Premessa
Nel 1914 la Nuova Internazionale socialista, o II Internazionale, apprende a rispondere in modo rapido e unitario alle crisi internazionali che mettevano a repentaglio la pace tra gli Stati europei. Nata come istituzione federante i diversi partiti socialisti al fine di condurre battaglie comuni a livello internazionale [Joll 1955; Callahan 2010], non è stata fondata per essere uno strumento di lotta contro la guerra, ma lo è diventata. Con il passare degli anni, i suoi congressi si sono trasformati in luoghi di discussione e di messa in pratica dell’antimilitarismo socialista. Il Bureau socialiste international (BSI), segreteria permanente della II Internazionale, creato nel 1900, ha emanato manifesti e trattati, indetto manifestazioni e meeting [Geyer, Paulmann 2001] volti a esprimere l’opposizione del socialismo internazionale a ogni guerra. Spesso le crisi diplomatiche internazionali che si sono succedute tra gli anni ’90 dell’Ottocento e il 1914 [1] sono state il pretesto, o le cause, di questa agitazione crescente delle istituzioni socialiste internazionali nei confronti del pericolo dello scoppio di una guerra.
Col passare del tempo e il susseguirsi delle crisi, la II Internazionale impara pian piano a rispondere adeguatamente e in modo unitario a quelle circostanze che sarebbero potute sfociare in un conflitto aperto, in cui sarebbero stati coinvolti direttamente uno o più Stati europei. È stato un cammino lungo, che ha visto i membri dell’Internazionale tentennare sulla risposta da dare alla crisi marocchina del 1905 o alla guerra russo-giapponese (1904-1905). In seguito però essi hanno trovato le modalità di rispondere efficacemente alle situazioni di tensione internazionale e sono stati in grado di prendere una posizione netta di opposizione alla guerra italo-turca (1911) [Haupt 1967] e alle guerre balcaniche (1912-1913). Gli ultimi mesi prima dello scoppio della Prima guerra mondiale segnano l’apogeo di questo percorso di apprendimento e vedono i socialisti di tutti i paesi membri della II Internazionale [Jousse 2014 e 2015], tra cui i francesi e gli italiani protagonisti di questo articolo, impegnati in una moltitudine di iniziative e manifestazioni finalizzate a esprimere i loro sentimenti di opposizione agli sviluppi della situazione internazionale [Rebérioux 1979]. Tale impegno è però destinato ad arrestarsi brutalmente il 4 agosto 1914, quando il parlamento francese vota all’unanimità a favore dei crediti di guerra, e il partito socialista non fa eccezione. Un destino simile sarà quello della socialdemocrazia tedesca, mentre in Italia, rimasta neutrale fino al maggio 1915, le cose andranno in modo diverso.
L’Internazionale, composta in parte dai socialisti di Paesi che oramai sono in guerra tra loro, non può più costruire una risposta unitaria alla situazione e anche il prisma delle relazioni tra i vari partiti che la compongono muta allo scoppio del conflitto. Nelle prossime pagine analizzeremo nel dettaglio il caso della SFIO e del PSI, appoggiandoci agli articoli pubblicati nella stampa socialista dell’epoca.
Il socialismo e la guerra nell’estate 1914
In Francia
Nel luglio 1914, la SFIO si riunisce in congresso ad Amiens, senza che i suoi membri possano immaginare che si sarebbe trattato dell’ultimo incontro prima dello scoppio della guerra. Il principale punto all’ordine del giorno verte sulla posizione da tenere al congresso dell’Internazionale previsto per il mese di agosto a Vienna, durante il quale è previsto che si discuterà del modo in cui il socialismo internazionale avrebbe dovuto comportarsi se la situazione internazionale fosse peggiorata e lo scoppio di un conflitto sul territorio europeo fosse diventato probabile. L’emendamento Keir Hardie-Vaillant, già all’ordine del giorno per il congresso di Vienna e che prevede il ricorso allo sciopero generale come metodo per fermare lo scoppio di una guerra, viene discusso anche ad Amiens dai socialisti della SFIO, che decidono di affiancargli una risoluzione formulata da Jean Jaurès. Quest’ultima, però, ne modera i contenuti e riduce lo sciopero generale a semplice manifestazione di protesta contro la guerra. In questo modo l’emendamento Keir Hardie-Vaillant perde il tono risoluto che lo contraddistingue [2]. Inoltre, il testo proposto da Jaurès presenta questa clausola: lo sciopero generale si sarebbe potuto fare solo nel caso in cui tutti i Paesi dell’Internazionale avessero aderito all’iniziativa [Haupt 1964; Candar, Duclert 2014].
Anche se durante il congresso di Amiens Jaurès e buona parte dei membri della SFIO considerano un conflitto come una circostanza inverosimile, concedendosi ancora il «lusso dell’irreale» [Becker 1977, 113], l’opposizione alla guerra dei socialisti francesi, in particolare nella loro volontà di mobilizzarsi concretamente a livello internazionale, inizia a mostrare i suoi limiti. È con questo stato d’animo che affrontano gli eventi dei giorni seguenti [Kriegel, Becker 1964]. Non stupisce, dunque, che nessuna voce si alzi, il primo agosto, in opposizione alla mobilizzazione generale promulgata dal governo francese. Infine, quando Poincaré, pochi giorni dopo, esorta i partiti di Francia a unirsi nell’Union sacrée, la SFIO si allinea subito alla richiesta.
