Quanti sono stati i papi santi? Perché li si è ritenuti tali? Quale è stata nel corso del tempo l’effettiva devozione nei loro confronti? Questi interrogativi (p. 9) costituiscono il punto di
partenza del lavoro di Rusconi, incentrato sul problema della santità papale e del ruolo del vescovo di Roma all’interno della Chiesa cattolica, della sua rappresentazione (letteraria, agiografica
e figurativa) e del suo rapporto, da un lato, con le forme di devozione popolare e, dall’altro, con le modalità di riconoscimento canonico elaborate nel corso dei secoli, coprendo un vastissimo
arco temporale dall’XI secolo fino ai giorni nostri. Nonostante l’a. sia uno specialista della Chiesa bassomedievale, nella sua prospettiva di lunga durata non solo approfondisce i processi dei
secoli XIII-XV, ma in egual misura analizza il problema della santità in età contemporanea.
Dopo aver dedicato alcune pagine all’evoluzione della terminologia attribuita ai papi (pp. 15-18), l’a. individua nel periodo compreso tra il pontificato di Leone IX e quello di Urbano II
(1048-1099) una fase di importante promozione cultuale della santità incentrata sulla categoria di martirio legata sia alla figura dell’apostolo Pietro sia a quelle dei papi dei primi secoli
dell’era cristiana che furono considerati tutti santi, sebbene soltanto in pochissimi casi il martirio fosse probabile (p. 30). Secondo l’a. un ruolo decisivo nell’estensione del culto dei papi
santi è stato svolto da Gregorio VII; infatti, è proprio nella proposizione XXIII del suo Dictatus papae che si esprime la concezione di santità legata direttamente all’esercizio
della funzione istituzionale del papa, santità ereditata dai meriti di San Pietro e indipendente da quelli personali del singolo pontefice (pp. 31-32). Una politica supportata nel XII e nel XIII
secolo sia da un vasto programma iconografico dedicato alle figure di papa Silvestro I e dell’imperatore Costantino (con un rimando diretto al Constitutuum Constantini, base del potere
temporale dei papi) sia dal rafforzamento dell’idea di continuità tra San Pietro e il papa attraverso lo spostamento della residenza del vescovo romano dal Laterano a San Pietro operata da
Innocenzo III e il culto della Cathedra beati Petri. Alla politica di rafforzamento del papato, che raggiunse il culmine tra l’età di Innocenzo III e quella di Bonifacio VIII
(1198-1303), si affiancava anche una politica della santità caratterizzata dall’esclusiva prerogativa del papa di poterla proclamare pubblicamente; santità che peraltro divenne il tratto saliente
della figura del pontefice romano per tutta la letteratura profetica e visionaria tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo.
Nonostante tale concezione, durante i secoli medievali soltanto papa Celestino V fu canonizzato (1313). La sua fu una santità particolare poiché fu concessa a Celestino in qualità di monaco ed
eremita: una scelta che l’a. colloca nel quadro delle complesse relazioni tra papato e monarchia francese all’inizio del XIV secolo (pp. 138-139).
Anche nel corso dell’età moderna soltanto un papa fu dichiarato santo: Pio V (canonizzato nel 1712), la cui fama di santità era legata essenzialmente al ruolo svolto nella vittoria di Lepanto
contro i Turchi nel 1571. Nel XVI secolo in opposizione alla riforma protestante, la Chiesa romana accanto alla riscoperta del culto dei santi papi martiri, nella complessiva riorganizzazione della
Curia, sospese le canonizzazioni dal 1523 al 1588 quando fu creata un’apposita commissione per il culto dei santi; decisione che insieme ai provvedimenti presi da Urbano VIII e da Benedetto XIV in
materia di regolamento dei processi di canonizzazione secondo l’a. non favorirono il riconoscimento della santità in età moderna (p. 11).
Altro passaggio fondamentale individuato nel libro è quello a cavallo tra XVIII e XIX secolo con i pontificati di Pio VI, deportato e morto in esilio in Francia nel 1799, e di Pio VII fatto
prigioniero da Napoleone dopo la soppressione dello Stato della Chiesa; il loro pontificato contribuì all’immagine di un papa martire, vittima di una nuova persecuzione a opera del mondo moderno
contro la Chiesa cattolica. Un’immagine che raggiunse il suo apice con il pontificato di Pio IX e la dissoluzione del potere temporale della Chiesa romana: Pio IX divenne il «prigioniero del
Vaticano» attorno al quale si manifestò una straordinaria devozione popolare alimentata da una copiosa attività pubblicistica, specialmente in ambito francese.
Le esperienze del XIX secolo, e più in generale di tutti gli sviluppi a partire dal secolo XI (p. 601), trovano per l’a. la loro più compiuta definizione nei pontificati del secolo appena trascorso
durante il quale accanto all’esaltazione del ruolo gerarchico del pontefice si è manifestata una più spiccata attenzione per la religiosità e l’operato dei papi, accompagnata da una accelerazione
delle procedure di riconoscimento canonico della santità – in particolare durante il pontificato di Giovanni Paolo II – che ha contribuito «al definitivo riconoscimento ufficiale della santità dei
papi dell’età contemporanea» (p. 13), come dimostrano le aperture delle procedure di canonizzazione dei papi da Paolo VI a Giovanni Paolo II.
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