Storicamente. Laboratorio di storia
Docenti del tumulto

Il 2 marzo del 1968 «Il Secolo d’Italia» commentò gli avvenimenti del giorno precedente come il frutto di “manovre comuniste” e di “cedimenti” da parte delle autorità, poiché nulla, secondo l’organo missino, «eccita di più la sovversione quanto la vista dell’autorità inerme». Era scritto infatti sul quotidiano neofascista:

Ieri Roma poteva essere paragonata ad una città sudafricana nella quale dei guerriglieri castristi avessero deciso di fare delle incursioni per scompaginare la vita delle metropoli […]. E’ evidente che la centrale della sovversione ha voluto mettere in moto la macchina dei tumulti e della sedizione facendo leva su motivi di scontento di varie categorie e settori. Gli studenti che chiedono riforme e nuova vita universitaria hanno ragione [...]. Ma sulle giuste rivendicazioni la macchina della speculazione a freddo viene messa in funzione dalle Botteghe Oscure per creare quel clima di anarchia e di terrore nel quale il ritorno all’ordine dovrebbe essere possibile solo offrendo ai comunisti l’inserimento nel governo. [Facendo] un bilancio degli scontri [si constata] che su duecento feriti 150 appartengono alle forze dell’ordine, vuole dire che il potere politico ha ordinato alle forze dello Stato di subire, di evitare guai così raggiungendo lo scopo inverso perché nulla eccita di più la sovversione quanto la vista dell’autorità inerme […]. E nessuno avrà il coraggio di reagire perché ripenserà a giornate come ieri quando qualche migliaia di provocatori ha messo in scacco l’intero apparato della polizia della città di Roma. Tuttavia, mentre in realtà la maggioranza dei cittadini è anticomunista, è decisamente contraria alla violenza e sarebbe pronta a impartire dure lezioni a tutti i provocatori. Nella guerra rivoluzionaria non basta avere le divisioni – il Vietnam insegna – per impedire lo scardinamento delle strutture e dello Stato: figuriamoci poi quando l’intero apparato difensivo è psicologicamente disarmato. Ecco perché siamo giunti al punto di rottura e occorre che l’opinione pubblica italiana ascolti quelle forze che in questo momento possono assicurarle la garanzia di una linea decisa e intransigente. Cadono tutti gli antemurali, nessuno difende più lo Stato, la Piazza è in rivolta: prima di risvegliarci comunisti non resta che far blocco intorno al MSI per una salutare svolta.

I docenti del tumulto, in: «Il Secolo d’Italia»,n. 52, 2 marzo 1968, 1 e 8.