In Italia
Il Partito socialista italiano si trova nel luglio e nell’agosto 1914 in una situazione molto diversa da quella dei compagni transalpini. I socialisti italiani hanno già dovuto affrontare una guerra (contro la Turchia per il controllo della Tripolitania) [Cortesi 1972; Saviano 1974] e hanno da poco finito di attraversare un periodo turbolento, durante il quale si sono susseguite numerose proteste operaie [Ciuffoletti 1992].
Allo scoppio della guerra l’Italia, anche se legata alla Germania e all’Impero austro-ungarico dalla Triplice alleanza, dichiara la sua neutralità. L’opinione pubblica si divide però ben presto e la frattura tra interventisti e neutralisti cresce a poco a poco [Degl’Innocenti 2015]. Il PSI si dichiara subito a favore della neutralità, ma all’interno del partito la situazione non è del tutto chiara. In un primo momento, nonostante la disgregazione generalizzata del socialismo internazionale, il partito rimane comunque fedele agli ideali di internazionalismo e di difesa della pace. Benito Mussolini, direttore dell’«Avanti!» e leader carismatico del PSI, adotta una posizione intransigente: nel suo famoso articolo «Abbasso la guerra!», non solo dichiara necessario che l’Italia resti neutrale, ma minaccia di spingere il proletariato a usare la violenza se il governo si fosse espresso a favore dell’entrata del Paese nel conflitto [De Felice 2005] [3]. Il 28 luglio, inoltre, la direzione del partito e il gruppo parlamentare socialista approvano un ordine del giorno nel quale si avverte che «nessun patto segreto di coronati [potrà] trascinare il proletariato italiano ad impugnare le armi al servizio dell’alleata per sopraffare un popolo libero» [4]. Questa presa di posizione decisa dei socialisti, condivisa da un gran numero d’italiani, contribuisce a impedire l’avventura bellica accanto agli alleati tedesco e austro-ungarico.
Al livello internazionale
Il nuovo congresso della II Internazionale si sarebbe dovuto tenere a Vienna dal 23 al 28 agosto 1914, in seguito a una decisione presa durante l’ultima riunione del BSI, a Londra, il 13 e 14 dicembre 1913. Tra gli altri punti all’ordine del giorno, a Vienna si sarebbe dovuto discutere anche delle questioni dell’imperialismo e dell’arbitrato internazionale. Ma all’inizio dell’estate 1914 la situazione internazionale sta già precipitando. Il BSI in riunione a Bruxelles (29-30 luglio) decide che il seguente congresso dell’Internazionale si sarebbe svolto prima del previsto: la nuova riunione è fissata per il 9 agosto a Parigi. Principale punto all’ordine del giorno è «la guerra e il proletariato» [Haupt 1964, 237]. Il BSI si prepara a far fronte alla situazione di crisi internazionale [Panaccione 1989]. Com’è risaputo, tutti i suoi sforzi resteranno però vani. A guerra ormai cominciata, il Bureau si vede costretto dagli eventi a rimandare il congresso a data da destinarsi.
L’inizio della guerra
La fiducia del PSI nell’Internazionale
I socialisti italiani adottano un atteggiamento particolare nei primi tempi di guerra. Malgrado il voltafaccia dei partiti fratelli, i giornali italiani continuano a esprimere la loro fiducia nel fatto che l’Internazionale si sarebbe di nuovo riunita rapidamente in congresso e che i socialisti francesi e tedeschi avrebbero ben presto ricominciato a protestare contro le decisioni prese dai rispettivi governi. L’«Avanti!» riporta meticolosamente la lista delle manifestazioni contro la guerra che si tengono in Francia e in Germania. Jaurès, assassinato qualche giorno prima da un attivista nazionalista, è commemorato in Italia come il «martire dell’antimilitarismo» [5]. Uno degli scritti in cui il leader francese si schiera nettamente «contro il nazionalismo e contro il militarismo» [6] viene immediatamente ripubblicato in italiano. L’affermazione di Gustave Hervé «la guerra è immonda» [7] diventa il titolo di un articolo in prima pagina del principale quotidiano socialista italiano, dov’è sottolineato con veemenza che la dichiarazione proviene dalle fila del socialismo francese.
Il 9 agosto, a guerra ormai in corso, l’«Avanti!» è sempre convinto della forza dell’Internazionale. L’articolo intitolato «L’Internazionale socialista e la guerra» afferma perentoriamente che «l’Internazionale non ha fallito» [8]. L’atteggiamento verso gli altri socialisti, quegli stessi che si stanno facendo la guerra, rimane positivo e assume a volte i tratti di una fiducia irrazionale verso la volontà di pace del socialismo internazionale. In settembre, gli italiani si domandano se i socialisti tedeschi siano unanimi nella loro volontà di proseguire il conflitto o se non sia piuttosto un modo di fare proprio al solo gruppo dirigente [9].
