Janet Nelson, Emeritus Professor presso il King’s College London, è tra i più noti medievisti britannici, stimata studiosa dell’Europa altomedievale e in particolare del periodo carolingio. Tra i suoi meriti quello di aver contribuito ad aprire, insieme ad altri studiosi della sua generazione, una prospettiva nuova sulla gender history dell’età altomedievale.
L’impegno dell’a. nell’ambito della storia di genere emerge fortemente in questo libro, una raccolta di saggi pubblicati tra 1986 e 2005 (più uno inedito), che ha il merito di ripercorrere con grande efficacia i temi che più hanno connotato i suoi interessi di ricerca: le strutture politiche, la regalità maschile e femminile, il rapporto tra potere regio ed élites, con particolare attenzione all’ambito carolingio. Alla prospettiva di genere, su cui l’a. si è concentrata soprattutto nei più recenti lavori, è dedicata la prima metà dell’opera, una sezione significativamente intitolata “Gender and Power”. I lavori ivi raccolti dimostrano come l’Alto Medioevo abbia spesso visto un ruolo attivo delle donne in molteplici ambiti: dalla politica alla cultura, dall’economia alla religione.
Il problema della scarsità di documentazione per l’Alto Medioevo ha portato di frequente la storiografia a trascurare un’indagine approfondita sul ruolo delle donne in quel periodo. Al contrario, secondo l’a., la povertà di documenti può rivelarsi un vantaggio: l’approccio rigoroso e innovativo e le indagini accurate della medievista britannica su fonti dei più svariati tipi dimostrano che una forte presenza femminile è innegabile. L’analisi e la comprensione dei ruoli svolti dalle donne non possono esulare dalla prospettiva di genere: nell’agire femminile «lo stato condizionale e la provvisorietà sono dimensioni cruciali» (cap. II, p. 102). Tali dimensioni sono imposte proprio dai modelli di genere e sono dunque da tenere presenti qualora si analizzino i ruoli femminili nei più disparati ambiti. Le donne sono esaminate nell’attività di promotrici spirituali e culturale a corte (cap. I), di responsabili nella gestione dei patrimoni (cap. II), di divulgatrici di valori morali e religiosi attraverso l’educazione dei figli (cap. III). Non è dunque possibile parlare di un univoco modello di femminilità altomedievale, poiché l’azione di una donna si attua di volta in volta attraverso gli strumenti che ella ha a disposizione, nonché attraverso la sua capacità di utilizzarli; così come specularmente non esiste, nella civiltà altomedievale, un univoco modello di mascolinità (cap. V).
L’a. pone molta attenzione sul ruolo esercitato dallo spazio nella definizione dei modelli di genere: la donna vive e agisce soprattutto nell’ambito domestico e nei monasteri, ma difficilmente la sua presenza può essere ridotta alla sfera del privato. Spazio privato e spazio pubblico sono infatti concetti che nel mondo altomedievale hanno un confine labile, spesso indistinto (cap. IV).
La seconda parte, intitolata “Charlemagne and others”, propone una serie di studi intorno alla figura di Carlo Magno e al suo tempo. Questo gruppo di articoli sembra collegarsi specularmene ai temi trattati nella prima sezione. Ritorna infatti il tema della commistione tra pubblico e privato, su cui si basa l’analisi della costruzione del modello di regalità carolingia: il buon re è anche colui che sa governare la sfera familiare (cap. VIII). Aquisgrana, il luogo per eccellenza in cui si costruisce e viene rappresentato il potere di Carlo, esemplifica efficacemente, nell’organizzazione dello spazio e della vita quotidiana, la compenetrazione costante di dimensione pubblica e privata (capp. XI, XIV). Carlo uomo infatti non può essere distinto da Carlo imperatore, così come la gestione dei rapporti familiari non esula mai completamente dalle vicende pubbliche (capp. XV, XVI).
Le donne sono fortemente attive: l’a. analizza per es. le vicende politiche di Bertrada, madre dell’imperatore (cap. IX), e delle figlie del re longobardo Desiderio, una delle quali fu sposa di Carlo (cap. X). Questi studi permettono di valutare quanto alcune donne abbiano esercitato effettivamente un ruolo politico attivo e in che misura l’analisi di genere possa aprire nuove prospettive non solo in merito alla vicenda di tali personaggi ma anche alla storia del loro tempo tout court.
Non casualmente il libro si chiude con un saggio che pone un interrogativo: Carlo può essere considerato il padre dell’Europa (cap. XVII)? Ovvero: l’Europa di Carlo ha in sé degli elementi fondanti dell’Europa contemporanea? È una domanda di grande attualità, a cui, dimostra l’a., non è possibile rispondere semplicisticamente, poiché l’Europa carolingia è un’entità caratterizzata dalla contraddittorietà, che ha saputo costruire la «sua forza dalla sua debolezza» (cap. XVII, p. 19).
Il volume propone tematiche fondamentali per chiunque si interessi all’Alto Medioevo. Ciò che è ancor più importante, tuttavia, è la magistrale capacità dell’a. di mostrare come un metodo rigoroso e una lettura lucida e approfondita delle fonti permettano di non cadere nel tranello di stereotipi storiografici radicati, ma, al contrario, di percorrere strade nuove che possono rivelare prospettive di ricerca innovative ed entusiasmanti.