Storicamente. Laboratorio di storia

Fonti e documenti

Fonti per la storia del comunismo italiano, il colonialismo e la decolonizzazione in Africa

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Abstract

The international politics of the Italian communist party has been mainly investigated focusing the party’s entanglement with the Soviet Union, in a framework dominated by the East-West conflict. Since the 2000’s, the global dimension of Icp international politics has been underlined by historians. The focus on the place of Africa in Icp global relations is even more recent. The article contributes to this last field of research by an assessment of the Icp archival sources between the 1920s and the 1960s that are related to colonialism and decolonization in Africa.

Introduzione

La politica estera e il discorso internazionale del Pci sono temi sui quali disponiamo di numerose ricerche su singoli casi di studio e recentemente di una sintesi estesa a tutta la storia del partito (Pons 2021). Dagli anni Novanta le ricerche si sono concentrate innanzitutto sul contesto europeo in cui si sviluppa l’azione comunista, con una particolare attenzione al rapporto con l’Urss e alla guerra fredda, proponendo una lettura in chiave di interdipendenza dei rapporti tra comunisti italiani e sovietici che ha consentito di superare i paradigmi speculari della dipendenza e dell’autonomia italiana da Mosca (Pons 1999). Gli studi si sono successivamente focalizzati sulle segreterie di Togliatti e Berlinguer, allargando le ricerche alle relazioni con i paesi socialisti europei, la Jugoslavia, le socialdemocrazie, il Partito comunista francese (Galeazzi 2005; Di Maggio 2014; Di Donato 2015). Dagli anni Duemila, la proiezione extraeuropea delle ricerche sulla politica internazionale del Pci si è fatta più corposa con studi dedicati a realtà intercontinentali (il movimento dei non allineati), continentali (l’Africa), subcontinentali (l’America latina), regionali (il Medio Oriente) e nazionali (Cuba) [1]. Di recente, le ricerche sull’influenza della decolonizzazione africana sul discorso internazionale e la linea politica del Pci all’interno del movimento comunista internazionale si sono arricchite grazie a nuovi contributi (Blum, Di Maggio, Siracusano e Wolikow 2021; Siracusano 2023). La realizzazione di questi ultimi studi sui rapporti extraeuropei del comunismo italiano è stata resa possibile prevalentemente dalle fonti conservate negli archivi del Pci.

Gli Archivi del Pci

Il lavoro di recupero degli Archivi del Pci inizia dagli anni Sessanta. Nel 1961, in previsione del quarantesimo anniversario della sua nascita, il partito istituisce una commissione per celebrare la ricorrenza e l’iniziativa si conclude «con il ritorno in Italia, seppure in copia, di quella parte dell’archivio del Pcd’I che, durante gli anni Venti e Trenta, era confluita a Mosca nell’archivio della Terza Internazionale» (Giuva 1994, XXVII; 2000, 201-6). Nel 1986 la Direzione del Pci decide di donare il proprio archivio alla Fondazione Gramsci. L’operazione termina nel 1996 con il versamento di 4184 buste contenenti documentazione prodotta tra il 1943 e il 1991, riguardante prevalentemente gli organismi centrali del partito, la loro politica nazionale e quella internazionale [2].

Gli originali delle carte del Pcd’I sono conservati nel Fondo 513 del Comintern, depositato a Mosca presso il Russian State Archive of Socio-Political History-Rgaspi. La documentazione è essenziale per la storia del partito negli anni della clandestinità. Dal 5 luglio 1926, il segretario dell’Internazionale comunista aveva invitato i partiti comunisti a mandare il materiale documentario nella sua interezza a Mosca, in corrispondenza del consolidamento del controllo di Stalin sul movimento comunista. A ciò si era aggiunto il giro di vite del regime fascista, una escalation conclusa con la messa fuori legge di tutti i partiti politici dal novembre 1926. L’Archivio italiano venne inviato con una serie di spedizioni iniziate nel gennaio 1927 e l’ultimo invio di cui si ha notizia è del 1939. Le carte vennero organizzate in 3 inventari e 1688 fascicoli. Attualmente la Fondazione Gramsci possiede in copia 1128 fascicoli sui 1589 complessivi del 1° inventario, 81 su 83 del 2° e di 14 su 15 del 3°. In vari casi la differenza quantitativa tra documentazione in copia e quella stimata dall’inventario russo è consistente [3].

