Come angeli in terra è il primo studio d'insieme dedicato agli scritti agiografici di Pier Damiani, eremita a Fonte Avellana, poi vescovo di Ostia e influente figura della riforma ecclesiastica dell'XI secolo. Attraverso l'indagine sistematica delle fonti l'a. ricostruisce le fasi chiave dell'evoluzione del pensiero e dell'azione riformatrice dell'avellanita. Il volume si articola in cinque capitoli: i primi quattro sono dedicati all'analisi puntuale delle opere agiografiche (I. Il manifesto programmatico: la Vita Romualdi, pp. 23-80; II. Il mestiere di agiografo: la Vita Mauri, pp. 81-94; III. L'incontro con Cluny: la Vita Odilonis, pp. 95-148; IV. Il testamento: le Vitae di Rodolfo e di Domenico Loricato, pp. 149-233), il quinto (La coerenza della tensione: l'eredità damianea, pp. 235-252) è invece dedicato allo studio della trasmissione degli ideali di riforma di Pier Damiani e all'influenza da questi esercitata in particolare sulla Vita Petri Damiani scritta dal discepolo Giovanni da Lodi. Chiudono il volume le conclusioni (pp. 253-266) e un'appendice con uno status quaestionis delle ricerche non privo di bilanci generali e riflessioni metodologiche (pp. 267-288).
La Vita Romualdi, scritta in giovane età, rappresenta un manifesto programmatico del dettato spirituale riformatore del suo autore. La figura di Romualdo è caratterizzata da una contrapposizione netta al mondo laico e annuncia il proposito damianeo del totum mundum in heremum convertere. Agiografia e autobiografia si intrecciano: al santo è affidato il ruolo di propagatore e legittimatore di un'azione riformatrice radicale.
In maniera non dissimile la Vita Mauri, opera dedicata al vescovo di Cesena vissuto nel X secolo, fornisce l'occasione per un'ulteriore codificazione di un modello di perfezione ascetica. Pier Damiani costruisce una perfetta sintesi tra actio e contemplatio: Mauro è sia il vescovo che svolge con dedizione il servizio pastorale, sia l'asceta alla costante ricerca dell'eremo. Ciò serve a mostrare la piena realizzazione, la perfetta compenetrazione tra la corrente eremitica romualdina-damianea e la società cristiana.
La Vita Odilonis, scritta su richiesta di Ugo di Semur, abate di Cluny, sostituì la Vita composta pochi anni prima dal monaco Jotsald. L'a. interpreta la riscrittura come il segno del consolidamento del potere di Ugo, che attraverso l'auctoritas dell'avellanita eliminò una scomoda testimonianza interna al mondo cluniacense. Pier Damiani operò una riorganizzazione totale del lavoro, strutturale e tematica, attraverso tagli e aggiunte, spesso integrando con fonti orali citate direttamente. Odilone è il grande riformatore, l'inventore del 2 Novembre, il promotore della liturgia per i defunti. La Vita Odilonis ricoprì un ruolo centrale nell'affermazione di un “rito d'istituzione” che rese la Chiesa intermediaria obbligata tra i vivi e i morti, consolidando il proprio potere sulla società. L'avvicinamento di Pier Damiani al monachesimo (frequenti i contatti in particolare con Cluny e Montecassino) segna una fase di allontanamento dagli ideali riformisti della sede romana, con i quali i desideri e le ambizioni spirituali dell'avellanita non collimavano più.
La Vita Rodulphi e la Vita Dominici appartengono all'ultima stagione di Pier Damiani. In esse è perentoria l'autocoscienza del ruolo di istitutore sociale. Rodolfo e Domenico affermano un ideale elevato di spiritualità; la narrazione completa degli eccessi ascetici di Domenico descrive un agone spirituale nel quale l'eremita è athleta Christi. Lo scandalo scaturito attorno alla durezza della conversatio eremitica avellanita consente all'a. di porre in evidenza la pluralità del processo di riforma, molteplice anche in seno al movimento eremitico. La rivoluzione operata nel corso del secolo XI – nota l'a. – va considerata come «il prodotto di una somma di rivoluzioni senza una forzata simmetria e linearità» (p. 191).
Quella di Pier Damiani è una «agiografia di riforma» (p. 56), permeata da elementi ideologici e polemici che hanno funzione normativa e propagandistica. Tra la Vita Romualdi e quella dedicata al discepolo Domenico c'è tutta l'esperienza di vita e di riforma di Pier Damiani: dall'intento di convertire tutto il mondo all'eremo, fino all'affermazione di un ascetismo elitario ed eroico. Nell'evoluzione del suo pensiero, però, rimane forte la «coerenza della tensione» che «unifica e indirizza le scelte» compiute (p. 263).
La produzione agiografica è dall'a. sempre ricondotta nel quadro di un'analisi che non si esaurisce sui soli testi letterari, ma che porta l'attenzione anche su fonti di tipo documentario, in particolare quelle di carattere normativo. Ciò permette di porre in luce quell'incessante dialettica tra fonte storica e contesto politico e culturale, evidenziando con precisione le dinamiche che informarono tale rapporto.
Nella proposizione di modelli di santità nuovi, Pier Damiani ricorre costantemente alla funzione legittimante di elementi legati alla tradizione agiografica. Egli è un «innovatore accanitamente tradizionalista» (p. 263), che agli ostensa miracula predilige la mirabilis vita dei santi, attraverso la quale codifica un modello concreto e accessibile di perfezione eremitica.