Il libro di Isabella Lazzarini è una sintetica ma esaustiva panoramica sulla società dell’Italia tardomedievale, effettuata, finalmente, attraverso una chiave di lettura non sempre presa in considerazione dalla storiografia: quella dell’amistà, ovvero delle reti di affinità. Dopo avere interessato unicamente i sociologi, l’analisi delle reti sociali in cui è inserito ogni individuo – e delle interrelazioni numerose e diversificate che egli intrattiene con altri individui e con il complesso della società in cui vive – è divenuto strumento interpretativo anche per gli storici: strumento particolarmente adeguato per interpretare la complessità sociale (e politica, economica, culturale) di quel «lungo ’400» italiano che va dalla seconda metà del XIV secolo alla fine del XV e che è l’arco cronologico preso in considerazione dal volume.
Nell’Introduzione, l’a. esplicita le coordinate del lavoro e le motivazioni di base della struttura del volume: esso, infatti, è declinato in capitoli che prendono, ognuno, in considerazione diversi aspetti e “luoghi” della società italiana del periodo; lungi, però, dall’essere sezioni a tenuta stagna: come avverte l’a. (e come il lettore può agevolmente notare) nei diversi capitoli ritornano non solo concetti comuni, ma gli stessi individui, considerati da altro punto di vista. La strutturazione del volume, dunque, rispecchia di fatto la complessità e l’intersecarsi delle relazioni e dei networks che coinvolgevano gli italiani del tardo Medioevo, e che sono l’oggetto del libro stesso.
Il concetto di «amicizia», erede di quello classico, ma che assume in quel periodo caratteristiche peculiari, è sintetizzato quale «l’insieme dei legami familiari, dei rapporti politici, dei contratti economici, delle affinità personali, spirituali e intellettuali» (pp. 1-2) e l’insieme degli obblighi, quasi formalizzati, previsti da quel tipo di relazione. Esso, quindi, coinvolge una sfera privata, propria del singolo individuo, per poi irradiarsi nella relazione con l’esterno, nei diversi ambiti presi in considerazione. Come l’opposizione concettuale tra pubblico e privato è stata oramai superata dalla storiografia sul periodo, allo stesso modo l’a. segnala che non si può considerare separate «una sfera “interna”, individuale, fatta di sentimenti ed emozioni personali, e una sfera “esterna”, collettiva, intessuta di relazioni sociali e politiche» (p. 2). La riflessione sull’amicizia nell’Italia tardomedievale è, di conseguenza, un’analisi della società e dei rapporti di forza nella stessa (come ben sintetizza il sottotitolo del volume).
Attraverso i 7 capitoli che suddividono i diversi ambiti presi in considerazione, l’a. accompagna il lettore in un percorso che abbraccia, in definitiva, la complessità della società italiana del tempo: si va dal contesto strettamente politico (cap. 1: analisi dei rapporti di dipendenza nel sistema degli stati italiani e del nuovo linguaggio anche documentario ad essi sotteso; rete delle relazioni di fazione; il nuovo, e dalla metà del ’400 preponderante, network diplomatico), a quello orbitante attorno a un nuovo ambito, la corte del signore (cap. 2: rapporto di patronage, e non di solo mecenatismo; clientelismo politico; costruzione dello Stato come rete «di rapporti di affinità incentrata sul principe o sul regime al potere» [p. 30]); il discorso passa poi a una realtà solo apparentemente più privata, quella dei mercanti (cap. 3: legami familiari e affinità professionali, ma anche grandi reti europee e rapporto di queste reti con le trasformazioni oligarchiche del periodo) a quella, in genere meno battuta, delle comunità rurali (cap. 4: un ambito “interno”, politico-locale, soprattutto attraverso la documentazione inerente le assemblee della comunità, e un ambito “esterno”, che sottolinea il legame della comunità con la dominante e con le coalizioni politiche di fazione). Un casus specifico è rappresentato dalla corte di Roma, che diventa, specie dopo la soluzione dello scisma, centro del mondo, religioso e politico (cap. 5: rapporto negoziale con gli stati italiani; concessione dei benefici ecclesiastici; ruolo dei cardinali). Infine, due capitoli che prendono in considerazione le reti messe in atto da due figure-tipo che ben rappresentano l’Italia del tempo: quella degli intellettuali (cap. 6: amicizia umanistica, che si esprime sia negli otia, sia nei negotia; ruolo degli epistolari) e quella dei condottieri (cap. 7: le solidarietà e il senso di identità comune all’interno delle compagnie; l’ambito sovralocale del rapporto tra condottieri e politica nel fragile equilibro del sistema di Stati).
Chiude il volume una selezione antologica di fonti coeve, ordinate secondo la declinazione dei capitoli precedenti, che ne chiariscono e ne offrono esempi utili e interessanti.