Per ciò che riguarda le fonti utili per affrontare il nesso comunismo-colonialismo, il Fondo contiene corrispondenza del Pcd’I con italiani o con gruppi di comunisti italiani in vari paesi, tra i quali quelli presenti nell’Africa del Sud (fascicoli 1316 e 1389) e in Libia (fascicolo 336), insieme a note informative, lettere e ritagli di giornali dall’Italia e dal fronte di guerra in Africa sulla vita dei soldati al fronte (fascicoli 1373 e 1444). La propaganda contro la guerra d’Etiopia è ricorrente nella documentazione (fascicoli 1256, 1258, 1259, 1309, 1310, 1317, 1348, 1392, 1535) insieme a fonti sul lavoro del Pcd’I nelle colonie italiane (fascicoli 567-569, 1051) e documenti di carattere didattico/teorico sul colonialismo italiano (fascicoli 389-390, 1583). Fonti ulteriori sono presenti nei documenti che testimoniano l’attività del Pcd’I negli organismi esecutivi del Comintern. È il caso del fascicolo 644, dedicato alle Tesi politiche del VI congresso dell’Ic, al cui interno si trova un rapporto di Ruggero Grieco sul lavoro del Pcd’I nelle colonie presentato il 14 luglio 1928 alla Commissione sull’Oriente prossimo. Non tutti i fascicoli di potenziale interesse sono presenti in copia presso la Fondazione Gramsci (mancano i numeri 390, 568-569, 1259 e 1310) e il posseduto in copia non sempre corrisponde all’originale. Nel caso di alcuni fascicoli le differenze quantitative sono notevoli: 67 pagine nel fascicolo 1051, 45 pagine nel 1348, 53 pagine nel 1389, 97 pagine nel 1444. L’attività dei comunisti negli anni della clandestinità si esplica anche attraverso pubblicazioni, non sempre reperibili, alcune delle quali realizzate presso le comunità di antifascisti in esilio in Tunisia oppure nelle missioni realizzate nelle colonie fasciste. È inoltre integralmente conservato il principale organo d’informazione del partito tra le due guerre, Lo Stato operaio. La rivista, edita a Parigi dal 1927 e a New York dal 1941 al 1943, tra il 1935 e il 1936 veicola le posizioni del partito sulla guerra di Etiopia, per quanto anche prima e dopo questo evento appaiano articoli dedicati al colonialismo fascista.

Le carte del Pci (1943-1991) conservate presso la Fondazione Gramsci seguono un’articolazione gerarchica al cui vertice vi sono i principali organismi dirigenti (la Segreteria e la Direzione) e successivamente le sezioni di lavoro. Queste ultime nascono insieme al Partito nuovo di Togliatti, quando il Pci, dopo il ritorno alla legalità, diviene in pochi anni un partito di massa che oscilla intorno ai 2 milioni di iscritti e dispone di un vasto apparato di quadri, suddiviso per competenze e vocazioni. Le carte degli organismi di Direzione offrono spunti di rilievo in merito ai rapporti con l’Unione Sovietica, il movimento comunista internazionale, i paesi socialisti, i partiti comunisti e le sinistre europee. Il Terzo Mondo e l’Africa lasciano meno traccia, mentre la documentazione più significativa riguardo questi scenari, divisa per singole nazioni, è conservata presso la sezione esteri.

