Privilegiando la continuità rispetto al mutamento, Willson con questo libro ha costruito un ottimo manuale. Racchiuso nella gabbia di un necessario andamento cronologico la narrazione appare
estremamente precisa e scorrevole, la struttura metodologica molto chiara: per ogni argomento chiave l’a. individua uno o più testi fondamentali di autori e autrici di chiara fama e ne utilizza la
griglia interpretativa, riportandone le linee guida fondamentali a cucitura di un discorso che tiene fino alla fine, con una distribuzione omogenea dell’attenzione e del peso dato ai diversi
passaggi storici.
Anche se il linguaggio in alcuni punti sembra produrre più che contribuire a decostruire stereotipi, non va dimenticato che l’occhio che guarda – che ci guarda - è straniero. Si tratta di un punto
di vista prezioso nel momento in cui si dimostra capace di tirare fili che collegano fatti e avvenimenti anche lontani tra loro ma uniti da un profondo legame di senso. Risulta invece limitato o
comunque poco allenato quando deve cogliere differenze, contraddizioni, nodi che, come nel caso in questione, sono parte determinante dell’identità italiana. Ogni fenomeno, ogni episodio citato da
Willson ha chiari riscontri, non vi è nessun dubbio che sia realmente accaduto e che sia accaduto proprio in quel modo. Il problema è che il ragionamento non può essere fatto come l’a. tende a
volte a fare in maniera generale per tutto il territorio nazionale perché in questo modo non si dà conto della varietà e della complessità della realtà italiana. Il rischio di questo sistema è il
rafforzamento degli stereotipi rispetto ad alcune caratteristiche che vengono attribuite alle donne italiane ed è un po’ questo che accade. Il metodo di lavoro di Willson, che tende ad individuare
per ogni tema forte uno o più saggi o testi di riferimento pubblicati e su questi basa la trattazione, nelle sue linee generali è un ottimo sistema, poiché permette di mettere a fuoco e dare
rilevanza all’attività di ricerca di studiose di grosso calibro, esperte in temi molto specifici. Tuttavia, si tratta di una scelta che inevitabilmente trascura molto di quanto sui singoli
argomenti può essere stato altrimenti prodotto e che, se tiene agevolmente nella prima parte del libro, appare però più debole nella seconda, a partire dalla Resistenza. Definire «zona grigia» la
vita quotidiana che si svolge intorno alla guerra sembra mostrare un mancato aggiornamento sulla definizione molto più appropriata e completa di «guerra ai civili», che rende conto di un
puzzle fatto di molte tipologie di resistenza e non dipinge un mondo semplicemente diviso in campo di battaglia e resto come suggerisce invece l’uso del termine zona
grigia. Anche la bibliografia sull’UDI appare poco aggiornata: negli ultimi anni sono stati prodotti studi importanti su questo argomento, che approfondiscono meglio quelle che furono le
complesse articolazioni della relazione tra l’Unione delle Donne italiane e il PCI (le donne del Partito in particolare) e di entrambi con tutta l’area cattolica, che nella trattazione di Willson
appaiono come del tutto separate, mentre invece vi furono vere e proprie intersezioni tra i diversi ambiti di pensiero e di azione. Nella parte riguardante gli anni ’70, la più breve del volume, si
intuisce la necessità di stringere il ragionamento a favore della chiarezza e, al contempo, la volontà di non toccare temi che ancora non hanno una radicata dimensione storica nel nostro paese e
non sono stati del tutto sistematizzati: difficile in Italia è parlare di femminismo senza considerare la sua necessaria declinazione al plurale –femminismi- e infatti lo sguardo straniero di
Willson fa a volte l’errore involontario di inglobare tutto entro sguardi e termini generali, dando come risolto un tema che invece è molto aperto e vivo, che a seconda di chi lo affronta e di come
lo si legge ha sfumature diverse e a questa varietà di interpretazioni non si può non porre attenzione. Al di là di questi aspetti va comunque detto che quello di Willson è un testo di cui avevamo
bisogno. Non solo per impostare la preparazione di tanti studenti e studentesse che nei corsi universitari trarranno grande beneficio dalla sua lettura, ma anche per far ragionare noi, per farci
fare un punto, un quadro della situazione degli studi che stiamo conducendo su noi stesse. Italiane ci interroga su di noi e questo è il miglior risultato che un libro possa conseguire.
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