In questo volume Paolo Bertella Farnetti affronta il tema del processo di integrazione europea esaminando parallelamente il percorso che vide gli Stati Uniti abbandonare il tradizionale isolazionismo per farsi promotori di quella che per loro fu un’importantissima svolta politica. Con l’intensificarsi della guerra fredda, infatti, i responsabili del Dipartimento di Stato americano cominciarono a preoccuparsi in primo luogo di costruire un’Europa occidentale economicamente, politicamente e socialmente solida, in grado di contrapporsi efficacemente ai sovietici. Da questa svolta, come sottolinea puntualmente l’autore, nacquero le direttive principali della politica americana in Europa negli anni ’40-50: il Piano Marshall, nonché tutta una serie di interventi da parte di personaggi di primo piano del panorama politico statunitense (come Kennan, Fullbright, John Foster Dulles) tesi a fare sì che i governi europei si organizzassero secondo il modello federale USA, tanto che ad un certo punto sembrò che l’idea di federazione europea fosse divenuta più cara agli Stati Uniti che alla stessa Europa. Da qui arrivò anche la spinta che portò Schumann ad ideare il piano originatore della CECA, primo passo concreto verso la realizzazione di una federazione europea. Grande merito va all’autore per avere saputo individuare attraverso gli archivi di alcuni “padri fondatori” dell’Unione le tappe fondamentali del percorso storico esaminato e, soprattutto, per avere sottolineato a dovere il ruolo cruciale - in gran parte dimenticato o comunque sottovalutato - del lavoro pionieristico svolto da Richard Coudenhove-Kalergi, fondatore del movimento federalista di Paneuropa. Il conte Coudenhove-Kalergi, personaggio decisamente cosmopolita, figlio di un diplomatico dell’ex impero austro ungarico, sin dalla fine della Grande Guerra aveva deciso di dedicare tutta la sua vita alla creazione degli «Stati Uniti d’Europa»; qualche anno più tardi pubblicò a Vienna un saggio [Paneuropa, 1923] dove esprimeva le linee fondamentali del suo pensiero. Pur essendo allora il suo un progetto sostanzialmente utopico, il conte ebbe il merito di perseguire i suoi intenti con grande determinazione, riuscendo da un lato ad interessare alle sue idee alcuni fra i più importanti personaggi politici del periodo fra cui, uno su tutti, Winston Churchill (il quale ebbe con lui una fitta corrispondenza e in più occasioni lo sostenne pubblicamente: ad esempio, con il discorso radiofonico tenuto dal premier inglese durante il Congresso di Paneuropa di New York, svoltosi in pieno conflitto mondiale); d’altro lato, si premurò - tramite frequenti viaggi negli Stati Uniti - di “evangelizzare” gli americani per convincerli a diventare i “campioni” del federalismo europeo, attraverso una attività frenetica fatta di conferenze, convegni ed incontri con personaggi della politica e della cultura statunitensi, che tuttavia comincerà a dare i suoi frutti soltanto dopo la fine della seconda guerra mondiale. L’eredità di pensiero del conte non sarebbe andata perduta, ma la figura di Kalergi, come ha notato l’autore, venne eclissata da altri, nonostante egli sia stato il primo a ricevere il Premio «Carlomagno» per il suo impegno nel promuovere l’unità europea ed appartenga senza dubbio di diritto alla schiera dei “padri” spirituali dell’Europa attuale.
Biblioteca