Guillaume Fayé e il sistema consumistico occidentale
Scagliandosi contro l’omologazione prodotta dal sistema consumistico occidentale Faye infatti ci ricorda che: «Nelle società industriali, (…) i comportamenti culturali –
leggere, vestirsi, mangiare, assistere a un dato spettacolo etc. – corrispondono ad acquisti, a preferenze economiche. (…) Il Sistema va dunque a beneficiare di grandi facilitazioni economiche per
imporre la propria cultura, e di importanti agevolazioni culturali per sviluppare la sua influenza economica. (…) Le imprese occidentali, trust alimentari o chimici, aziende elettroniche,
industrie pesanti etc. – siano esse giapponesi, americane o europee – mirano a creare mercati e reti di scambi internazionali. Per far ciò, è loro necessario unificare le abitudini di vita ( e
quindi di consumo) distruggendo progressivamente i costumi specifici che sarebbero d’ostacolo all’incarcerazione delle popolazioni nel sistema mercantilistico planetario in costruzione. (…)
In tutte le culture, infatti, la musica, l’abbigliamento, l’uso di determinati oggetti, i riti gastronomici, assumono un significato religioso o sociale. A partire dal momento in cui arrivano i
jeans, la disco-music, le radioline a transistor e i cheeseburger, gli oggetti e i riti del proprio quotidiano si allineano sul modello mondiale, e soprattutto non
rinviano più che a sensazioni e desideri elementari, prefabbricati, individuali, atomizzati, strettamente materiali» (G. Faye, Il sistema, cit., p. 68- 70).