Il dibattito su una possibile nuova riunione dell’Internazionale non si placa col passare dei mesi [Scirocco 2015, 42]. Nell’aprile del 1915 sulle pagine dell’«Avanti!» sono espresse critiche contro coloro che accusano l’Internazionale di fallimento. Stando all’articolo, l’Internazionale «non è morta!» [10]. Qualche giorno dopo, si dà la notizia dello sforzo che il PSI sta compiendo per definire un’azione in Europa che abbia lo scopo di ricompattare l’Internazionale. Nella primavera del 1915, Oddino Morgari, deputato del PSI, era stato mandato in missione ufficiale a Parigi, Londra e Le Havre «per prendere gli accordi opportuni con i partiti socialisti inglese, francese e belga, malgrado la situazione tragica dei loro paesi» [11] e per cercare di riorganizzare un’iniziativa internazionale di protesta socialista contro la situazione in corso.
La SFIO in guerra
Non è possibile trovare in Francia, in questi primi mesi di guerra, dichiarazioni simili a quelle formulate dai membri del PSI. La prima pagina de «L’Humanité» del 4 agosto è completamente occupata dalla dichiarazione di guerra. Il 5 agosto il giornale dedica ampio spazio ai funerali di Jaurès, che si erano svolti il giorno precedente. Il tono dei discorsi tenuti in questa occasione, fedelmente riportati dal quotidiano francese, denota una certa rassegnazione di fronte alla situazione in corso. Jaurès diventa, nelle parole dei compagni, «l’ultima speranza che l’Internazionale aveva avuto di mantenere la pace» [12], ormai morta con lui.
Il cambiamento di tono si nota anche nelle relazioni tra i socialisti di altre nazioni, soprattutto se si leggono le dichiarazioni fatte dai socialisti stranieri residenti sul territorio francese. I socialisti del Deutsches Leseclub di Parigi (un circolo letterario socialista tedesco che aveva sede e si riuniva nella capitale francese) [Goergen 1998] indirizzano le seguenti parole ai rappresentanti della SFIO:
Camerati, in questo momento triste, noi esprimiamo i sentimenti più fraterni dei socialisti tedeschi che preferiscono restare nel vostro paese di libertà e che rifiutano di combattere contro i compagni francesi. Noi tutti amiamo la nostra patria, ma non possiamo più amare una patria che attacca un popolo pacifista. Le nostre simpatie si indirizzano a voi che difendete il suolo della libertà. Andate incontro alla vittoria! Andate e battete il governo criminale di Berlino! Abbasso le monarchie! Viva la Francia democratica! Viva la repubblica tedesca! [13].
Questa dichiarazione, citata il giorno dopo nell’editoriale de «L’Humanité», fa fremere di «gioia e di fierezza» Pierre Renaudel. Secondo Renaudel, redattore dell’articolo e successore di Jaurès alla direzione del quotidiano, solamente la convinzione dei quattro milioni di socialisti tedeschi che il loro imperatore li stava portando verso una guerra d’aggressione e contro la libertà avrebbe potuto essere una «garanzia della nostra vittoria» [14]. Qui il francese non intende più la vittoria del socialismo, ma quella della Francia sull’impero tedesco. Dichiarazioni simili a quelle dei socialisti tedeschi presenti in Francia sono formulate dal gruppo dei socialisti italiani a Parigi. In un messaggio inviato al ministro degli Interni francese, al prefetto della Senna e al prefetto della Polizia, il Circolo socialista italiano di Parigi annuncia la disponibilità dei suoi iscritti di combattere a fianco dei francesi [15].
I toni sono dunque molto diversi rispetto a quelli che si possono leggere nello stesso momento sull’«Avanti!». Mentre in Francia nessuna fiducia è ormai espressa nei confronti di una possibile azione internazionale dei socialisti volta a fermare il conflitto, solo nell’Italia neutrale lo spirito socialista e la fratellanza internazionale sono ancora difesi. I socialisti francesi mostrano, sin dall’inizio della guerra, una totale indifferenza nei confronti di ciò che accade nei partiti dei paesi limitrofi. L’unica solidarietà possibile tra socialisti sembra essere per loro una solidarietà di guerra.
Il periodo della neutralità italiana
La SPD e la neutralità italiana
Per studiare le relazioni tra i socialisti italiani e francesi durante il periodo della neutralità italiana [Canale Cama 2007] è interessante prendere in considerazione le fonti provenienti dal mondo della socialdemocrazia tedesca. In Germania, infatti, i socialdemocratici osservano con attenzione le relazioni tra SFIO e PSI, per una ragione ben precisa: cercare di capire da che parte si sarebbero schierati gli italiani se il loro governo avesse deciso l’entrata in guerra del paese. I socialisti francesi stanno effettivamente facendo pressione affinché i compagni d’oltralpe appoggino la partecipazione dell’Italia al conflitto al fianco della Francia. Una prospettiva che preoccupa i tedeschi.
