Chansonniers
L’importanza di questi scrittori-operai è messa in rilievo da Sewell:[Les poètes ouvriers] si dedicarono a diversi generi poetici, con una netta preferenza per i poemi lirici e le canzoni. Oggi vengono giudicati, in generale, abbastanza severamente; sono disconosciuti abitualmente con il pretesto che essi erano dei mediocri poeti che preferivano produrre delle imitazioni scadenti di Lamartine, fare appello ad un romanticismo scapigliato e a una miriade di sentimenti sublimi, invece di interessi alla vita reale degli operai. Vengono rimproverati, di volta in volta, di essere ingenui e privi di efficacia politica. Ma queste critiche dimenticano l’aspetto essenziale di quel movimento. L’esistenza stessa di poeti-operai, il congiungimento dei termini poeta e operaio costituiva in sé un fenomeno nuovo e considerevole nel mondo del lavoro. Se dei lavoratori manuali erano capaci di creare poesia, la più stimata delle arti in quei tempi di romanticismo trionfante, se le arti meccaniche e poetiche potevano essere dominate dagli stessi individui, era segno evidente che l’opposizione da molto tempo presunta tra il vile lavoro e la sublime creatività era infondata, era segno che il lavoro e la poesia non erano antagonisti, ma fondamentalmente identici. I poeti-operai, per la loro stessa esistenza, al di fuori di qualsiasi considerazione sui soggetti trattati nelle loro opere, rivelavano la missione elevata del lavoro. Essi erano la rappresentazione di una verità nuova ed importante: il lavoro era sinonimo di creatività ed un’emanazione del sublime (Lavoro e rivoluzione in Francia, 401).
Tra i tanti poeti e scrittori operai ricordiamo soprattutto: Louis Voltelain (operaio tipografo), Eugène Baillet, Auguste Alais, Auguste Loynel, Benoît Voisin, Auguste Guérin, Pecatier, Victor Rabineau, Magu, Jérôme-Pierre Gilland, Elisa Fleury, François Barillot (operaio tipografo), Pierre Dupont, Charles Gille, Charles Poncy (amico di Flora Tristan e di George Sand, autrice della prefazione a Chansons de chaque métier).