messa a dura critica «l’idea che nell’incontro con il mondo romano fossero riconoscibili popoli
con identità nette», come nel caso di Germani o Slavi. La ricerca rappresenta quindi il tentativo riuscito di applicare categorie e metodi utilizzati finora per il tardo antico e l’alto
medioevo a un argomento più tardo, articolato e variegato come l’etnogenesi dei popoli del Nord. Le fonti prese in esame riguardano i Normanni d’Italia, i Normanni di Rollone stanziatisi in
Normandia, e Guglielmo il Conquistatore e i suoi uomini in Inghilterra. L’A. evidenzia la pluralità delle etnogenesi normanne e la variabilità delle identità assunte da questi uomini in base al
luogo d’insediamento. Basandosi principalmente sulle testimonianze italiane, l’A. ha cercato tracce del ricordo sia della provenienza dal nord della Francia, sia di eventuali e più nascoste memorie
nordiche. Ebbene non esiste un solo ‘mito d’origine’ che sia fondante e che riguardi la penisola scandinava; ogni fase e ogni area di dominio delle famiglie normanne in Italia introduce spunti e
motivi diversi: etnogenesi plurali dunque.
Il primo capitolo, il principale e più articolato della ricerca, comprende tre parti. La prima è divisa in quattro sezioni che analizzano il tema delle origini nelle cronache di Dudone da S.
Quintino, di Goffredo Malaterra, del longobardo Amato di Montecassino e di Guglielmo di Puglia. Oltre a evidenziare una ‘tendenza all’oblio’ che mira all’integrazione più che all’alterità,
l’A. riconosce nelle opere di Dudone, di Goffredo Malaterra e di Amato di Montecassino una certa consapevolezza delle origini non solamente normanne, cioè di Normandia, ma anche scandinave. L’opera
di Guglielmo di Puglia, invece, non rivela segni di memorie nordiche che sembrano completamente obliate. Nella seconda parte l’attenzione si focalizza sulla figura di Guglielmo il Conquistatore e
sulla sua opera di recupero delle tradizioni, soprattutto legislative, degli antenati comuni scandinavi tra gli abitanti del Danelaw inglese e dei Normanni al suo seguito. Quando cioè le origini
risultano utili per ottenere un’integrazione rapida e solida con le popolazioni locali, esse sono rivalutate e apprezzate sia nella realtà politica sia nelle opere storiografiche. Grazie alla sua
figura di mediatore e alla sua duplice funzione di duca e soprattutto di re, Guglielmo il Conquistatore è molto presente nelle cronache italiane che basarono su di lui la costruzione e la
definizione identitaria dei Normanni dell’Italia meridionale. Nella terza parte del capitolo l’A. esamina le accezioni di significato del termine Normanni spiegando che le radici
identitarie di questa etnia sono tutt’altro che chiare: le varie determinazioni d’identità sono date talvolta da connotati geografici, talvolta dall’attività svolta e talora invece da connotati
politici. L’A. preferisce allora parlare di gentes Normannorum, definizione articolata poi in quattro livelli: i Normanni sono i pirati danesi affrontati da Carlo Magno; sono gli ‘uomini
del Nord’ che, stabilitisi nella carolingia Neustria, danno il nome alla Normandia; sono gli avventurieri che al seguito del duca Guglielmo II conquistano l’Inghilterra; sono gli Altavilla,che in
Italia riescono a imporsi sia verso i poteri laici e il papato, sia verso i propri connazionali.
Il secondo capitolo desidera verificare nelle medesime fonti italiane, con l’aggiunta dell’opera di Alessandro di Telese, la presenza di tradizioni leggendarie riconducibili al passato scandinavo o
della Normandia. Nel terzo e nel quarto capitolo, infine, sono chiariti ulteriormente i motivi e i procedimenti della ricerca compiuta, che ha portato l’A. alla «conclusione che, nelle cronache
normanne dell’Italia meridionale, quelle poche tracce di memoria della provenienza scandinava individuate da un lato sono eccentriche rispetto all’atteggiamento prevalente di assimilazione nei
confronti della Francia, dall’altro non sono caricate, neanche negli autori che le presentano di un valore identitario. La loro funzione di cornice rispetto a un discorso sull’identità, che fa
riferimento piuttosto alla Normandia, non ne sminuisce tuttavia l’importanza, dal momento che la loro presenza è in se stessa significativa di una consapevolezza delle origini nordiche dei
Normanni, che altrove manca».
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