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Clemens Gartner, Walter Pohl (ed.), “After Charlemagne”

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Clemens Gartner, Walter Pohl (ed.), After Charlemagne. Carolingian Italy and Its Rulers. Cambridge, Cambridge University Press, 2021, V-337 pp.

Quanto carolingia fu l’Italia carolingia? Questa l’ambiziosa domanda al quale la miscellanea curata da Clemens Gartner e Walter Pohl cerca di rispondere.

L’opera, risultato di una conferenza tenuta a Vienna nel 2016 (Italy and Its Rulers in the Ninth Century: Was There a Carolingian Italy?, a conclusione del progetto ERC Advanced Grant Project ‘Social Cohesion, Identity and Religion in the Early Middle Ages’ (SCIRE)), riunisce alcuni tra i maggiori esperti di alto Medioevo italiano e considera l’arco cronologico compreso tra la morte di Carlo Magno (814) e l’assassinio di Berengario I (924), l’ultimo imperatore incoronato in Occidente fino al 962. Interrogandosi sull’impatto della cultura carolingia nella Penisola, il volume ha il merito di offrire uno sguardo finalmente completo e sfaccettato su un periodo ancora carente di studi specifici, e presenta, al contempo, le più attuali prospettive di ricerca sul regno italico nel IX secolo.

Dopo una rapida panoramica degli eventi fino all’875, data dello spartiacque segnato dalla morte dell’imperatore Ludovico II, la raccolta si organizza in quattro sezioni. Nella prima parte, viene discussa la stessa esistenza di un’Italia carolingia attraverso i saggi di tre A. che affrontano aspetti differenti del problema. Noble e Delogu danno voce diretta alle fonti contemporanee: mentre il primo tenta di mettere a fuoco l’immagine dei Carolingi restituita dalle testimonianze degli autori italici, il secondo analizza gli esperimenti di costruzione di nuovi concetti di sovranità e di regno funzionali a sostituire l’identità longobarda dei territori conquistati. Già dalle prime pagine, emerge la problematicità del quesito posto dai due curatori del libro, nodo che risiede nell’estrema peculiarità del contesto italico e che viene affrontato in maniera più esplicita nell’articolo conclusivo alla prima parte del libro. Il saggio di Bougard contiene una panoramica ad ampio raggio sul regno italico, in cui l’analisi di aspetti politico-istituzionali si affianca a un approfondimento focalizzato sulla produzione e ricezione di testi scritti: è soprattutto quest’ultimo approccio che consente allo storico di evidenziare i limiti dell’integrazione della penisola nell’impero e di giustificare l’importanza di studi precipuamente dedicati all’Italia carolingia e all’unicità di tale esperienza. Questa originalità culturale respinge l’idea di una complementarità tra le diverse regioni dell’impero e riguarda da vicino la forza delle tradizioni longobarde nella penisola, che sopravvissero durante gli anni della dominazione carolingia e che tornarono a esprimere l’identità collettiva del regno nel X secolo, quando questa era giunta al termine.

Il volume prosegue aprendo uno squarcio sulle strategie elaborate dai Carolingi per l’organizzazione del regno. Il primo e il terzo saggio di questa seconda parte ospitano l’analisi di casi di studio, mentre il capitolo centrale attira l’attenzione su un problema generale, con ricadute significative anche dal punto di vista storiografico. L’articolo di Albertoni riapre infatti il dibattito sulla vassallità carolingia, attraverso una sintesi vincente tra le principali acquisizioni della storiografia in materia e l’esame di una selezione di capitolari, le fonti legislative che meglio consentono di ragionare sul ruolo dei vassalli e sulle forme di governo messe a punto dai Carolingi per un regno di recente conquista. In apertura alla sezione, Gasparri mette a disposizione la sua competenza sull’area nordorientale della penisola, una vasta regione di frontiera, che aveva assunto un peso politico imponente durante l’ultimo periodo del regno longobardo: attraverso la rilettura di alcuni noti documenti pubblici, lo storico dimostra l’eccezionale interesse dei nuovi sovrani nel controllo di un territorio che, a dispetto della sua posizione liminare, mantenne in età carolingia una centrale importanza strategica e commerciale. Infine, Santos Salazar ribalta la prospettiva, valutando il comportamento delle élite a livello locale: l’indagine sull’azione politica dei vescovi di Parma e Arezzo nelle fasi terminali del periodo in esame permette di evidenziare la complessità dei legami politici tra fine IX e inizio X secolo e di osservare le forme di negoziazione tra i disegni dei sovrani e gli interessi dei principali attori sociali del regno.