Il 29 novembre il «Vorwärts» pubblica un’intervista a Jules Guesde realizzata dal giornalista Alceste De Ambris, rappresentante del sindacalismo rivoluzionario oltre che parlamentare del PSI dal 1913 e interventista della prima ora. Guesde spiega quali sono a suo avviso le diverse ragioni per cui «il Partito socialista italiano ha il dovere di appoggiare la partecipazione dell’Italia alla guerra» [16]. Secondo Guesde l’entrata in guerra dell’Italia accorcerebbe la durata del conflitto, perché rafforzerebbe le fila delle potenze democratiche che combattono contro quelle imperialiste. Appena qualche giorno più tardi, il «Vorwärts» cita però anche un articolo dell’«Avanti!» dove sono espresse le ragioni per cui i socialisti italiani non avrebbero mai votato a favore della guerra [17]. Le pagine del quotidiano tedesco mostrano dunque due tendenze: da un lato, che i socialdemocratici osservano con angoscia le manovre di avvicinamento tra socialisti italiani e francesi; dall’altro, che loro stessi insistono nell’affermare che una buona parte dei rappresentanti del PSI non ha cessato di dichiararsi incondizionatamente opposta all’entrata in guerra del paese [18]. Anche in Germania, come in Francia, i socialisti hanno ormai lasciato da parte i sentimenti di solidarietà internazionale per immergersi in tutto e per tutto nelle logiche del conflitto.
La spedizione di Südekum nell’Italia neutrale
La socialdemocrazia tedesca non si limita però a essere semplice spettatore. Un suo emissario, Albert Südekum, viene inviato in Italia per intrattenersi con vari rappresentanti del partito socialista sulla questione della guerra in corso e per valutare dall’interno quali sentimenti nutrano i socialisti italiani nei confronti del conflitto [Keller 1994]. La scelta di Südekum, giornalista e deputato della SPD dal 1900, non è casuale. Personalità ambiziosa e con forti tendenze nazionaliste, il cancelliere Bethmann-Hollweg lo aveva già scelto, nei giorni cruciali di fine luglio 1914, come intermediario tra il governo e la SPD per ottenere da parte dei capi socialdemocratici la promessa del loro allineamento al governo in caso di guerra. In seguito era stato lo stesso Südekum a redigere la prima stesura della dichiarazione con cui la SPD dava il suo avviso favorevole al voto dei crediti di guerra.
Südekum rimane in Italia dal 26 agosto al 2 settembre, facendo tappa a Milano e a Roma, dove incontra diversi rappresentanti del PSI, quali Claudio Treves, Benito Mussolini, Angelica Balabanoff, Enrico Chiesa, Leonida Bissolati. Il suo compito è quello di valutare quali siano le reali posizioni e i rapporti di forza tra i socialisti italiani e di spingere affinché continuino a opporsi all’entrata in guerra del loro paese. La SPD teme infatti che gli italiani abbraccino la causa francese della lotta contro gli imperi. Il viaggio in Italia del socialdemocratico tedesco non viene accolto con favore dalla stampa socialista italiana: la sera stessa della visita di Südekum alla direzione del PSI, un gruppo di socialisti romani scrive in una dichiarazione ufficiale che la SPD «ha perduto il diritto di richiamarsi ai vincoli di internazionalità socialista» e che «l’invio di una missione socialista dalla Germania in Italia in questo momento non può non essere sospettato di insidia» [19] [Valiani 1963, 38].
Questa avversione non passa inosservata in Francia. «L’Humanité» dà spazio a delle riflessioni sul viaggio di Südekum in Italia, mettendo soprattutto in luce le espressioni di ostilità dei socialisti italiani nei confronti del compagno tedesco [20]. Il quotidiano francese ringrazia inoltre i compagni italiani «per i sentimenti che essi [hanno] manifestato in questa occasione verso di loro [i socialisti francesi] e per il nuovo omaggio che essi hanno reso a Jaurès» [21]. Quest’ultima allusione fa rifermento, con tutta probabilità, alle parole pronunciate da Alceste Della Seta in conclusione della riunione con Südekum:
Noi vi diciamo apertamente che compiangiamo ed onoriamo il Belgio distrutto, che seguiamo trepidanti le sorti della Francia, che sul campo dell’Internazionale ha sacrificato la vita di Giovanni Jaurès. In quanto ai rapporti da partito a partito, quando la pace ci avvicinerà, noi cercheremo di convocare rapidamente un convegno internazionale [Valiani 1963, 90].
La visita dell’esponente della socialdemocrazia tedesca sembra dunque aver reso manifesta la simpatia dei socialisti italiani verso i loro compagni francesi.
Mussolini e la guerra
L’appoggio dato dalla SFIO a una possibile approvazione del PSI all’entrata in guerra dell’Italia, naturalmente a fianco della Francia, aumenta di vigore a mano a mano che l’ala interventista del Partito socialista italiano cresce in effettivi e in forza.
Il PSI mantiene nel suo insieme un atteggiamento neutrale, ma alcuni dei suoi rappresentanti sposano la causa della guerra. Un caso esemplare è quello di Mussolini, che diventa uno dei più ferventi attivisti dell’entrata del paese in guerra, dopo essere stato a lungo un antimilitarista convinto. Un cambiamento di rotta così radicale non passa inosservato agli occhi dei socialisti francesi. Il 21 ottobre, «L’Humanité» riproduce l’articolo-manifesto (apparso sulle pagine dell’«Avanti!» tre giorni prima) che esprime la nuova posizione di Benito Mussolini [22]. Il leader socialista italiano riprende le idee già emerse al momento dell’incontro dei socialisti romani con Südekum, anche se i toni nel suo articolo sono più decisi. Secondo Mussolini, infatti, è necessario distinguere tra due diversi tipi di guerra e, a suo avviso, quella portata avanti dalla Germania non è certamente la stessa guerra che sta conducendo la Francia [23]. Naturalmente, continua Mussolini, i socialisti italiani si sono schierati dalla parte di coloro che sono stati aggrediti e che si battono contro le ingiustizie perpetrate dagli imperi centrali e conclude: «il programma della neutralità “assoluta”, per l’avvenire, è reazionario. Ha avuto un senso, ora non l’ha più. Oggi, è una formula pericolosa, che ci immobilizza» [24]. Secondo Mussolini bisogna quindi abbandonare l’idea della neutralità assoluta: l’Italia deve combattere con la Francia per contribuire ad accelerare la conclusione del conflitto. Questo articolo, sintomo di un nuovo modo di porsi, porta dei cambiamenti all’interno del partito. Arturo Vella, membro del PSI e strenuo antimilitarista, chiede la redazione di un nuovo manifesto del PSI che affronti la questione dell’intervento nel conflitto. La reazione di Mussolini a questa iniziativa è perentoria: se il contenuto del manifesto non fosse stato in linea con le dichiarazioni espresse nel suo articolo, egli avrebbe porto le sue dimissioni da direttore del quotidiano.
