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                                  | Visioni e politiche del  territorio Per una nuova alleanza tra  urbano e rurale
 a cura di Paola Bonora
 
                                       
                                        | 
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                                        |  | Territori di progetto nella programmazione regionale Sergio Conti
 Carlo Salone
 
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                                        | 
                                          
                                            
                                              
                                                
                                                  
                                                    
                                                      
                                                        
                                                          
                                                            
                                                              
                                                                
                                                                  
                                                                    
                                                                      
                                                                        
                                                                          
                                                                            
                                                                              
                                                                                
                                                                                  
                                                                                    
                                                                                      
                                                                                        
                                                                                          
                                                                                            
                                                                                              Abstract
 Over the  two last decades, the regional policies have increasingly met the need to  foster the economic competitiveness of regional and local economies, in order  to face globalisation challenges. However, these actions have privileged the  direct competition, oriented to catch investment and consumption flows by  improving the regional/local attractiveness, than the indirect one, which is  based on the social and institutional interplay involving the regional/local  actors.
 The  increasing relevance of the indirect competition brings back on stage the  public sector, namely the various levels of territorial government. Yet, the  most successful experiences in Europe demonstrate that this renaissance of the  public guide in spatial policies is intimately linked to the involvement of  local systems of actors and implies a ‘constructed’ idea of territory. This  paper seeks to enlighten some features of this process, introducing the concept  of multilevel governance and place-based policies as the basic building blocks  of the regional policies.
 
                                                                                        
                                                                                        
                                                                                          
                                                                                          
                                                                                            
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                   Territorio, sviluppo e competitività. Rimandi concettuali Sul fronte delle strategie di politica regionale, sia dal punto di vista della
                                                                                              dottrina che da quello degli strumenti recentemente messi in atto, nei paesi e
                                                                                              nelle regioni a sviluppo industriale maturo si è assistito al passaggio dalla competizione diretta alla competizione
                                                                                                indiretta. Tradizionalmente, la competizione diretta si fonda su strategie di supporto volte a catturare investimenti in entrata,
                                                                                              politica dell’immagine, codificazione delle best
                                                                                                practices, dove il successo nella competizione, che si ha
                                                                                              nell’attrarre più di altri (imprese, organizzazioni, gruppi sociali, turisti
                                                                                              etc.), diventa il principio di legittimazione della politica locale/regionale:
                                                                                              ciò trascende ampiamente l’idea della condivisione e della rappresentanza,
                                                                                              ovvero quella di un’organizzazione in cui l’enfasi è data dalla pluralità dei
                                                                                              legami intersoggettivi. E’ stata questa, nei fatti, la strategia spesso
                                                                                              interpretata dalle agenzie regionali e locali di sviluppo. A questo proposito, abbondano nella letteratura specializzata “storie di
                                                                                              successo”, che potrebbero costituire utili termini di riferimento. Tuttavia, il
                                                                                              bilancio controverso o addirittura negativo di molte esperienze insegna che
                                                                                              occorre evitare di trarre dall’eterogeneità dei casi concreti modelli operativi
                                                                                              validi in qualunque contesto regionale e in qualunque fase storica. Ciascuna
                                                                                              storia fa, in un certo senso, caso a sé, dimostrando che i meccanismi dello
                                                                                              sviluppo territoriale non possono meccanicamente essere dedotti da un quadro
                                                                                              teorico generale, come per esempio quello rappresentato dal Nuovo Regionalismo.
                                                                                              In effetti, le diverse teorie che concorrono a formarlo – nuovo
                                                                                              istituzionalismo, industrializzazione flessibile e knowledge-intensive, radicamento territoriale dell’attività
                                                                                              economica, interdipendenze non mercantili etc. – non appaiono ancora inquadrate
                                                                                              entro una visione coerente e dotata di una validità generale sulla base di
                                                                                              evidenze empiriche ricorrenti, in altri termini in un paradigma à la Kuhn. Piuttosto, si tratta di un insieme
                                                                                              eterogeneo di categorie che spiegano come alcune parti di un’economia regionale
                                                                                              potrebbero funzionare e sulle quali si potrebbero fondare politiche di sviluppo
                                                                                              territoriale efficaci solo a certe condizioni [Lovering 1999]. Nella competizione indiretta diventa invece
                                                                                              centrale il governo del territorio, nei
                                                                                              termini di mobilitazione dei diversi gruppi intorno a una strategia condivisa
                                                                                              per il sostegno delle imprese coinvolte nel gioco della competizione, offrendo
                                                                                              un insieme di condizioni localizzate che conferiscono loro un vantaggio
                                                                                              competitivo. In questo senso parliamo di una sorta di proprietà transitiva, di vantaggio competitivo sostenibile, che è
                                                                                              proprio dei territori che attivamente promuovono la competitività dei soggetti
                                                                                              che vi sono localizzati. Se nell’economia “globalizzata” contemporanea, i
                                                                                              sistemi territoriali locali sono sempre più tributari della capacità di intercettare e valorizzare i flussi
                                                                                              finanziari, di conoscenze e di capitale umano, nondimeno le risorse locali diventano i fattori chiave della
                                                                                              competitività e dell’attrattività. Dunque la competitività delle imprese non
                                                                                              consiste soltanto nel saper sfruttare le economie di agglomerazione e i
                                                                                              rendimenti crescenti, bensì nel partecipare a una mobilitazione dei sistemi
                                                                                              locali nel loro insieme come attori dello sviluppo. Non casualmente, le storie di successo che hanno segnato lo sviluppo locale e
                                                                                              regionale in Europa negli ultimi anni hanno posto all’attenzione alcune lezioni generali: - questi sistemi di successo non hanno perseguito
                                                                                              improbabili nuove vocazioni, ma hanno qualificato e riqualificato
                                                                                              tecnologie e saper fare storicamente radicati
                                                                                              non solo all’interno delle imprese ma anche nei territori (learning regions, secondo la definizione codificata
                                                                                              da Morgan, 1997); - hanno perseguito l’integrazione (clusterizzazione) dei sistemi produttivi, fondando legami organizzativi relativamente stabili. La
                                                                                              co-localizzazione si è rivelata nei fatti una componente decisiva del vantaggio
                                                                                              competitivo (in quanto alla base dell’apprendimento collettivo); - essi hanno realizzato politiche
                                                                                              reticolari di assistenza tecnologica, gestionale e finanziaria,
                                                                                              oltre che di dialogo fra gli attori (ciò che prevede la massimizzazione della
                                                                                              collaborazione e dell’interazione a livello locale); - infine, hanno operato alla luce di un’agenda politica condivisa e della presenza di istituzioni fortemente interventiste, capaci cioè di stimolare
                                                                                              la formazione di gruppi di interesse che condividono un comune orizzonte
                                                                                              normativo. Ciò sottende, nel complesso, il riconoscimento unanime della centralità del territorio – dei suoi connotati materiali e, soprattutto, relazionali - unitamente a una critica serrata dei
                                                                                              tradizionali quadri di riferimento territoriale (anche e soprattutto istituzionali), oltre che dei connessi
                                                                                              strumenti di carattere regolativo. 
                                                                                            
