Storicamente. Laboratorio di storia
L'invisibilità dei migranti
Sivini, Le migrazioni dal fordismo alla globalizzazione cit., 58. In due lavori contenuti nei volumi fin qui discussi, Alessandra Corrado dà concretezza a queste tesi sul terreno della ricerca empirica. Attraverso l’analisi dei processi di informalizzazione in Mali e delle migrazioni dalla regione sub-sahariana nord-occidentale verso Bamako e Parigi, mostra infatti che i migranti irregolari vanno rendendosi sempre più progressivamente autonomi sia dagli effetti di richiamo e di comando del capitale che dal riarmo statuale dei confini. Corrado evidenzia tuttavia che ciò si realizza in modo differente a seconda dei contesti analizzati: a Bamako, in assenza di processi produttivi capitalistici, i migranti riescono ad autovalorizzarsi tramite la messa in atto di una cooperazione produttiva autonoma; a Parigi, l’autonomia iniziale del gesto migratorio viene recuperata dal dispositivo di valorizzazione del capitale entro il quale i migranti vengono oggettivati come forza lavoro clandestina da sfruttare. Tuttavia anche qui - dentro e contro questo dispositivo di inclusione differenziale - essi si mostrano capaci di «produrre le possibilità della loro riproduzione» grazie alla creazione di un tessuto relazionale e a una cooperazione sociale autoprodotta, per lo più comunitaria, che per l’autrice resta comunque «eccedente» rispetto all’ordine capitalista, poichépermette di garantire una riproduzione delle migrazioni autonoma dal comando del capitale e dalle politiche di controllo della mobilità (A. Corrado, Le migrazioni subsahariane tra informalità e clandestinità, in G. Sivini (ed.), Le migrazioni tra ordine imperiale e soggettività cit., 154 e 156). Se «le migrazioni producono forme di autovalorizzazione come potenziamento della soggettività e creatività dei soggetti, realizzata contro e nonostante il dominio del capitale sulla vita ed i dispositivi del controllo disciplinare, attraverso la produzione del/nel comune» (155), occorre allora riconoscere che, inserendosi nelle attività informali e nell’economia sommersa, i migranti non sono affatto soggetti passivi ma attivano processi di soggettivazione alla ricerca dell’autonomia, esercitando «concretamente, nella prassi, un “diritto di esodo” e di “autodeterminazione”» (A. Corrado, Tra  valorizzazione e autosfruttamento. Migrazioni e processi di informalizzazione in Mali, in S. Mezzadra (ed.), I confini della libertà. Per un’analisi politica delle migrazioni contemporanee, Roma, DeriveApprodi, 2004, 156). Un diritto che solo una pratica parziale del conflitto nelle società occidentali potrà inverare, sottraendo così i migranti «al ricatto dell’illegalità e dell’irregolarità» (Ivi, p. 156).