La sezione esteri non ha una vera e propria articolazione extraeuropea fino alla metà degli anni Cinquanta, tranne alcune eccezioni spiegabili con la presenza di nazioni direttamente collegabili all’Italia per via della storia dell’emigrazione o del colonialismo. Nel 1947, un anno cruciale per la guerra fredda, i paesi extraeuropei sui quali risulta documentazione sono il Brasile, il Messico, la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti. Non si tratta necessariamente di fonti dirette: ad esempio, la documentazione riguardante gli Stati Uniti è composta da report realizzati da quadri dell’Ufficio studi Segreteria sulle attività degli Usa in Italia. In quel momento la sezione esteri è ancora rudimentale: il Pci è un partito di massa, ma è ancora in fase di costruzione, ha avuto un immenso afflusso di iscritti ma è ben più indietro nella formazione dei quadri. Nel 1950, all’apice della guerra fredda, le nazioni extraeuropee con le quali risultano rapporti sono l’Argentina, l’Australia, il Canada, la Cina, il Messico, la Somalia, il Sudafrica, l’Uruguay e il Venezuela. Per quanto vi siano due paesi africani, la presenza della Somalia è dovuta ai rapporti che storicamente la legano all’Italia e al fatto che nel 1950 è ancora sotto mandato della ex potenza coloniale, mentre la documentazione sul Sudafrica è composta da telegrammi augurali e un ritaglio di giornale. Per stabilire un paragone, la documentazione riguardante la Repubblica di San Marino è quantificabile in 22 fogli, quella sul Sudafrica in 16 fogli, quella sulla Somalia in 8 fogli. Nel 1955 le nazioni dalle quali proviene documentazione archivistica sono solo nove, otto sono europee, sette di oltrecortina, la nona è la Cina. In questo anno la sezione esteri è pressoché riassorbita nella voce “partiti esteri”; l’esiguità degli interlocutori è una traccia di quanto la guerra fredda avesse contribuito a restringere le aspirazioni di un partito schiacciato sulla politica estera sovietica. Nel 1956 il panorama è quasi immutato: la documentazione della sezione esteri riguarda 14 nazioni, tutte europee se si escludono la Cina e Israele. Fino al 1956 la sezione esteri ha quindi una esistenza sui generis e la documentazione che produce non è di particolare interesse riguardo i rapporti tra il Pci e l’Africa. Nel periodo 1945-1956 le fonti più interessanti sembrerebbero essere quelle a stampa, attraverso le quali si può delineare il discorso internazionale del partito sull’Africa e sulla decolonizzazione. L’interesse per la decolonizzazione si afferma prima nei periodici e nei giornali a distribuzione di massa e poi nella stampa indirizzata alla formazione dei quadri. I movimenti anticoloniali sono un argomento di Vie Nuove, un settimanale dalla larghissima distribuzione, in anticipo rispetto a Rinascita, mensile e rivista teorica del partito, che li “scopre” con il reportage sulla Conferenza afro-asiatica del dicembre 1957 per poi dedicare un numero speciale del novembre-dicembre 1958 al Crepuscolo del colonialismo, in sincronia col nuovo orientamento degli organismi dirigenti a rafforzare le relazioni extraeuropee.

Gli eventi del 1956 segnano un mutamento nell’attenzione verso il mondo non europeo facilmente riscontrabile anche nella sezione esteri. A dicembre, l’VIII congresso lancia la strategia della via italiana al socialismo alla fine di un anno in cui il Pci ha oscillato tra proposte d’avanguardia, come il policentrismo profilato da Togliatti nell’intervista a Nuovi Argomenti del maggio-giugno 1956, e il sostegno alla repressione della rivolta ungherese. Dal 1957 la rete del Pci si espande in modo significativo e le nazioni segnalate alla voce “estero” sono 21. Nel 1958 le voci salgono a ben 55, tra le quali l’Algeria, il Camerun, l’Egitto, il Marocco, la Somalia e la Tunisia. Nel 1960, un anno iconico per la decolonizzazione in Africa, quando ben 17 nazioni diventano indipendenti, le voci sono 54 e le nazioni africane 11 (Algeria, Angola, Camerun, Congo, Egitto, Eritrea, Guinea, Marocco, Nigeria, Somalia e Sudafrica). Nel 1962 le voci sono 49, 5 delle quali relative all’Africa (Algeria, Kenya, Somalia, Sudafrica, Marocco). Nel 1964, in un contesto segnato dal conflitto intestino al movimento comunista tra Cina e Unione Sovietica, le voci salgono a 63, i paesi africani dai quali giungono notizie o con i quali si hanno rapporti sono 11 (Algeria, Angola, Congo, Egitto, Guinea, Mali, Marocco, Mauritius, Nigeria, Sudafrica e Tunisia). Nessuno di essi ha subito la colonizzazione italiana. Ciò avvalora un mutamento importante rispetto agli anni della clandestinità: i comunisti italiani sviluppano una politica internazionale che, per quanto non si possa considerare autonoma da quella sovietica, sembrerebbe costruita tenendo in considerazione le aree di interesse della politica estera italiana (il Nord Africa) e l’ascesa di movimenti di liberazione nazionale dalla cifra antimperialista. Tra i paesi con i quali si allacciano nuovi rapporti, Cuba e l’Algeria sono probabilmente le realtà a cui si presta maggiore attenzione, soprattutto dopo la sconfitta di Patrice Lumumba in Congo.