I rappresentanti della SFIO, dal canto loro, appoggiano il nuovo atteggiamento di Mussolini. Lo stesso 21 ottobre, il giorno in cui «L’Humanité» riporta la notizia del cambiamento di rotta del socialista italiano, il quotidiano francese scrive in prima pagina che il momento è giunto per l’Italia di «affiancarsi ufficialmente alle potenze che si sono unite in una lega contro il militarismo brutale di Berlino» [25]. Nei giorni seguenti, il quotidiano francese non si priva di sottolineare che una parte dei socialisti italiani vuole la guerra: «[Mussolini ha dichiarato] di non essere mai stato incondizionatamente avverso alla guerra. Ma, piuttosto, che il partito socialista non poteva prendersi da solo la responsabilità di spingere il paese a lanciarsi in una simile avventura» [26]. In seguito l’articolo si sofferma sui dettagli della situazione creatasi in seno alla direzione dell’«Avanti!» dopo le dichiarazioni di Mussolini [27]. Inoltre, il quotidiano francese dà pochissimo rilievo al manifesto «Contro la guerra» che la direzione del PSI ha redatto in risposta alle affermazioni di Mussolini [28], lasciando invece sempre più spazio a quei membri del partito che cominciano ad abbracciare la causa della guerra:
Ieri sera, a Milano, un’assemblea di socialisti milanesi, composta soprattutto dagli amici dell’ex direttore dell’«Avanti!», Mussolini, si è dichiarata solidale con le idee espresse nell’articolo che era stato incriminato dalla direzione del partito socialista e che ha portato alla dimissione di Mussolini.
E ancora, qualche linea più giù:
D’altra parte, l’Unione socialista romana ha votato ieri un ordine del giorno che prevede una propaganda energica a favore delle aspirazioni nazionaliste dell’Italia e della democrazia europea, minacciata dall’imperialismo tedesco [29].
Le spedizioni belga e francese in Italia
Come avevano fatto qualche mese prima i tedeschi, anche i socialisti belgi e francesi inviano in Italia dei loro rappresentanti. Jules Destrée, del partito socialista belga, partecipa nel novembre 1914 a una lunga serie di riunioni in Italia con quegli esponenti del PSI che si sono avvicinati alla causa dell’interventismo. Attraverso la narrazione delle malefatte tedesche in Belgio nei primi mesi di guerra, Destrée cerca di persuadere gli italiani ad appoggiare l’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Francia e dà il suo contributo «attraverso questa missione di informazione, di convincere il governo italiano, o in ogni caso una parte dell’opinione pubblica, a rompere le sue alleanze e a lasciare la sua neutralità per unirsi all’Intesa» [Destatte 1988, 543]. Nelle sue memorie non mancherà di criticare la fedeltà dei dirigenti e della maggioranza del PSI alle posizioni pacifiche dell’Internazionale: «Teoria abbastanza sommaria di un verbalismo vuoto, che avrebbe potuto avere qualche significato in un altro momento, ma che è assolutamente impotente nel trovare delle soluzioni ai problemi attuali» [Destrée 1915, 54].
Nell’aprile 1915, infine, anche un socialista francese, Marcel Cachin, si reca in Italia con scopi simili. Si incontra con i rappresentanti dell’ala riformista dei socialisti italiani, esclusa dal PSI nel 1912, che è nel complesso interventista, e con Mussolini, il 19 aprile [Peschanski 1993, 746]. Rende conto della sua visita nelle pagine de «L’Humanité»:
Nessuno può dubitare oggi delle intenzioni dell’Italia. Parteciperà al conflitto e non vi è nessun abitante della Penisola che non ne sia ormai convinto. Ciò non vuol dire che se ne mostri dappertutto un grande entusiasmo; […] Per essere esatti, potremmo dire che la stragrande maggioranza degli italiani non vuole la guerra; ma ognuno sente che gli eventi sono più forti delle volontà e che ne siamo tutti coinvolti nostri malgrado, senza che la resistenza sia possibile.