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  Una nuova domanda politica Con l’emergere della nuova divisione internazionale del lavoro è andato
                                                                                              affermandosi un plusvalore costituito
                                                                                              dall’ambiente, dalla società, dai saperi locali e dalle istituzioni – le economie esterne territoriali. Al di là
                                                                                              dei processi maggiormente vistosi e conclamati (come l’esplosione
                                                                                              dell’informazione, la concentrazione della crescita, la conseguente
                                                                                              polarizzazione sociale e la rottura dei legami tradizionali di solidarietà) i
                                                                                              processi di globalizzazione economica in atto producono conseguentemente nuove
                                                                                              domande nei confronti delle politiche
                                                                                                pubbliche. Fra queste rientrano: - la necessità di infrastrutture di comunicazione adeguate, potenziamento
                                                                                              dell’accessibilità interna ed esterna delle diverse aree; - il sostegno allo sviluppo locale, conservandovi flessibilità e
                                                                                              diversificazione; - politiche di marketing urbano e territoriale; - il sostegno dei processi di riconversione della base produttiva (aree
                                                                                              industriali dimesse; aree ferroviarie; scuole, ospedali e altre strutture
                                                                                              obsolete); - la formazione continua della forza lavoro; - il miglioramento della qualità ambientale; - il trattamento dei problemi indotti dai fenomeni di esclusione
                                                                                              sociale; - l’intercettazione dei finanziamenti comunitari. Si è dunque affermata unanuova domanda politica – peraltro in un quadro di risorse sempre più scarse – con
                                                                                              conseguente modificazione delle modalità di gestione dei problemi pubblici e
                                                                                              delle forme di governo: in generale, le grandi istituzioni pubbliche non sono di per sé in grado di adattarsi e di
                                                                                              rispondere all’articolazione e alla moltiplicazione della domanda, in ragione
                                                                                              soprattutto dei macchinosi processi di funzionamento stratificatisi nel corso
                                                                                              del tempo (fra cui rientrano le forme “consolidate” di programmazione dello sviluppo e la stessa pianificazione urbanistica). Se quanto sopra ricordato corrisponde al vero, va da sé che è necessario
                                                                                              trascendere l’idea “troppo astratta” di un’economia organizzata per reti
                                                                                              transterritoriali, o globali. Il rischio è quello di dimenticare che nelle reti
                                                                                              (di qualsiasi genere queste siano) sono i nodi a connettere i fili, e che i nodi
                                                                                              sono addensamenti stabilizzati di relazioni nello spazio. Non solo. Le politiche di sviluppo “locale” riconoscono le dinamiche spontanee
                                                                                              che tendono a generarlo e si pongono il compito di sostenerle. Il problema
                                                                                              politico è quello di rintracciarle, tenendo conto che i meccanismi di
                                                                                              interazione sociale sono diversi in ragione dei settori e delle dimensioni dei
                                                                                              territori coinvolti. In comune essi sottendono tuttavia la presenza di attori
                                                                                              che, rimanendo indipendenti, sperimentano possibilità cooperative. L’orientamento politico si fonda su due idee chiave: anzitutto le politiche
                                                                                              territoriali vanno indirizzate alla “liberazione” delle risorse economiche e
                                                                                              culturali delle società locali, spesso latenti e non riconosciute. In secondo
                                                                                              luogo, lo sviluppo si innesca con strategie di più attori, pubblici e privati,
                                                                                              capaci di condividere e coordinare la progettualità. Il nodo è l’inclusione, ovvero le
                                                                                              condizioni che rendono il sistema – e quindi i soggetti – capace di autonomia.
                                                                                              Il problema che si pone è quindi la costruzione di contesti istituzionali e di
                                                                                              relazione in grado di riconoscere e valorizzare risorse spesso latenti. Le
                                                                                              “nuove” forme di intervento politico, in Europa, ma anche in altri contesti
                                                                                              continentali tendono al superamento delle logiche settoriali e gerarchiche,
                                                                                              fondate sulla distribuzione di aiuti finanziari, in favore di politiche
                                                                                              integrate, fondate su progetti per la produzione di beni pubblici locali, dove
                                                                                              il territorio, attraverso i suoi attori, si riconosce come un “insieme”. Il perseguimento di una capacità
                                                                                              competitiva è nei fatti consequenziale, in larga misura, a forme
                                                                                              di cooperazione e capacità di apprendimento altamente specifiche. Il contesto in
                                                                                              cui ci si muove è dato dal fatto che la maggior parte dei sistemi produttivi
                                                                                              locali non riesce a “rispondere” all’incalzare dell’innovazione tecnologica,
                                                                                              organizzativa e finanziaria e a far fronte alla concorrenza internazionale.
                                                                                              Nondimeno questi sistemi si presentano tuttora come un patrimonio di imprese e
                                                                                              un modello socio-culturale che non possono essere ignorati, continuando a
                                                                                              rappresentare la componente principale della nostra economia. Una superiore
                                                                                              apertura (interazione con reti lunghe) non esclude che questi sistemi locali
                                                                                              possano continuare ad usufruire delle esternalità di agglomerazione storicamente
                                                                                              costruite. Ne consegue, come vedremo, l’esigenza di riconoscere le territorialità attive, dotate di una specifica
                                                                                              organizzazione e capaci di autorappresentarsi, e la cui identità è l’esito di un
                                                                                              progetto che può generare valore aggiunto
                                                                                                territoriale. 
                                                                                            