Nonostante l’indubbio collegamento tra la dilatazione della sezione esteri e il varo della via italiana al socialismo, la crisi del 1956 non è sufficiente per spiegare questo salto di scala. Adottare meccanicamente quella cesura rischia di riproporre interpretazioni della politica internazionale del Pci centrate solo sull’Europa e sulla guerra fredda. Sono aspetti ovviamente difficili da sopravvalutare, ma non sono la chiave univoca per leggere la storia del comunismo italiano. Un vero e proprio cambio di attenzione sembrerebbe verificarsi alla fine degli anni Cinquanta. Va perciò tenuto in considerazione quanto gli eventi della politica mondiale legati all’asse Nord-Sud e a quello colonizzazione-decolonizzazione influenzino l’interesse del Pci. Non si deve perdere di vista l’impatto dei movimenti di liberazione nazionale sull’immaginario dei comunisti italiani che si interessano alle vicende di Egitto, Algeria e Congo (o a quelle di Cuba e del Cile, spostandoci di continente) quando questi paesi si propongono alla ribalta della politica internazionale.

L’organizzazione delle fonti del Pci restituisce l’ambizioso impegno internazionalista del partito che negli anni Sessanta si caratterizza per l’assunzione di posizioni opposte al radicale antimperialismo della Cina di Mao. Il salto di qualità è suggerito dalla visita in Algeria del vicesegretario del Pci Luigi Longo, avvenuta nel gennaio 1964 e orientata a fare di Ben Bella il principale interlocutore in Africa in un più ampio tentativo di rafforzare il dialogo con i paesi non allineati. Pressoché contemporaneamente, Togliatti incontra il leader jugoslavo Josip Broz Tito nell’ottica di un rapporto strategico con la Jugoslavia che avrebbe caratterizzato la politica estera del Pci (Pons 2021, 178-9). La visita di Longo è uno degli snodi della politica internazionale dei comunisti italiani. Il rilievo lo si deduce dalla complementarità col viaggio di Togliatti e dal fatto che la preparazione di questa visita coinvolge quadri del partito esterni alla sezione Esteri: è il caso di Rossana Rossanda, all’epoca responsabile della sezione culturale [4], e di Maria Antonietta Macciocchi, già affermatasi come una brillante giornalista di partito, che scrive un ampio reportage sugli incontri italo-algerini [5].

Tipologia delle fonti e specializzazione dei quadri

I documenti conservati nel Fondo 513 riflettono la condizione di clandestinità del Pcd’I: telegrammi e lettere di anonimi oppositori del regime si affiancano a manifesti di propaganda e ad articoli della stampa estera. Le note e relazioni dall’estero, scritte sotto pseudonimo, sono presenti ma in misura non comparabile al periodo postbellico. Dopo il ritorno alla legalità i documenti conservati sono prevalentemente resoconti di viaggi, note sulla situazione di singoli paesi, corrispondenza, verbali di dibattiti e incontri dedicati ai movimenti di liberazione nazionale e alle relazioni con gli stati africani indipendenti. Vi sono inoltre atti e documenti a stampa delle organizzazioni con le quali il Pci intreccia rapporti nonché articoli presi dalla stampa estera. Il lavoro della sezione si specializza dagli anni Sessanta attorno a un nucleo di quadri ristretto, ed è da allora che l’autorialità diviene sistematicamente rintracciabile, mentre agli albori dello sviluppo extraeuropeo della sezione esteri, tra il 1957 e il 1958, possiamo ancora trovare documenti importanti privi di firma [6]. I documenti della sezione esteri sono dattiloscritti, mentre minute manoscritte di incontri internazionali sono individuabili nei fondi personali, ad esempio negli Archivi di Palmiro Togliatti e di Enrico Berlinguer.

