Nuovi orientamenti storiografici sul fascismo come fenomeno internazionale
Nuovi orientamenti storiografici sul fascismo come fenomeno internazionale
Benché - come ribadiva Enzo Collotti proprio sul finire del decennio precedente - «la definizione del fascismo come fenomeno internazionale [fosse] vecchia come il fascismo stesso» [1], avendo trovato una prima e immediata applicazione nelle analisi d’ispirazione marxista, solo nell’ultimo quindicennio si è superata una radicata diffidenza sulla possibilità di ricondurre esperienze storiche specifiche a una comune matrice fascista, e quindi sull’opportunità di adottare la categoria del fascismo come concetto-tipo. In questi anni si sono così moltiplicati i tentativi di formulare una definizione del fascismo in grado di includere tutte le sue diverse articolazioni nazionali e di presentarlo come un fenomeno europeo, se non addirittura globale, dotato di una propria autonomia politica e ideologica.
Attraverso un più accorto utilizzo di prospettive metodologiche comparative e interdisciplinari, i nuovi orientamenti storiografici non propongono però immagini univoche, indifferenziate, di un’unica esperienza fascista universale, né tanto meno spiegazioni monocausali della sua apparizione (tendenze – quelle all’univocità e alla monocausalità – che accomunavano le classiche teorie generali del fascismo, esponendole di conseguenza alle obiezioni di chi rifiutava una visione complessiva del fenomeno). Piuttosto, animato in particolare da studiosi di area anglosassone, il dibattito in corso si sta concentrando principalmente sulla ricerca di un minimum fascista, ovvero di un minimo comune denominatore tra le varie manifestazioni nazionali, individuabile nonostante le profonde diversità sociali, economiche e politiche dei rispettivi contesti. In altri termini, le diversità tra i singoli movimenti e/o regimi non sono più percepite come un ostacolo alla definizione di un generic fascism (per usare un’espressione in voga, che non afferisce a qualcosa di generico o indistinto, ma all’elaborazione di un weberiano concetto ideal-tipico). Anzi, proprio la possibilità di riconoscere tratti comuni a determinate esperienze, aldilà delle peculiarità e delle unicità storiche, va considerata come la prova del dispiegamento di un processo di fascistizzazione che ha attraversato lo spazio politico novecentesco, sebbene - appunto - con tempi, modalità ed esiti non sempre coincidenti.
Note
[1] E. Collotti, Fascismo, fascismi, Firenze, Sansoni, 1989, 3.