                                                                                            Sin verso la metà degli anni novanta le politiche di sviluppo locale erano
                                                                                              fondate in larga misura sulla dimensione regolativa del sistema locale, privilegiando le somiglianze con gli altri sistemi piuttosto che le
                                                                                              differenze, finendo col perdere di vista le specificità culturali. Era, quello,
                                                                                              un progetto “garantista”, in cui il locale assumeva legittimità descrittiva e al
                                                                                              tempo stesso regolativa. Il quadro è ora profondamente diverso: parlare di locale significa parlare di radicamento, identità territoriale, patrimonio
                                                                                              storico-culturale. Non solo, il locale è ora assunto come un processo di costruzione (intenzionale) e
                                                                                              non già come un dato: non esiste un locale predefinito cui si possa fare
                                                                                              riferimento sulla base di delimitazioni naturali e storico-culturali (e men che
                                                                                              meno amministrative). Il quadro di riferimento comprende un grappolo di parole chiave ormai entrate
                                                                                              nel bagaglio concettuale della dottrina ma, solo marginalmente, nella prassi
                                                                                              politica. Per semplicità queste possono essere ricondotte ai due concetti
                                                                                              fondamentali della coesione territoriale e
                                                                                              dello sviluppo policentrico [su tutti si veda
                                                                                              Camagni, 2001]: si consuma, sotto questa luce, il passaggio dalla città, quale
                                                                                              “centro” di produzione e di controllo, il territorio
                                                                                                quale sistema “multipolare” caratterizzato da una pluralità di “fuochi” portatori di specificità e identità [Dematteis e Janin Rivolin 2004].
                                                                                              La tesi, non priva di controverifiche [cfr. Veneri e Burgalassi 2010], è che il
                                                                                              policentrismo rafforzi la competitività, fondandosi su agglomerazioni e cluster produttivi, garantendo la
                                                                                              valorizzazione dei diversi sistemi locali (e dunque i loro “vantaggi assoluti”)
                                                                                              e la riproduzione delle relazioni interne (ed esterne) alla regione – la
                                                                                              coesione, in altre parole [1]. Quali politiche, dunque? L’approccio
                                                                                              territoriale delle politiche europee ha avuto recentemente un successo
                                                                                              rilevante, impensabile forse soltanto un decennio addietro. Non è un caso se,
                                                                                              dopo l’esperienza fondativa ma essenzialmente simbolica dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, l’Unione
                                                                                              si sia progressivamente orientata a considerare congiuntamente i problemi dello
                                                                                              sviluppo economico e delle dinamiche territoriali, propugnando una
                                                                                              “territorializzazione delle politiche”, come l’Agenda
                                                                                                territoriale per l’Unione del 2007 testimonia assai bene. Questo documento è verosimilmente anticipatorio di una profonda riforma della
                                                                                              politica di coesione europea. Ma andiamo per ordine. Attualmente, la politica di
                                                                                              coesione comunitaria è ritenuta un po’ a tutti i livelli (politico, economico,
                                                                                              istituzionale) largamente insoddisfacente. Più in particolare avrebbe fallito
                                                                                              nel contrapporre l’efficienza (politiche di
                                                                                              intervento volte ad accrescere il reddito e la crescita) all’equità (politiche volte a ridurre le disuguaglianze
                                                                                              e perseguire l’inclusione sociale), collocandosi peraltro in un contesto carente
                                                                                              di pianificazione strategica. In questo
                                                                                              quadro, dall’agenda coordinata da Fabrizio Barca [2009] possiamo trarre alcuni
                                                                                              dei nodi critici maggiormente dibattuti. In particolare: - la politica di coesione non è una politica di
                                                                                              redistribuzione finanziaria. E’ infatti visto come inefficiente
                                                                                              un sistema nel quale i paesi più ricchi contribuiscono maggiormente al budget
                                                                                              dell’Unione e ne ricevono in ritorno una quota in ragione di regole
                                                                                              amministrative; - obiettivo della politica di coesione non è dunque la redistribuzione, ma il favorire il cambiamento istituzionale, combattere le inefficienze e
                                                                                              l’esclusione sociale; - la convergenza, in particolare la
                                                                                              convergenza nel reddito pro capite, non è al
                                                                                              centro della politica di coesione. La convergenza non è una condizione
                                                                                              necessaria né sufficiente per il perseguimento dell’efficienza e dell’inclusione
                                                                                              sociale e non deve essere usata come obiettivo politico della politica di
                                                                                              coesione; - l’unità di intervento della politica di coesione è il luogo, o la regione
                                                                                              funzionale (ma su questo
                                                                                              torneremo). A tutto questo sono fondamento, tra l’altro, il World Bank Report on Reshaping Economic
                                                                                              Geography e le
                                                                                              relazioni OCDE sul “nuovo paradigma di
                                                                                              politica regionale” (o “politica di sviluppo territoriale”), già sperimentata in
                                                                                              varie parti del mondo e volta a ridurre
                                                                                                l’inefficienza e la persistente esclusione sociale. La strategia proposta è «place-based, multilivello e volta a differenti tipi
                                                                                              di regioni» [OCDE 2009]: ovvero politiche focalizzate sulle specificità
                                                                                              (territoriali) delle risorse naturali e istituzionali, oltre che sul ruolo
                                                                                              giocato dalle relazioni (materiali e immateriali) tra luoghi. Non solo, le regioni non sono definite in ragione dei limiti amministrativi:
                                                                                              le entità amministrative non sono unità di
                                                                                                intervento, ma lo sono i sistemi territoriali in cui determinate
                                                                                              caratteristiche di omogeneità funzionale si intrecciano con coalizioni di attori
                                                                                              e istituzioni cementate da valori comuni e orientate da obiettivi
                                                                                              collettivamente definiti. In questi sistemi il territorio è definito nei termini
                                                                                              di concetto sociale, un’area continua/contigua al cui interno un insieme di
                                                                                              condizioni sono favorevoli allo sviluppo. I suoi confini sono quindi altro rispetto ai confini amministrativi (anche se
                                                                                              possono cambiare nel tempo) e diventano centrali, nel contempo, le
                                                                                              agglomerazioni e le reti, entrambe forze motrici dello sviluppo. Si parla inoltre di governance complessa,
                                                                                              da accompagnarsi – è bene ricordarlo – alla semplificazione amministrativa (ciò
                                                                                              che non preclude, se guidata, il rafforzamento della trasparenza nei confronti
                                                                                              dei cittadini). Favorendo nel contempo un processo decisionale circolare, che
                                                                                              dia protagonismo alle iniziative progettuali dal basso (i nodi del sistema
                                                                                              policentrico) che devono necessariamente trovare sintesi in un livello di governo che sappia riassumere queste
                                                                                              iniziative in un processo dinamico e costruttivo. Questo si legittima in base alla capacità
                                                                                                di: - consensuale adesione di un insieme di
                                                                                              comunità locali a un comune programma di gestione dei problemi
                                                                                              collettivi; - rafforzare l’integrazione, la coesione sociale e la cooperazione interna ai sistemi territoriali locali in
                                                                                              essere; - coordinare i sistemi locali territoriali attraverso politiche di rete, tutelando e rendendo fruibili i beni pubblici
                                                                                              presenti; - costruire l’interfaccia comunicativa tra questa rete
                                                                                              territorializzata e il più ampio sistema nazionale e internazionale. Com’è noto, il dibattito politico è tuttora in corso ed è stato istituito un
                                                                                              temporaneo Place-based Policy Group. In
                                                                                              quella sede si sostiene, tra l’altro, come l’attuale politica di coesione,
                                                                                              nonostante i suoi limiti, sia la base appropriata per l’implementazione
                                                                                              dell’approccio place-based, a condizione che
                                                                                              sia oggetto di una sua ampia riforma in grado di rinnovare alla radice le idee
                                                                                              originarie dei padri fondatori. Destinatari dell’allocazione finanziaria saranno
                                                                                              i luoghi (o le regioni funzionali). Siamo di fronte a una strategia di lungo termine il cui obiettivo è quello di ridurre la persistente inefficienza
                                                                                              (sotto-utilizzo del potenziale territoriale, o del capitale territoriale,
                                                                                              secondo una terminologia a noi nota) e l’ineguaglianza (quota di popolazione al
                                                                                              di sotto di un dato standard di benessere), con particolare attenzione
                                                                                              all’innovazione e al cambiamento climatico. E’ un fatto che l’approccio place-based trascende il tradizionale dilemma del federalismo fiscale e costituisce
                                                                                              nondimeno una politica complessa e rischiosa, perché esiste il pericolo di
                                                                                              distribuire in modo errato le risorse e favorire la rendita a scapito
                                                                                              dell’innovazione, sebbene essa appaia comunque preferibile a qualsiasi altra
                                                                                              strategia alternativa che non faccia esplicito riferimento alla dimensione
                                                                                              territoriale. Infatti, le politiche non territorializzate falliscono nelle
                                                                                              strategie di integrazione degli interventi e
                                                                                              assumono che il livello istituzionale superiore o pochi attori privati siano in
                                                                                              grado di guidare i processi di sviluppo. La lezione della crisi in corso
                                                                                              rafforza questa tesi. Questi presupposti si sono concretizzati, nella seconda metà del 2010, nel Quinto Rapporto sulla Coesione, mentre
                                                                                              nel primavera del 2012 si avrà l’European Strategic
                                                                                                Development Framework. Nel 2013, infine, il percorso dovrà
                                                                                              compiersi con la definizione del National Strategic
                                                                                                Development Contract tra Regioni e Commissione. 
                                                                                            