Le fonti di questi reportage sono i contatti stabiliti in loco, in primo luogo i quadri dei partiti comunisti [7]. Eventi quali i congressi anticoloniali testimoniano la diversificazione degli interlocutori. Nel primo congresso di Atene del novembre 1957 non sono presenti altri partiti comunisti oltre a quello italiano. Il grosso della platea è costituito da partiti ed esponenti della sinistra europea e dei movimenti di liberazione nazionale. L’incontro più proficuo sembrerebbe essere quello con «il rappresentante dell’Egitto», che promette di sollecitare l’invito di un delegato del Pci «alla 2a Conferenza Afro-Asiatica che si terrà nel mese di dicembre per dare seguito a quella di Bandung» [8]. Il Pci viene introdotto a questo congresso grazie al deputato socialista Lucio Mario Luzzatto e, nel corso dei lavori congressuali, i comunisti italiani consolidano i rapporti col Fronte di liberazione nazionale algerino [9] stabiliti dall’estate 1957 (Galeazzi 2011, 50-3). Due anni dopo, nelle riunioni preparatorie della III Conferenza anticoloniale del Mediterraneo e Medio Oriente, sulle quali è nuovamente Luzzatto a relazionare, la figura del Fln con cui avviene uno scambio di opinioni è indicata come «Lakhdari» [10]. Alla fonte si attribuisce l’informazione secondo la quale gli algerini sarebbero attenti «con i comunisti italiani, perché hanno avuto incarico di occuparsi particolarmente di noi». Luzzatto incontra anche i membri della segreteria permanente della Solidarietà Afro-asiatica e l’egiziano «Khaled Moheyeld in» che relaziona sulle condizioni di detenzione dei comunisti egiziani e invita gli italiani a non prendere posizione contro Nasser ma a rivolgersi a istituzioni quali il Movimento mondiale della pace e l’Associazione dei giuristi democratici, «per formare un collegio internazionale di difesa per i processi, cui designare avvocati europei» [11].

Il giudizio sulle personalità con le quali stabilire rapporti varia a seconda degli interlocutori italiani e ciò consente di delineare i profili differenti che agiscono all’interno della sezione esteri. Luzzatto, che pur essendo socialista ha un rapporto stretto con gli organismi dirigenti del Pci, è vicino alle sensibilità dei non allineati; Giuliano Pajetta, filosovietico ortodosso, è invece scettico e in preparazione della III conferenza parla di una «situazione [che] si è venuta modificando in senso sfavorevole», liquida la delegazione egiziana perché composta «di veri e propri agenti di Nasser con poco rilievo politico» e del «laburista Brockurey (sic, Brockway [12])» afferma che «non è molto autorevole né molto rappresentativo». Pajetta è dubbioso anche sulla scelta di tenere la conferenza a Belgrado, evento che «rischia di essere una manifestazione jugo-egiziana a cui noi diamo il nostro avallo con la nostra presenza» [13]. Pajetta ha una forma mentis calata nella contrapposizione tra campi. Alla fine degli anni Cinquanta, la sua posizione sembrerebbe trovare riscontro in quella del partito, che ha molte riserve sulle ambizioni jugoslave, come emerge anche dal report di Maurizio Valenzi sulla III conferenza anticoloniale svoltasi a Belgrado nel dicembre 1959 [14]. Al tempo stesso, i quadri comunisti che hanno più familiarità con l’Africa, e Valenzi è tra questi, si distinguono per un giudizio meno influenzato dalle appartenenze di campo. Come esempio si possono prendere gli appunti stesi da Dina Forti sul viaggio in Egitto: scritti tra il 12 e il 20 luglio 1959 [15], interpolano fonti diverse e sembrano scettici sulle notizie ricevute dai comunisti egiziani. L’incontro con Saiza Nabarawi [16] si sofferma sulle dure condizioni dei detenuti politici. L’unica parte del documento in cui Dina Forti esprime le sue convinzioni propone un duro giudizio sui comunisti egiziani. «Risulta chiaramente da quanto sopra che il Pc egiziano è ancora un insieme di gruppi che ancora litigano e dato il particolare momento che attraversa il paese la cosa è ancora più grave […] Certo ora occorre togliere il PC egiziano dal suo isolamento e aiutarli per i processi» [17]. Al Cairo, Dina Forti incontra un membro del governo provvisorio algerino, identificato come «Rebbani» [18], che la riceve «benissimo», esprimendo la sua soddisfazione per l’intervento di Togliatti alla Camera dei Deputati, pronunciato in corrispondenza della visita di Charles De Gaulle in Italia [19]. Al blocco composto da comunisti nati in Africa come Valenzi e Loris Gallico o giuntivi esuli come Velio Spano, si affiancano dagli anni Sessanta quadri formatisi esclusivamente in Italia. Si può prendere come esempio il già menzionato report sul viaggio di Longo in Algeria nel gennaio 1964 steso da Maria Antonietta Macciocchi, realizzato grazie alle informazioni e ai colloqui con dirigenti del Fronte di Liberazione Nazionale algerino e con l’ambasciata italiana ad Algeri [20].

