Si legge a proposito degli effetti perversi del turbo capitalismo sulla vita delle popolazioni nei commenti di Alain de Benoist: «il capitalismo della terza età (…) tende a fare scomparire ogni sistema di sicurezza, giacché la sua idea di base è che, in un’economia in cui la concorrenza sopravanza le organizzazioni e le istituzioni, il dato sociale non deve assolutamente venire a disturbare il gioco del mercato. (…) i salariati vedono scomparire uno dopo l’altro (…) i vantaggi e i diritti acquisiti grazie a decenni di lotta sindacale. Nel contempo il carattere informatico del neocapitalismo (si producono sempre più beni e servizi con sempre meno uomini) fa sì che la crescita diventi “ricca di disoccupazione” (…) mentre la flessibilità si traduce soprattutto nella svalutazione del concetto di statuto e si sviluppano la precarietà e l’esclusione. La disoccupazione tende a trasformarsi da congiunturale a strutturale. (…) Mentre i liberali ripetono imperturbabilmente che il libero scambio è un gioco al quale “vincono tutti” (…) ad imporsi progressivamente è il modello della “società a clessidra”: dei ricchi sempre più ricchi, dei poveri sempre più privi di mezzi e tenuti in disparte, e in mezzo una classe media che si restringe» (A de Benoist, La terza età, cit., p. 27).