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  La situazione italiana: un ritardo da colmare Sul fronte italiano[2] si è assistito, in concomitanza con l’avvio dell’attuale
                                                                                              ciclo di programmazione e di attuazione della politica di coesione, a un
                                                                                              progressivo “rilassamento” dell’impegno politico e organizzativo del governo
                                                                                              centrale, con sintomi di confusione e, soprattutto, caratterizzato dalla
                                                                                              preoccupante assenza di un progetto complessivo, capace di guardare oltre alla
                                                                                              mera capacità di spesa. Ribadendo un dualismo istituzionale che accompagna almeno dagli anni novanta
                                                                                              la partecipazione italiana al dossier delle politiche territoriali europee, a
                                                                                              scala centrale i protagonisti della scena sono stati, da un lato, il
                                                                                              Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione (DPS) e, dall’altro, la
                                                                                              Direzione per il coordinamento territoriale (DICOTER), del Ministero dei lavori
                                                                                              pubblici, poi delle Infrastrutture. In verità, il periodo di programmazione 2007-2013 si era aperto, sia pure tra
                                                                                              luci e ombre, senza un’apparente soluzione di continuità rispetto al precedente.
                                                                                              La “Nuova politica di coesione” (così etichettata, forse con eccesso di licenza
                                                                                              retorica, dai vertici di Bruxelles) poneva del resto, per la prima volta, agli
                                                                                              Stati l’obbligo di dotarsi di propri “Quadri strategici nazionali” (QSN) di
                                                                                              riferimento per l’elaborazione dei rispettivi programmi operativi (nazionali,
                                                                                              regionali, di cooperazione territoriale trans-europea), in ottemperanza agli
                                                                                              “Orientamenti strategici comunitari in materia di coesione” adottati dal
                                                                                              Consiglio europeo (decisione 2006/702/CE). Il DPS, migrato fra vari dicasteri nel corso delle tre ultime legislature per
                                                                                              approdare al Ministero per gli affari regionali, ha inizialmente interpretato
                                                                                              tale incombenza come rinnovata opportunità (impostata, a dire il vero, senza
                                                                                              superare i limiti di metodo già denunciati in passato; cfr. Palermo, 1999) di
                                                                                              confronto e di condivisione delle rispettive istanze fra i settori
                                                                                              dell’amministrazione centrale e le Regioni, per l’occasione invitate a redigere
                                                                                              propri “Documenti strategici regionali” (DSR). Dal canto suo, il Ministero delle
                                                                                              infrastrutture ha partecipato all’operazione commissionando una serie di studi,
                                                                                              forse carenti di una chiara direzione di metodo unitaria e condivisa, ma infine
                                                                                              confluiti nella proposta delle “piattaforme territoriali strategiche” e nel loro
                                                                                              approfondimento critico per temi generali e rispetto agli specifici contesti
                                                                                              interessati [Ministero delle Infrastrutture 2007]. Sarebbe comunque ingeneroso sostenere che si è fatto molto rumore per nulla.
                                                                                              E’ nondimeno fondata l’impressione che al moltiplicarsi delle iniziative da
                                                                                              parte dei molti centri di potere – centrali e regionali – non abbia corrisposto
                                                                                              un’effettiva e tangibile riduzione del divario di efficacia tra il nostro paese
                                                                                              e quelli dell’Europa nord-occidentale. Ciò è ancor più vero se si considera la
                                                                                              diffidenza, prima ancora culturale che tecnica, dell’attuale governo nei
                                                                                              confronti della programmazione e il disinteresse storico per l’assetto del
                                                                                              territorio, nei suoi multiformi aspetti. Lo stesso livello regionale non può sottrarsi, nel nostro paese, a un giudizio
                                                                                              severo di inadeguatezza rispetto alle acquisizioni ormai consolidate in ambito
                                                                                              internazionale: le esperienze di progettazione territoriale integrata sono
                                                                                              numerose, tuttavia, se si eccettuano gli strumenti di programmazione varati
                                                                                              autonomamente dalle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia, esse si basano
                                                                                              prevalentemente sui Programmi Integrati Territoriali promossi dal DPS per il
                                                                                              Mezzogiorno. Si impone, in ogni caso, il problema di una valutazione dell’efficacia di
                                                                                              questi strumenti, attraverso indicatori “interni” ma anche riferiti alla
                                                                                              programmazione regionale in cui essi s’inquadrano, e, soprattutto, la
                                                                                              valutazione della capacità istituzionale degli organismi coinvolti nel processo.
                                                                                              Questo dovrebbe costituire un capitolo rilevante di un esteso programma di
                                                                                              analisi comparativa estesa ai diversi contesto regionali coinvolti. 
                                                                                            