Il peso dei quadri legati all’Africa per questioni biografiche – Dina Forti, Loris Gallico, Nadia Gallico, Velio Spano, Maurizio Valenzi – rispecchia la centralità del Mediterraneo nel discorso internazionale comunista. Il raggio di azione di questi quadri si estende sul Nord Africa e il Medio Oriente, ed è soprattutto sull’Egitto e su Nasser che sorgono differenziazioni all’interno del gruppo [21]. L’Algeria è invece un caso a parte e gli esperti che se ne occupano non hanno biografie direttamente collegabili all’Africa. Ciò conferma come, almeno fino alla deposizione di Ben Bella, essa sia considerata un paese chiave della politica internazionale e non un semplice caso nazionale. Tra i quadri inviati a stabilire rapporti col Fln possiamo trovare Arrigo Boldrini, a capo della delegazione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia che nel 1961 incontra Ferhat Abbas, il ministro delle Informazioni Mhamed Yazit, il Ministro degli affari sociali e culturali Mehri Abdelhamid, i dirigenti dell’Unione generale studenti mussulmani [22]. La scelta dei quadri indica anche la tipologia dei rapporti che si vogliono allacciare: Boldrini è stato un capo militare e viene inviato a guerra d’Algeria ancora non conclusa. Del gruppo dei comunisti che hanno vissuto in Africa, il solo a produrre documentazione sull’Algeria dovrebbe essere Valenzi [23], probabile estensore di un importante documento intitolato Sul Fln e sul Pca. Appunti sui precedenti storici, simpatetico col Fln e critico del Pca e del Pcf, in cui i comunisti algerini e francesi sono accusati di aver sottovalutato le specificità nazionali della rivoluzione algerina [24].

Un altro caso che sembrerebbe confermare la specializzazione dei quadri della sezione esteri è l’indipendenza del Congo. Dopo l’arresto di Lumumba, a occuparsene è Romano Ledda [25]: giornalista e dirigente di partito, di una generazione più giovane rispetto a figure come Dina Forti o Velio Spano, si è formato nel Partito nuovo e non in condizioni di clandestinità. Tra il 4 e il 25 aprile 1961, dopo che la tragedia di Lumumba si è ormai consumata, Ledda invia un ampio reportage, scritto durante un viaggio compiuto insieme «al compagno Milan (Isacco Nahoum)», un partigiano inviato con ogni probabilità per le sue competenze nel campo della guerriglia. La missione di Ledda, svolta nella provincia di Equatoria, è finalizzata a offrire consiglieri politici e militari, sebbene agli italiani si chieda in primo luogo un sostegno diplomatico. Una incomprensione di cui sarebbero causa i comunisti belgi [26]. Per inciso, il fascicolo sul Congo del 1961 contiene anche una nota di Giuliano Pajetta, successiva di sei mesi, nella quale si propone una collaborazione con i comunisti belgi. L’incontro è finalizzato a dare sostegno «ai gruppi più coerentemente nazionalisti e progressisti» su loro richiesta vista la «incapacità assoluta di affrontare con le loro sole forze anche le questioni più elementari della organizzazione e della propaganda di una formazione politica» [27]. Voci contrastanti che confermano la polifonia della sezione esteri: Pajetta ha un’ottima impressione dei comunisti belgi e non ritiene che i congolesi siano in grado di procedere da soli; Ledda ritiene erronee le informazioni ricevute dai belgi e rileva come le componenti fedeli a Lumumba siano scettiche su intromissioni politiche e militari di stati europei. Anche in questo caso le differenze tra quadri fanno trasparire una differente tematizzazione del rapporto tra il movimento comunista internazionale e il Terzo Mondo. A differenza del filosovietico Pajetta, Ledda fa parte della sinistra del Pci che proprio in questi anni criticherà l’URSS per aver anteposto la coesistenza pacifica alla valorizzazione dei movimenti di liberazione.

Pur nella convivenza tra ortodossi filosovietici e figure in linea con la via italiana al socialismo, l’impressione è che, negli ultimi anni di vita di Togliatti, siano i secondi a prevalere. La riflessione di Togliatti sulla politica internazionale, bruscamente interrotta a Yalta, è influenzata anche dall’attenzione ai movimenti di liberazione e alle forme non socialiste di antimperialismo. L’irriducibilità della politica internazionale al cleavage Est/Ovest è un tema dell’elaborazione del segretario comunista che porta in Crimea un reportage sull’America latina di Renato Sandri (Spagnolo 2007, 67), una delle personalità in ascesa nella sezione esteri dei primi anni Sessanta.