Cachin si mostra inoltre favorevole a Mussolini e al suo operato, rendendo omaggio a «l’energica attitudine di Mussolini, che si è dedicato senza risparmio alla causa interventista». Il francese propone anche il suo punto di vista sull’incontro tra Südekum e il neointerventista italiano, con lo scopo di dimostrare una volta di più la simpatia dei socialisti italiani per la Francia piuttosto che per la Germania e di denunciare all’occasione l’attitudine della SPD:
Visto che egli [Mussolini] compiva nell’«Avanti!», di cui era allora caporedattore, una campagna molto netta contro l’aggressione tedesca e contro l’attitudine dei soldati del Kaiser, ricevette la visita di Südekum, presentato dal cittadino Blabanoff. Possiamo immaginare facilmente la piega presa dalla conversazione. Ad un certo punto, Mussolini domanda a Südekum: «Ma, alla fine, perché voi socialisti vi unite contro la Francia repubblicana?» E Südekum gli rispose: «Non abbiamo animosità contro la Francia; nutriamo al contrario un grande affetto per lei. Ma è necessario che noi la schiacciamo, per girarci poi contro la Russia.
Per poi continuare: «Distruggere la Francia a favore dell’imperialismo tedesco era una concezione mostruosa agli occhi del socialista che è Mussolini. E per un rivoluzionario come lui, che vede le cose dall’alto, il dovere di intervenire era indispensabile e urgente per impedire a un crimine simile di compiersi» [30].
L’Italia entra in guerra
Il PSI e la guerra
A mano a mano che l’Italia si orienta verso l’intervento nel conflitto, il numero di socialisti che credono che questo sia ormai inevitabile aumenta. Tale è il caso di Anna Kuliscioff, una delle maggiori personalità del socialismo italiano, che scrive in quei giorni a Filippo Turati, leader del PSI e suo compagno [Vigezzi 1981]:
Beati gli illusi, mio caro! E tu sei fra questi. […] Mi spiego questo ottimismo col vivo desiderio di scongiurare la guerra, ma, ohimè! non credo che le impressioni dei neutralisti siano la realtà e lo spirito delle dichiarazioni del governo. Per parte mia sono convinta che la guerra ormai è decisa: sarà questione di tempo, dell’occasione che la farà scoppiare, ma non c’è minimo dubbio, che l’intervento, pel governo, è ormai fuori discussione [31].
Nel febbraio 1915, la Kuliscioff esprime di nuovo a chiare lettere i suoi dubbi relativi alla necessità per il PSI di restare fermo nella sua posizione di difesa della neutralità assoluta. Anche negli articoli della «Critica sociale», principale rivista teorica del socialismo italiano, personalità di rilievo quali Alessandro Levi, Rodolfo Mondolfo, Giuseppe Rensi lasciano trapelare una simpatia crescente a favore dell’entrata in guerra del paese, assumendo tuttavia un tono più moderato rispetto a quello di Mussolini. L’8 gennaio 1915 Turati, insieme all’ala politica favorevole all’intervento dell’Italia in guerra, firma un manifesto che rivendica il principio di nazionalità e la tutela pacifica degli interessi italiani e che rifiuta il carattere assoluto della neutralità. Ciononostante, il leader socialista conserva la sua intima avversione per il ricorso alla violenza.
Al contrario, Anna Kuliscioff è sempre più convinta del fatto che l’Italia debba al più presto schierarsi dalla parte dell’Intesa. Il 12 marzo Turati le scrive:
La tua ossessione sta in questo: nel credere che la guerra possa salvarci o difenderci. La guerra è come la malattia: può uccidere, può indebolire, niente altro. Non ci farà né più ricchi, né più saggi, né più produttivi, né più liberi, né più onesti, né più felici di quel che siamo. Perché mai dovremmo applicare alla politica estera criteri tanto diversi da quelli che abbiamo adottato per la politica interna, a proposito della rivoluzione e della rivolta? [32].
È con questi sentimenti contraddittori e queste posizioni così differenti che il PSI arriva alla metà di maggio 1915, senza riuscire a dar vita a un solido movimento di opposizione all’entrata dell’Italia in guerra. Ma nonostante questo (e al contrario di quello che era accaduto in Francia e in Germania), durante la seduta parlamentare del 20 maggio in cui viene votata l’entrata in guerra dell’Italia (la mobilizzazione generale sarà dichiarata il 24 maggio), Turati si pronuncia contro la partecipazione dell’Italia al conflitto, in nome del PSI, e i deputati del gruppo socialista votano in opposizione ai crediti di guerra. Si deve però sottolineare che ciò non implica una maggior fedeltà degli italiani nei confronti dell’Internazionale. Votare contro i crediti di guerra risulta in qualche modo più facile per i socialisti italiani, poiché sanno ormai con esattezza che genere di guerra si sta combattendo, visto che il conflitto è in corso da quasi un anno. Il voto contrario è dunque dettato più da questa contingenza specifica che da una maggiore fiducia del socialismo italiano nella forza e nell’unità del socialismo internazionale.
I socialisti francesi e i nuovi sviluppi in Italia
Nei giorni precedenti all’entrata in guerra dell’Italia, «L’Humanité» fa un resoconto minuzioso di quello che accade nella penisola:
I giornali tedeschi cominciano a parlare, da qualche giorno, di relazioni austro-italo-tedesche. Cercano naturalmente di persuadere l’Italia che per suo interesse dovrebbe restare dalla parte della Germania e dell’Austria-Ungheria [33].