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  La posta in gioco: nuove forme di governo dell’economia, dell’ambiente e del territorio Nessun processo riformatore può ormai prescindere da un coinvolgimento che,
                                                                                              partendo dal basso, si rivolga, in uno spirito partecipato, ai livelli più
                                                                                              elevati di governo – un centro decisionale che sia contemporaneamente
                                                                                              rappresentativo dei diversi centri decisionali originari, capace di
                                                                                              rappresentare e dare sintesi alle scelte
                                                                                              strategiche, di pianificazione e di controllo. Nel contempo, se l’introduzione
                                                                                              di meccanismi di governance si ripercuote
                                                                                              nella superiore complessità istituzionale, si rende per questo sempre più
                                                                                              necessaria l’individuazione di forme di semplificazione
                                                                                                del sistema legislativo (che garantisca peraltro la necessaria
                                                                                              trasparenza dell’azione amministrativa verso i cittadini). Il quadro che si sta delineando, in un mondo che appare sempre più “regionale”
                                                                                              in termini di spazi economici in competizione e di livelli pertinenti della
                                                                                              coesione sociale ed economica, sembra attribuire sempre maggiore rilevanza alla
                                                                                              capacità di interpretare e governare i territori superando gli schemi della
                                                                                              logica funzionalistica (i livelli, le competenze etc.). In esso si riconosce
                                                                                              una dimensione
                                                                                                dinamica e costruttiva della regione, che si esprime attraverso
                                                                                              la consensuale adesione di un insieme di
                                                                                              comunità locali a un comune programma di gestione dei problemi collettivi:
                                                                                              comunità locali che, per il tramite di un sistema condiviso (di rappresentanza e
                                                                                              identità istituzionale e politica) cercano di formulare forme di progettualità
                                                                                              relative al proprio territorio di riferimento (o sistema locale territoriale)
                                                                                              [Conti e Giaccaria 2009]. Implicitamente ciò porta a ridefinire le stesse regioni come luogo di una
                                                                                              diversa e più complessa interazione e mediazione tra sistemi locali e tra
                                                                                              sistemi locali e sistema globale. Il nuovo ruolo che le Regioni vanno assumendo
                                                                                              a seguito delle riforme elettorali va
                                                                                              giustificato e “riempito” con una profonda revisione concettuale delle sue
                                                                                              funzioni e competenze (al di là di ciò che un’accezione semplicistica della
                                                                                              “sussidiarietà” potrebbe suggerire). Detto in altri termini, la tesi è che la
                                                                                              regione si legittima sulla base della
                                                                                              capacità di: - rafforzare l’integrazione, la coesione sociale e la cooperazione interna dei
                                                                                              sistemi territoriali locali in
                                                                                                essere, promuovere quelli potenziali e far rinascere quelli
                                                                                              collassati; - coordinare i sistemi locali territoriali attraverso la rete regionale di sistemi locali, tutelare e
                                                                                              rendere fruibili i beni pubblici presenti; - costruire l’interfaccia comunicativa tra questa rete regionale e il più
                                                                                              ampio sistema nazionale ed europeo. Se riesce, in altre parole, a mediare il complesso rapporto tra dimensione globale e
                                                                                                radicamento territoriale delle identità. La riflessione sulle scale di riferimento delle dinamiche territoriali
                                                                                              contemporanee hanno ormai fatto giustizia di una visione deterministica che
                                                                                              “naturalizzava” la scala spaziale, interpretandola come un contenitore che
                                                                                              “ospita” le condizioni, materiali e immateriali, dei fenomeni territoriali. Oggi
                                                                                              prevale una concezione della scala spaziale come framework relazionale, in cui i processi sono l’esito
                                                                                              dell’azione di componenti che si collocano a diverse scale spaziali [Marston
                                                                                              2000]. Per agevolare una lettura dei fenomeni che investono il sistema e porre le
                                                                                              basi per l’allestimento di politiche territoriali efficaci, è però opportuno
                                                                                              mantenere distinte due principali scale di riferimento delle dinamiche in
                                                                                              atto: - a scala interregionale le sollecitazioni più
                                                                                              significative riguardano soprattutto l’impatto delle grandi vie di
                                                                                              comunicazione, per cui il tema chiave è quello di una concertazione. Si tratta,
                                                                                              in realtà, di un tema delicato, dal momento che si gioca a una scala
                                                                                              territoriale cui non corrisponde alcun livello istituzionale; - a scala regionale la dimensione degli attori
                                                                                              territoriali – le città, i sistemi locali – appare di regola troppo modesta
                                                                                              (salvo, forse, per alcuni sistemi metropolitani) rispetto alla dimensione delle
                                                                                              sollecitazioni esterne, che in questo caso si riferiscono principalmente ai
                                                                                              cambiamenti nei regimi competitivi dei sistemi d’impresa. Il paradigma
                                                                                              “localistico” che dominava le strategie competitive nel ventennio che ci sta
                                                                                              alle spalle non regge più di fronte alla “doppia concorrenza” (dall’alto da
                                                                                              parte delle economie dominanti del pianeta e, dal basso, le economie a ridotto
                                                                                              costo dei fattori) che si è resa evidente nei primi anni del nuovo secolo. Lo
                                                                                              stesso vale per i servizi di elevato livello, come la cultura, la finanza, la
                                                                                              sanità. Per la scala regionale si suggerisce allora una prassi di coordinamento
                                                                                              regionale, “filtrata” attraverso processi di integrazione spontanea o guidata a
                                                                                              livello di Ambito (o di Quadrante territoriale). A questa scala si possono
                                                                                              infatti riconoscere i caratteri storici e insediativi condivisi, comuni
                                                                                              opportunità di collegamento infrastrutturale, reti interoperative in embrione o
                                                                                              in potenza, reti di comunicazione parzialmente desuete che potrebbero diventare
                                                                                              lo scheletro di sistemi potenziali. Si tratta di progettualità territoriali già in gestazione, proprio per le
                                                                                              nuove sollecitazione cui i singoli territori sono sottoposti, ma ai quali non
                                                                                              corrisponde ancora una visione strategica delineata, e tanto meno uno
                                                                                              sufficiente consapevolezza diffusa. Per l’insieme di queste ragioni, è possibile delineare due tipologie di
                                                                                              progettualità: - a regia regionale, per indicare quelle
                                                                                              iniziative che manifestano portate e raggi d’azione che travalicano ormai
                                                                                              ampiamente i confini regionali o che all’opposto implicano l’attivazione di
                                                                                              coalizioni che esulano quasi del tutto dalla scala e che mobilitano attorno a
                                                                                              esse più competenze regionali; - a regia compartecipata, riconoscendo nei
                                                                                              Programmi territoriali integrati la naturale evoluzione della programmazione
                                                                                              negoziata e dei programmi complessi. Si tratta in questo caso di un insieme di
                                                                                              azioni intersettoriali, strettamente integrate tra loro, che convergono verso un
                                                                                              comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio
                                                                                              attuativo unitario. Tali azioni devono di norma essere connotate da una “massa
                                                                                              critica” adeguata. Si tratta, in sostanza, di pervenire a una politica regionale che preveda un governo multilivello, con forte enfasi
                                                                                              assegnata ai territori, attivando un effettivo partenariato economico e sociale,
                                                                                              sia nella diagnosi che nello stesso sistema di monitoraggio: una partecipazione attiva, in altre parole. Sono, queste, delle assunzioni decisive nel momento in cui si va aprendosi una nuova fase di programmazione. Essa è
                                                                                              peraltro gravida di rischi, noti già nel momento in cui si era avviata
                                                                                              l’istruttoria per la politica regionale 2007-2013: il riferimento è dato
                                                                                              anzitutto alla “resistenza” da parte delle amministrazioni pubbliche
                                                                                              (istituzione regionale compresa) di adattare la propria prassi tradizionale –
                                                                                              fondamentalmente settoriale – alla regola della destinazione territoriale; in
                                                                                              secondo luogo è necessario ricordare la mancata coerenza fra programmazione
                                                                                              ordinaria e programmazione aggiuntiva. 
                                                                                            
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  Programmazione economica e politiche
                                                                                                    territoriali Almeno sulla carta, il Governo italiano ha da tempo provveduto, con l’adozione
                                                                                              delle Linee guida per l’elaborazione del Quadro
                                                                                                strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013, a
                                                                                              porre le basi per la realizzazione della necessaria integrazione programmatica e
                                                                                              finanziaria, individuando gli strumenti di attuazione: Intese istituzionali di
                                                                                              programma, Accordi di programma quadro, oltre che il partenariato
                                                                                              pubblico-privato e un nuovo modello di governance territoriale. Si aggiunga
                                                                                              inoltre che esperienze di integrazione e territorializzazione dei fondi, alla
                                                                                              luce dell’obiettivo di valorizzare il capitale di competenze e il capitale
                                                                                              sociale hanno già coinvolto l’esperienza programmatoria di molte regioni
                                                                                              italiane. Ciò presuppone, in particolare, forme diverse – e fra loro
                                                                                              inscindibili – di integrazione. 
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  Integrazione settoriale:
                                                                                                    l’interdipendenza dei fattori che costituiscono il vantaggio competitivo
                                                                                                    territoriale (componenti economiche e componenti strategico-decisionali)
                                                                                                    richiede una riduzione dei programmi regionali di settore, a favore di
                                                                                                    una più stretta correlazione tra le differenti azioni settoriali (opere
                                                                                                    pubbliche, infrastrutture, interventi settoriali).
                                                                                                  Integrazione multi-attore: la
                                                                                                    prassi della governance multi-livello, sperimentata attraverso un learning by doing inevitabilmente caratterizzato da
                                                                                                    alterno successo negli ultimi anni, deve essere incardinata in una
                                                                                                    architettura dell’azione che, semplificando i ruoli regolativi dei
                                                                                                    diversi livelli di governo territoriale (la Regione anzitutto), sappia
                                                                                                    garantire le necessarie capacità di pilotaggio ai livelli superiori ma,
                                                                                                    al contempo, maggiori gradi di libertà ai livelli più prossimi ai
                                                                                                    territori. L’importanza delle sinergie a livello locale
                                                                                                    (pubblico-privato, centri di ricerca-imprese-enti locali) e tra i vari
                                                                                                    livelli di governo (Stato-Regione-enti locali) per la promozione di
                                                                                                    sistemi economici territoriali che basano la loro competitività sui
                                                                                                    servizi alle imprese, sui vantaggi infrastrutturali e ambientali.
                                                                                                  Integrazione delle risorse: si
                                                                                                    tratta della componente più delicata del processo, e non soltanto perché
                                                                                                    evoca esplicitamente il nodo del cofinanziamento da parte dei privati;
                                                                                                    certo, quest’ultimo rappresenta una voce determinante, ma le esperienze
                                                                                                    passate di programmazione negoziata non sembrano avere dimostrato una
                                                                                                    particolare difficoltà nel reperire risorse finanziarie dagli attori non
                                                                                                    istituzionali. Problematico risulta semmai il coinvolgimento progettuale
                                                                                                    delle risorse private: le idee-progetto presentate per il
                                                                                                    cofinanziamento da parte del settore privato spesso seguono logiche
                                                                                                    esclusivamente solipsistiche e mostrano, in buona sostanza, di guardare
                                                                                                    alle iniziative di programmazione negoziata in una logica
                                                                                                    opportunistica. Il sistema della governance e della
                                                                                              valutazione è conseguentemente decisivo, prevedendosi
                                                                                              partenariato pubblico-privato, cooperazione interistituzionale, trasparenza e
                                                                                              scambio delle pratiche migliori. L’ipotesi che ne è seguita si fonda pertanto
                                                                                              su: - concentrazione delle risorse quale costante della progettazione, in attività
                                                                                              materiali e immateriali; - cooperazione fra università e imprese, investimenti nella conoscenza e nella
                                                                                              ricerca: creazione di poli di eccellenza di adeguata massa critica, quindi
                                                                                              concentrazione geografica tra organismi di ricerca pubblici e imprese,
                                                                                              rafforzandone le possibilità di cooperazione (tramite soprattutto i servizi di
                                                                                              trasferimento tecnologico, gli incubatori e i servizi connessi, l’assistenza
                                                                                              tecnica e gestionale; - diversificazione dell’economia con particolare attenzione alle aree rurali
                                                                                              (es. turismo); - rafforzamento delle capacità istituzionali, della qualità delle reti di
                                                                                              partenariato; - sviluppo della sinergia fra tutela dell’ambiente e crescita; - sostegno e miglioramento dell’efficienza energetica e lo sviluppo delle
                                                                                              tecnologie rinnovabili e alternative (eolica, solare, biomasse). 
                                                                                            