Fonti istituzionali e sindacali

La documentazione sulla politica internazionale del Pci non si restringe ai soli archivi del partito, per quanto essi siano di gran lunga il corpus più importante. Tra gli archivi istituzionali, si segnalano le carte del Ministero dell’Interno, conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato, utili per mappare territorialmente l’attivismo dei comunisti (e i tentativi di contenerlo) e per individuare tracce delle attività di organizzazioni e associazioni, non necessariamente collegabili al Pci, impegnate in Italia a sostegno dei movimenti di liberazione nazionale. Gli Archivi della Cgil [28] sono una fonte importante per ricostruire i tentativi di formare i quadri dei sindacati africani (Siracusano 2021). Gli inventari testimoniano l’esistenza di documenti riguardanti i rapporti della Cgil con singole nazioni africane così come lo sforzo di analisi del fenomeno della decolonizzazione in una dimensione continentale. I documenti del sindacato si compongono di verbali degli organismi dirigenti, circolari, corrispondenze, note di viaggio, note su conferenze e seminari sulle condizioni economiche, dei sindacati e dei lavoratori nei paesi di nuova indipendenza, carte riguardanti i rapporti con le organizzazioni sindacali africane, campagne di solidarietà per i movimenti di liberazione nazionale e contro l’apartheid dal 1960, iniziative con le organizzazioni sindacali dei movimenti di liberazione nazionale, documenti a stampa. Anche nel caso della Cgil, la produzione di documenti inizia a essere significativa dalla fine degli anni Cinquanta, con un netto incremento a partire dal decennio successivo, collegabile all’importanza assunta dalle indipendenze africane e, in particolare, da alcuni scenari nazionali, Congo e Algeria su tutti. Le analogie col Pci sono evidenti, per quanto la Cgil vanti un’indubbia peculiarità, vista l’importanza che assumono al suo interno le correnti della sinistra socialista precocemente attente alla decolonizzazione. Nei verbali della Segreteria, l’Algeria risulta tra i temi all’ordine del giorno per la prima volta il 14 novembre 1957, pochi mesi dopo l’apertura di canali tra i comunisti e il Fln. Le serie nelle quali sono individuabili documenti sulle decolonizzazioni africane sono le seguenti: Verbali della segreteria, Rapporti con i paesi del continente africano, Rapporti con l’estero – Oil – Bit, Rapporti con l’Estero Bit e Mec, Rapporti con i paesi del continente africano, Circolari, Rapporti sindacali con i paesi esteri, Conferenze e Congressi, Manifestazioni e interventi della Cgil. Lotte per la pace, Assistenza emigrati, Pace e indipendenza per il popolo algerino. La rivista ufficiale della Cgil, Rassegna sindacale, è digitalizzata per il periodo 1955-2014 [29]; i verbali e le circolari confederali sono consultabili online [30]: entrambe le fonti contengono documentazione in merito al rapporto tra il sindacato e i paesi fuorusciti dal colonialismo.


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Note

1. Riccardi 2006; Borruso 2009; Pappagallo 2009; Galeazzi 2011; Pappagallo 2017.

2. Gli inventari dell’Archivio del Pci sono consultabili online, insieme agli inventari dei singoli dirigenti, https://www.fondazionegramsci.org/archivi/inventari-degli-archivi (ultimo accesso 8 luglio 2023).

3. Cristiana Pipitone, intervento al seminario Regards croisées sur les archives des partis communistes français et italien (Parigi, 6 dicembre 2011); Giovanna Bosman, Gli archivi del Partito comunista italiano, intervento tenuto al seminario Gli archivi della politica (Firenze, aprile 2012). Ringrazio le autrici per avere messo i testi a mia disposizione.

4. Fondazione Gramsci (FG), Archivio del Partito comunista italiano (APCI), 1964, Estero, microfilm (mf.) 520, Algeria, Documentazione e appunti di Luigi Longo riguardanti l’Algeria, 17-25.

5. Ivi, Informazione della compagna Maria Antonietta Macciocchi sul viaggio della delegazione del Pci in Algeria, 124-56.

6. È il caso del report sul Congresso anticoloniale dei paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Ivi, 1957, Esteri, mf. 452, 502 sgg.

7. Si prenda come esempio il documento intitolato Informazione riservata del compagno Jacoviello sui contatti avuti con i compagni comunisti del Medio Oriente. Ivi, estero, Medio Oriente, 1958, mf. 457, 2873-8. Alberto Jacoviello era un giornalista de L’Unità.

