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Rosamond McKitterick, “Rome and the Invention of the Papacy”

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Rosamond McKitterick, Rome and the Invention of the Papacy. The «Liber pontificalis». Cambridge: Cambridge University Press, 2020. XVIII-272 pp.

Il nuovo volume di Rosamond McKitterick è un valido ausilio per chiunque intenda cimentarsi con il Liber pontificalis, raccolta di biografie papali che costituiscono la prima fonte, e spesso l’unica, sulla chiesa di Roma, dalle sue origini sino alla fine del secolo IX. Condensa infatti i risultati delle ricerche della storica inglese, che si è occupata, a più riprese, della fonte, e dà conto delle proposte interpretative più recenti, frutto di una nuova stagione di studi sul Liber pontificalis (tra gli altri si fa riferimento agli studi di H. Geertman, L. Capo, C. Gantner e A. Verardi; sui nuovi indirizzi di ricerca risulta esemplificativo anche il volume che raccoglie le relazioni dei partecipanti al convegno che si è svolto a Campo Santo Teutonico, Città del Vaticano, nel 2018: Das Buch der Päpste - Liber pontificalis. Ein Schlüsseldokument europäischer Geschichte, a cura di Klaus Herbers - Matthias Simperl, Freiburg i.Br.-Basel-Wien, Herder Verlag, 2020). Una nuova stagione di studi che argina la tentazione insidiosa di considerare il Liber pontificalis come mero deposito di informazioni da impiegare acriticamente e isolatamente per corroborare le più disparate ipotesi di ricerca e che ha invece il merito di aver riportato l’attenzione alla fonte nella sua interezza e di aver riaperto il dibattito sulle sue molteplici finalità, sul contesto storico della sua redazione, sulla sua circolazione e sulla sua ricezione. Tutti questi temi sono discussi nel volume di McKitterick che sceglie e sviluppa un approccio originale e stimolante allo studio del Liber pontificalis: il suo obiettivo è quello infatti di ragionare sui nuclei tematici e sulle strategie narrative che consentono alla fonte di forgiare e promuovere una rappresentazione ben precisa, unitaria e organica, dell’istituzione del papato, solida nel tempo, e della città di Roma. In altre parole si studia la capacità del testo - stratificazione progressiva di memorie selezionate, fondate sui documenti pontifici preservati presso lo scrinium (le lettere papali) e il vestiarium (le scritture che concernono i beni della Chiesa di Roma) - di descrivere le vicende del papato e della città di Roma con il chiaro scopo di plasmare le percezioni dei suoi lettori.

McKitterick nel I capitolo riapre la questione centrale del contesto di redazione della prima sezione del Liber pontificalis, nucleo risalente al VI secolo che circola in modo massiccio, a confronto con le altre sezioni del Liber, e che contiene le biografie di cinquantanove pontefici da Pietro ad Agapito (535-6). Contesta il tentativo di associarne la stesura a specifiche dispute dottrinarie o ecclesiastiche, come lo scisma Laurenziano oppure quello Acaciano, per avanzare l’ipotesi che il Liber di VI secolo sia piuttosto da intendersi come risposta papale organica alla crisi politica più generale che investe l’Italia intera negli anni Trenta del VI secolo (l’aggressione militare bizantina ai danni del regno ostrogoto). A questo proposito richiama l’attenzione anche sul cosiddetto Fragmentum Laurentianum, contenente l’ultima parte della vita di papa Anastasio e una versione rimaneggiata e meno positiva della vita di Simmaco.

