Storicamente. Laboratorio di storia

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Richard Stoneman, “The Greek Experience of India”

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Richard Stoneman, “The Greek Experience of India. From Alexander to the Indo-Greeks”, Princeton – Oxford, Princeton University Press, 2019, XVIII-525 pp.

Il volume si apre con il momento lirico del prologo, che mescola ricerche scientifiche e intimi ricordi di viaggio e rende esplicito l’intento del volume: «This book is about the encounter of two incommensurable civilisations that came face to face for two pregnant centuries» (p. 2). Richard Stoneman intende ripercorrere i tratti dell’incontro tra il mondo greco e quello indiano, dalla campagna indiana di Alessandro Magno (d’ora in poi A. M.) alla morte del re indo-greco Menandro, e nel fare ciò unirà momenti legati all’esperienza di storico e a quella di viaggiatore nell’India contemporanea.

Sono sedici i capitoli che compongono il volume, divisi in tre parti: la prima (I. First Impressions, pp. 5-126) riguarda i contatti tra il mondo greco e il mondo indiano all’epoca della campagna di A. M.; la seconda concerne l’opera Indika di Megastene (II. Megasthenes’ Description of India, pp. 129-285); la terza indaga i casi d’interazione tra mondo greco e indiano nei due secoli presi in esame (III. Interactions, pp. 289-477).

Il primo capitolo si apre con una riflessione sulle descrizioni del mondo indiano (§1): l’India ha costituito, e costituisce, qualcosa di «essentially alien» (p. 5). L’autore fa riferimento alla personale esperienza che lo lega all’India, il viaggio dei Beatles, i concerti londinesi di Ravi Shankar, e passa in rassegna i pregiudizi della visione occidentale del mondo indiano, le città affollate, pervase da misticismo e da colori brillanti. A partire dagli studi sulla figura di A. M., che sono stati e restano campo di indagine di Stoneman, egli si avvicina al mondo indiano e nel presente volume intende prendere nuovamente in considerazione le osservazioni di Onesicrito, di Megastene, di Nearco, che sono stati spesso considerati mendaci dal mondo classico, come i loro predecessori, Erodoto e Ctesia, rispetto alle descrizioni che hanno fornito sull’India. Segue una rassegna delle percezioni che dell’India ha avuto il mondo occidentale, dall’età moderna all’età antica: l’autore prende in esame i punti di vista dei primi Greci che descrissero l’India, i.e. Scilace di Carianda, Erodoto di Alicarnasso e Ctesia di Cnido. Il secondo capitolo riguarda la campagna di A. M. in India (§2): sono analizzate le ragioni della spedizione e i suoi momenti salienti. Il terzo capitolo indaga il ruolo svolto da Eracle e da Dioniso nella campagna indiana di A. M. (§3). Il quarto capitolo concerne la storia naturale dell’India sulla base delle descrizioni proposte dal mondo greco (§4).

La seconda parte del volume riguarda l’opera Indika di Megastene, ambasciatore di Seleuco presso la corte del re maurya Candragupta a Pataliputra, giunta in frammenti. La corposa descrizione si apre con una rassegna dei predecessori e dei contemporanei che si sono cimentati in opere sull’India, quindi Stoneman propone una ricostruzione della storia indiana contemporanea a Megastene sulla base dei dati archeologici e delle fonti indiane e greco-romane (§5). Nel sesto capitolo l’autore propone una nuova suddivisione dell’opera Indika in tre libri (§6). Il capitolo settimo presenta aspetti geografici e storici dell’India dal punto di Megastene (§7), mentre l’ottavo capitolo muove da un confronto tra l’Arthaśāstra di Kautilya rispetto ai temi della società indiana descritti da Megastene (§8). Il capitolo nono riguarda il concetto greco di utopia in confronto con le descrizioni sull’India (§9). Il capitolo decimo concerne le conoscenze di Megastene sul mondo naturale (§10).