Per i francesi si percepisce già che l’Italia sarebbe entrata in guerra con l’Intesa, mentre sulle modalità di azione del PSI i redattori de «L’Humanité» non nascondono alcune perplessità. In particolare rimproverano agli italiani d’avere preso «una decisione […] che, in realtà, non è una decisione» [34]. E ancora:
Il Partito socialista italiano è tormentato da influenze diverse, ed è l’incertezza che regna sovrana. […] Ciò significa, quando si legge tra le righe dei giornali socialisti italiani: noi ci incliniamo, dato che il momento decisivo non è lontano [35].
I redattori de «L’Humanité» avrebbero preferito un’accettazione completa dell’entrata in guerra accanto alla Francia da parte di tutti compagni italiani. Il quotidiano tace invece laddove possibile le prese di posizione neutraliste di una parte del PSI e si rifiuta di citare alcune dichiarazioni di Turati che spiegano le ragioni della sua opposizione all’entrata in guerra del paese, a tal punto che il quotidiano francese viene accusato dall’«Avanti!» di voler «boicottare Turati» [36].
Diversa è la predisposizione nei confronti delle dichiarazioni favorevoli all’entrata in guerra. Già il 20 maggio, quando ancora nella penisola il dibattito parlamentare sull’entrata in guerra è nel vivo, e Salandra, che ha succeduto a Giolitti nella carica di presidente del Consiglio, spinge affinché l’Italia prenda parte al conflitto, «L’Humanité» offre la sua prima pagina all’articolo di un socialista italiano, Amilcare Cipriani, nel cui testo si può leggere: «Quando scoppierà [la guerra], troverà davanti a lei un intero popolo deciso a non far fare loro [ai tedeschi] quello che hanno fatto in Belgio e altrove» [37]. La fine della neutralità è ormai solo una questione di giorni.
L’entrata in guerra dell’Italia viene salutata con entusiasmo dal governo Viviani. Durante la seduta parlamentare del 25 maggio 1915, il presidente della Camera francese dichiara che come «cinquant’anni fa, l’Italia è con noi». Come risposta, tutti i deputati «si alzarono e si girarono verso la loggia dei diplomatici. Seguirono applausi prolungati e “Viva l’Italia” fu gridato all’unanimità e ripetutamente». Il discorso che segue è una celebrazione del nuovo alleato e della sua unione e fermezza nella decisione di entrare in guerra:
Nel momento in cui l’Italia apporta la sua parte di sacrificio alla realizzazione del suo sogno e alla liberazione dell’umanità, io saluto, in nome del governo della repubblica, la nazione italiana nella sua irremovibile fermezza. Da un estremo all’altro della Penisola, tutto un popolo si è alzato con l’entusiasmo inerente alla sua nobile natura e dopo aver osservato durante nove mesi lo spettacolo della guerra, senza per questo tirarsi indietro di fronte ad essa [38].
Nessuna voce si alza nel parlamento francese contro queste affermazioni, nessuno fa menzione del PSI rimasto neutro. Anche Édouard Vaillant si affretta a tessere le lodi del nuovo alleato:
Questo intervento dell’Italia significa per noi una guerra intensificata, rapida, e che arriverà senza fallo a una conclusione vittoriosa. Significa una pace vicina, la pace degli alleati, la pace della libertà, dell’indipendenza, dell’autonomia dei popoli e delle nazioni. E risultato prezioso e inestimabile per noi socialisti è l’azione, l’influenza delle potenze repubblicane e liberali occidentali aggrandita e fortificata dalla partecipazione italiana [39].
Tra tutte le opinioni dei socialisti italiani, il quotidiano francese continua a favorire gli interventisti. Quando cita i neutralisti (la neutralità, ricordiamolo, è la posizione ufficiale dei socialisti in Parlamento), è unicamente per mostrare che al loro fianco esistono anche i socialisti italiani che appoggiano l’entrata in guerra ed evitano con accuratezza di lasciare spazio senza contraddittorio alla sola voce neutralista. La lettera del corrispondente romano dell’«Avanti!», Francesco Ciccotti, indirizzata al «Giornale d’Italia», citata e tradotta da «L’Humanité», è un esempio di questo atteggiamento. Ciccotti vi afferma che «anche se rispettiamo gli sforzi compiuti dai socialisti parlamentari per il mantenimento della neutralità […], noi, faremo tutto il nostro dovere» [40]. La lettera riporta di seguito la notizia che in tutte le città italiane è presente un buon numero di socialisti che si sta staccando dalla linea ufficiale del partito per dare la sua intera adesione all’interventismo.
Conclusione
Nei primi mesi di guerra il BSI ha lasciato l’iniziativa nelle mani dei suoi partiti membri e la sua azione in quanto istituzione internazionale è stata nulla. Gli sforzi tedeschi e francesi nella battaglia per l’antimilitarismo sono stati perlopiù assenti e, le rare volte che si sono manifestati, sono stati abbandonati sul nascere. Quanto ai socialisti italiani, essi sono stati oggetto di vera e propria diffidenza da parte dei corrispettivi tedeschi. I socialisti francesi, dal canto loro, hanno strumentalizzato il dibattito sulla neutralità che aveva luogo all’interno del PSI, schierandosi con coloro che appoggiano l’intervento in guerra. Il PSI è l’unico dei tre partiti che vota contro i crediti di guerra, ma a conflitto iniziato e dopo essersi profondamente diviso sulla questione della neutralità. La II Internazionale era riuscita negli anni a organizzare delle risposte tempestive alle situazioni di crisi internazionale, di cui il congresso di Basilea del 1912, in pieno svolgimento delle guerre balcaniche, aveva costituito l’esempio più spettacolare. È invece sopraffatta dalla crisi di luglio 1914, alla quale non riesce a dare una risposta unitaria, tanto che i partiti che la compongono si allineano in tutto e per tutto alle logiche di politica bellica dei rispettivi paesi.
