Great Famine
La devastante eredità sociale e culturale della carestia del 1845-49 – non solo nell’immediato ma soprattutto a lungo termine – risultante dall’infestazione micotica della patata (Phytophthora Infestans), la rende a ragione l’evento fondante la storia contemporanea irlandese. I fattori che hanno portato ad una moria di massa in una parte dell’entità politica più ricca ed avanzata del mondo dell’epoca sono complesse, e solo recentemente sono state sottoposte ad accurata ricerca. Nonostante le cifre siano ancora inesatte ed approssimative, è convinzione comune che su una popolazione di circa 8 milioni di abitanti sull’isola, circa 1 milione di persone siano morte, ed oltre un milione emigrate, nell’arco dei tre anni di mancato raccolto, che ha privato circa un terzo della popolazione delle campagne del suo principale mezzo di sostentamento. Gli effetti più gravi si sono concentrati infatti nelle campagne occidentali e meridionali, dove intere aree e paesi sono stati letteralmente spopolati. La politica lassista del governo britannico si è tradotta in un rifiuto ad intervenire, lasciando ai corpi locali ed alla soggettiva benevolenza dei proprietari fondiari l’intera responsabilità del soccorso.
Di fronte alle morti di fame ed alle epidemie di colera e tifo, il governo introdusse solamente per i mesi invernali un sistema di cucine da campo, mentre fu massiccia l’opera di assistenza perpetrata da organizzazioni caritatevoli, in particolare dalla Chiesa cattolica. Dopo la Famine la popolazione ha continuato per oltre mezzo secolo in una fase di inarrestabile declino ed alta emigrazione. Allo stesso tempo gli effetti politici e psicologici nel lungo periodo peggiorarono drasticamente le relazioni anglo-irlandesi, diffondendo tra la popolazione un sentimento di anglofobia senza precedenti, in particolare tra gli emigrati, esasperato dall’interpretazione del nazionalista John Mitchell, secondo cui la carestia era stata una politica di genocidio deliberatamente organizzata dagli inglesi, contribuendo a pervadere la diaspora irlandese di un senso di vittimismo dai forti risvolti politici. Questi sentimenti sarebbero infatti confluiti nel movimento Feniano per poi sopravvivere ancora oggi tra i nazionalisti più radicali.
Da: C. Kinealy, A Death-dealing Famine: the Great Hunger in Ireland, London, 1997.