                                                                                            Se in Italia la “lezione” europea è stata sinora largamente disattesa,
                                                                                              nondimeno si dispone, soprattutto sul fronte del metodo, di strumenti e categorie sufficientemente condivise che possono sostenere con forza una logica di programmazione e di pianificazione
                                                                                              territoriale fondata esplicitamente sul riconoscimento e la valorizzazione dei sistemi locali territoriali. La messa in
                                                                                              rete di questi territori è la base d’appoggio del policentrismo regionale e, nei
                                                                                              fatti, di quello europeo. Si è visto come l’Unione europea agisca come fonte di innovazione e i
                                                                                              documenti comunitari rappresentino una sorta di quadro concettuale di
                                                                                              riferimento. Nondimeno, gli effetti degli schemi territoriali europei sul
                                                                                              dibattito e sulle pratiche di piano in Italia sono stati sinora pressoché nulli. Secondo una tradizione purtroppo
                                                                                              consolidata, il livello nazionale è stato sostanzialmente inerte sul piano delle
                                                                                              politiche territoriali, in contrasto con il compito istituzionalmente
                                                                                              riconosciuto di definire le linee fondamentali di assetto del territorio
                                                                                              nazionale. Gli unici temi che hanno sollevato l’attenzione dei governi nazionali
                                                                                              nell’ultimo decennio sono stati quelli della modernizzazione infrastrutturale,
                                                                                              interpretata come leva per la competitività economica e come volano per
                                                                                              un’economia stagnante, secondo una visione stantia e de-territorializzata delle
                                                                                              politiche pubbliche. D’altro canto, nella “nuova programmazione economica”
                                                                                              l’identificazione congiunta di territori e progetti di
                                                                                              trasformazione si è rivelata in realtà un obiettivo alquanto vago, di assai
                                                                                              difficile implementazione [Cremaschi 2002]. Come abbiamo visto, l’idea di una coesione europea basata sul policentrismo
                                                                                              sottende la formazione di reti infraregionali costituite da più sistemi urbani
                                                                                              locali. Ne discende che il sistema policentrico europeo e la sua governance vanno pensati come una rete di reti. I nodi delle reti di livello
                                                                                              gerarchico più basso sono i sistemi locali
                                                                                                territoriali [Dematteis 2010]. E’ dunque a questo livello che si
                                                                                              fonda la costruzione del policentrismo europeo: una efficace attivazione dei
                                                                                              sistemi locali e delle loro diverse specificità è condizione necessaria per la
                                                                                              coesione territoriale e per lo sviluppo dell’Europa e delle sue regioni. Il problema non è pervenire a una
                                                                                              “razionale” suddivisione del territorio regionale in unità geografiche di
                                                                                              livello locale, ma esplorare e descrivere la geografia
                                                                                                dell’azione collettiva (cioè di quella particolare risorsa che è
                                                                                              la capacità auto-orgenizzativa locale).
                                                                                              Questa non serve a disegnare la forma futura – e ideale – del territorio, ma a
                                                                                              fornire una visione dinamica e processuale del grado di autonomia e innovazione
                                                                                              dei diversi sistemi territoriali, nell’ambito di una regione consapevole del
                                                                                              proprio ruolo politico [Salone 2010]. Da questo punto di vista, il capitale
                                                                                              sociale ne costituisce una componente fondamentale. Come ricorda
                                                                                              ancora Bagnasco [2003], non si tratta di una risorsa naturale data, ma di un
                                                                                              insieme di regole, istituzioni, prassi, attraverso le quali una dotazione
                                                                                              relazionale, fiduciario e comunitaria si
                                                                                                attiva, si rende disponibile. Ciò che restituisce un ruolo alla
                                                                                              politica, ovvero alla capacità dei soggetti di esprimere un meta-progetto che sia in grado di rendere visibili
                                                                                              i vantaggi della cooperazione. Ne consegue che un sistema territoriale è l’esito eventuale di un processo comunicativo tra comunità di attori e
                                                                                              sistemi di strutture ambientali – un rapporto che può produrre identità e
                                                                                              “luoghi”. Si tratta di un esito svincolato da ogni determinismo (fisico,
                                                                                              storicistico, economicistico), ma connesso a componenti, segni, strutture
                                                                                              ambientali che rimandano al territorio come a qualcosa di vissuto. L’individuazione dei sistemi locali territoriali costituisce quindi il punto di partenza per la costruzione di effetti sinergici che, attraverso la messa in rete di sistemi locali autonomi,
                                                                                              accrescano la competitività dell’insieme più
                                                                                                vasto in cui sono inseriti (dell’insieme regionale, nel nostro
                                                                                              caso). 
                                                                                            
                                                                                            Lo strumento dei Programmi territoriali integrati s’innesta pertanto in questo
                                                                                              processo. Si tratta di  
                                                                                              
