Romano Forleo, ginecologo, studioso di storia dell’ostetricia, si cimenta di nuovo con la trasposizione letteraria di un tassello della storia della sua disciplina, questa volta narrando le vicende di un medico dell’antichità, Sorano d’Efeso, nato attorno al 90 d.C. appunto ad Efeso in Asia Minore, attivo ad Alessandria d’Egitto e poi a Roma. Il romanzo ne segue le vicende biografiche e professionali dagli otto ai cinquant’anni, proponendo dunque al grande pubblico alcune tematiche della storia della sanità. L’a. tratteggia, già dalle prime pagine, l’antico mestiere di levatrice, che attribuisce alla madre di Sorano (Febe), mentre, disegnando la figura di Sorano, ne trasferisce dalla storia alla letteratura i tratti più caratteristici. Sorano è noto agli studiosi, innanzitutto perché la sua Ginecologia – scritta appunto verso l’inizio del secondo secolo - è una delle non molte opere ostetriche che ci sono state trasmesse dall’antichità ellenica. Quel testo fu tradotto e pubblicato assieme ad altri “barbari” in quella raccolta Gynaeciorum che nella seconda metà del ’500 raccolse gli scritti di «antichi e moderni» su quelle che verranno poi chiamate «le malattie delle donne» (ne esistono alcune edizioni diverse nelle grandi biblioteche bolognesi). Il libro sarà tradotto in una lingua viva, in francese, solo nel 1988, ma il contenuto dell’opera è conosciuto anche ai lettori italiani, in quanto nel VI secolo un autore - Muscio, o Moschio, o Moschione - lo tradusse, liberamente, in latino, e nel 1970 Rino Radicchi tradusse Moschione in italiano. Negli anni ’80 lo storico della scienza, Geoffrey E.R. Lloyd, diede poi una lettura particolare dell’opera di Sorano (Scienza folclore ideologia. Le scienze della vita nella Grecia antica, 1987, ed. or. 1983), mettendone in risalto l’originalità. Sorano è allievo della scuola metodica, che predilige l’osservazione alla discussione teorica; non è sempre fedele ai classici, bensì sempre allo spirito ippocratico. Si distacca dalla teoria umorale (senza abbandonarla del tutto), a favore della cosiddetta dottrina delle tre condizioni (contratta, rilassata, mista). Benché i metodici trovassero inutile l’anatomia, Sorano l’esercita e l’utilizza, così come studia la fisiologia e la descrive, mentre i suoi “colleghi” ponevano sulla pratica terapeutica tutta la loro attenzione. Osa criticare i predecessori su questioni pratiche, come la tradizione di immergere il neonato in acqua gelida, o tagliare il cordone ombelicale con quel che capitava (un pezzo di vetro, una moneta affilata). Viceversa, accetta l’uso – che sarà combattuto nel XVIII secolo - di deporre il neonato sulla nuda terra, tradizione testimoniata da diverse fonti fino alla piena età moderna. Nonostante inevitabilmente condivida alcune credenze popolari, ha complessivamente un atteggiamento anti-superstizioso e anti-magico. Inoltre, tende a non negare ai pazienti, e in particolare alle pazienti, la consolazione che deriva dall’essere accompagnati nella malattia, nella sofferenza e nella terapia da un universo familiare di ritualità e credenze. Tutto questo è nella Ginecologia e ritorna nel romanzo. Inoltre, nel romanzo è ben delineata quella qualità così originale del vero Sorano che è l’attenzione psicologica alla donna che sta per partorire, che soffre, è malata: non si tratta, dunque, di invenzione ma di trasposizione letteraria di un atteggiamento documentato dagli scritti di Sorano. Così come fedelmente si fa riferimento a medicamenti e farmaci, alle fasciature e agli impacchi e alla preoccupazione di Sorano di alleviare il dolore, piuttosto che disquisire sulle cause delle malattie. Se l’opera di Sorano d’Efeso è stata trasmessa attraverso i secoli – ha sostenuto Lloyd - è anche perché è piena di buon senso, e questa opinione pare condivisa da Forleo.
Nel corso delle pagine si segue Sorano al Museo di Alessandria d’Egitto, e alla Biblioteca annessa, luoghi fondamentali nella sua formazione: è infatti importante sottolineare la precisa collocazione mediterranea della vicenda narrata nel romanzo, ma anche di quella parte della storia della scienza evocata, che è scienza medica e scienza ostetrica. La scuola di Alessandria non era “da noi”, in Occidente, ma senza quella scuola non avremmo le “nostre” scienze e la medicina occidentali.