Il testo raccoglie gli atti di un convegno internazionale dal titolo Arts, jardins, théâtre et fêtes du XVI e au XVIII e siècle tenutosi a Bordeaux nel settembre 1997. Le tre giornate di studio, organizzate dal Centre Ledroux dell'Università di Paris I insieme all'Ecole d'Architecture et de Paysage di Bordeaux e all'Ecole d'Architecture di Versailles, si proponevano di sviluppare il tema della "poetica dell'immaginario" (p. 11) che caratterizza molti ambiti della produzione artistica fra XVI e XVIII secolo.
Scegliendo come filo conduttore «gli elementi e le metamorfosi della natura», i vari contributi tentano di delineare la rivisitazione, in età moderna, delle teorie sulla materia elaborate dai presocratici e da Aristotele. Per illustrare coerentemente le diverse chiavi di lettura con cui questa tematica è stata utilizzata nella costruzione dei giardini, in pittura e nella progettazione delle feste e degli spettacoli di Corte, il testo è suddiviso in cinque sezioni tematiche orientate intorno ad un preciso arco cronologico.
La prima sezione ( Nature, savoirs et formes ) prende in esame il ruolo fondamentale assunto dalla fisica aristotelica nella concezione dell'arte come imitazione della natura durante il XVI secolo. La teoria dei quattro elementi, e del loro eterno mutare, costituisce infatti il fondamento concettuale di tutte quelle discipline che nel corso del Rinascimento ambiscono a raggiungere lo statuto di "arte", a dare cioè una base filosofica ad attività percepite come meramente pratiche. La conoscenza (e l'esperienza) delle regole che determinano «la fisica del mondo, e cioè del movimento» (p. 16) sono la base della téchne dell'artista, di quell'intelligenza pratica che gli permette di trasformare ciò che lo circonda secondo gli stessi procedimenti con cui Dio ha creato l'universo. Particolarmente esplicativi, in questo senso, i contributi di H. Brunon (« Les mouvemets des eaux de l'Univers»: Pratolino, jardin métérologique ) e G. Farhat ( Contemplation des éléments: l'intelligible en perspective ): il primo propone una lettura della decorazione idraulica del giardino mediceo di Pratolino quale illustrazione en plein air della fisica e della meteorologia di Aristotele, il secondo invece, partendo dall'analisi della rappresentazione degli elementi naturali nei trattati di prospettiva pratica di Daniele Barbaro e Wentzel Jamnitzer, mostra come dietro l'analisi geometrica dei poliedri si celi il tentativo di produrre una «metafisica della visione» (p. 94) che pone in dubbio la certezza filosofica delle scienze matematiche.
La seconda e la terza parte del testo ( Allégories et pouvoir e Le grand thêatre des éléments ) esaminano l'impiego della dottrina dei quattro elementi all'indomani degli studi di Galileo, Cartesio e Newton. Totalmente abbandonata sul piano scientifico, essa conserva un ruolo primario all'interno delle rappresentazioni cosmiche in chiave allegorica. Il vocabolario figurativo con cui questa viene evocata è infatti parte integrante della «cultura iconografica» (p. 18) di rappresentazione del potere condivisa da tutte le dinastie d'Europa. Anche se non vengono mai ritratti direttamente, i quattro elementi costituiscono ad esempio uno dei motivi ricorrenti della decorazione dei parchi principeschi realizzati fra XVI e XVII secolo: presenti "in azione" nello spazio del giardino, essi si configurano come una grandiosa messa in scena della natura e nello stesso tempo del potere e delle scelte politiche dei loro costruttori. Le architetture effimere realizzate nel giardino di Elvetham per i festeggiamenti organizzati in onore di Elisabetta I nel 1591 (J. Avner, La curieuse bataille livrée entre l'eau et la terre dans un jardin elisabéthain: Elvetham, septembre 1591), la complessa struttura scenografica dei giardini spagnoli de La Granja e Aranjuez (J. L. Sancho, Fêtes à Aranjuez, entre Farinelli e Boccherini ) e la decorazione delle grotte dei giardini toscani presi in esame da M.A. Giusti ( Il panorama degli elementi in una serie di grotte toscane ) ne sono una chiara illustrazione.
Le ultime due sezioni ( Création et poétique des arts e La matière entre science et imagination ) si concentrano sul valore poetico che il ricorso alla fisiomachia degli elementi assume in rapporto alla nuova visione illuminista della natura e alla diffusione di quei saperi scientifici che fanno «delle scienze della terra una disciplina quasi autonoma» (p. 386). Perduto il ruolo di «elementi costitutivi dell'universo» (p. 337), l'acqua, l'aria, il fuoco e la terra divengono paradossalmente, nell'immaginario della produzione artistica, un utile strumento per illustrare le nuove teorie basate sul corpuscolarismo (G. Polizzi, Le «liquide cristal»: la physiomachia de Vaux et de Versailles dans l'oeuvre de la Fontaine ), sul "nettunismo" e sul "plutonismo" (M.T. Caracciolo, Les «humeurs» de la terre. Phénomènes volcaniques et sismiques dans l'Italie de Goëthe ), e il paradigma per mettere in scena, al di là del caos apparente degli elementi, l'armonia universale che domina il mondo (C. Cessac, " Les Elements" de Jean-Féry Rabel: un caos en armonie ; S. Thuilliez, Les quatres éléments dans l'oeuvre d'Hubert Robert ). Mentre la terra diviene un «gigantesco cabinet de curiosité », grazie al moltiplicarsi delle spedizioni geografiche e all'evoluzione delle scienze naturali, il patrimonio simbolico della metamorfosi degli elementi si fonde con i "miti" della nuova cultura scientifica producendo «inedite immagini sincretiche» (p. 386).