La terza parte del volume indaga le relazioni avvenute tra mondo greco e mondo indiano dalla morte di A. M. a quella di Menandro. Il capitolo undicesimo interessa il rapporto intercorso tra i filosofi indiani e i Greci (§11): Stoneman prende in esame l’incontro tra A. M. e i filosofi nudi di Taxila e il dialogo di A. M. con Dandamis sulla base della testimonianza di Onesicrito, quindi analizza la figura del filosofo Calanus. Il dodicesimo capitolo mette a confronto aspetti comuni e influenze reciproche tra pensiero greco e pensiero indiano (§12): il tema della reincarnazione, considerato nato in maniera autonoma nelle due culture; la credenza nell’anima tripartita e l’immagine del carro, ritenute indipendenti; Pirrone in rapporto alla filosofia buddhista, per cui Stoneman considera possibile un’influenza del buddhismo sul pensiero scettico; i Cinici e i filosofi nudi di Taxila, per il pensiero dei quali Stoneman rintraccia un’influenza cinica; il tema del fumo e del fuoco, considerati autonomi; l’opera pāli Milindhapañha, per la quale Stoneman esclude influenze greche. Il capitolo tredicesimo esamina i due secoli di contatto (§13): dopo una rassegna della storia dei regni greco-battriani e indo-greci, vengono esaminate le evidenze di interrelazioni, come il pilastro di Eliodoro a Besanagar e le iscrizioni greche del re Aśoka. Il capitolo quattordicesimo riguarda il rapporto tra le due culture a livello letterario (§14): il teatro, che preesiste all’arrivo di A. M. in India; l’epica, per cui sono escluse influenze reciproche. Il quindicesimo capitolo interessa l’arte indiana e il suo rapporto con il mondo greco (§15): vengono prese in considerazione la scultura a Mathura e a Sanchi e la pittura delle cave di Ajanta, per la quale è ipotizzata un’influenza greca. Il sedicesimo capitolo riguarda la descrizione della città di Taxila all’arrivo di Apollodoro di Tiana in base al racconto di Filostrato (§16). Nel finale ritorna il tono lirico dell’apertura, che esclude conclusioni generali, attese dal ricco volume: «India became known, but still represented the unknown» (p. 477).

Richard Stoneman, dunque, prende in esame due secoli di grande importanza per i contatti tra il mondo greco e l’India, analizzando nel corso del volume particolari aspetti del mondo indiano: l’autore presenta il grande pregio di mettere a confronto le fonti greche e romane con opere indiane, in sanscrito o in pāli, al fine di rianalizzare i racconti dei Greci che scrissero dell’India.

Si segnala come nota marginale la presenza di traslitterazioni del sanscrito non sempre uniformi: per l’opera di Pāṇini compare la grafia Ashtadhyayi al posto di Aṣṭādhyāyī (p. 30 nota 126); ganeshas per gaṇeśa (p. 152); nel testo viene adottata la grafia corretta Rakśaka (p. 163), mentre in indice si usa Rakshaka (p. 521); danda (p. 204) e dānda (p. 299, p. 299 nota 28) al posto di daṇḍa ‘bastone’ (M. Monier-Williams, A Sanskrit-English Dictionary, Oxford 1899 [d’ora in poi MW] 466, 2); avyākrta (p. 349) invece di avyākṛta ‘non creato’ (MW 112, 1); chaityagrihas (p. 450) al posto di caityagṛha ‘tempio’, caitya ‘tumulo’ (MW 402, 2), gṛha ‘casa’ (MW 361, 3). Stoneman propone un parallelo tra Indra, uccisore del serpente Vṛtra, e il mondo iranico, «the Iranian monster Verethragna» (p. 147 nota 147), «Persian Lion wrestler» (p. 193), mentre il termine avestico, correttamente Vərəθraγna, indica la divinità zoroastriana, cui è dedicato l’inno quattordicesimo dell’Avesta, BahrāmYašt.