Storicamente. Laboratorio di storia

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Sviatoslav Dmitriev, “The Birth of the Athenian Community”

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Sviatoslav Dmitriev, “The Birth of the Athenian Community. From Solon to Cleisthenes”, Abingdon - New York, Routledge, 2018, XVI-392 pp.

Il volume di S. Dmitriev − Associate Professor di storia greca, romana e bizantina presso la Ball State University (Indiana, USA), autore di numerosi studi specialmente nel campo della storia sociale, politica e amministrativa greca dall’arcaismo al periodo ellenistico-romano − affronta in una prospettiva inedita lo sviluppo della comunità ateniese nel corso del VI sec. a.C., dalle riforme di Solone a quelle di Clistene. L’A. rigetta la tradizionale bipartizione della popolazione libera delle città greche in cittadini e non-cittadini (cioè persone con e senza diritti politici), anacronisticamente modellata sull’esempio delle società contemporanee. Secondo l’A., a seguito di tali riforme gli Ateniesi sarebbero stati organizzati in tre diverse comunità, solo in parte coincidenti: la kinship community degli astoi; la legal community dei politai; la political community dei demotai.

La comunità di parentela, formata dagli astoi di ambo i sessi (cioè quanti si consideravano legati da una discendenza comune), sarebbe stata la più antica, esistendo già prima di Solone, che ne avrebbe ridefinito il criterio di ammissione aggiungendo al requisito della discendenza quello della nascita legittima: solo gli gnesioi (figli di astoi sposati mediante engye, forma matrimoniale tipica della kinship community) avrebbero fatto parte di questa comunità e delle sue ripartizioni (tribù genetiche, fratrie, gene). Successivamente sarebbe emersa la comunità giuridica dei politai (quanti, uomini e donne, a partire da Solone godevano della politeia, cioè dell’uguaglianza dei diritti civili, sociali ed economici), comprendente astypolitai (politai by nature, titolari della politeia per nascita in quanto gnesioi) e demopoietoi (politai by decree, non-gnesioi ammessi alla politeia per speciale concessione). Infine, la comunità politica dei demotai (i cittadini in senso moderno, cioè quanti godevano dei diritti politici, restrittivamente interpretati come la facoltà di assumere cariche politiche, sulla scia della definizione aristotelica dell’haplos polites) sarebbe stata composta a partire da Clistene dagli astoi adulti di sesso maschile. Le tre comunità si sarebbero dunque distinte per il criterio di selezione dei loro membri: la nascita legittima per l’ammissione nella comunità degli astoi; la nascita legittima o la concessione della politeia by decree per l’ammissione nella comunità dei politai; la nascita legittima, il sesso maschile e la maggiore età per l’ammissione nella comunità dei demotai. Gli Ateniesi avrebbero così ideato un sistema efficace e ingegnoso di integrazione degli stranieri da un lato (consentendo l’estensione della politeia ai non-astoi e, col tempo, riconoscendo la legittimità dei figli dei politai by decree e delle astai), e di preservazione degli interessi della “comunità di sangue” dall’altro (riservando i diritti politici agli astoi). La democrazia clistenica sarebbe stata dunque una kinship democracy: solo dal IV sec. i politai by decree avrebbero ricevuto i diritti politici e l’ammissione ai demi.

Il volume si divide in tre parti, corrispondenti alle tre comunità. La prima illustra sincronicamente i principi di organizzazione e funzionamento della kinship community (1) e il suo sviluppo diacronico a seguito della nomothesia di Solone (2), di cui vengono discussi contenuto e motivazioni: le sue leggi (filiazione legittima, eredità, testamenti, adozioni etc.) avrebbero mirato a rafforzare e uniformare la kinship community, dandole regole comuni e assicurandone la posizione privilegiata nella polis. La seconda parte, dedicata alla legal community, tratta dell’ammissione degli stranieri alla politeia e dello statuto del polites (3), per approdare ad una nuova interpretazione della politeia soloniana come status giuridico, distinto e indipendente dalla cittadinanza (4): il regime di Solone sarebbe stato politicamente oligarchico, mantenendo le disuguaglianze politiche tra gli astoi e stabilendo limiti censitari per l’accesso alle cariche. La terza parte, avente per oggetto la political community, affronta il tema dei rapporti tra politica e politeia (5), e termina con una disamina delle riforme di Clistene (6). Vengono discussi l’uso politico della concessione della politeia by decree e della rimodulazione dei criteri d’accesso alla politeia by nature da parte dei diversi regimi politici (democrazia, oligarchia, tirannide etc.); la natura e la funzione dei diapsephismoi, interpretati non come revisioni delle liste dei “cittadini” ma come verifiche dello status di gnesioi dei politai by nature; i rapporti tra status individuale e arruolamento in organizzazioni quali demi, tribù, fratrie e gene (l’A. sostiene che fosse lo status personale, determinato in primo luogo dalla nascita, a costituire il presupposto dell’appartenenza a queste organizzazioni, e non il contrario); infine la riforma tribale e l’istituzione dei demi: Clistene avrebbe da un lato modificato numero e natura delle tribù, trasformandole da organizzazioni della kinship community (aperte ai soli gnesioi) in organizzazioni territoriali della legal community (composte di politai by nature e by decree); dall’altro avrebbe concesso eguali diritti politici a tutti gli astoi adulti di sesso maschile, inserendoli nel nuovo sistema dei demi. Chiudono il volume sei appendici di approfondimento tematico (politeia dei nothoi; adulterio e moicheia; concessione della politeia ai Plateesi; politeia e symbola; patrios politeia; politeia di Pericle il Giovane), un’ampia bibliografia, e tre indici (iscrizioni e papiri; autori e testi; nomi e cose notevoli), molto ben strutturati e utili.

Il volume ha sicuramente molti pregi, quali l’ampiezza del materiale letterario ed epigrafico esaminato e la vastità della bibliografia discussa, che restituisce una chiara idea dello status quaestionis e delle ultime tendenze della ricerca. Vanno tuttavia segnalati alcuni difetti, sia di merito che di metodo. Il principale è relativo alla documentazione, che se da un lato è molto abbondante, dall’altro è nel complesso tarda rispetto al periodo indagato e non è sempre trattata in modo critico: gran parte del materiale considerato è infatti d’età classica ed ellenistica, e le poche fonti arcaiche disponibili spesso non ricevono adeguata attenzione (ad es., nel discutere le motivazioni dell’attività di Solone l’A. non cita mai le sue elegie, esprimendo viceversa assoluta fiducia nella paternità soloniana delle leggi che gli sono attribuite dalla tradizione). Risulta inoltre discutibile la definizione dei diritti politici adottata dall’A., e in particolare la distinzione tra partecipazione all’assemblea e accesso alle cariche: se, come ritiene l’A., la prima non era dai Greci considerata espressione di un’attività politica (potendo così essere concessa anche ai politai by decree), ci si chiede perché le donne ne fossero escluse.

Le tesi dell’A., benché non pienamente condivisibili e non sufficientemente dimostrate, meritano comunque una discussione ampia per le nuove prospettive offerte circa i rapporti tra politeia e cittadinanza, che permettono di affrontare sotto una nuova luce problemi dibattuti, come quello del godimento della politeia in più città, semplicemente accennato ma che vale la pena approfondire.