Nel II capitolo McKitterick guarda prima di tutto al modo in cui il Liber pontificalis rappresenta le diverse identità del populus romano, testimone e protagonista attivo della politica pontificia ma anche comunità cristiana affidata alle cure spirituali e materiali dei vescovi romani. Segue poi una riflessione sul ruolo complesso che la città di Roma riveste nel Liber pontificalis: ai lettori del testo si fornisce una vera e propria mappa virtuale della città dando conto dell’azione dei pontefici nel campo dell’edilizia che trasforma Roma da capitale imperiale a capitale della cristianità, sede di basiliche ricche di reliquie, residenza papale, meta di pellegrini e fulcro delle vicende politiche e delle questioni religiose; si veicolava così l’idea che la storia del papato fosse intimamente intrecciata con la gloriosa storia di Roma, sia quella del passato imperiale sia quella cristiana.

Nel III capitolo McKitterick approfondisce la concezione del vescovo di Roma che caratterizza la maggior parte delle biografie papali del Liber pontificalis e che ebbe origine nel VI secolo. A tal proposito si sofferma proprio sulla prima vita, quella di Pietro che è rielaborazione mirata di una ricca tradizione di testi dedicati al princeps apostolorum. L’autore della vita rafforza il rapporto dell’apostolo con Roma e lo presenta innanzitutto come garante della veridicità dei vangeli, come campione dell’ortodossia (nel suo contenzioso con Simone Mago) e come capostipite di una successione legittima di papi, unici leader della comunità dei cristiani a Roma, destinati a scontrarsi eroicamente con gli imperatori pagani.

Nel IV capitolo McKitterick sposta l’attenzione sulla vita di papa Silvestro, cruciale nella coniazione di un nuovo modello di papa perfettamente valido anche per le vite papali di fine IX secolo: non più figura di riferimento per una minoranza perseguitata ma autorità rispettata dagli imperatori e dalla chiesa tutta, in ambito dottrinario e giuridico, che esprime materialmente il suo potere sulla città di Roma, dotando, edificando e restaurando le chiese (a questo proposito sono illuminanti i paragrafi dedicati alle fondazioni attribuite all’imperatore Costantino nel Liber pontificalis). Nel V capitolo McKitterick mette in luce come i compilatori delle biografie abbiano valorizzato gli interventi papali in ambito liturgico (si dà conto anche del ruolo attribuito alla liturgia romana dai carolingi Valafrido Strabone, Amalario di Metz e Rabano Mauro); in quello dottrinario (principalmente gli autori delle vite ribadiscono la conferma papale dell’ortodossia stabilita dai concili di cui conoscono gli acta) e in quello giuridico (si esamina l’intricato rapporto tra la genesi delle prime raccolte di decretali papali e il Liber) per definire ed esaltare il ministero pastorale del papa.

McKitterick riserva l’ultimo capitolo del volume alla questione del pubblico del Liber pontificalis dando conto dei principali testimoni manoscritti del testo e delle fasi di redazione del Liber (oltre al nucleo di VI secolo, la continuazione delle vite tra VI e inizio VIII secolo, quella delle vite del secolo VIII e infine quella delle vite di IX). Esplora dunque la circolazione del Liber pontificalis, principalmente fuori Roma (i testimoni di VI e VII secolo sono da associare agli scriptoria del regno longobardo, quelli di VIII e IX sono invece confezionati nei centri scrittori franchi vicini al potere carolingio), studiando anche i contesti di redazione e di diffusione delle epitomi e il fenomeno delle interpolazioni, la comparsa cioè di versioni alternative delle vite dei pontefici, che interessa specialmente le biografie dei papi di secolo VIII. Emerge evidente che McKitterick partecipa attivamente al nuovo approccio di ricerca che mira ad approfondire i numerosi aspetti ancora oscuri relativi alle modalità di circolazione del Liber pontificalis mettendo al centro dell’interesse i testimoni manoscritti. Sono infatti i singoli codici, oggetto di valutazioni testuali, codicologiche e paleografiche (spesso dibattute), a essere considerati nella loro accezione di «piece(s) of historical evidence in its own right» (173): le porzioni di testo del Liber pontificalis selezionate e copiate oppure le manipolazioni ad hoc condotte sul testo dai copisti rivelano i molteplici impieghi di un libro prestigioso, adeguato ai contesti più disparati.