8. Ivi, esteri, 1957, mf. 452, documento senza firma, incontro con i delegati arabi ad Atene, 11 novembre, 588.

9. Ivi, nota per la Segreteria, 11 novembre 1957, senza firma, 582-7.

10. Potrebbe trattarsi del diplomatico algerino Lakdar Brahimi.

11. FG, APCI, 1959, esteri, incontri internazionali, mf. 465, Informazioni dell’on. Luzzatto sulle riunioni preparatorie della III Conferenza anticoloniale del Mediterraneo e Medio Oriente, 12 giugno, 2172-80. «Khaled Moheyeldin» potrebbe essere Khaled Mohieddine, intellettuale e politico egiziano, tra i partecipanti al colpo di Stato del 1952, dal rapporto controverso con Nasser che lo fa arrestare proprio nel 1959 dopo il fallimento della rivolta arabo-nazionalista contro ʿAbd al-Karīm Qāsim scoppiata in Irak nel marzo di quell’anno.

12. Fenner Brockway, figura storica dell’anticolonialismo socialista europeo (Gasteuil 2021, 138-62).

13. FG, APCI, 1959, esteri, incontri internazionali, mf. 465, note di Giuliano Pajetta circa la riunione del Comitato contro il colonialismo convocato a Belgrado il 21 ottobre p.v., 2187-8.

14. Ivi, nota di Maurizio Valenzi sulla III Conferenza anticoloniale del Mediterraneo e Medio Oriente, 2191-9.

15. Ivi, estero, Egitto, mf. 465, appunti di Dina Forti sul viaggio in Egitto dal 12 al 20 luglio, 9-21.

16. Indicata come Cesa Nabarawi, è la fondatrice dello Egyptian Feminist Union.

17. FG, APCI, 1959, estero, Egitto, mf. 465, appunti di Dina Forti sul viaggio in Egitto dal 12 al 20 luglio, 15.

18. Rebbani viene indicato come «segretario del primo ministro del GPRA», in J. Nagy Lászlo, Magyarország ès Algériai Háború: Ferhat Abbasz Budapesti Látogatása, in Világtörténet 2002, 81, https://tti.abtk.hu/images/kiadvanyok/folyoiratok/vilagtortenet/vt_2002_1/j.%20nagy.pdf (ultimo accesso 8 luglio 2023).

19. FG, APCI, 1959, estero, Egitto, mf. 465, appunti di Dina Forti sul viaggio in Egitto dal 12 al 20 luglio, 17.

20. Ivi, 1964, estero, Algeria, mf. 520, Informazione della compagna Maria Antonietta Macciocchi sul viaggio della delegazione del Pci in Algeria, 124-56.

21. Ivi, 1960, esteri, mf. 468, Riunione del primo marzo per discutere sulla politica del Pci verso i paesi arabi, 2295-303. Dina Forti è per non rompere i rapporti, Gallico per una polemica aperta.

22. Ivi, 1961, estero, Algeria, mf. 483, rapporto di Arrigo Boldrini del 16 aprile, 2402-8.

23. Ivi, note aggiuntive sull’Algeria di Maurizio Valenzi, ottobre, 2418-21.

24. Ivi, sul Fln e sul Pca. Appunti sui precedenti storici, 2387-91.

25. Il 10 gennaio 1961 invia una nota informativa su fonti di seconda mano, circa un incontro «col dottor Giovanni Manca, (già membro del nostro movimento giovanile, nel Congo da dieci anni, già medico personale di Lumumba)». Ivi, Congo, 2694-6.

26. Ivi, 2705-2714. Su questo aspetto della politica comunista, Siracusano 2022.

27. Fg, APCI, 1961, estero, Congo, mf. 483, nota sulla conversazione avuta il 22 ottobre sulla questione del Congo, 2735.

28. Gli inventari analitici sono indagabili online fino al 1986: http://151.1.148.212/cgil/(X(1)S(w1oaak45zxbtj145xz2yy555))/HapConsole.aspx?AspxAutoDetectCookieSupport=1 (ultimo accesso 8 luglio 2023).

29. https://www.collettiva.it/archivio/rassegnasindacale/ (ultimo accesso 8 luglio 2023).

30. http://www.ilmondodegliarchivi.org/rubriche/in-italia/832-archivio-storico-cgil (ultimo accesso 8 luglio 2023).