Nella terza parte, Carolingian Rulers, i saggi di Stoffella e Screen considerano il rapporto tra padri e figli nel governo condiviso del regno italico. Stoffella si concentra sul periodo compreso tra 781 e 810, anni in cui la penisola fu guidata da Pipino, un re con poteri limitati dalla perdurante autorità sul regno da parte del padre e imperatore Carlo Magno. Questo esperimento politico è analizzato dal punto di vista delle carte private, usate come indicatori della ricezione della nuova situazione e, in secondo luogo, della prematura morte del sovrano su scala locale: l’operazione contribuisce a far luce sull’ancora misconosciuta carriera politica di Pipino e su un sovrano a lungo oscurato dall’ingombrante statura del famoso padre. Con un approccio più interessato alle dinamiche familiari, Screen ricompone le notizie su Lotario I e Ludovico II in una prospettiva capace di valorizzare gli aspetti di reciprocità e collaborazione nella relazione tra i due sovrani, risultato quasi sorprendente per una società e un gruppo parentale in cui i rapporti padre-figlio furono spesso connotati da una forte dose di conflittualità. Nell’ultimo capitolo, Gantner si concentra sui primi anni di regno di Ludovico II e sulla spedizione romana dell’844, offrendo un’inedita lettura della vicenda: questa sembra potersi interpretare come un’esperienza di prova per il giovane re, mentre anticiperebbe le caratteristiche dei successivi contatti tra Ludovico e il papato.

Declinato in direzioni divergenti, il tema dell’identità carolingia è di nuovo al centro della sezione conclusiva, Cities, Courts and Carolingians. La delicata questione del ruolo delle città nell’Italia carolingia è affrontata nei primi due articoli, che sono accomunati dalla valorizzazione di contesti meno esposti all’influenza franca. Così, il saggio di Brown è dedicato a Ravenna, alla sua identità eccentrica, ancora affezionata al passato bizantino, e all’impatto dei rapporti intrattenuti con i Franchi su questa realtà complessa. L’articolo di Goodson studia la dimensione politica delle città con uno sguardo comparativo che abbraccia l’intera penisola, riservando ampio spazio ai territori indipendenti dall’impero. Tornando sull’area nordorientale del regno, Veronese presenta l’argomento a partire da un’angolazione affascinante: sono il culto dei santi, le reliquie e la produzione di testi agiografici a essere considerati strumenti di promozione dell’identità carolingia nella regione, un ponte tra le Alpi e tra l’élite franco-alamanna e la società locale. In conclusione al volume, l’intervento di Vocino si pone nel solco della riflessione sviluppata da Bougard sull’unicità culturale dell’Italia medievale. Analizzando le qualità retoriche della produzione letteraria del regno, l’A. riflette sull’eredità longobarda presente nella cultura di corte carolingia: lo spessore degli intellettuali che frequentavano la corte i Carlo Magno – Pietro da Pisa, Paolo Diacono e Paolino d’Aquileia, mostra il peso del contributo della tradizione italica al cosiddetto “Rinascimento carolingio” e, insieme con l’esame dei programmi di formazione e apprendimento, conferma l’esistenza di una cultura locale estremamente raffinata, precedente all’avvento dei Carolingi nel regno, e che mantenne il proprio carattere distintivo nei secoli successivi.

Al termine di una carrellata così varia, ci si domanderà quanto carolingia fu, in definitiva, l’Italia carolingia. Il libro di Gantner e Pohl restituisce una risposta articolata al quesito che sta alla sua base: grazie all’assemblaggio ben riuscito di interventi che esplorano fonti, ambiti tematici e contesti geografici differenti, la miscellanea ricostruisce un’immagine a tutto tondo dell’Italia di IX secolo e offre una scala di conclusioni specifiche, graduata in base agli argomenti trattati nei singoli saggi. Questo approccio poliedrico al problema è, forse, l’aspetto più vincente dell’opera, perché consente non solo di esaminare se e quanto contò l’apporto della cultura carolingia nel regno italico, ma anche di valorizzare la complessità e i tratti peculiari di questa realtà.

 

Sommario
  • C. Gantner, W. Pohl, Italy after Charlemagne: Scope and Aims of the Volume.
  • C. Gantner, A Brief Introduction to Italian Political History until 875

Sezione I: Was there a Carolingian Italy?

  • T. F. X. Noble, Talking about the Carolingians in Eighth- and Ninth-Century Italy
  • P. Delogu, The Name of the Kingdom
  • F. Bougard, Was There a Carolingian Italy? Politics, Institutions and Book Culture

Sezione II: Organizing Italy

  • S. Gasparri, The Government of a Peripheral Area: The Carolingians and North-Eastern Italy
  • G. Albertoni, Vassals without Feudalism in Carolingian Italy
  • I. Santos Salazar, Shaping a Kingdom: The Sees of Parma and Arezzo between the Reigns of Louis II and Berengar

Sezione III: Carolingian Rulers

  • M. Stoffella, Staying Lombard While Becoming Carolingian? Italy under King Pippin
  • E. Screen, Carolingian Fathers and Sons in Italy: Lothar I and Louis II’s Successful Partnership
  • C. Gantner, A King in Training? Louis II of Italy and His Expedition to Rome in 844

Sezione IV: Cities, Courts and Carolingian

  • T. Brown, A Byzantine Cuckoo in the Frankish Nest? The Exarchate of Ravenna and the Kingdom of Italy in the Long Ninth Century
  • C. Goodson, Urbanism as Politics in Ninth-Century Italy
  • F. Veronese, Rome and the Others: Saints, Relics and Hagiography in Carolingian North-Eastern Italy
  • G. Vocino, Between the Palace, the School and the Forum: Rhetoric and Court Culture in Late Lombard and Carolingian Italy.