Nel 2002 Norbert Frei, professore di storia moderna e contemporanea alla Ruhr-Universität di Bochum, fu il consulente scientifico di un documentario televisivo sulle élites funzionali tedesche
(medici, giuristi, imprenditori, giornalisti ed ufficiali dell’esercito) che avevano contribuito con le loro capacità, il loro talento e le loro competenze all’ascesa del regime nazista e che
fecero carriera dopo di esso. Secondo l’autore, furono infatti le élites funzionali del periodo hitleriano che attuarono in misura decisiva il «Progetto Repubblica Federale» fino agli anni Settanta
inoltrati. Per una rapida stabilizzazione politica i nuovi governanti della Germania Federale avevano puntato sull’amnistia e sull’integrazione, liberando i criminali di guerra, amnistiando
numerosi nazisti e soprattutto garantendo, con le leggi del 1949 e del 1954, la riabilitazione e il “reinserimento” di molti funzionari statali licenziati durante la prima fase del processo di
denazificazione, assicurandosi in tal modo la loro fedeltà.
Nel 1945 molti di coloro che avevano ricoperto incarichi di rilievo avevano infatti dovuto rendere conto, nei processi allestiti dagli alleati, delle loro responsabilità e connivenze in relazione
ai crimini commessi durante il nazismo. Ciononostante, un numero consistente tra gli appartenenti alle élites funzionali ebbe una seconda opportunità, soprattutto nella Repubblica Federale; questo
avvenne in misura minore nella RDT, dove, al contrario, durante la guerra fredda vennero divulgati documenti che inchiodavano al loro passato molti membri delle élites vecchie e nuove.
L’unica componente delle classi dirigenti tedesche che non ebbe nessun futuro dopo il 1945 fu quella politica, colpita dai processi alleati, dai suicidi e dall’epurazione, mentre così non fu per le
altre élites funzionali dell’ex regime. I rappresentanti dei medici, ad esempio, continuarono ad operare con successo anche durante la denazificazione, ottenendo che - fino ai procedimenti del 1946
- il divieto di esercitare la professione venisse emesso solo nel caso di accuse di gravità superiore alla semplice appartenenza alla NSDAP. In sostanza, la categoria medica delegò le proprie
responsabilità ad un esiguo numero di medici criminali, ignorando l’esistenza dell’apparato che aveva permesso quei crimini.
Tuttavia, come sottolinea Frei, in nessun settore il dilemma tra l’imperativo dell’epurazione politica e quello di una rapida normalizzazione fu più netto che in campo economico, dove la continuità
venne ripristinata assai rapidamente e in misura ampia. La continuità nelle istituzioni economiche non si limitò infatti ai casi di imprenditori compromessi, ma anche a quelli di diversi nazisti
“convinti” i quali, non potendo riprendere la loro carriera in ambito politico o amministrativo, vennero reimpiegati in aziende ed imprese private e pubbliche. Se l’economia fu l’ambito nel quale
la continuità venne ripristinata più velocemente, nel caso dei militari il processo fu, all’opposto, il più lungo: in questo caso i rappresentanti dei vertici militari superstiti furono duramente
puniti a Norimberga, ma la Wehrmacht evitò una condanna per motivi giuridici di ordine pratico, fattore che contribuì a diffondere nell’opinione pubblica la convinzione di un suo utilizzo indebito
e di una sua fondamentale “innocenza”. Ancora più gravido di conseguenze per l’ordine normativo e per la morale politica della nascente democrazia doveva rivelarsi il processo che portò alla
risoluzione del nodo relativo alla Giustizia, processo già ampiamente concluso prima della fondazione della Repubblica Federale: già nel 1946 molti giuristi nazisti erano infatti rientrati in
possesso della loro carica. Tuttavia, se nelle zone occidentali già verso la fine del periodo dell’occupazione la stragrande maggioranza del vecchio personale giudiziario era di nuovo in carica,
nella zona orientale invece, tramite i “giudici popolari”, formati da corsi accelerati, aveva avuto luogo un ricambio delle élite pressoché completo per questo settore. Un’ultima considerazione
riguarda i rappresentanti della stampa: in un primo tempo i responsabili dell’epurazione operarono nei loro confronti una accurata selezione, ma una volta concluso questo processo, chi aveva svolto
una “semplice” attività giornalistica non dovette rispondere ai tribunali per la denazificazione, né temere di vedersi proibire la professione. Di conseguenza, dal 1946-47 la stragrande maggioranza
dei giornalisti tedeschi poté tornare al lavoro.
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