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Note
1. Crisi di Fascioda 1898, guerra russo-giapponese 1904-1905, prima crisi marocchina 1905, seconda crisi marocchina 1911, guerra italo-turca 1911-1912, prima e seconda guerra balcanica 1912-1913.
2. La question de l’impérialisme devant le Congrès socialiste, «L’Humanité», 17.07.1914 e Rappoport Ch. 1914, Die politische Lage in Frankreich und der Kongreß von Amiens, «Neue Zeit», 20: 733-739.
3. Abbasso la guerra, «Avanti!», 26.07.1914.
4. Citato da Mussolini B., Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante, «Avanti!», 18.10.1914.
5. Jaurès commemorato a Roma, «Avanti!», 7.08.1914.
6. Jaurès J., Contro il nazionalismo e contro il militarismo, Milano, 1914 (Archivio della Fondazione Lelio e Lisli Basso, Roma).
7. Hervé. La guerra è immonda, «Avanti!», 5.08.1914.
8. L’internazionale socialista e la guerra, «Avanti!», 9.08.1914.
9. I socialisti tedeschi sono unanimi?, «Avanti!», 3.09.1914.
10. L’Internazionale non è morta. I loro e i nostri odî, «Avanti!», 13.04.1915.
11. Per l’Internazionale socialista, «Avanti!», 17.04.1915.
12. Sono le parole di Édouard Vaillant riportate in: Les obsèques de Jaurès, «L’Humanité», 5.08.1914.
13. Un ordre du jour des socialistes allemands à Paris, «L’Humanité», 6.08.1914.
14. Renaudel P., Socialistes, «L’Humanité», 7.08.1914.
15. Les socialistes italiens de Paris, «L’Humanité», 8.08.1914.
16. Ansichten von Jules Guesde, «Vorwärts», 29.11.1914.
17. Die italienische Sozialdemokratie und der Krieg, «Vorwärts», 4.12.1914.
18. Ancora nel gennaio 1915 il quotidiano tedesco dava la notizia di una decisione presa dalla sezione del PSI di Firenze che si dichiarava ancora una volta a favore della neutralità e si impegnava in una propaganda più serrata perché l’Italia restasse neutrale: Die Sozialisten Italiens für die Neutralität, «Vorwärts», 20.01.1915.
19. La dichiarazione originale fu citata nei quotidiani «Secolo» e «Lavoro» del 2 settembre 1914.
20. Socialistes italiens et socialistes allemands, «L’Humanité», 3.09.1914.
21. Socialistes italiens et socialistes allemands, «L’Humanité», 3.09.1914. Qualche giorno più tardi «L’Humanité» sottolineava ancora una volta la simpatia manifestata dall’Italia nei confronti della Francia: Les sympathies avouées des puissances neutres e En Italie, «L’Humanité», 5.09.1914.
22. Chez les neutres. En Italie. L’attitude des socialistes, «L’Humanité», 21.10.1914.
23. «Valutare tutte le guerre alla stessa stregua sarebbe assurdo e – ci sia concesso di dirlo – cretino», Mussolini B., Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante, «Avanti!», 18.10.1914.
24. Ibidem.
25. L’attitude de l’Italie, «L’Humanité», 21.10.1914.
26. Les socialistes italiens et la guerre, «L’Humanité», 23.10.1914.
27. Rücktritt Mussolinis, «Vorwärts», 22.10.1914.
28. Mussolini quitte la direction de l’Avanti!, «L’Humanité», 22.10.1914.
29. Chez les socialistes italiens, «L’Humanité», 24.10.1914. Subito dopo un altro articolo annunciava che Il partito radicale italiano chiede di uscire dalla neutralità, «L’Humanité», 24.10.1914.
30. Cachin M., En Italie, «L’Humanité», 27.04.1915.
31. Anna Kuliscioff a Filippo Turati, 4 dicembre 1914 [Schiavi, Pedone 1977 (2), 1191].
32. Filippo Turati a Anna Kuliscioff, 12 marzo 1915 [Pedone 1977 (1), 62-63].
33. L’Allemagne et l’Italie, «L’Humanité», 1.05.1915.
34. Les socialistes italiens et la guerre, «L’Humanité», 4.05.1915.
35. Les socialistes italiens et la guerre, «L’Humanité», 4.05.1915.
36. Turati boicottato in Francia, «Avanti!», 20.05.1915.
37. Cipriani A., Langage de Pangermanistes, «L’Humanité», 20.05.1915.
38. Seduta del 25 maggio 1915, «Chambre des députés, journal officiel de la République», 26 maggio 1915, 741.
39. Vaillant É., Vers la victoire, vers la paix, «L’Humanité», 21.05.1915.
40. Les socialistes italiens et la guerre, «L’Humanité», 21.05.1915.