Storicamente. Laboratorio di storia

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Silvia Franchini, Diventare grandi con il «Pioniere» (1950-1962). Politica, progetti di vita e identità di genere nella piccola posta di un giornalino di sinistra

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Nell’ultimo decennio diverse ricerche hanno sviluppato riflessioni storiche sul giornalino «Il Pioniere», settimanale rivolto ai bambini e ai ragazzi, fondato nei primi anni ’50, e più in generale sull’Associazione Pionieri d’Italia (API), di cui fu presidente Carlo Pagliarini, poi fondatore dell’Arci-Ragazzi (sue carte e materiali sull’API sono in un fondo presso l’Istituto Gramsci Emilia-Romagna, Bologna: http://www.carlopagliarini.it). La vicenda dell’API è stata ripercorsa nell’ultimo decennio da articoli in varie riviste («Ricerche storiche», 80 (1996); nei numeri 28, 29-30, 31, 38-39 de «L’Almanacco», tra il 1997 e il 2002; «Annali Istituto Gramsci Emilia Romagna», 4-5 (2000-2001)). Il volume di Silvia Franchini – storica del giornalismo – aggiunge ora un tassello significativo nella ricostruzione della storia di quella particolare esperienza della cultura politico-pedagogica di sinistra.
Attraverso un’attenta lettura dei contenuti e dei testi del giornalino, questo libro sa mettere in luce con estrema sensibilità la figura di Dina Rinaldi: direttrice de «Il Pioniere» con Gianni Rodari fino al 1953 e direttrice responsabile dal ’54 al ’62. Le ricerche della Franchini evidenziano come abbia subito una rimozione la figura di questa intellettuale, già figura rilevante nella redazione di «Noi donne» e che più aveva dato alla promozione del giornalino dei pionieri. Pur riconoscendo che la figura femminile della Rinaldi fu sovrastata dalla notorietà acquisita da Rodari per la sua straordinaria bravura – come la stessa Franchini evidenzia – non si può prescindere dalla constatazione di un più generale oblio politico sull’esperienza de «Il Pioniere» e dell’API, che fu fatta dalla sinistra italiana e in particolare dal PCI, per placare gli insistenti attacchi portati dal clero e dall’Azione cattolica, che cercavano di monopolizzare la cultura giovanile. La scomparsa dell’Associazione Pionieri e del suo giornalino fu vissuta come un fatto traumatico da chi – come Dina Rinaldi – si era identificato a fondo con i progetti di vita e di lavoro costruiti.
Il volume è suddiviso in tre parti. Una prima sezione, dedicata alla storia editoriale del «Pioniere», dell’API e del movimento democratico per l’educazione dei giovanissimi; una seconda parte, fondamentale, analizza la rubrica postale del giornalino, con le risposte della Rinaldi alle lettere inviate dai ragazzi. Attraverso questa rubrica delle lettere – circa duecento riportate nel testo – la Franchini riesce a dare una nuova chiave di lettura del giornale, riportando in primo piano il punto di vista particolare della sua direttrice.
Focalizzando l’attenzione sulla corrispondenza, si evidenzia il coinvolgimento personale dell’educatrice alla direzione del giornale e quello dei ragazzi, resi partecipi del «Pioniere» attraverso pratiche che oggi diremmo interattive: quesiti, inchieste e produzioni di storie vere. Far partecipare i ragazzi, coinvolgerli, concedere loro fiducia considerandoli una risorsa e dunque “dar loro voce” era la vocazione del giornalino.
Ed è sottolineando il dialogo e la sensibilità della direttrice che la Franchini analizza e raggruppa per tematiche le lettere e le relative risposte, concentrandosi sul colloquio intrecciato dalla Rinaldi col pubblico di giovani lettori e lettrici. All’interno di ogni sezione tematica, le lettere dei bambini e le risposte della direttrice sono riportate interamente, creando così un’antologia di scritti rimasti fino ad oggi nascosti tra le pagine del «Pioniere». Come documenti storici, quelle lettere sono forse più importanti perché sono la voce di quei ragazzi, pionieri e non, cresciuti dopo la seconda guerra mondiale e nel clima di scontro politico della guerra fredda, in un’Italia ancora piena di stenti e povertà, in cui pochi avevano tempo di dedicarsi con energia e passione ai ragazzi.
Risultano emotivamente forti e coinvolgenti, oltre che utili come documenti storici, offrendoci direttamente testimonianze di mezzo secolo fa su vita e desideri dei figli delle classi lavoratrici.
L’ultima parte del volume è interamente dedicata alla biografia di Dina Rinaldi, ad un suo carteggio inedito con diverse figure di spicco della cultura italiana, e ad una bibliografia dei suoi scritti.