                                                                                                «un complesso di azioni intersettoriali, strettamente coerenti e integrate tra
                                                                                                  loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e
                                                                                                  giustificano un approccio attuativo unitario. Tali azioni devono di norma essere
                                                                                                  connotate da una "massa critica" adeguata. Questa definizione evidenzia due
                                                                                                  elementi: il concetto di integrazione progettuale [...], il riferimento
                                                                                                  territoriale del complesso delle azioni programmate» [DPS 2000]. Ricordiamo inoltre che essi prevedono coordinamento inter-istituzionale e
                                                                                              azione transcalare. Eccezionalmente riguardano un comune, bensì un territorio
                                                                                              indefinito istituzionalmente, ovvero da una proiezione del problema
                                                                                              dell’occasione. In attuazione della strategia di Lisbona, la politica di
                                                                                              coesione 2007-2013 assume alcune priorità, qui brevemente sintetizzate: 
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  investimenti nei settori ad alto potenziale di sviluppo e nei “motori
                                                                                                    di crescita e di occupazione”. Se il successo di questi investimenti
                                                                                                    dipende in misura crescente dallo scenario internazionale, esso discende
                                                                                                    altresì dalle condizioni di contesto, dalle identità, dalle cosiddette
                                                                                                    pre-condizioni allo sviluppo;
                                                                                                  una progettualità coerente e integrata, in coerenza con la dimensione
                                                                                                    di medio-lungo termine propria della strategia comunitaria. Ciò prevede
                                                                                                    la ricerca di sinergie e complementarietà fra i diversi fondi (FESR,
                                                                                                    FSE, FEASR, FAS ecc.), le altre politiche comunitarie, le risorse
                                                                                                    supplementari mobilitabili;
                                                                                                  il miglioramento del sistema della governance e della valutazione, prevedendosi
                                                                                                    partenariato pubblico-privato, cooperazione interistituzionale,
                                                                                                    trasparenza e scambio delle pratiche migliori (tutti fattori
                                                                                                    difficilmente evidenziabili attraverso le tradizionali mediazioni
                                                                                                    politico-burocratiche). Ne consegue che per il successo degli obiettivi ricordati sono
                                                                                              decisive: - la concentrazione delle risorse, la quale dovrà rappresentare una costante
                                                                                              del processo di progettazione, sia per quanto riguarda le attività materiali che
                                                                                              quelle immateriali; - la cooperazione fra università e imprese, gli investimenti nella conoscenza
                                                                                              e nella ricerca; - la diversificazione dell’economia, con particolare attenzione alle aree
                                                                                              rurali (es. turismo); - il rafforzamento delle capacità istituzionali, il miglioramento della
                                                                                              qualità delle reti di partenariato; - lo sviluppo di rapporti sinergici fra tutela dell’ambiente e crescita
                                                                                              dell’economia; - il sostegno e il miglioramento dell’efficienza energetica e lo sviluppo
                                                                                              delle tecnologie rinnovabili e alternative (eolica, solare, biomassa
                                                                                              ecc.); - la creazione di poli di eccellenza di adeguata “massa critica”, prevedendosi
                                                                                              quindi concentrazione geografica tra organismi di ricerca pubblici e imprese e
                                                                                              il rafforzamento delle possibilità di cooperazione (tramite soprattutto i
                                                                                              servizi di trasferimento tecnologico, gli incubatori e i servizi connessi,
                                                                                              l’assistenza tecnica e gestionale, l’adeguamento dei sistemi di istruzione e
                                                                                              formazione oltre che il miglioramento degli investimenti in capitale
                                                                                              umano). Come si vede, il problema della governance si affaccia di nuovo come uno snodo
                                                                                              decisivo. In questo quadro, i Progetti territoriali integrati: - sono intesi quale strumento di raccordo fra programmazione settoriale,
                                                                                              europea e nazionale, da un lato, e dall’altro con le scelte e le priorità
                                                                                              espresse dal territorio; - esprimono l’individuazione selettiva dei punti di intervento e delle
                                                                                              priorità; - sono oggetto di monitoraggio. L’idea non è certo nuova, poiché si inscrive nella tradizione della
                                                                                              programmazione negoziata. Un certo livello di innovazione delle pratiche di
                                                                                              programmazione può quindi dirsi acquisito e persegue due obiettivi differenti ma
                                                                                              interconnessi, la competitività e la coesione. Con riferimento al primo obiettivo, si tratta di prove di innovazione e di governance insieme, in ragione di una
                                                                                              logica riferita a tre elementi tra loro connessi: a) una politica di sviluppo
                                                                                              orientata ai fattori di contesto; b) l’attenzione crescente verso il
                                                                                              partenariato; c) l’attuazione di azioni integrate. Con riferimento alla coesione territoriale, la progettazione territoriale
                                                                                              integrata sembra assumere una funzione propedeutica che altre forme di
                                                                                              programmazione territoriale non hanno voluto o saputo interpretare. Detta
                                                                                              funzione si dipana lungo tre assi: 
                                                                                              
