Storicamente. Laboratorio di storia

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Justine Firnhaber-Baker, “The Jacquerie of 1358”

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Justine Firnhaber-Baker, The Jacquerie of 1358. A French Peasants’ Revolt. Oxford, Oxford University Press, 2021, XXII-307 pp.

La Jacquerie fu la rivolta contadina scoppiata nella regione dell’Oise alla fine del maggio 1358 e subito allargatasi ad altre regioni francesi, che ebbe come principali obbiettivi i castelli e le proprietà dei nobili. Fu un fenomeno storico complesso, non riducibile, come pure è stato fatto a lungo dalla storiografia otto-novecentesca, a un improvviso impeto di cieco furore della società rurale francese, che, sfibrata dalla Guerra dei cent’anni, si ribellò al giogo dei potenti.

La sfida di questo libro consiste proprio nel ricostruire e concatenare i fatti di quella tarda primavera ed estate del 1358 senza scadere negli stereotipi e nelle banalizzazioni proposte, prima che dalla passata storiografia, dalle principali fonti in nostro possesso, ovvero le cronache, tutte più o meno distanti dagli eventi narrati, ostili ai rivoltosi e interessate a darne un’immagine ferina, irrazionale e abbrutita. Un problema che Justine Firnhaber-Baker, professoressa all’Università di St. Andrews ed esperta di rivolte medievali, in particolare di area francese, affronta con la consapevolezza che queste narrazioni forniscono spesso più informazioni su chi le scrive, sulla sua mentalità e il suo sistema di valori, piuttosto che sui fatti che effettivamente raccontano.

In quanto tali, le cronache non sono affatto fonti prive di valore, ma illustrano soprattutto il punto di vista di chi si oppose alla Jacquerie – alla fine sopprimendola nel sangue – senza garantire una ricostruzione limpida degli eventi e dei suoi protagonisti, ovvero i contadini. Proprio quegli episodi su cui insistono di più, come gli stupri di gruppo e i tentativi di cannibalismo descritti tra gli altri da Jean Froissart – solo il più noto tra i cronachisti della Jacquerie – sono probabilmente i meno realistici, dove l’ideologia dell’autore o delle sue fonti ha deformato o del tutto inventato i fatti narrati.

Un altro problema metodologico affrontato dall’a., comune a tutti i fenomeni riguardanti il mondo contadino medievale, è la mancanza di fonti dirette che illustrino il punto di vista dei protagonisti, che nel caso della Jacquerie sappiamo essere esistite – vennero infatti scambiate lettere tra i capi dei rivoltosi, organizzatisi gerarchicamente su base locale sotto la leadership apicale di Guillaume Calle dopo i primi episodi di violenza – ma che forse volutamente non furono conservate. Non possono, a questo proposito, considerarsi neutre o del tutto rappresentative le fonti giudiziarie e le richieste di perdono alla corona che seguirono numerose la fine della ribellione e che pur ci sono giunte in buon numero, perché forniscono una narrazione interessata degli eventi, finalizzata a ottenere un successo in sede di giudizio, e per di più danno voce solo alle fasce più abbienti dei rivoltosi, le uniche in grado di sostenere le elevate spese che un processo o una richiesta di grazia comportavano.

Ciononostante, le fonti di cui disponiamo, debitamente soppesate, comparate e lette quando necessario in controluce per far risaltare elementi volutamente taciuti o semplicemente non documentati, consentono a Firnhaber-Baker di ricostruire la cronologia degli eventi e il profilo dei protagonisti, e di mettere in evidenza come la Jacquerie, forse più di altri fenomeni storici, non possa essere considerata un evento monolitico e in qualche modo statico, sempre e ovunque uguale a sé stesso durante il suo svolgimento. Gli individui che vi presero parte, i loro fiancheggiatori esterni – in particolare Étienne Marcel e con lui la città di Parigi – ma anche chi sul momento li osteggiò o in seguito ne parlò, avevano opinioni diverse e per di più passibili di cambiamento nel corso del tempo.

Il libro si snoda così in una serie di cinque capitoli (1-3, 8-9) che seguono lo sviluppo cronologico degli eventi, a partire dagli antefatti – la disfatta di Poitiers e la conseguente crisi politica dovuta alla cattura del re di Francia Giovanni il Buono – per arrivare ai fenomeni di repressione della rivolta, la cosiddetta contro-Jacquerie, che esacerbò i connotati di guerra sociale già insiti nel fenomeno. Tra questi si inseriscono quattro capitoli centrali dedicati a indagare le motivazioni dei rivoltosi (cap. 4), i metodi e gli obiettivi della loro violenza (cap. 5), la loro struttura organizzativa (cap. 6) e composizione sociale (cap. 7). Il decimo e ultimo capitolo, infine, esamina la politica di perdono adottata dalla corona una volta cessate le violenze, utile alla corona stessa da un lato per riaffermare la sua leadership, e dall’altro per rimpinguare le sue casse.

Particolarmente apprezzabile l’attenzione che l’a. pone alle differenze sociali tra i rivoltosi, non solo in termini economici, ma anche di genere. Se la massa era probabilmente composta di contadini – di cui, tuttavia, sappiamo ben poco – soprattutto tra i capi è possibile distinguere artigiani e membri di una borghesia di villaggio alfabetizzata. Se negli assalti e negli episodi di aperta violenza la componente maschile ebbe un ruolo preponderante, quella femminile appare maggiormente coinvolta in furti di gioielli, vestiti o animali, oppure nella difesa dei bastioni urbani di Senlis, roccaforte dei rivoltosi durante la contro-Jacquerie. Si sottolinea inoltre il supporto che le donne portarono alla causa pur rimanendo a casa, occupandosi dell’economia domestica: a questo proposito le fonti giudiziarie tacciono, ma, sostiene forse un po’ ingenuamente l’a. a p. 176, il fatto che le rappresaglie nobiliari furono dirette senza pietà contro entrambi i sessi sarebbe un indiretto riconoscimento delle responsabilità di entrambi.

L’analisi molto dettagliata – basata su una grande mole di fonti e supportata da alcune mappe, grafici sugli esiti delle azioni giudiziarie e tabelle sulla composizione sociale dei rivoltosi – che Justine Firnhaber-Baker espone con una prosa scorrevole e godibile, ripercorre un tema storiografico classico, sul quale tuttavia da tempo mancava una sintesi di tale ampiezza. L’a. ha il merito di applicare una serrata critica delle fonti, che la porta a problematizzare l’evento, scomponendolo nelle sue diverse narrazioni e riconducendolo a concause complesse, non estranee a elementi di casualità, che in ogni caso non si esauriscono nella delegittimazione della nobiltà a seguito della sconfitta di Poitiers. Parimenti complessi furono i fattori che ne determinarono la fine, tra cui tuttavia spicca la non piena convergenza d’interessi, in ottica antinobiliare, con le città e in particolare con il movimento parigino di Étienne Marcel, che finì per indebolire entrambi.

Un approccio, quello proposto in questo libro da Firnhaber-Baker, valido per qualunque argomento storico, di cui tuttavia solo da qualche decennio la storiografia medievistica sembra aver scoperto il valore anche per la troppo spesso banalizzata o trascurata storia del mondo contadino, in particolare per quanto riguarda i suoi aspetti politici e gli episodi di aperta rivolta, come fu la Jacquerie.