Storicamente. Laboratorio di storia
Casa
Ho escluso da questa analisi lo spazio domestico. A Parigi i lavoratori si dividevano in due gruppi: chi possedeva o affittava un’abitazione - nella maggior parte dei casi con famiglia di tipo allargato - e chi viveva in gruppo nella chambrée al primo piano dei marchands de vins o delle auberges. Anche qui troviamo forme di socialità che sfuggono allo sguardo della polizia, essendo di tipo privato. La maggior parte della giornata dei lavoratori in chambrée veniva trascorsa al lavoro o nelle mescite di vino.

L’operaio Norbert Truquin nel 1848 sostiene che l’operaio in chambre per scappare da questo isolamento che gli pesa, va a cercare compagnia al cabaret, là s’informa sulla paga, sulle condizioni del lavoro; beve la sua bottiglia cantando qualche strofa, poi rientra nel suo maleodorante tugurio (Agulhon, Classe ouvrière et sociabilité avant le 1848, 65).

Per i lavoratori parigini le condizioni di vita erano davvero difficili e al limite della sopravvivenza. Riporto un brano di Villermé:

I più poveri abitano nelle cantine e nelle soffitte. Queste cantine […] si aprono sulle strade o sui cortili, e vi si discende attraverso una scala, che è molto spesso contemporaneamente porta e finestra […]. Generalmente la loro altezza è da sei piedi e mezzo, considerata al centro della volta, e hanno da dieci a quattordici quindici piedi di larghezza. In queste scure e tristi abitazioni mangia, dorme e persino lavora un gran numero di operai. La luce del giorno arriva per loro un’ora più tardi degli altri e la notte un’ora prima. Il loro mobilio normalmente consiste, oltre agli oggetti della loro professione, di una specie di armadio o di una tavola per deporvi gli alimenti, di una stufa […] di qualche pentola, di una piccola tavola, di due o tre sedie vecchie e d uno sporco giaciglio, le cui uniche parti sono un pagliericcio e qualche cencio di coperta. […] Nelle loro cantine oscure, nelle loro camere, che scambierebbero per cantine, l’aria non è mai rinnovata, è infetta, i muri sono segnati da mille sporcizie […]. Se esiste, un letto, qualche tavola sporca e unta, della paglia umida e putrescente, un lenzuolo grossolano il cui colore e il cui tessuto si nascondono sotto uno strato di luridume, una coperta simile ad un setaccio […] dappertutto vi sono macchie di sporcizia, cenere, resti di verdure raccattati per la strada, paglia fradicia, nidi di animali di ogni qualità: anche l’aria non è più respirabile. Si è infastiditi in quei bugigattoli da un odore dolciastro, nauseabondo, sebbene un po’ piccante, odore di sporcizia, odore di immondizie […] (Sewell, Lavoro e rivoluzione in Francia, 381-82).