                                                                                                
                                                                                                  il “disvelamento” di vocazioni cooperative radicate nei territori, ma
                                                                                                    oscurate a causa di politiche di sviluppo dirigiste e
                                                                                                    settorializzate;
                                                                                                  la pratica di forme di coinvolgimento che combinano relazioni
                                                                                                    istituzionali formali tra livelli di governo differenti e/o parigrado e
                                                                                                    reti orizzontali di collaborazione stabilitesi alla scala locale nel
                                                                                                    lungo periodo;
                                                                                                  la selezione, attraverso lo strumento dei programmi a regia
                                                                                                    compartecipata, di sistemi territoriali e sistemi di obiettivi
                                                                                                    meritevoli di trattamento specifico, al fine di evitare logiche di aiuto
                                                                                                    indifferenziate che riflettono un horror
                                                                                                      vacui che è nemico dello sviluppo, per sua natura
                                                                                                    poggiante sulla differenziazione. Non dimentichiamo che l’idea di territorio è politicamente orientata e
                                                                                              riassume le idee di reti, conoscenze, esternalità agglomerative. Più in
                                                                                              particolare, il riferimento al territorio è un modo per enfatizzare i limiti
                                                                                              evidenti della precedente programmazione, in particolare la spesa settoriale e
                                                                                              il carattere sostitutivo all’azione degli investitori. Una nuova programmazione si caratterizzerebbe dunque per l’istanza di
                                                                                              “costruire” il territorio regionale con geografie
                                                                                                variabili e multilivello. Se i meccanismi dello sviluppo si
                                                                                              attivano piuttosto per poli, agglomerazioni, reti che sono per definizione
                                                                                              variabili e flessibili, la programmazione deve essere altrettanto flessibile e
                                                                                              pronta a cogliere le opportunità che si presentano ai territori sotto la
                                                                                              pressione della competizione internazionale e dei rapidi processi di
                                                                                              transizione. Questa velocità deve peraltro sapersi coniugare con progetti spesso
                                                                                              di lunga messa in opera (infrastrutture della conoscenza, nuove infrastrutture
                                                                                              di connessione, progetti di integrazione ecc.). La progettazione integrata territoriale e la programmazione regionale
                                                                                              strategica dovranno incentivare queste nuove dimensioni. Premialità finanziaria
                                                                                              (conditional grants) e sostegno tecnico
                                                                                              (fornitura di consulenza esperta) potranno essere erogati dagli organi della
                                                                                              programmazione regionale a quegli enti locali che, unitamente a partner pubblici
                                                                                              e privati (imprese e loro aggregazioni, università etc. ) procedano a costruire
                                                                                              i nuovi territori di progetto. Per territori di progetto si intendono,
                                                                                              sulla scorta del Quadro Strategico Nazionale, le dimensioni territoriali
                                                                                              pertinenti alla nuova programmazione strategica. Fra questi rientrano le
                                                                                              aggregazioni territoriali che permettano di disegnare profili di transizione
                                                                                              economica, le reti di imprese, le catene del valore localizzate, le aree
                                                                                              infrastrutturali e logistiche, le conurbazioni, le cinture ambientali e i
                                                                                              corridoi ecologici, i bacini fluviali. È in base a questi che potrà essere
                                                                                              possibile ridisegnare il mosaico delle vocazioni territoriali della regione a
                                                                                              partire “dal basso”, che dovranno incontrare lo schema di riferimento che la
                                                                                              Regione fornisce, in qualche modo “dall’alto”, con i propri documenti di
                                                                                              programmazione economica regionale. La natura ricorsiva e iterativa di questi
                                                                                              documenti regionali, il loro continuo aggiornamento e la partecipazione degli
                                                                                              enti locali alla loro definizione potranno garantire che l’incontro tra processi
                                                                                              dal basso e linee programmatiche regionali si possa effettivamente
                                                                                              realizzare. Tenuto conto che i fattori strategici di competitività – ormai esterni alle
                                                                                              imprese e spesso anche ai territori presi singolarmente – sono la ricerca,
                                                                                              l’innovazione, il capitale umano, le reti terziarie, le grandi infrastrutture,
                                                                                              le risorse finanziarie, va da sé che la loro soglia critica è necessariamente la
                                                                                              dimensione regionale (se non trasnsregionale), da cui la necessità di “gestire”
                                                                                              il sistema in termini sia locali che globali. La sfida è dunque quella di mettere a sistema il policentrismo
                                                                                                emergente, includendovi i settori, gli attori, i territori, il
                                                                                              sistema del credito: si tratta, in altri termini, di valorizzare il
                                                                                              policentrismo regionale in formazione. E’ peraltro necessario ricordare che la maglia policentrica si fonda sulle evoluzioni in corso e non già su un
                                                                                              ipotetico modello finalistico, presupponendo il coinvolgimento e la
                                                                                              mobilizzazione dell’insieme degli attori territoriali. Essa si limita a proporre
                                                                                              il quadro territoriale di riferimento per politiche integrate senza definirne a
                                                                                              priori il contenuto. Questi presupposti della nuova programmazione economica e territoriale
                                                                                              implicano la riformulazione delle logiche consolidate e declinano alcuni
                                                                                              principi della pianificazione strategica ormai sviluppati in gran parte dei paesi europei e tuttora in corso di
                                                                                              rinnovamento. Essa è volta a privilegiare le strategie organizzative (massa in
                                                                                              rete, cooperazione etc.), definire le vocazioni territoriali, incoraggiare la
                                                                                              mobilizzazione degli attori. La sfida consiste nel fatto che le politiche pubbliche, dovendosi adattare ai
                                                                                              territori e non viceversa, sono definite in funzione delle sinergie e dei
                                                                                              possibili effetti indotti. Ne consegue che la dimensione contrattuale
                                                                                              (convenzioni, partenariati, accordi etc.) ne costituisce un essenziale strumento
                                                                                              operativo, unitamente alla definizione della capacità di carico dei territori
                                                                                              relativamente ai quadri ambientali e paesaggistici. 
                                                                                            
                                                                                            Bagnasco A. 2003, Società fuori squadra,
                                                                                              Bologna: Il Mulino. Barca F. 2009, An Agenda for a Reformed Cohesion Policy, Independent Report prepared at the request of Danuta
                                                                                              Hübner, Commissioner for Regional Policy. Camagni R. 2001, Policies for spatial
                                                                                              development, in OECD Territorial Outlook 2001 (cfr.). Conti S. e Giaccaria. P. 2009, Local
                                                                                              development, in Kitchin R. e Thrift N. (eds.) 2009 (cfr.). - 2010 (cur.), Nord regione globale. Il
                                                                                              Piemonte, Milano: Bruno Mondadori, 305-314. Cremaschi M. 2002, Progetti di sviluppo del
                                                                                              territorio. Le azioni integrate in Italia e in Europa, «Il Sole
                                                                                              24 ore», 2002. Dematteis e Janin Rivolin U. 2004, Per una prospettiva sud-europea e italiana
                                                                                              nel prossimo SSSE, «Scienze regionali», 2, 135-150. Dematteis G. 2010, Per concludere: le reti tecniche e
                                                                                              funzionali nel Piano territoriale della regione, in Conti S. 2010
                                                                                              (cfr.). DPS 2000, Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006 per
                                                                                              le regioni obiettivo 1, http://www.dps.tesoro.it/documentazione/qcs/QCS/Testo_del_QCS.pdf. Lovering J. 1999, Theory Led By Policy: The
                                                                                              Inadequacies Of “The New Regionalism” (Illustrated From The Case Of
                                                                                              Wales), «International Journal of Urban and Regional Research»,
                                                                                              23 giugno 1999, 379-395. Marston S. A. 2000, The social construction of the
                                                                                              scale, «Progress in Human Geography», 24, 2, 219-242. Ministero delle Infrastrutture 2007, Reti e territori
                                                                                              al futuro, materiali per una visione, Roma. Ministero dello Sviluppo Economico 2007, Quadro
                                                                                              strategico nazionale per la politica regionale di sviluppo
                                                                                              2007-2013, Roma, http://www.dps.mef.gov.it/documentazione/qsn/docs/qsn2007-2013_giu_07.pdf.
 Morgan K. 1997, The Learning Region: Institutions,
                                                                                              Innovation and Regional Renewal, «Regional Studies», vol. 31.5,
                                                                                              491-503. OCDE 2009, Regions at a Glance 2009,
                                                                                              Paris. OECD 2001, Territorial Outlook, Paris,
                                                                                              147-169. Palermo P.C. 1999, Paradossi e responsabilità della
                                                                                              nuova programmazione in Italia, «Territorio», 10, 132-142. Salone C. 2010, Institutional arrangements and
                                                                                              political mobilization in the new Italian regionalism: the role of spatial
                                                                                              policies in the Piedmont Region, «European Planning Studies», 18
                                                                                              (8), 1207-26. Veneri P. e Burgalassi D. 2010, Questioning
                                                                                              polycentric development and its effects: issues of definition and
                                                                                              measurement for the Italian NUTS 2 Regions, unpublished. Kitchin R. e Thrift N. 2009, Encyclopedia of Human
                                                                                              Geography, Amsterdam: Elsevier.   
                                                                                         
                                                                                              
 
                                                                                         |  |  |  |  
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                |  | DOI 10.1473/quadterr02Storicamente 2012
 Published: January 13th 2012     |  
                |  | Notes [1]
                  Tra i paesi europei che con  maggior convinzione hanno intensificato la propria azione di policy in una logica di esplicita  territorializzazione, i Paesi Bassi offrono una gamma piuttosto ampia di  documenti e strategie operanti in ambiti settoriali e a scale differenti. Lo Spatial Memorandum del 2004 (Nota Ruimte) ha consentito di lanciare  un certo numero di sperimentazioni in questo senso, alcune relative allo  sviluppo spaziale propriamente detto (finanziate dallo Spatial Memorandum fino a 1 miliardo di euro nel quinquennio  2011-2014), altre di natura settoriale ma pur sempre allineate con gli  indirizzi del Memorandum (accessibilità, sviluppo economico regionale, sviluppo rurale e valorizzazione  del paesaggio). [2]
Questo paragrafo si basa in larga  misura sul contributo di Umberto Janin Rivolin, che si ringrazia altresì per i  commenti generali sull’impianto e sui contenuti del rapporto.     |  
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