Davide Serafino, Gappisti. La rete clandestina di Giangiacomo Feltrinelli, Bologna: DeriveApprodi, 2023. 285 pp.
Si è già scritto e detto molto sulla figura di Giangiacomo Feltrinelli, e in particolare sulla sua tragica scomparsa. Il volume di Davide Serafino vi aggiunge un importante tassello grazie a una testimonianza, recuperata tramite la mediazione di Giorgio Moroni, di uno strettissimo collaboratore dell’editore nel periodo in cui questi optò per la via della “irreperibilità” costituendo i Gruppi d’azione partigiana. Le parole di Vittorio Battistoni, questo il nome del testimone, non compaiono così frequentemente come ci si aspetterebbe, ma quando lo fanno forniscono informazioni importantissime sulla vita di Feltrinelli e sul contesto in cui la sua formazione armata si trovò a operare. Le altre fonti utilizzate comprendono testimonianze orali dei protagonisti dell’epoca, articoli di giornale, documenti d’archivio (note del Servizio informazioni della difesa o atti del processo Gap-Br), ma soprattutto i testi politici scritti da Feltrinelli durante il 1968 e il 1969, che vengono analizzati in maniera approfondita.
Il libro si divide in tre capitoli: il primo delinea una biografia dell’editore fino alla scelta della “irreperibilità”, il secondo descrive la genesi dei Gruppi d’azione partigiana nel contesto della fine degli anni Sessanta, mentre il terzo traccia la breve storia dei Gap dando conto delle loro azioni più note, come i sabotaggi o le interferenze televisive.
Gli snodi centrali del volume riguardano tanto questioni storiche quanto questioni terminologiche e teoriche. Emerge senz’altro la volontà di riabilitare la figura di Feltrinelli sgombrando il campo dai luoghi comuni sulla sua figura, in particolare quando si sostiene che la scelta della lotta armata fu “pienamente politica e non il frutto perverso di presunte ossessioni, una su tutte quella del golpe” (p. 12). La concezione di combattente solitario nel panorama della sinistra rivoluzionaria viene smontata attraverso l’analisi delle relazioni che egli seppe costruire e mantenere sia in Italia che all’estero. La dimensione internazionale della lotta riveste infatti un ruolo particolarmente importante nella ricostruzione di Serafino, il quale evidenzia che “per l’editore era in atto uno scontro a livello mondiale tra l’imperialismo americano e le borghesie locali alleate, e le forze rivoluzionarie di liberazione” (p. 60). Allo stesso tempo, a Feltrinelli non sfuggiva come “l’unico continente assente nella lotta antimperialista fosse proprio l’Europa” (pp. 60-61).
Al centro del secondo capitolo sono poste le motivazioni alla base della creazione dei Gap, analizzate in ottica comparativa e nel contesto in cui anche altre formazioni coeve (Potere operaio, Brigate rosse e Gruppo XXII ottobre) sarebbero giunte ad optare per azioni armate. Secondo l’a. “le ragioni di fondo dei Gap si ispiravano all’antifascismo e all’antimperialismo. […] All’interno dei Gap convivevano posizioni […] complementari: la prima, maggioritaria, poneva come centrale la questione dell’anti-golpismo; la seconda, invece, era sostenuta dai militanti più giovani, e affermava come la contraddizione principale fosse con l’imperialismo americano” (pp. 125-126). Grande importanza ebbe anche, come noto, il richiamo al mito della “Resistenza tradita”.
Un ulteriore punto cardine emerge relativamente alla definizione di “gappista” e alla funzione stessa dei Gap: l’organizzazione feltrinelliana viene definita come informale ma gerarchica e “capace di attivarsi in caso di golpe e, più in generale, di intervenire qualora fosse necessario” (p. 108), con la funzione aggiuntiva di “far circolare il dibattitto sulla guerriglia in modo concreto” (p. 115). Riguardo alla definizione di gappista “tipico”, invece, il discorso deve tenere in considerazione che “la rete di Feltrinelli […] si basava su una serie di contatti, centralizzati dallo stesso editore, con decine di compagni, anche molto diversi tra loro, che andavano dagli ambienti intellettuali e universitari ai sottoproletari della Val Bisagno, dagli ex partigiani […] agli operai milanesi” (p. 235). Secondo l’a. Feltrinelli “non fu un grande «politico» ma un buon organizzatore, […] parve privilegiare l’aspetto militare e le azioni rispetto all’elaborazione teorica, e lui stesso si concepì più come capo militare che politico” (p. 124). Quindi, “sia il sostantivo sia l’aggettivo ‘gappista’ andrebbero utilizzati non tanto per descrivere militanti o gruppi accomunati da un legame associativo in senso stretto, […] quanto semmai per militanti accomunati […] da un orizzonte politico simile” (p. 125). La differenza di pensiero fra i gappisti risulta evidente anche confrontando i destini toccati ai vari membri del gruppo in seguito alla sua dissoluzione: “una parte dei militanti, sconvolta dalla fine violenta dell’editore […] si sarebbe allontanata dall’area rivoluzionaria e sarebbe tornata rapidamente a vita privata. Alcuni gappisti, invece, sarebbero stati riassorbiti dalle strutture legali della sinistra rivoluzionaria, in particolare da Potere operaio che, «ereditò», insieme alle Br, parte della struttura logistica e delle dotazioni materiali dei Gap” (p. 273).
Dal punto di vista delle azioni, viene data grande importanza alle interferenze di Radio Gap, secondo l’a. l’atto più “moderno” dei Gruppi d’azione partigiana, “non tanto nel messaggio e nel linguaggio, […] quanto [per il] mezzo stesso, […] potenzialmente capace di raggiungere milioni di persone nelle proprie case o, più sovente, raccolte nei bar” (p. 233), molto prima delle radio libere e delle televisioni private.
Per quanto riguarda la fonte principale del libro, ovvero la testimonianza inedita di Vittorio Battistoni, che viene utilizzata soprattutto nel terzo capitolo, questa serve in particolare per fare definitivamente chiarezza sulla morte di Feltrinelli, confermando la tesi che la ritiene causata da un incidente. Apprendiamo che il testimone è stato l’uomo che ha fornito all’editore l’esplosivo utilizzato durante il sabotaggio, oltre ad avergli insegnato come costruire il timer degli ordigni. Tuttavia, Feltrinelli avrebbe commesso delle imprecisioni durante la fabbricazione del congegno esplosivo anche a causa della “frenesia di voler far tutto da sé” (p. 270). Il racconto di Battistoni, oltre ad avere una fondamentale importanza storica, fornisce anche qualche notizia sul carattere di Feltrinelli e sulla sua vita privata, ad esempio ricordando che l’editore “strappava [dal suo diario] tutte le pagine importanti riguardanti il passato; lasciava solo il futuro” (p. 119).
In conclusione, il libro di Serafino, pur pagando il prezzo di refusi un po’ troppo frequenti e di uno sbilanciamento nella trattazione che fa risaltare poco i materiali inediti, di grande valore storico e che rendono originale la ricerca, si pone come un punto importante nella storiografia riguardo la figura di Feltrinelli e più in generale sul mondo della sinistra rivoluzionaria italiana.